la nebbia nera
Sono ancora in seconda, un anno lungo e difficile, ma anche un anno di progresso.
Avrei dovuto essere felice dopo aver capito cosa ero, ma il problema era che non ero per niente felice.
Ero scioccato e più confuso di prima. Cosa fare?
Il mio corpo faceva schifo, MI faceva schifo. Grasso ovunque, cose che non ci sarebbero dovute essere e cose che mancano... ma non potevo cambiare nulla..così ero e così sarei rimasto.
Michael dopo questi ragionamenti quotidiani mi chiedeva sempre se avrei davvero voluto vivere così tutta la vita, ovviamente la risposta era no..ma sapere di non voler vivere così era come riscoprire la mia impotenza.
Ormai da più di tre anni tenevo i capelli legati, sempre allo stesso modo e non avevo intenzione di cambiare. Se solo potessi tagliarli... Ma sapevo che i miei non me lo avrebbero mai permesso.
Quell'anno era l'anno della fuga.
Io non accettavo il mio corpo né la mia condizione e scappavo appena si accennava un faccia a faccia con lo specchio, ma lui sembrava rincorrermi. Mi tartassava la mente con mille domande, mille insulti, mille critiche, più scappavo più tutto questo aumentava e non accennava a smettere. La negatività non porta altro che negatività, ma in matematica - per - fa +. E così quando il dolore si faceva sentire in tutta la sua profondità andavo male a scuola, discutevo con mia madre e bisticciavo con mio fratello.
Lui giocò un ruolo nella mia crescita. Era l'esempio più vicino che avevo di essere umano maschio.
Lo invidiavo e nello stesso tempo lo imitavo. Alcuni suoi atteggiamenti credevo fossero gli atteggiamenti tipici di un ragazzo. C'era però un problema. Lui era l'esempio di maschio più vicino, ma era comunque un ragazzino, più piccolo di me. In realtà il mio vero esempio era una mescolanza di caratteri appartenenti a diversi personaggi a me molto cari. In primis naturalmente vi era MJJ che mi ricordava il mio dovere di figlio della natura e essere umano; Michael, inoltre, mi dava il buon esempio di gentiluomo che faceva il cerbiatto e il leone quando occorreva. Il secondo esempio me lo dava Adam Kadmon di lui ammiravo la conoscenza, il modo di parlare lento abbastanza da far capire tutto perfettamante, ma non noioso, il terzo era Eminem con la sua serietà e la sua forza d'animo poteva affrontare ogni cosa. Sono tante le caratteristiche che caratterizzano- scusate il gioco di parole-il mio modello di uomo perfetto, come vorrei essere, e sono tante le fonti da cui prendo spunto.
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Quell'anno frequentai molto di più Alessandra, la mia "nuova" amica di scuola, ebbi modo di conoscere i genitori e sua nonna e lei conobbe la mia famiglia. Ero felice di avere un'amica come lei, ma c'era qualcosa che non andava...
Vedevo in lei un senso di disgusto verso gli altri e non capivo perché. Evitava di parlare con gli altri compresi i miei compagni e a causa di questo mi accorsi a fine anno che eravamo lontani dal gruppo e lo eravamo volontariamente.
A causa di questo atteggiamento non riuscivo a parlare liberamente con lei, ma poco mi importava, infondo ero noioso anche per me stesso.
Trovai un escamotage per non sentirmi sempre così triste e arrabbiato.
Cominciai ad indagare su quella che a parer mio è la vera storia del mio "idolo". In particolare mi concentrai su quanto accaduto nel suo "ultimo anno" trovando pane per i miei denti. C'erano due teorie, una opposta all'altra, entrambe accertabili fino a prova contraria e non ce n'era per nessuna delle due. Michael Jackson poteva/potrebbe essere ancora vivo o morto. Tante incongruenze e contraddizioni fecero nascere la teoria della "death hoax" ( morte inscenata). Poche sono le prove che testimoniano la morte. A primo impatto si pensa subito alla bara, che, come afferma la madre, è vuota, ma perché inscenare una morte e costruire su quella scena un gioco di enigmi? Qual'è lo scopo? Certo è che, qualora il gioco fosse reale, a dirigerlo è lo stesso Michael.
Tornando a noi ( me).
Stava per finire l'anno (scolastico) e sapevo da un po che quest'estate sarebbero venuti i miei amati cugini di Milano: Alex e Asia, due gemelli di un anno in più di me. Purtroppo non fui tanto felice di rivederli, o meglio, ero felice, ma sapevo che mia cugina si era montata la testa e contavo sull'amicizia del fratello. In quel periodo mi fissai con la spiritualità e trovavo banali le persone che giudicano dalle apparenza e quelle che non si guardano dentro. Più tardi capii di essere una di quelle che fuggivono da se stesse.
Quando ci troviamo davanti a un mostro non pensiamo di andargli incontro ma scappiamo con la paura di essere presi. Ma se sapessimo che solo affrontandolo potremmo distruggerlo ci volteremmo immediatamente.
Così feci quell'estate.
Feci un patto con mia madre, a fine anno, se fossi riuscito a farmi promuovere mi sarei fato tagliare i capelli. La promozione arrivò, ma mia madre fece finta di dimenticarsi del patto ed essendomi accorto di ciò cercai di evitare il discorso e lasciai passare.
Un messaggio importante e una grande delusione.
Il messaggio anche se insospettabile c'era, era una conferma della mia teoria, mia madre non sarebbe stata contenta di ciò che stavo scoprendo.
Ma io ancora non riuscii a dare una definizione di quello che, a parere del mio riflesso, ero veramente io. Già sottolieno a parer del mio riflesso perché io ero ancora convinto che non potesse esistere una condizione tale. Maledetta ignoranza... ma presto compresi un'altra lezione che in realtà Adam kadmon ripeteva da tempo. I dogmi fanno male alla ragione e le certezze dogmatiche sono destinate a crollare e quando succederà la verità vendicherà tutto il tempo passato a mentire.
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