colpa mia (?)
Durante tutto l'anno mia mamma cercava di capire cosa avessi sotto le magliette per sembrare così piatto (anche se piatto non ero perché la fascia può aiutare, ma fino ad un certo punto). Arrivò persino a mettermi le mani addosso, a strapparmi quasi la maglietta pur di togliermi di dosso la fascia, non riuscendoci ovviamente.
Alla fine dell'anno i nodi vennero tutti quanti al pettine, tutti.
Mentre aspettavo l'esito degli scrutini di fine anno i miei si decisero ad affrontare la questione che chiamava in causa il mio comportamento "grezzo" da "maschiaccio".
Purtroppo (direi per fortuna) non ricordo alla perfezione come si iniziò il discorso con mio padre, ma iniziò.
Dalla mia mente ho rimosso parecchi dettagli di questa storia perché come saprete in seguito è una storia, come dire, piuttosto spiacevole (?).
Se avessi potuto l'avrei volentieri dimenticata, ma forse la memoria mi servirà per la resa dei conti alla fine, chissà.
Mio padre non è un tipo che dice le cose in faccia, specie cose così "delicate" come quelle relative a un modo di essere o di vestirsi. Semplicemente quando si stanca si incazza e allora è una delle due o cambi secondo il suo comando o cambi secondo il suo comando (è una ripetizione volontaria).
Tutto iniziò con la progettazione di mia mamma per prendermi la fascia, non riuscendo da sola chiese aiuto a mio padre escogitando qualcosa di terribilmente cattivo.
Da quel momento in poi non fu più mia mamma, ma una persona ignorante e cattiva da cui diffidare e stare lontano. (Con tutto il rispetto che potrei avere e che non ho, perché non mi va di rispettare chi non mi rispetta)
Comunque... Quando tornò da lavoro, mio padre cercò di parlarmi. Il succo del discorso era questo: "togliti ciò che hai, qualsiasi cosa sia e inizia a vestirti decentemente (cioè da ragazza)" Ciò ovviamente includeva il cedimento della fascia in mano a mia mamma...
Voi davvero non potete immaginare come mi sono sentito. Il quel momento sono morto, non esistevo più.
Ovviamente dovetti tenere i capelli sciolti e abiti da femminuccia (come umiliare un uomo).
Nascosi la fascia nel cassetto di mia sorella cosicché mia mamma non potesse trovarla e misi addosso uno schifo, mi sentivo una merda, ero arrabbiato, deluso, triste, nella mia mente correvano tanti di quei pensieri che quasi non riuscivo a ragionare.
Mia mamma cercò invano la fascia e sentendosi per l'ennesima volta impotente mi chiese davanti a mio padre di dargliela così che fossi costretto a farlo.
Dovetti darla e da quel momento in poi non seppi più nulla di quel pezzo di stoffa sintetica che mi faceva respirare la mente e il cuore. Tornai a soffocare più di prima perché ora sapevo che c'era qualcuno che me lo impediva.
Non parlai quasi tutto il giorno, dico quasi perché per evitare che mio padre si arrabbiasse ulteriormente rispondevo alle domande.
La loro teoria del perché stessi così male senza fascia e vestito il quel modo potreste immaginarla, ma ve la scrivo comunque: "è ormai come una droga, ovviamente chi smette di fumare sta male all'inizio, ma piano piano si abitua"
Balle, anche assurde.
Anche perché erano così ridicoli. pff.
Nonostante siano passati due anni provo ancora tantissima rabbia e rancore per tutto ciò che mi hanno fatto, e questa è una cosa che non dimenticherò e non perdonerò mai. Per questo vi invito a leggere questa storia con occhio critico. Essendo un'esperienza personale è tutt'altro che oggettiva...
La sera dello stesso giorno, come ovvio, non avevo fame, e indovinate un po': mi costrinsero a mangiare, dopo o prima di mangiare (non ricordo) mia mamma si avvicinò a me con l'intento di abbracciarmi e d'istinto le dissi di lasciarmi stare. Stupido io che feci questo gesto, perché mio padre si arrabbiò e subito mi mollò due ceffoni. La mancanza di rispetto era reciproca e la mia reazione? Era più che giusta. Credo.
Ovviamente non chiusi occhio piangendo per la rabbia e per tutto quanto.
Già il giorno dopo mio padre pretese che fossi "guarito" e così gli feci credere.
Alcuni giorni dopo però capì che l'incubo non era ancora finito, anzi era pronto a sferrare un altro attacco: il debito in greco. Potrei dire che questa era veramente colpa mia perché non avevo studiato abbastanza, ma il motivo per il quale non avevo studiato abbastanza mi discolpava quasi totalmente: la disforia è una bestia malefica dal cuore freddo come il ghiaccio e duro come il diamante. Era un chiodo fisso che mi impediva di studiare perché distoglieva la mia attenzione, e qualora riuscissi a studiare beh durante l'interrogazione era un fail totale perché non riuscivo a comporre una frase di senso compiuto.
Ma ovviamente per mio padre la diagnosi era chiara: "non hai studiato perché stai pensando a sciocchezze che anche da sole mi fanno incazzare".
Quando gli diedi la notizia lui era a lavoro e sarebbe tornato il giorno dopo. Al telefono non mi diede il tempo di dire niente dopo la notizia, mi disse le cose più immaginabili, non le riporterò perché non è il caso, ma sappiate che erano brutte.
Come reagireste se qualcuno vi dicesse parole bruttissime? (Commentate se volete)
Io la notte decisi in fretta, presi uno zaino, presi cibo, un coltello, una coperta e qualcos'altro e scappai di casa.
Avevo pensato tantissime volte a un piano per scappare di casa.
E' stato uno dei pensieri più frequenti dell'infanzia mia e di mio fratello più piccolo di me di due anni, cercammo di mettere in atto diversi piani di fuga, ma fallirono tutti quanti.
Questo giusto per delineare l'aspetto basilare della mia famiglia: incita alla fuga anche i bambini, un applauso mi sembra dovuto, no? No. Riderei per non piangere, ma questi ricordi mi fanno incazzare troppo e non posso ridere.
Scappai verso il paese vicino al mio, era veramente presto quando uscì e in tutto il cammino riflettei circa quello che avrei fatto, dove mi sarei nascosto e tanto altro.
Ovviamente tolsi la sim dal telefono che aveva l'unica funzione di mp3 in quel momento.
Dopo diverse ore di cammino decisi di andare a casa di mia zia che abitava in quel paese e parlare con lei...
Aspettai, fuori dalla porta, perche o lei o il suo compagno uscissero e mi trovassero, ma ad un certo punto senti la voce di mia zia che parlava di me.
Mia mamma si era accorta che non c'ero. Mia zia era piuttosto spaventata dalla voce. Sinceramente mi dispiace che stesse male, ma di sicuro la colpa non era la mia. (Più o meno)
Potreste pensare che fossi un fifone e che avessi deciso di scappare invece che affrontare la questione, ma se foste di fronte a un leone incazzato non vi nascondereste anche voi?
Chiamai mia zia che mi fece entrare subito dentro, era davvero spaventata, mentre mio zio era incazzato tantissimo, non con me, ma con mio padre.
Arrivò un altro mio zio che era da sempre in contrasto con mio padre, sia mia zia che lui erano fratelli di mia madre. Fu l'unico a dirmi che se solo avesse alzato le mani su di me l'avrei dovuto avvisare e sarebbe andato subito a denunciarlo. Era la cosa giusta da fare, ma indovinate un po', mia mamma gli ordinò di non farlo.
Io dico, se vuoi soffrire soffri, ma non ti devi permettere di far soffrire gli altri per te. Ma l'ha sempre fatto e continua tutt'ora.
Solo che adesso non me ne può fregare di meno perché io ho i miei problemi che sono causa di decisioni prese da altri per me e tra quegli "altri" c'è anche lei.
Mia mamma arrivò con mio nonno e mia nonna che decisero di rimanere a casa per evitare che mio padre potesse fare qualcosa...
Mio padre arrivò, la prima cosa che fece? Mi diede uno schiaffo così forte che per parecchi minuti senti un fischio nell'orecchio.
Tutto Questo non è mai venuto a saperlo nessuno a parte alcune persone a me care e voi adesso.
Mia nonna reagì tirandomi via intenta a portarmi via di casa, ma mio padre non le diede l'occasione e la cacciò di casa.
Fu addossata a me la colpa di tutto questo. Sinceramente non so ancora se darmi davvero la colpa o no... Fatto sta che una persona agisce come gli è stato insegnato di fare...
I rapporti tra mio padre e mia nonna si ruppero, ma diversi mesi dopo lei, con grandissima pazienza, cercò di riallacciarli.
Dopo quel giorno mi aspettarono giorni infernali. Anzi avrei preferito stare all'inferno, almeno lì avrei potuto chiacchierare con Dante e Virgilio.
Cercai di migliorare la mia posizione, costruii una personalità che mi sarebbe servita come copertura, non so che fine abbia fatto quel foglio, ma la cosa andò in porto a metà, è praticamente impossibile essere un'altra persona in quelle condizioni.
Decisi quindi di sacrificare una cosa a me carissima, ma che sarebbe servita come asso nella manica per vincere quella partita: Michael Jackson.
Quell'anno nel mio paese decisero di creare una sorta di gioco in cui si sarebbero sfidati diversi vicinati. Dai giochi antichi come tiro alla fune e qualche altro di tradizione del paese, ai giochi "nuovi" come calcio e pallavolo.
La sfida finale prevedeva un "talent" in cui ogni vicinato avrebbe presentato ciascuno cinque talenti che potevano essere di ogni tipo.
Sacrificai la mia passione per Michael Jackson ballando sulle note di Billie Jean.
Da allora mi hanno sempre visto come quella ragazza super fissata con Michael Jackson, ecco la copertura perfetta, così perfetta che regge tutt'ora.
Michael ti prego, scusami, per l'ennesima volta, ti chiedo scusa.
In questo modo riuscì a convincere mio padre di essere "guarito" e mi permise di andare in città a fare ripetizioni di greco in vista dell'esame.
Così Un mio carissimo amico, anch'egli FTM, mi regalò una fascia spedendola nell'appartamento, almeno in città avrei potuto respirare nuovamente...
Messaggio Importantissimo: Anche se state leggendo la storia, cercate di riflettere, se volete, su tutto ciò perché come forse ho già detto in precedenza, questa è la storia dal MIO punto di vista, perciò è molto soggettiva
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