We need to talk


"Però" Harry avvicinò il telefono agli occhi assottigliando lo sguardo, "Non sono per niente male a Dodgeball."
Rachel succhiò dalla cannuccia il frullato che quel pomeriggio aveva deciso di prendere, mentre Harry di fronte a lei continuava a sfogliare i video degli allenamenti del giorno precedente. "Sei portato" ammise lei smuovendo il contenuto del bicchiere in plastica. Harry appoggiò il cellulare sul tavolino rotondo sul bordo della stanza, bloccandolo di tanto in tanto.
"E sono anche un gran figo."
"Questo non spetta a te dirlo" disse Rachel sollevando le sopracciglia. "Lo sport è la tua vita?"
"Sì, non puoi capire da quanti anni io lo pratichi. Il solo muovermi rapido sul campo e saltare da una parte all'altra mi riempie di adrenalina come mai in vita mia." Harry aveva gli occhi luminosi quando parlava del Dodgeball come se fosse il vero amore della sua vita, quella passione che l'avrebbe tenuto per terra e che gli avrebbe spianato la strada per il futuro. Rachel rigirava la cannuccia tra il pollice e l'indice della mano destra dove spiccava un anello argentato all'anulare.
Harry bloccò lo schermo del cellulare e lo soppesò sulla mano. "Posso chiederti perché tu e Ivy abbiate deciso di riprenderci?"
Alla ragazza scappò un leggero colpo di tosse che nascose con il pugno di fronte le sue labbra rosee e sottili. "Perché voglio che mi rimangano quanti più ricordi possibili affinchè possa trarne degli insegnamenti."
Harry sgranò gli occhi, sorridendo con un angolo delle labbra che prontamente leccava per rendere umide. "Insegnamenti? Perché, vuoi insegnare lo sport?"
Rachel, che si stava guardando le unghie smaltate di nero, sollevò rapida lo sguardo, spostando con un gesto rapido il bicchiere in plastica. "No, no, voglio fare l'attrice ma, sai, da ogni ricordo si deve trarre una massima da utilizzare nella vita, e io voglio crearmi il mio motto personale."
Harry prese una bustina di zucchero dal contenitore appoggiato sul bordo del tavolo, e iniziò a sbatterla per farlo scendere su un unico lato. "L'attrice eh?"
Rachel annuì mettendosi il telefono in tasca, "Esattamente, mi vedrai sui cinema di tutto il mondo a capitanare sullo schermo."
Harry scoppiò a ridere e per sbaglio strappò la bustina di zucchero, rovesciandone il contenuto sul tavolino di plastica azzurra. "Quanta ambizione" ammise sinceramente colpito.
"Tu cosa vorresti fare?" chiese lei iniziando a giocherellare con l'anello al dito.
Harry spostò con la mano tutto lo zucchero creando una leggera montagnetta da prendere in mano e svuotare all'interno del bicchiere della ragazza. "Io voglio diventare allenatore di Dodgeball."
Rachel appoggiò la sua piccola mano su quella più grande di Harry, accarezzandone il dorso delicatamente. "Chissà perché non mi sorprende."
Il ragazzo abbassò le labbra sulla mano della ragazza e ne baciò leggermente il dorso. "Non tutti sono entusiasti di questa mia scelta, ma io credo che la mia sia la strada più sicura per realizzarmi in qualcosa che amo."
"Anche essere attrice è complicato, ci vuole solo parecchia pratica" ammise Rachel alzandosi in piedi con le guance leggermente imporporate.
Harry seguì il suo esempio e recuperò le chiavi della macchina posate accanto al suo braccio piegato. "Puoi esercitarti con me" disse lui mentre pagava il frullato della ragazza. Poi uscirono dal locale mano nella mano, immettendosi nel traffico pedonale di Londra delle sei del pomeriggio. "Ora magari scopro anche che tutta questa" disse Harry guardando le loro dita intrecciate, "Sia una farsa, giusto un allenamento" terminò sorridendo.
Rachel strinse le labbra e socchiuse leggermente gli occhi lucidi. Si fermò davanti al ragazzo, guardando i suoi occhi verdi. Aveva sempre odiato i propri occhi, una via di mezzo tra il marrone e il verde, imprecisi e cangianti. Amava quegli di Harry, di quel verde smeraldino così raro che quando lo vedi non riesci più a distaccartene. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, ma le dispiegò subito dopo sentendo le labbra di Rachel premere con forza sulle sue. Chiuse gli occhi per accompagnare il gesto, accarezzandole una guancia e avvicinandosela di più. Era attratto da lei in una maniera totalmente diversa da quella provata con le altre ragazze di cui non ricordava neppure il nome. Il problema più grande, quella volta, era che Harry sentiva Rachel Dare essergli entrata sotto pelle, e per questo, nonostante fosse passato quasi un mese, non riusciva a fare a meno di lei. Quando Rachel si scostò, gli appoggiò una mano sulla spalla muscolosa, infischiandosene delle persone che passavano loro accanto sui marciapiedi. "Harry, sappi che io ti adoro come non ho mai fatto con nessun altro" disse ad un filo dalla sua bocca bramosa di baci.
Il ragazzo gliene lasciò un altro a fior di labbra, facendola sorridere. "Signorina Dare, mi stai ghermendo con gli artigli" ammise e scoppiarono entrambi a ridere, riprendendo a camminare piano lungo le vie illuminate della città, il sole che si nascondeva dietro i palazzi alti e i ragazzi che sfilavano loro accanto diretti chissà dove. Quando giunsero all'angolo, girarono a destra e l'abitazione di Rachel fece capolino dal fondo della via dove una macchina si era appena immessa e procedeva lentamente.
La borsa di Rachel ondeggiava tra di loro, le loro labbra impegnate a scandire sillabe di frasi spezzate e dette per passare il tempo, nuove informazioni che si aggiungevano nei loro diari personali, le loro conoscenze che si erano ormai approfondite a dismisura. Giunti alla fine della via Harry passò una mano dietro la testa di Rachel per salutarla con un altro bacio, l'ennesimo, quando la ragazza aprì di scatto gli occhi alle spalle di Harry, lo sguardo incredulo prima che il suo volto venisse illuminato da una felicità ed emozione improvvisa. Si scostò dal tocco di Harry e si mise a correre verso una figura che stava facendo capolino appena uscita dalla macchina di prima. Harry rimase immobile, basito ed esterrefatto dal comportamento della ragazza, e incrociò le braccia al petto, spettatore di quella scena improvvisa ed inaspettata. Le sue sopracciglia si arcuarano ancora di più verso l'alto quando Rachel saltò tra le braccia del ragazzo che si era appena lasciato alle spalle la vettura, i capelli biondi che catturavano gli ultimi raggi di sole e gli occhi strizzati per la forza dell'abbraccio. Rachel aveva le braccia intorno al suo collo e gli occhi fissi in quelli del tipo, per questo Harry si ritrovò a fare un passo avanti e le narici dilatate. Era tutto uno scherzo, vero?
Prima che potesse muovere un altro muscolo, Rachel si girò verso di lui con un sorriso a trentadue denti e lo indicò con l'indice facendo in modo che il ragazzo biondo lo guardasse a sua volta. La ragazza fece cenno ad Harry di avvicinarsi e il ragazzo, un sopracciglio sollevato, si avviò in quella direzione. Il tizio biondo aveva i muscoli coperti da una leggera maglietta bianca, gli occhi azzurri e le labbra carnose. Stese una mano di fronte ad Harry e il riccio guardò Rachel. Ma che minchia voleva quello lì?
Rachel si staccò dal ragazzo e si aggrappò al braccio di Harry. "Lui è Gideon, mio fratello."
Il riccio trasse un respiro sollevato e strinse la mano del ragazzo. "Io sono Harry. Non puoi capire quanto sia felice di sapere che tu sia suo fratello." Poi scosse la testa, le guance leggermente arrossate, "Perché lei mi ha parlato molto di te, ovvio" terminò poi.
La presa di Gideon era forte e possente e sembrava quasi che volesse frantumare la mano di Harry che stava incominciando a sentire dolore ai bordi della mano. Rachel lanciò un'occhiata di avviso al fratello e poi lasciò la presa su Harry che si strinse la mano con l'altra, iniziando a massaggiarsela.
"Il piacere è tutto mio." Mentre Rachel si sporgeva verso lo sportello aperto della macchina per prendere il borsone del fratello, Gideon si accostò all'orecchio di Harry, coprendolo in altezza e massa fisica. "Fai soffrire mia sorella, e giuro che il tuo bel faccino finirà tra le mie mani."
Poi sfoggiò un sorriso quando Rachel riuscì dalla macchina e le si avvicinò per aiutarla. "Ci si vede, Harry" disse Gideon avviandosi verso il portone di casa. Rachel chiuse la portiera e si avvicinò ad Harry allacciandogli le mani dietro la schiena.
"Simpatico, eh?" fece lui, e la ragazza scoppiò a ridere per poi baciarlo.
"Te l'avevo detto che è fin troppo protettivo" ammise lei sorridendogli.
Harry staccò le sue braccia dal suo corpo, mettendogliele sui fianchi. "Lo sto facendo solo perché mi sta ammazzando con una sua occhiata omicida" disse Harry lasciandole un bacio sulla guancia. "Ci vediamo domani?" chiese poi.
Rachel vide il fratello suonare ripetutamente al citofono fin quando i suoi non gli aprirono il portone, accogliendolo tra le braccia.
"Mio fratello è appena tornato dal college, e i miei vogliono che passiamo un po' di tempo insieme. Mi dispiace, ma per i prossimi quattro giorni Gideon mi obbligherà a stare con lui" disse lei sussurrando, vergognosa.
Harry mise il broncio. "E così non mi vuoi tra i piedi."
"Al contrario!" Rachel guardò il fratello spronarla con un'occhiata. "Giuro che proverò a ritagliarmi più di uno spazio per te, magari tra un allenamento e un altro, Gideon eccetera. Però ti prego, prova almeno a capirmi."
Harry vide Gideon sbuffare e le baciò la fronte. "Ci sentiamo, adesso vai altrimenti quello mi spappola le palle." E tornò indietro salutando con un gesto della mano la ragazza e osservando i genitori di lei sorridere di nascosto.


"..quindi devi scrivere quattro qui e sette da quest'altra parte, e vedi che il risultato coincide con quello del libro?" disse Louis scarabocchiando un logaritmo sul quale Ivy ci stava spendendo fin troppo tempo. Erano entrambi seduti alla scrivania della ragazza, la porta della stanza chiusa nonostante ci fosse solo Roza al piano di sotto, troppo impegnata a pulire l'immenso salone per preoccuparsi dei ragazzi nella stanza di Ivy.
Non che Louis fosse stato invitato - perché Ivy non voleva che andasse da lei - ma la ragazza era stata costretta a farlo entrare in casa altrimenti avrebbe scavalcato la recinzione, e non avrebbe per niente voluto spendere ulteriore tempo a disattivare quell'allarme costosissimo che i genitori avevano fatto installare.
Erano due ore che Louis la stava aiutando con gli esercizi, ma comunque non aveva raggiunto alcun risultato. Il ragazzo la distraeva in continuazione, eppure era una distrazione che Ivy preferiva a qualunque cosa stessero facendo insieme.
"Sei un coglione. Domani non posso risolvere i logaritmi con questo procedimento." Seppellì la testa tra le braccia piegate sulla scrivania, i capelli azzurri tenuti indietro da un fermaglio nero. "Che merda, Tommo."
"Ma io sto cercando di aiutar-"
"Inventandoti procedimenti nuovi e sconosciuti?" disse lei sollevando la testa. Louis le passò una mano tra i capelli. "Così non mi sei d'aiuto."
"Ti vedo molto stressata, è il ciclo?"
Ivy sbottò sollevando le braccia al cielo, una pagina del libro che si era spiegazzata. "Non tutto è da collegarsi al ciclo, cretino!"
"Ah già, dimenticavo del tuo carattere di merda a prescindere dal tuo periodo." Ivy spalancò la bocca e gli diede uno schiaffo in mezzo alle scapole. "Ahia!"
"Fai Dodgeball, non dovresti essere così debole" disse lei abbandonando la matematica a se stessa. Louis chiuse con uno scatto il quaderno, allargando le narici.
"E tu non dovresti essere così manesca, non è un atteggiamento da cheerleader" ammiccò e Ivy socchiuse gli occhi.
"Ti ricordo che ho fatto karate."
Louis alzò gli occhi al cielo incrociando le braccia. "Non vivrai sempre di questa scusa" disse abbozzando un sorriso. "A proposito, qualche volta devi mostrarmi delle mosse."
Ivy si alzò in piedi, scuotendo le spalle, e spostò il quaderno e il libro su un lato della scrivania, poi ripose le penne nel borsellino e Louis la osservò. "Che c'è, hai la mania dell'ordine?"
Ivy alzò gli occhi al cielo, poi svuotò il borsellino facendo cadere tutte le penne sulla scrivania. "Vedi? Nessuna mania" disse, poi Louis le afferrò il bacino con un gesto rapido della braccia e se l'avvicinò.
"Non ho mica detto che non mi piacesse" disse alzandosi in piedi, e si fiondò sulle sue labbra. Ivy restò per un attimo immobile per quella foga improvvisa, poi fece incontrare le loro lingue, il tocco di Louis che - stranamente - le faceva venire la pelle d'oca....no, sicuramente era il vento fresco che entrava dalla finestra a farla sentire così. Il ragazzo le passò le mani tra i capelli e si ritrovarono incosapevolmente ad indietreggiare, poi quando Ivy urtò contro il bordo del materasso, Louis spinse sul suo corpo minuto, stendendosi insieme sul soffice letto della sua stanza.
La casa era in silenzio, eppure i due ragazzi sentirono i loro cuori battere ed echeggiare in quelle quattro mura. Ivy si ritrovò ad accarezzare e stringere le spalle di Louis attirandolo a sè. Non aveva mai agito così d'impulso con nessun altro, cosa le stava facendo? Perché non aveva la forza di schiaffeggiarlo ma si ritrovava ad assecondare ogni suo movimento rapido contro il suo corpo? Gli afferrò i bordi della maglietta azzurra e gliela sollevò sul petto, accarezzandogli l'addome scoperto percorrendo con l'indice gli addominali scolpiti, continuando comunque ad assaporarsi con i loro baci affamati. Ivy sentiva le guance in fiamme, poi Louis le accarezzò il collo, il contorno del viso, i capelli scompigliati e sudati, poi quando percepì il tocco di Ivy farsi più deciso sul suo petto si staccò a malincuore, facendo schioccare le loro labbra. Ivy spalancò gli occhi rimanendo immobile, i respiri rapidi che si scontravano contro quelli di Louis, eppure il ragazzo aveva le pupille dilatate e puntate sulle labbra della ragazza. Le afferrò la mano con un gesto rapido e sollevò un sopracciglio, beffardo. "Mani a posto, Azzurrina." E l'atmosfera della stanza cadde rovinosamente, dovuta anche al rintocco dei colpi sulla porta in legno.
"Signorina, la cena è pronta" diceva Roza, eppure Ivy stava sorridendo, chiudendo gli occhi esasperata. Louis si alzò dal suo corpo accalorato e si abbassò la maglietta quanto più possibile sui pantaloni, recuperando il cellulare dalla scrivania.
"Ora è meglio che vada e tu dovresti finire matematica" disse e aprì la porta, salutandola con il saluto militare prima di chiudersi il legno alle spalle. Ivy si mise seduta, i piedi che penzolavano sul bordo del letto e i battiti del cuore che le risuonavano sotto la pelle, nelle orecchie, in ogni parte del suo corpo. Si prese la testa tra le mani, scuotendola piano, mentre sentiva dal piano in basso la porta d'ingresso aprirsi ed essere chiusa, i passi di Louis che si muovevano piano sulla brecciolina diretti alla macchina parcheggiata.
Louis vide la finestra della stanza di Ivy aperta prima di entrare in macchina e sorridere a nessuno in particolare, la felicità che trasudava da ogni poro del suo corpo, mentre Ivy, dentro casa, sentiva Roza chiamarla nuovamente, eppure non la ascoltò e prese in mano il suo telefono.

Elle, dobbiamo parlare.

Lo so.

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