The match

N/A
Vi scrivo prima del capitolo per avvisarvi di una cosa.
Questo è il capitolo della tanta agoniata partita, però sappiate che io non conosco il Dodgeball. Mi sono informata facendo delle ricerche, però alcune cose le ho cambiate per renderle conformi alla mia storia.
La distribuzione dei tre games di cui una partita si compone è vera, così come l'eliminazione totale dei giocatori per la vittoria.
Il resto è opera mia :)
Ci vediamo in fondo!

Quando la mattina seguente la sveglia suonò alle sette e mezzo, Harry era già sveglio.
Si rotolava nel letto in cerca di refrigerio, l'ossigeno della stanza esaurito a casa dei suoi respiri rapidi e profondi che non lo avevano fatto dormire poi molto. La casa prima che la sveglia avesse suonato, era stata in religioso silenzio, per questo - ormai rassegnato - si era messo con le mani intrecciate sugli addominali e lo sguardo rivolto verso il soffitto, la luce del sole che filtrava lentamente attraverso i buchi delle persiane abbassate.
Aveva lo stomaco sbarrato, non riusciva nemmeno a concepire l'idea di poter fare colazione, così quando la madre bussò alla porta della sua stanza, Harry grugnì infastidito. Spense con un gesto la sveglia, colpendola e facendola persino cadere per terra, le batterie che si riversarono fuori sul pavimento lucido della camera. Si tirò a sedere, appoggiando i piedi per terra e le braccia stese indietro.
Incominciò a fare nuovamente respiri profondi per calmarsi, ma ormai la finale distava solo due ore e mezza.
Appoggiò i gomiti sulle cosce e si prese la testa tra le mani, gli occhi chiusi, con le palpebre che vibravano leggermente.
"Harry, tesoro" Sua madre aveva abbassato la maniglia ed era entrata nella stanza, soffermandosi sotto l'arcata della porta. Quando vide Harry in quella posizione, gli si avvicinò e gli si sedette accanto sul materasso morbido del figlio, appoggiandogli affettuosamente una mano in mezzo alle spalle possenti. "Sono orgogliosa di te."
Harry strinse le labbra con i denti, gli occhi finalmenti aperti fissi sui suoi piedi nudi al freddo contatto del pavimento. Gemma e Des passarono nel corridoio, superando la sua stanza e avviandosi al piano di sotto per fare colazione.
Il ragazzo annuì, continuando ad aprire i suoi polmoni con la speranza di cogliere quanta più aria possibile e calmare i battiti del cuore. "Ti va qualcosa?" gli chiese Anne, iniziando a muovere la mano sulla schiena per confortarlo.
"Non ho voglia di niente, sto malissimo"
"Non puoi andare a stomaco vuoto!"
Harry staccò la testa dalle mani e guardò la madre con gli occhi verdi simili ai suoi. "Allora prenderò solo una tazza di caffè" disse storcendo il naso all'odore del bacon che Gemma stava preparando dalla cucina.
Anne sospirò rumorosamente, poi si alzò in piedi. "Ti conviene scendere, comunque"
Harry si alzò dal letto e aprì la finestra per far cambiare aria, gli uccellini che iniziavano a cantare sugli alberi alle spalle della sua abitazione. Andò subito in bagno e si fece una doccia fresca, rimanendo sotto lo sciacquone per un tempo infinito, poi dovette chiudere l'acqua quando Gemma aveva iniziato a picchiare forte i pugni contro il legno della porta chiusa. Una volta ritornato in camera, con solo un asciugamano addosso e i capelli bagnati, vide la divisa piegata sul letto rifatto e il borsone sulla scrivania, con un asciugamo ripiegato nell'angolo, un ricambio, tre bottiglie d'acqua e il sapone.
Strinse le labbra e si vestì, scendendo poi in cucina quando ormai erano le otto e mezzo.
Gemma aveva la borsa sul tavolo in cucina e stava prendendo le chiavi della macchina del padre per andare con delle amiche a fare shopping, mentre Anne finiva di versare in una tazza il caffè preparato con la macchinetta nell'angolo del piano cucina. Harry strinse il bicchiere e bevve il contenuto rapidamente, scottandosi la lingua, poi si sedette di fronte al padre che leggeva il giornale. Des sollevò lo sguardo dalla pagina, "Figliolo" iniziò per catturare l'attenzione del ragazzo, "comunque vadano le cose.."
"No, papà. Non ci deve essere nessun 'comunque'. Dobbiamo vincere, bisogna esserne convinti"
Anne lo guardò fiera e gli accarezzò il braccio lasciato scoperto dalla canotta della divisa. "E vincerete, Harry. Non permetterti di distrarti, è importante che tu possa guardarti attorno ed anticipare le mosse degli avversari"
Il figlio annuì, poi il campanello di casa suonò ripetutamente ed Anne andò ad aprire, scostandosi poi all'improvviso per lasciar passare Louis.
Harry si alzò in piedi alla vista del migliore amico, poi Louis si fermò sotto l'arcata della porta della cucina, la divisa aderente al corpo e il borsone lasciato cadere ai suoi piedi. Fece un passo e si buttò addosso ad Harry, stringendolo in un forte abbraccio, il cui unico scopo era infondere coraggio vicendevolmente. Il riccio ricambiò la stretta, poi lo guardò negli occhi chiari.
"Andiamo, Harold" disse Louis.
Harry annuì e tornò al piano di sopra per prendere il borsone e il telefono. Illuminò lo schermo e non trovò alcun messaggio. Ebbe un fitta improvvisa allo stomaco, eppure non ci badò più di tanto, scese subito le scale e abbracciò i genitori, i quali gli promisero che alle nove e mezzo sarebbero andati al palazzetto.

Il tragitto in macchina fu lungo e schiacciante, un silenzio opprimente che nascondeva tutte le preoccupazioni e le paure dei due ragazzi, che si amplificarono nel momento in cui fecero il loro ingresso nel parcheggio a loro riservato. Scorsero il coach Montpellier alle spalle di un capannone che, non appena li vide, li segnalò a qualcuno che i ragazzi non videro. Gli altri componenti della squadra erano sul retro e si stavano dirigendo verso gli spogliatoi. Harry e Louis si accostarono al coach che li bloccò spiegando loro - per l'ennesima e ultima volta - il piano di attacco, poi li fece proseguire da soli lungo un corridoio ai cui lati c'erano diverse stanze. Louis ne indicò una a sinistra ed Harry lo seguì, chiudendosi la porta in vetro alle spalle. Si sedettero entrambi sulle panchine poste a ridosso degli armadietti in ottone. Si appoggiarono con le schiene al metallo, l'uno di fronte all'altro, le fronti madide di sudore e le gambe che si muovevano impazienti.
Dopo quelli che parvero minuti interminabili, Louis si schiarì la gola. "Ivy non mi ha scritto niente" disse d'un tratto, ma solo per rompere quel silenzio fastidioso che gli stava urtando i nervi più di quanto già non fossero stuzzicati. Harry annuì, felice che il pensiero potesse spostarsi su qualcos'altro, ma i ticchettii dell'orologio sulla parete continuavano a rammentare loro che il tempo passava e che ormai la finale era sempre più vicina. Mancavano solo tre quarti d'ora.
"Anche Rachel non mi ha mandato alcun messaggio" rispose, poi videro fuori la loro stanza alcuni dei loro compagni che bussarono con le nocche sul vetro trasparente. Harry fece loro un cenno del capo e quelli si fiondarono dentro, prendendo posto accanto ai capitani della squadra. Liam rimase sotto l'arcata della porta mentre veniva raggiunto dagli altri giocatori che non sarebbero potuti entrare nella stanza in quanto, ormai, totalmente piena. Montpellier apparve alle spalle di Payne, stringendosi al petto muscoloso una cartellina di plastica e il fischietto che ciondolava, pronto ad essere fischiato. Harry fremeva e temeva contemporaneamente il suono di quell'oggetto apparentemente innocuo, ma che per lui significava ogni cosa. Vincere quella finale, gli avrebbe permesso di incrementare ulteriormente il suo sogno di diventare allenatore, e non poteva deludersi.
"Bene" Louis aprì bocca, cercando con lo sguardo gli occhi di tutti i presenti, fermo e concentrato. "Da adesso in poi, nessuna pietà, ragazzi. Dobbiamo fare tutto quello che abbiamo preparato in questi ultimi mesi, cercando di seguire il programma per intero."
Harry prese parola, facendo un colpetto di tosse. "La squadra avversaria è composta da donne, per cui non lasciatevi abbindolare dalle loro probabili bellezze, perché non si faranno scrupoli a farci fuori. Siamo tutti giocatori, da adesso in poi, e la posta in gioco è troppo alta per lasciarcela sfuggire sotto il naso. Diventeremo i giocatori di Dodgeball più sfrenati di tutta Londra, giocheremo a livello nazionale e chissà, magari andremo anche oltre" si fermò, facendo una pausa. Voleva credere alle sue stesse parole, necessitava una tale certezza. "Ma ora prestiamo attenzione al presente, perché altrimenti non ci sarà alcun futuro." Mise la mano in mezzo al gruppo, stendendo il braccio. Louis sorrise e aggiunse la sua mano, così poi tutta la squadra seguì il loro esempio, in una grappolo di mani intricate tra loro. "Forza Power" urlarono Harry e Louis contemporaneamente, e la squadra proruppe in un urlo altissimo che avrebbe fatto tremare tutto il palazzetto. Il coach tossì e tutti lo guardarono, e il suo sguardo obbligò tutti a lasciare la stanza, rimanendo solo con i capitani. "Buona fortuna, ragazzi. Ho fiducia in voi" e se ne andò, dopo aver intimato loro di fare stretching.
Si avviarono verso una specie di aula magna sgombra di sedie e iniziarono a sgranchirsi, il sangue che si muoveva più rapidamente in corpo, l'andrenalina che acquisiva sempre più potenza. Jason Mars parlava con Niall e Micheal, Liam faceva delle flessioni per terra, Joseph lanciava una palla in alto...tutti erano impegnati in qualcosa, mentre Harry continuava a toccarsi le punte dei piedi piegando tutto il corpo. Louis saltellava al suo fianco, il numero 28 che svettava sul dorso della sua canotta con i colori della squadra, rossa e bianca.
Alle spalle dell'aula magna, il vociare era incrementato, gli spalti che si riempivano e sempre più gente che accorreva per supportare la loro squadra. Harry sperò che Rachel fosse già lì, magari reggendo in mano uno striscione insieme ad Ivy, esortandoli a portare in tasca la vittoria, i loro "Stylinson" urlati al di sopra delle urla circostanti. Si rimise in piedi, chiuse gli occhi e respirò profondamente, poi cadde il silenzio e la voce del presentatore risuonò all'interno del megafono.
"Buongiorno signori e signore, benvenuti alla finale di campionato di Dodgeball della nostra città." Urla ancora più forti sovrapposero qualsiasi silenzio. Poi Louis si avvicinò al coach, continuando a saltellare sulle punte dei piedi, mentre Jason Mars si girava a vedere Harry. "Mi raccomando, capitano"
Il riccio annuì nella sua direzione, poi Montpellier gli si accostò seguito da Louis. "Styles, Tomlinson, confido davvero in voi. I nostri giocatori sono ottimi, ma datevi da fare altrimenti sarete fuori."
"Grazie per l'incoraggiamento, coach" rispose sarcasticamente Louis, facendo perdere ai presenti l'attenzione sul discorso del presentatore.
"E ora" una pausa ad effetto che smorzò loro il respiro, "la squadra che ci ha fatto sognare, vincendo 54 partite su 58 totali, i giocatori che ci sono più vicini, i nostri più cari amici e massimi rapprensentanti della scuola, i Power Gear"
Montpellier li fece mettere in coda, e man mano che procedevano stringeva loro la mano calorosamente. Harry e Louis si misero accanto, lanciandosi un'ultima occhiata prima che il coach stringesse loro le mani e li facesse uscire sul campo. La folla esplose in boati continui, ragazze che svettavano in aria i loro cartelloni e le cheerleaders che muovevano rapide i pompom ai lati del campo. Harry e Louis cercarono di vedere tra la folla, ma per il momento scorsero solo i loro genitori, il signor Tomlinson che era andato a vedere il figlio prendendo il primo aereo disponibile per lasciare il lavoro in anticipo e supportarlo. Il figlio sorrise ed Harry fece l'occhiolino ai suoi familiari, salutando poi con un gesto del capo alcune ragazze della scuola. Alcune abitudini non si sarebbero perdute mai.
Si posizionarono nel campo secondo le mosse che avevano progettato - Harry e Louis rigorosamente in avanti, essendo capitani -, fermi e impazienti di vedere le loro avversarie in volto. Il presentatore riprese il megafono.
"Bene. Adesso" la folla sugli spalti a destra esplose in urla fortissime, trepidanti, "la squadra ospitata, le ragazze che ci hanno stupito con la loro forza, la determinazione e il carisma che hanno sempre portato su tantissimi campi in giro per Londra. Portatrici di numerose vittorie nelle loro tasche, ecco a voi le New Spaces"
Il portone del lato opposto al campo si aprì, un gruppo di cheerleaders che uscì svettando i loro pompom rosa e azzurri per aria, seguite dalla squadra contro cui avrebbero combattuto. Erano le dieci meno tre minuti, e se un momento prima Louis ed Harry erano stati in trepidazione, un attimo dopo il tempo si bloccò, come congelato.
Erano lì, proprio davanti il resto della squadra, esponendo le loro divise con fierezza e sicurezza. Ivy e Rachel superarono il portone per prime, entrando nel campo insieme alle urla di tantissimi ragazzi sparsi sugli spalti, procedendo lentamente verso il centro del campo avversario, fermandosi sulla linea di centro.
Louis aveva gli occhi spalancati, la bocca schiusa e uno strano pallore sparso per il volto. Harry, invece, aveva le palpebre calanti, le dita che gli tremavano e che strinse in pugno e la bocca serrata.
Tutto ciò non era umanamente possibile.
Perché?, si chiedevano.
Il chiacchiericcio alle loro spalle si intensificò, il resto dei compagni di squadra che si rendevano conto di chi fossero e le indicavano senza pudore, mentre la determinazione di Harry e Louis, la sicurezza e la fermezza di poco prima scomparivano come la scia di una stella cadente, così, improvvisamente, senza lasciarsi alcuna ombra dietro.
Rachel ed Ivy non guardarono la loro squadra posizionarsi lungo le assi del campo, cercavano invece di sostenere gli occhi ormai spenti di Louis ed Harry che le guardavano immobili, senza alcuna forza.
Non avevano il coraggio di guardarsi intorno, tutta la loro attenzione era rivolta su quelle ragazze, quelle donne che li avevano presi in giro, insultando i loro compiti e le posizioni che ricoprivano. Quelle ragazze che li avevano fatti divertire, fantasticare e attrarre come non era mai successo...loro, che in quel momento stavano abbassando lo sguardo, non riuscendo a sostenerlo un secondo di più.
La linea che divideva i due campi era ricoperta dalle palle arancioni che avrebbero utilizzato, ma Harry e Louis, contemporaneamente, abbassarono le spalle privi di forza, schiacciati da tutto il mondo.
Non si erano nemmeno resi conto che il presentatore avesse dichiarato l'inizio della partita, bloccati sul posto come se qualcuno li avesse fissati con dei chiodi insostituibili.
Era iniziato il primo dei tre games che avrebbero giocato, eppure loro non si muovevano. Montpellier sbraitava dalla panchina, mentre le New Spaces - ad eccezione di Rachel ed Ivy, i due capitani della squadra di Dodgeball avversaria - prendevano le palle e le lanciavano senza pietà sulla squadra dei ragazzi, maschi contro femmine che combattevano incessantemente, infuriando intorno a loro, mentre Louis ed Harry continuavano a non crederci, delusione e amarezza che avevano ormai preso il sopravvento. Rachel teneva lo sguardo abbassato sulle scarpe, i capelli tirati indietro e il numero della sua canotta che colpiva Harry in pieno petto. Louis aveva gli occhi incollati su quella chioma turchese che lo aveva fatto impazzire, ma che adesso gli stava risucchiando le energie.
Quando Harry ricevette un pugno violento sul braccio, si girò, svegliandosi da quello stato di trance in cui era caduto andando contro ogni previsione, Liam che gli sventolava le mani davanti agli occhi, la bocca che si muoveva senza emettere alcun suono. Poi le parole lo colpirono come una serie di proiettili sparati contemporaneamente. "Le nostre mosse! Stanno usando le nostre mosse!" urlò di nuovo, ed Harry controllò il campo avversario, distogliendo immediatamento lo sguardo dalla persone più deludenti che avesse mai conosciuto nella sua vita.
Louis lo guardò sgomento ed indietreggiò mentre, accanto a lui, Joseph bloccava una palla per far eliminare la ragazza che gliela aveva lanciata contro.
Il presentatore continuava a contare i ragazzi che cadevano sparsi per il campo, aggiornando sempre il conteggio, fin quando suonò la fine del primo game.
I Power Gear avevano perso per 7 - 6.
Le ragazze si strinsero tra loro e si appostarono lungo il loro lato del campo, avvicinandosi al loro coach, mentre Harry e Louis vedevano i loro compagni grondanti di sudore avvicinarsi a Montpellier che era livido di rabbia.
Jason camminò con passi pesanti fino ad Harry e gli afferrò il bordo del collo, facendo mettere in piedi alcuni tra la folla sugli spalti.
Strinse la presa e spintonò Harry. "Figlio di puttana, come hai potuto!" urlò, poi Louis lo strappò da Harry, allontanandoli.
Harry si massaggiò il punto colpito, lo sguardo perso per terra. "Io.. io.."
"La tua bella puttanella ci ha fottuto le mosse e ora ci ritroviamo a combattere con il nostro specchio. Ti rendi conto della gravità, Styles? Ti rendi conto del torto che tu e Tomlinson ci avete fatto!?!" urlò ancora, cercando di avventarsi su di lui, ma Micheal e Niall intervennero, mentre Harry iniziava a respirare più profondamente, il petto tremante e le mani chiuse a pugno.
"Io non lo sapevo" sputò, e Louis lo guardò, comprensivo e frustrato.
Montpellier fischiò e li chiamò a raccolta, afferrando Louis ed Harry per le braccia. "Io vi uccido con le mie stesse mani!" urlò, ma i ragazzi non riuscivano a stare al passo di tutti quelli insulti e quelle facce odiose provenienti dai loro compagni. Avevano deluso tutti.
Avevano perso in partenza.
"Avete trenta secondi per articolare un nuovo piano" disse colpendoli al petto con la cartelletta di plastica.
Louis si girò verso la squadra avversaria e vide Rachel ed Ivy sedute per terra, la testa tra le mani e i petti tremanti, lontane dal resto del loro gruppo. Strinse i denti, spietato.
"Comportatevi al loro stesso modo. Copiate le loro mosse, prendendole in contropiede"
"E' una cazzata" disse Joseph massaggiandosi la coscia. Harry guardò Louis.
"Proviamoci, esattamente come ha detto lui" poi il fischietto venne nuovamente soffiato e iniziò il secondo game. Harry e Louis si guardarono e afferrarono le palle poste sulla linea di mezzo, stringendole in mano e schivando colpi, facendo finta che quelle al di là del campo fossero delle sconosciute...ma non era poi una bugia. Insomma, quanto di loro conoscevano effettivamente? Quel mese passato insieme era stato solo una bufala madornale che non si sarebbero mai aspettati dai loro visi angelici. Ma è risaputo, dietro il più bell'angelo, si cela il diavolo più spietato.
Iniziarono a lanciare le palle ancora prima che le avversarie se ne rendessero conto, facendole cadere una dopo l'altra, poi quando vide Rachel prendere una palla sul punto di lanciarla, Harry osservò il suo polso, il braccialetto in cuoio che pendeva e che era simbolo di una totale presa per il culo.
"Facciamo finta che la mia fortuna sia con te" le aveva detto, e non c'era cosa più vera: gliela aveva servita su un piatto d'argento.
Disprezzato, sollevò la palla a sua volta, ma Rachel venne colpita da un'altra palla e il presentatore fischiò la fine del secondo game, decretando la vittoria della loro squadra, seppur per poco.
Montpellier puntò l'indice sul petto di Louis. "Schiacciate quell'ammasso di rosa e tornatevene con la coppa in mano!"
Gli spalti erano in subbuglio, c'era chi urlava, chi piangeva, chi fermo a guardare come i loro familiari che avevano perfettamente intuito che qualcosa non andasse, sebbene nessuno avrebbe mai potuto immaginare una cosa del genere. I giocatori continuavano a parlare a Louis e ad Harry, ma loro non stavano riuscendo a capire davvero più niente.
Quando il presentatore fischiò, il terzo game ebbe inizio e non potè cominciare peggio: tre ragazze muscolose avevano immediatamente afferrato le palle e dopo aver fatto una capriola le avevano lanciate contro Joseph, Liam e Jason, facendoli cadere per terra.
Facendo così, i centro campisti erano ormai fuori gioco, e Louis ed Harry si guardarono allarmati. Rachel ed Ivy li evitavano accuratamente, la seconda con gli occhi arrossati e le guance umide.
Louis afferrò la prima palla disponibile ed incominciò a colpire le ragazze avversarie, ignorando le occhiate di Ivy. Harry invece partì a raffica, colpendone quante più possibili nel giro di secondi. Ad un certo punto si resero conto di essere rimasti solo loro due in campo, tutto il resto della squadra li osservava dalla panchina con le mani giunte, tranne Jason che lanciava loro sguardi di fuoco.
Cercavano di perdere tempo, il presentatore non si decideva a suonare quel dannato fischietto, ma improvvisamente una palla colpì Harry mentre ne prendeva una per colpire Rachel in via diretta. Louis rimase solo, con quattro giocatrici dall'altra parte, due delle quali che si scostarono per evitare lo scontro finale sebbene ciò non fosse ammesso. Louis si girò a vedere Harry, colse la disperazione nei suoi occhi, il futuro che scivolava via dalle loro mani. Alzò il braccio per colpire una ragazza dai corti capelli neri, facendola cadere per terra, ma non si affrettó a recuperare un'altra palla perché si aspettava benissimo la mossa successiva.
L'aveva studiata lui stesso.
Ancor prima che si potesse avvicinare ad una palla solitaria, un'altra giocatrice lo colpì su un fianco e il presentatore fischió definitivamente.
Le New Spaces si fiondarono nel centro del campo, abbracciandosi ed urlando, tranne Rachel ed Ivy che si allontanarono dalla folla, in religioso silenzio e strette nelle loro spalle minute, il pubblico sulla destra che esplodeva in urla gioiose e lacrime. Era tutto un festeggiamento, mentre Montpellier gettava a terra la cartellina e la pestava con un piede. Jason si girò e scagliò un pugno contro la parete alle sue spalle, gli altri muti e fermi. Harry cadde in ginocchio per terra, le mani tra i capelli e le sopracciglia abbassate, disperato, mentre Louis si inginocchiava e iniziava a sbattere ripetutamente i palmi delle mani sul parquet della palestra.
Era tutto finito.
Game over.

Due ore dopo, il palazzetto si era svuotato, striscioni per terra, palle scombinate, spalti imbrattati di buste e carte stracciate, il tipo di disordine lasciato da una tempesta.
La squadra si era allontanata, immobile, impassibile.
Montpellier aveva provato a strapparsi i capelli, Jason avrebbe preso a pugni qualcuno se non lo avessero allontanato, e Louis ed Harry si erano chiusi nella loro stanza, nel lungo corridoio in quel momento silenzioso.
Sentivano battere i cuori, i loro progetti futuri dissolversi in aria e qualsiasi possibilità di andare avanti bruciata.
Rachel ed Ivy erano state le parche che avevano spezzato il filo della loro vita, totalmente ed indissolubilmente.
Avevano perso il campionato, la loro squadra era stata cancellata da qualsiasi gara prima di due anni e Montpellier li aveva davvero depennati dall'incarico di capitani.
Non avevano più niente in mano, nè dignità, nè futuro, nè speranze, nè nessun altro con cui sfogarsi perchè proprio quelle persone erano state le artefici delle loro vite ridotte in cenere. Prima che se ne rendesse conto, Harry era scattato in piedi, aveva spalacato la porta in vetro facendola sbattere violentamente e si stava dirigendo verso il campo.
Louis chiuse le mani in pugno e ne scagliò uno contro il vetro incrinato della porta, riducendolo in pezzi sparsi per il corridoio male illuminato. Aveva le nocche ricoperte di sangue, la mano tremante e indolenzita, e se la strinse con l'altra al petto, seguendo la scia di Harry.
Quando arrivò in campo, vide Harry smontare i sedili, strappandoli dagli assi allineati e scagliandoli verso il parquet del campo, si avventò sulla panchina e la fece sbattere contro il muro in cemento facendola cadere in pezzi scomposti, poi si avventò sulle palle ancora sparse.
Aveva gli occhi iniettati di sangue, le mani piene di ferite e sporche, le dita tremanti mentre provava a distruggere qualsiasi cosa avesse davanti in quel momento.
Prese una palla e la girò tra le dita, prima di lanciarla contro una vetrata in alto che, per l'impatto, esplose in mille schegge di vetro. Harry si accucciò e si prese la testa tra le mani, un'onda di vetri che gli si riversò addosso, mentre un allarme fortissimo risuonava per tutto il palazzetto. A quel suono, Louis non se ne fregò nulla e si avventò verso l'alta sedia in legno del presentatore, spingendola con tutto il peso del suo corpo, facendola cadere di lato e incrinando alcune tavole del parquet.
Le sirene della polizia si stavano avvicinando, sempre più rapide e pronte a mettere fine a quel caos, ma i due ragazzi non se ne fregarono nulla, continuarono a distruggere il mondo esterno come era stato distrutto e ridotto in briciole quello al loro interno.

N/A pt.2

Potete anche uccidermi adesso.
No, okay.
Scherzo.
Se vi va, lasciatemi un commento :)

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