Stylinson?


Ivy? Ci sei?
Era tutta la mattina che Louis le inviava messaggi, eppure lei non gli dava segni di vita. Che fosse successo qualcosa?
Louis scosse la testa per allontanare la paranoia e afferrò la cinghia dello zaino avviandosi verso l'ultima classe della giornata, quella delle tre, che aveva in comune con Harry il martedì.
Quando varcò la soglia, vide alcune ragazze sedute nei primi banchi, alcuni pompom posati ai piedi delle loro sedie e le gambe accavallate, le loro bocche impegnate a masticare i chewing gum che il capitano - sicuramente - aveva elargito.
Si accomodò in seconda fila uscendo i libri di inglese, mentre Harry a sua volta entrava in classe sotto uno sguardo attento di tutte le donne presenti, alcune che si lasciavano andare a sospiri rumorosi. Louis le guardò e alzò gli occhi al cielo, appoggiandosi il cellulare accanto al braccio piegato sul banco. Una ragazza seduta nella fila accanto si passò una ciocca dietro l'orecchio leggermente a sventola e si morse il labbro a vedere Louis così intento ad ignorare le altre ragazze.
Si sporse e gli sfiorò il braccio con le dita affusolate. Il ragazzo si girò verso di lei proprio mentre Harry si sedeva accanto a lui trasportandosi addosso un forte odore di dopo barba. "Sì?" le disse abbozzando un sorriso con le sue labbra sottili.
La ragazza - che si chiamava Natalie - gli chiese se potesse prestarle un foglio per prendere appunti, ma Louis non badò più di tanto agli atteggiamenti della ragazza, troppo impegnato a liquidarla per poter parlare con Harry. Quando le diede il foglio le sorrise e le diede le spalle, appoggiando una mano sulla spalla muscolosa di Harry accanto a lui che stava tenendo in mano il telefono, sorridendo chissà a chi.
"Senti, per caso sai se Rachel si sta sentendo con Ivy?"
Il riccio si girò verso il migliore amico con le sopracciglia sollevate. "E perché mai dovrei sapere una cosa del genere?"
Louis sbuffò e ricontrollò il telefono, ma ancora nessun messaggio.
"Semplicemente perché non mi manda un cazzo di niente da ieri sera"
Harry fece spallucce e si alzò in piedi, insieme al resto della classe, mentre la professoressa Edwards si accomodava dietro la cattedra. Aveva una camicia bianca infilata in una gonna a vita alta nera aderente, i primi bottoni della camicietta fuori dalle asole e i suoi lunghi capelli biondo scuro lasciati cadere sul petto prorompente. Nella loro scuola, i 9/10 dei ragazzi avevano fatto sogni erotici che prevedevano la professoressa in ogni posizione immaginata e non, data la sua giovane età e la sua bellezza da modella, nonostante avesse le curve al punto giusto.
Il telefono di Harry gli vibrò in mano e gettò un occhio sul messaggio che gli era arrivato.
Il riccio lo girò mentre Louis prendeva nuovamente posto e il moro aguzzò gli occhi.
Non è venuta nemmeno a scuola.
"Che cazzo significa questa cosa?" sussurrò mentre la Edwards iniziava a parlare di un certo Milton e tutti le prestavano particolare attenzione, chissà perché.
Harry spalancò le grosse mani, "E che cazzo ne so io, genio?!" disse sarcasticamente. "Non è andata a scuola e non ha avvisato nemmeno Rachel."
Louis prese un grosso sospiro e picchietteva il piede, impaziente che la lezione finisse quanto prima, mentre Harry accanto a lui continuava a chattare con la sua cheerleader come una ragazza innamorata per la prima volta.
Quando suonò la campanella sollevò lo zaino e abbandonò l'edificio accennando solo una pacca sulla spalla di Harry insieme ad un "Ci sentiamo più tardi", e uscì sulla strada spalancando l'imponente portone. Quel giorno non ci sarebbero stati allenamenti, per questo si avviò immediatamente alla macchina, gettando lo zaino sul sedile del passeggero.
Ingranò la marcia e partì, avviandosi verso quella via presso cui si era ritrovato più volte di quanto avrebbe mai potuto solo immaginare. Il cancello dei Johonson era chiuso e non c'era alcuna macchina nel parcheggio, segno che i suoi - tanto per cambiare - non erano in casa. Aveva già notato più volte che la recinzione metallica dell'abitazione fosse abbastanza bassa, per cui si sarebbe potuta scavalcare benissimo, ma sicuramente - ricchi com'erano - avevano un sistema di allarme all'avanguardia, per questo decise di appostarsi sotto al citofono e di pigiare il tasto come i comuni ragazzi. Attraverso l'interfono uscì una voce strascicata e da un accento marcato che non aveva niente a che vedere con quello inglese, per questo quando Louis rispose il suo nome si avviò verso il portone che era stato aperto da una donna bassa e con un grembiule stretto in vita, i capelli rossi raccolti in una retina e le guance paffute con due fossette in bella vista.
"Posso sapere io chi tu sei?" le rispose la donna con le mani strette intorno alla porta affinchè potesse chiudere e cacciarlo in qualsiasi momento.
Louis si grattò la nuca assottigliando gli occhi. "Ehm, sono Louis" era la prima volta che si presentava da Ivy e si ritrovava a parlare con la loro cameriera, ottimo.
"Lewis? Quello della farmacia?"
Al sentire quella frase colse la palla al balzo e le sorrise, incrociando le braccia al petto. "Esattamente, sono venuto a portare le medicine alla signorina Johonson" disse acquisendo un tono, diciamo, professionale.
La donna - che poi avrebbe scoperto chiamarsi Roza, ed era portoricana - gli sorrise e aprì di nuovo la porta. "Ma dov'è la borsa?"
"Oh, che sbadato. L'ho lasciata in macchina" e sbuffando tornò alla vettura e prese lo zaino, caricandoselo sulla spalla affinchè fosse ben visibile. "Ora posso raggiungere la signorina?" disse una volta ritornato, e Roza lo lasciò passare, chiudendo la porta e chiudendosi in quella che sicuramente sarebbe stata la cucina. Louis rimase fermo nell'ingresso per quelli che gli parvero cinque minuti, ammirando un tale palazzo. Sì, perché la casa di Ivy era quella che più si avvicinava ad una villa nobiliare.
Il salone alla sua sinistra era enorme, con un divano in pelle e un televisore al plasma addossato alla parete. Era la stanza più frequentata da Ivy in quanto i vari selfie che si scambiavano era stati scattati esattamente su quel divano.
Allungò la vista verso un imponente corridoio sul quale si affacciavano decine di porte chiuse non riuscendo a capire che stanze potessero esserci, la porta della cucina era alla sue destra e intravide Roza ai fornelli. Vi era un tavolo in mezzo con degli sgabelli alti, un lampadario stile americano e una specie di piano bar ad angolo, ma non perse ulteriore tempo e si avviò su per le scale che erano appena accanto alla porta della cucina. Erano enormi e sembravano non finire mai, ma poi arrivato al primo piano si rese conto di essere in un nuovo labirinto dalle porte tutte chiuse. In tutto quell'ambiente silenzioso - che Ivy non aveva mai voluto fargli conoscere - solo un mugolio lontano catturò l'attenzione di Louis, dei gemiti soffocati e dei piccoli urletti. Sentì improvvisamente una scossa nelle braccia e nelle gambe e serrò la mascella. Iniziò a camminare spedito nel corridoio alla sua destra appoggiando le orecchie su ogni porta per capire da dove provenisse quel suono ambiguo, fin quando non giunse alla penultima porta sulla sinistra che era leggermente scostata e dalla quale arrivavano adesso anche dei ruggiti.
Ma che cazzo?
Louis aprì la porta silenziosamente e vide Ivy contorcersi sulle lenzuole candide di un letto immenso a due piazze nel centro della stanza. La testiera del letto era addossata al muro dipinto di azzurro, uno specchio accanto alla scrivania sul cui muro vi erano tantissime fotografie che la ritraevano con le amiche. Ma Louis badò più alla ragazza dai capelli turchesi che al resto. Aveva le braccia intorno al busto, gli occhi stretti e i denti digrignati, la sua testa che si muoveva a scatti e si seppelliva in un ammasso di cuscini dalle più strane tonalità di blu. Le gambe erano strette al petto, ma a tratti si spalancavano e si ritraevano nuovamente. Louis aveva una mano appoggiata alla porta, l'altra lasciata penzolante al suo fianco. Ivy aveva addosso un paio di pantalocini bianchi e una canotta nera, ma il suo corpo era rannicchiato come un feto nel grembo materno, la sua bocca che lasciava uscire gemiti che prontamente soffocava tra i cuscini. Rimase a fissarla fin quando non decise di schiarirsi la gola, ma il suo rumore venne coperto da Ivy che urlava: "Roza chiama quel cazzone di farmacista e fallo affrettare".
"Sono già qui" disse allora Louis e Ivy si immobilizzò, sollevando di pochissimo la testa sudata e con i capelli appiccati sul collo e le tempie lucide.
Appena si rese conto di chi fosse, urlò frustrata. "E adesso tu che cazzo ci fai qui"
Louis entrò scrollando le spalle, mentre Ivy iniziava a spostarsi su tutta la grandezza del materasso cercando un po' di frescura. "Scusami se mi sono preoccupato, ma sai" prese ad elencare sulla dita della mano, "uno, non mi rispondi ai messaggi; due, Rachel mi ha detto che non sei stata a scuola; e tre, quando la cameriera mi ha detto del farmacista, volevo conoscere cosa cazzo fosse successo"
Ivy liberò le braccia e si passò le dita tra i capelli resi umidi dal sudore, soffocando un altro gemito.
"E poi, pensavo stessi scopando" ammise Louis passandosi un braccio sulla fronte e lasciando lo zaino a terra accanto alla porta che si premurò di chiudere.
"Sì, da sola magari" rispose Ivy a bassa voce, portandosi le mani sul basso ventre. "Dio, credo di morire"
Louis aggrottò le sopracciglia e si avvicinò al baule alla base del letto, sedendosi sulla superficie dura in legno. "Ma che hai, si può sapere?"
Ivy ruggì e Louis sussultò un pochino, sopprimendo una risata alla vista di tale scena incredibile. La ragazza si sollevò sui gomiti e si tirò fin sui cuscini, buttando la testa nella gommapiuma. "La peggior cosa che sia mai esistita, la rovina del mondo, la fine di ogni gioia e libertà, una serie di continue sofferenze..."
"Hai il ciclo?"
Ivy alzò la testa stringendosi ancora una volta il basso ventre. "Sì, cazzo"
Louis si grattò il mento. "E quanto durano questi dolori?"
"A me solo il primo giorno" ammise Ivy mettendosi in pancia in su, le gambe larghe e la braccia spalancate sul materasso.
Louis sgranò gli occhi e si portò le mani sul cavallo del jeans. "Cambia posizione, per favore. Mi ispiri tutt'altro che compassione in questo momento" ammise in tono scherzoso, ma poi Ivy si sollevò sui gomiti incurante.
"Ricordi, Tommo? Mani a posto. Ma comunque" con un sbuffo sollevò il ciuffo azzurro dagli occhi. "Perché sei a casa mia? Ti avevo chiesto di non venire" disse mentre Louis si alzava dal baule e le si sedeva vicino sul letto, accarezzandole una guancia.
"Mi ero preoccupato" disse, e fece per alzarsi nuovamente ma Ivy lo bloccò con un braccio.
"Ora che sei qui non andartene, cazzone, e riprendi ad accarezzarmi"
Louis sorrise vittorioso e iniziò a passarle le mani tra i capelli mentre lei rimaneva con gli occhi chiusi.
"Chiamasi sfruttamento"
"Chiamasi intrattenimento. Pensa, mi stanno passando i dolori, o meglio, non ci sto più prestando attenzione" ammise abbozzando un sorriso. Louis si sporse e le diede un bacio sulla fronte.
"Quindi, poichè oggi non usciamo in quanto la tua imminente morte sta bussando alla porta" Ivy gli diede un pugno sul braccio con il quale il ragazzo continuava ad accarezzarla, "ti va domani di fare qualcosa di diverso?" terminò.
Ivy aprì gli occhi scuri e spinse le labbra in fuori. "Che genere di cosa?"
Louis fermò la sua mano tra i capelli azzurri della ragazza mentre quest'ultima stringeva le labbra.
"Potresti venire agli allenamenti?"
Ivy scattò seduta, per poi fare una smorfia stendendosi nuovamente e tenendosi la pancia con due mani. "Dici sul serio?"
Louis sollevò le spalle, "E poi magari usciamo in centro" terminò con un sorriso.
Incredibile quanto le donne fossero malleabili con qualche carezza e proposta allettante.
Ivy sorrise compiaciuta, annuendo. "Ci sto. E faresti bene a dare il meglio di te, Tommo. Non vorrei sprecare un pomeriggio"
Louis si sporse verso di lei e le diede un bacio sulle labbra carnose. "Se stai con me, non sprechi un bel niente" disse con un sorriso beffardo dipinto sul suo volto magro.




Poiché Louis passò tutta la sera del giorno prima a casa di Ivy e se ne andò qualche minuto prima che i signori Johonson girassero la chiave nella toppa - Roza se n'era già andata e Ivy non voleva per niente al mondo che i suoi li vedessero insieme -, Harry non lo sentì un granchè. Continuò a messaggiare con Rachel, nonostante quest'ultima stesse studiando per un compito in classe di economia molto complicato.
Parlò con Louis solo l'indomani mattina, entrambi seduti in un piccolo tavolino del bar di fronte la scuola, le tazze di caffè bollente in mano e gli zaini appoggiati ai piedi delle sedie.
Louis gli aveva accennato di far andare le ragazze agli allenamenti, ed Harry aveva acconsentito felice, perché era comunque un modo per poter stare con loro. Il riccio prese il cucchiaino appoggiato all'interno del piccolo sotto tazza e iniziò a mescolare gli ultimi residui di caffè. "E quindi sei andato da Ivy, eh? Soli, a casa..."
Louis alzò gli occhi al cielo e sbuffò. "Uno, ha il ciclo e non mi va di sguazzare in una pozza di sangue, a maggior ragione dopo aver visto quel cazzo di assorbente in bagno che mi ha traumatizzato" Harry fece una faccia schifata per poi scoppiare a ridere verso la fine della frase. "Due, non ho nessuna intenzione di scopare con lei. O meglio" iniziò facendo un smorfia maliziosa che Harry prontamente fece soffocare dandogli un calcio sullo stinco. Louis si afferrò il ginocchio, avvolgendolo con una mano, "L'intenzione ce l'avrei, ma lei non fa altro che dire sempre la stessa, cioè di tenere le mani a posto"
Harry tolse il cucchiaino dalla tazza e terminò le ultime gocce di caffè rimaste, sorridendo con un angolo della bocca, afferrando poi le cinghie dello zaino ai suoi piedi. "Mi dispiace Tommo, ma dovrai continuare a segarti di fronte al cellulare" Louis si alzò di rimando e lo spintonò mentre entrambi si dirigevano fuori dal piccolo bar in cui avevano pagato prima di prendere il caffè. La strada era trafficata e i clacson risuonavano in tutte le vie, scolari che venivano lasciati dai genitori fermi in macchina, altri ragazzi che si affrettavano ad attraversare la strada per non perdersi neanche un minuto della lezione che li aspettava. Louis ed Harry invece camminavano calmi, le ragazze della loro scuola che si soffermavano ad ammirarli e spettegolavano subito dopo. Erano abituati alle attenzione che l'altro sesso prestava loro, ma da quasi un mese a quella parte se la facevano scivolare addosso come acqua nella doccia.
Attraversarono il cancello e si promisero di vedersi alle tre e mezzo fuori dall'edificio.
La giornata fu lunga e pesante, interrogazioni infinite che li opprimevano dalla prima all'ultima ora, pausa pranzo asfissiante per la presenza di Jason Mars che non faceva altro che continuare a fare battute squallide, lanciando frecciatine ad Harry come se vivesse solo di quello, ma il riccio prontamente lo ignorava per godersi il suo misero pranzo, prestando più attenzione al suo migliore amico che riusciva ad intrattenere conversazioni con ogni tipo della loro scuola. Spesso lo vedeva parlare con ragazze che pendevano dalle sue labbra o che cercavano di diventergli amiche solo per sfruttare la sua "fama" di capitano della squadra, ma Louis era perspicace e riusciva a capire quando le attenzioni era rivolte a lui o a quello che faceva. Ci riusciva praticamente sempre, o almeno così credevano sia lui, sia Harry.
Quando l'ultima campanella della giornata suonò dalla sua postazione sul muro, Louis ed Harry si aspettarono fuori dalla scuola, gli zaini in spalla e la divisa della squadra aderente ai loro corpi muscolosi e già sudati per le temperature elevate della metà di maggio. Mancava una settimana e mezza al campionato.
Si incontrarono fuori dal campetto con Rachel ed Ivy che li accolsero a braccia aperte. Ivy si gettò al collo di Louis e gli diede un bacio sulle labbra sottili, una gonna lunga a fasciarle le gambe, mentre Rachel accolse il volto di Harry tra le sue mani, baciandolo e poi abbracciandolo forte. "Sono emozionata!" esultò la ragazza dai capelli turchesi che si era messa sotto braccio a Louis mentre le due coppie entravano insieme nel campetto.
Jason e Joseph si stavano esercitando con i tiri e i lanci, mentre Liam Payne e Niall Horan parlottavano con le loro ragazze, anch'esse avrebbero assistito agli allenamenti quel giorno.
Micheal lanciò un'occhiata ai capitani della squadra mentre lasciavano che le ragazze prendessero i loro borsoni e prendessero posto verso gli spalti più alti.
Jason bloccò la palla tre le mani mentre vedeva Harry che gli si avvicinava a passo lento e pesante e Louis che scendeva gli ultimi gradini. Montpellier aveva un foglio di carta spianato sul piccolo banco che aveva trasportato per appoggiare gli attrezzi e mostrava qualcosa a Michael, Luke e Stephen, altri ragazzi della loro squadra. "Ma guarda un po', si sono portati appresso le ragazze" puntualizzò Mars girandosi e sputando per terra. Il sole del primo pomeriggio colpiva i suoi capelli chiari lasciandovi dei riflessi brillanti per il sudore, le sopracciglia aggrottate e le labbra sollevate in un sorriso beffardo.
Louis alzò gli occhi al cielo e appoggiò una mano sulla spalla di Harry, intimandogli con quell'unico gesto di non combinare guai.
Rachel aveva la testa appoggiata sulle mani piegate sotto al mento, mentre Ivy rideva giocherellando con il telefono in attesa che la partita iniziasse. C'erano altre due ragazze vicino a loro che lanciavano diverse occhiate in quella direzione.
Mentre Louis si avvicinava a sua volta al coach che aveva già impugnato in mano il fischietto per far disporre i giocatori, Harry allungò una mano verso Jason, il palmo sollevato verso l'alto. "Dammi la palla, Mars, e iniziamo a giocare"
Jason allargò le narici e invece di posargliela sulla mano gliela lanciò contro, ed Harry aprì le mani giusto in tempo prima che gli colpisse il petto. "Sei così spavaldo, Styles" iniziò facendo qualche passo indietro e allontanandosi verso l'altra parte del campo. "Spero che questa tua spavalderia e sicurezza rimanga anche al campionato, perché giuro che se dovessimo perdere per qualche tuo errore, te la vedrai con me"
Harry scoppiò a ridere e si posizionò sulla linea del campo. "Mamma mia, Mars, mi fai così paura che credo proprio di dovermela fare sotto" e si piegò sulle ginocchia lasciando la palla sulla linea di mezzo in cui già le altre erano state allineate. La loro squadra venne divisa negli stessi sotto gruppi di qualche tempo prima, Louis, Joseph, Jason e altri ragazzi da una parte, Harry, Liam, Niall, Michael e altri dall'altra e il coach sollevò il fischietto in prossimità della bocca.
"Bene, ora fate finta come se stessimo già giocando in finale. Esigo la massima sicurezza e attenzione, nessuno scherzo né attacco diretto per questioni personali" lanciò uno sguardo a Jason e ad Harry che abbassarono la testa sorridendo, "per cui vi obbligo a provare per l'ennesima volta tutti gli spostamenti e le mosse che ormai abbiamo preparato e studiato per la nostra vittoria"
I componenti dei due gruppi si misero uno accanto all'altro, le mani lasciate penzolare davanti ai corpi protesi in avanti e il ginocchio destro leggermente piegato per sostenere la spinta iniziale. Proprio mentre il coach portava alla bocca il fischietto, una voce alle loro spalle urlò "Forza Stylinson" ed Harry e Louis si guardarono scoppiando a ridere per l'unione dei cognomi quando il coach fischiò.
Si avventarono con violenza sulle palle e iniziarono a lanciarserle come se contro non avessero degli amici ma dei veri e propri avversari, lasciandosi guidare dalla potenza dei gesti e dai movimenti rapidi dei corpi che di tanto in tanto si sollevavano in aria per sfuggire ad alcuni lanci. Mentre Louis ed Harry combattevano tra di loro, lasciandosi scappare qualche sorriso, videro Rachel ed Ivy filmarli con il telefono, sorridendo tra loro e prestando attenzione ad ogni singolo movimento effettuato dai ragazzi.
Ad un certo punto Harry colpì Jason allo stomaco, rimanendo così in campo solo lui e Louis.
Dietro di loro Ivy e Rachel esultavano gridando "Forza Tommo" "Forza Harry" simultaneamente, così quando Harry prese la palla si mise in posizione di lancio.
"Vuoi che ti faccia vincere solo per farti vedere dalla Johonson, Tomlinson?" disse sornione saltellando da un piede all'altro come se avesse i carboni ardenti sotto le suole delle scarpe.
Louis scansò con un'acrobazia il lancio di Harry e afferrò con entrambi le mani l'ultima palla. "Giammai, Styles, beccati questo" e lanciò il suo pallone con una velocità tale da colpire fortemente Harry al braccio facendolo cadere per terra. Il coach suonò e il resto della squarda iniziò ad applaudire il vincitore, mentre Rachel ed Ivy spostavano i borsoni dei ragazzi e si fiondavano giù dagli spalti.
La mora corse da Harry che intanto si era rimesso in piedi e si stava massaggiando il braccio colpito, mentre Ivy, il telefono che fuorisciva dalla tasca, si fiondava su di Louis. "Sei stato grande"
"Te l'ho detto che non ti avrei fatto perdere tempo" disse baciandole le fronte, poi indicò il telefono. "Hai ripreso il mio momento di gloria?" chiese interessato e Ivy gli fece l'occhiolino.
"Avrei mai potuto perdere proprio quello?" rispose sarcastica mentre Harry si avvicinava seguito da Rachel. Il resto della squadra si stava avviando sugli spalti a recuperare i borsoni, mentre Liam e Niall rimanevano leggermente in disparte con le loro rispettive ragazze.
"Si può sapere perché mi hai colpito così forte?" chiese il riccio massaggiandosi il braccio indolenzito.
Louis appoggiò un braccio sulle spalle di Ivy accanto a lui. "Mah, volevo mettere alla prova la durezza dei tuoi muscoli"
Harry si sporse su di lui e gli colpì il petto, facendolo indietreggiare. "Sei stato grande, comunque"
"Woah, non credevo che Harry deponesse il suo orgoglio per Louis" ammise Rachel lasciandogli un bacio leggero sulla punta del naso.
Harry le accarezzò una guancia. "L'ho fatto solo perché si tratta di lui, ma non ti credere che mi risulti semplice. Preferisco ignorare le persone piuttosto che complimentarmi con loro per avermi battuto" poi si bloccò, guardando Ivy e Rachel contemporaneamente. "Un attimo solo. Stylinson? Dite sul serio?"
Ivy annuì. "Perché non dovrebbe andare bene? Io l'ho sempre detto che voi, uniti come siete, sembrate una coppia"
Louis abbassò i bordi della bocca. "Harry, ci hanno scoperti"
"Ma vaffanculo, Tommo" e scoppiarono a ridere, poi Rachel si accucciò presso il braccio sudato di Harry, i capelli legati in una coda alta e le scarpe di ginnastica che la rendevano più alta di qualche centimetro.
"Ora che si fa? Sono a malapena le sei" ammise controllando l'orologio al polso.
Ivy scosse le spalle, "Proponete quel cazzo che vi pare, io a casa non ci torno"
"E se ci prendessimo una pizza?" propose Louis avviandosi verso gli spalti con il resto del quartetto per recuperare i borsoni e un asciugamano per tamponarsi il sudore.
Quando lo tirò fuori, il ragazzo si girò verso Ivy. "Vuoi che te lo presti per pulirti dal sangue?" e Ivy gli diede un calcio forte al ginocchio.
"Non mettere alla prova le mie conoscenze in karate perché non ti piaceranno sicuramente e poi..." si bloccò scuotendo la testa. "La tua battuta ha fatto cagare e mi fai schifo, Tomlinson" terminò accennando una smorfia.
Harry si passò l'asciugamano sulla fronte. "Ivy, non hai idea di come Louis abbia reagito di fronte ad un assorbente usato"
La ragazza incrociò le braccia al seno. "Allora potresti aiutarmi a cambiarmi" disse beffarda e Louis la guardò con sguardo orripilante.
"Preferisco morire" decretò sollevando il borsone sulla spalla. Quando furono fuori dal campetto, si guardarono. "Allora? Pizza stasera?"

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