Please, tell me


La settimana successiva trascorse rapidamente, senza che accadesse qualcosa da togliere il fiato. A scuola Harry e Louis avevano fatto almeno due compiti in classe al giorno per poter mantenere la media dei voti, il pomeriggio erano stati molto impegnati a studiare per affrontarli quanto più serenamente possibile e intorno alle sei del pomeriggio si erano recati sempre al campetto per allenarsi. Mancavano due settimane e mezzo al campionato e la pressione dell'evento iniziava già a farsi sentire, i cartelloni pubblicitari che erano stati affissi ad una parete sì e l'altra pure. Il tempo per vedere Ivy e Rachel si era ridotto notevolmente, non che anche loro non fossero impegnate.
La loro scuola superiore era praticamente dall'altra parte della città e quindi non vi era la possibilità che si incontrassero. Il loro ultimo incontro risaliva a domenica quando sia Harry sia Louis avevano deciso di andare al bowling.
Anche Rachel e Ivy erano impegnatissime con la scuola e i vari allenamenti che essere cheerleader comportava, per cui Harry e Louis avevano dovuto accontentarsi di qualche messaggio al giorno.
A proposito di ciò, a differenza di Louis che si trovava molto a suo agio, Harry era stato pervaso da fin troppi dubbi. Esattamente, cos'erano lui e Rachel?
Insomma, non se l'erano detto apertamente, e per questo non ne era molto sicuro. Non che lui fosse pratico della questione perché fidanzate vere e proprie non ne aveva mai avute, le sue non erano mai state relazioni particolarmente impegnative, per cui non sapeva come comportarsi in materia. Rachel - aveva scoperto - era stata con parecchi ragazzi, senza mai approfondire il concetto perché gli dava particolarmente fastidio, per cui lei sarebbe stata senza ombra di dubbio la più pratica tra loro. Quella situazione che stava vivendo lo metteva particolarmente a disagio, perché non aveva la benchè minima idea di come presentarsi. Louis gli aveva detto di non perderci troppo la testa, anche perché stando accanto ad un tipo come Ivy aveva imparato ad essere menefreghista di parecchie questioni, per cui avrebbe accettato le cose come sarebbero venute, poco per volta. L'importante per lui era avere quella cheerleader stravagante accanto, con la sua tinta quasi fosforescente e finalmente quel sorriso che albergava sul suo viso paffuto.
Osservandoli, Harry aveva capito che si sarebbe dovuto comportare come loro, per questo aveva cercato di non rimurginarci troppo su.
Ma erano proprio i momenti in cui era da solo che lo portavano a pensare certe cose, come per esempio stare alla cassa del supermercato con la madre avanti a lui che metteva la merce sul nastro trasportatore. Anne aveva la mano spiegata davanti il volto di Harry. «Allora? Me lo passi quel pacco?» chiese ironica mentre Harry abbassava il capo e con la mano libera prendeva quello che la madre gli aveva chiesto.
Gemma aiutava la madre a sistemare la spese nelle buste una volta che il cassiere le aveva fatte passare per il codice a barre, mentre dall'altra Harry rimaneva con il cestello piegato nel braccio, senza aiutare le due donne in maniera particolarmente attiva. Anne lo aveva visto parecchio impegnato ultimamente, ma allo stesso tempo più assente di quanto era mai stato. Harry non era mai stato così, e anche lui stesso se n'era reso conto perché prima viveva con il motto vivi e lascia vivere, infischiandosi di parecchie cose che non riteneva di particolare attenzione, mentre in quelle ultime settimane era molto più riflessivo e razionale. Gemma non trovava più gusto a prenderlo in giro semplicemente perché il fratello la ignorava, ed Anne a tratti si chiedeva dove il suo vecchio figlio fosse finito. Non che Harry fosse cambiato così tanto, ma le persone che gli erano accanto si accorgevano delle più piccole cose. Des Styles continuava a ripetere che le donne fossero la rovina degli uomini, e puntualmente Anne e Gemma gli lanciavano addosso qualcosa, mentre Harry non faceva altro che tenere gli occhi persi nel vuoto a pensare.
Lasciò il cestello vuoto accanto alla cassa e aiutò finalmente Gemma a prendere in mano le borse, mentre Anne finiva di pagare. Quando tutti e tre uscirono dal supermercato, un «Harry» sussurrato aveva fatto girare il ragazzo, e l'oggetto dei suoi pensieri si era fatto in carne e ossa.
Rachel aveva una busta stretta in mano affiancata da una bambina che reggeva un cestino più piccolo con dei pennarelli all'interno. La piccola aveva dei corti capelli marroni accompagnati da una frangetta, gli occhi grandi e le labbra schiuse e la piccola mano che era stretta intorno a quella libera di Rachel. Harry sorrise e strizzò leggermente gli occhi, con Anne che aveva un sopracciglio sollevato e Gemma che sorrideva beffarda, pronta a prendere in giro il fratello una volta arrivati a casa.
I due ragazzi rimasero l'uno di fronte all'altro appena fuori le porte scorrevoli del supermercato, sorridendosi vicendevolmente. Poi Harry le si avvicinò e la strinse tra le sue braccia, in un abbraccio molto veloce. Anne e Gemma rimasero indietro a parlare sommessamente, mentre Harry aveva le labbra vicine a quelle di Rachel.
«Non credo che entrambi vogliamo che mia madre e mia sorella assistano a qualcosa.»
La piccolina accanto a Rachel strinse la presa sulla mano della ragazza. «Elle, chi è lui?» chiese con la sua voce delicata e sottile.
La ragazza sorrise e si morse il labbro inferiore. «Lui è Harry, Myra.»
Il ragazzo si piegò in ginocchio di fronte alla piccola. «E così tu sei una delle sue sorelline?»
La piccola sorrise e gli girò davanti agli occhi la confezione di pennarelli. «Guarda cosa mi ha comprato!» disse sorridendo con qualche dentino che mancava all'appello.
Rachel si abbassò e le diede un bacio sulla testa, «Lei è la più piccola.» Ma la sua voce si ridusse ad un sussurro non appena vide Anne avvicinarsi.
«Harry» disse lanciando un'occhiata alle sue spalle. «Dobbiamo proprio andare.»
Così il ragazzo si trovò in mezzo tra Rachel, la sua ipotetica ragazza, e 1/3 della famiglia. Come ci si comportava in quei momenti di puro imbarazzo?
Rachel rispose al posto suo, lasciando la presa di Myra e allungando la mano verso Anne. «Sono Rachel» disse accompagnando la sua presentazione con un sorriso, il brillantino al dente ben visibile.
Anne aprì gli occhi di gioia e si buttò sulla ragazza, cingendole le spalle con le braccia. «Sono così felice di conoscerti. Io sono Anne» disse la donna staccandosi e facendo avvicinare Gemma con un gesto della mano. «E lei è la mia figlia maggiore, Gemma.»
«Molto piacere» rispose Rachel, mentre Harry si grattava la nuca. Merda.
La conversazione cadde in un silenzio imbarazzante in cui Anne guardava il figlio come in attesa che facesse altro.
Myra afferrò la mano di Rachel. «Andiamo a casa» disse, ed Harry avrebbe tanto voluto baciare quella piccola e graziosa bambina.
Rachel sorrise alle due donne, ed Anne ne approfittò per gettare un braccio sulle spalle del figlio più alto di lei. «Ti va se poi ci incontrassimo in situazioni migliori?»
A quel punto Harry si destò dallo stato di trance in cui era caduto. «No, no, mamma.» Poi si rese conto dello sguardo stranito di ambo le parti. «Anche lei è molto impegnata ultimamente, vero, Rachel
La ragazza si ritrovò ad annuire e strinse la presa sulla mano della sorella. «Effettivamente sì, ma spero non manchi occasione.» E così, con un cenno della mano, si allontanò per la via, mentre Anne, Gemma ed Harry tornavano alla macchina. Chiuse tutte le portiere, Harry si buttò nel sedile posteriore e si mantenne la testa con due mani. Che coglione che era stato.
Tirò fuori dalla tasca il cellulare e aprì la casella dei messaggi.
Perdonami.
La risposta gli arrivò solo una volta tornato a casa.
Figurati. Dobbiamo parlare di questa storia, comunque. xx R
Sì, domani ti va?
«Harry, sto preparando la cena» appuntò la madre dalla cucina al ragazzo che intanto si era buttato a peso morto sul divano.
Ho un'ora buco alle quattro. Vediamoci ad Hyde Park.

Il giorno dopo, Harry fu il primo a raggiungere il luogo dell'incontro ma Rachel non si fece aspettare. Aveva il borsone della palestra appeso su una spalla e i capelli legati in una coda alta. Anche lui aveva la divisa di Dodgeball, eppure l'abbigliamento era l'ultimo cosa di cui importarsi.
Quando furono abbastanza vicini Harry accorciò la distanza e le prese il viso tra le mani, baciandola. «Ti prego, dimmi cosa siamo» sibilò, bramante di risposte. Era stanco di vagare a vuoto, necessitava un'ancora a cui aggrapparsi e stanziarsi.
Rachel aveva gli occhi fissi in quelli verdi di Harry e inghiottì a vuoto. Poi abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, staccandosi dalle mani grandi di Harry.
«Non lo so.» E a quella frase Harry si sentì leggermente rincuorato, perché almeno non era l'unico ad averci pensato su. «Di certo non siamo amici.»
«Oh, non lo siamo mai stati, puoi starne certa» disse Harry sornione. Le prese la mano e la rigirò nella sua, sorridendole.
«Eppure non sembriamo fidanzati» ammise lei.
«Baciarsi e uscire insieme non è esserlo? Scusa ma...non sono esperto, ecco.» Rachel sorrise e gli baciò l'angolo della bocca.
«Hai ragione. Però...io non voglio affrettare le cose, capisci?»
Harry le appoggiò una mano sulla spalla esile. «Non stiamo andando veloci» ammise e le accarezzò la guancia morbida con il pollice.
Rachel si morse il labbro a disagio. Che avrebbe dovuto dirgli? Nemmeno lei sapeva se spingersi a tanto fosse la miglior cosa da fare al momento.
«Potremmo continuare così finché non ci schiariamo le idee» ammise lei, alla fine.
Harry abbassò le sopracciglia. «E se ci dovessimo incontrare con qualcuno, come ci presenteremo?»
«In quel caso vedremo all'occorrenza. Tu sei formidabile, Harry, e di certo non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.» Poi tirò fuori dalla tasca il cellulare che squillava imperterrito. «Arrivo» urlò, per poi chiudere il telefono in faccia alla persona dall'altra parte della linea. «Devo andare. Ci sentiamo.» Lo baciò un'ultima volta prima di tornare da dove era venuta, diretta agli allenamenti. Anche Harry si sarebbe dovuto recare al campetto quanto prima, però pensò un attimo su quanto successo. «Fidati, Rachel, nemmeno io sono intenzionato a lasciarti andare così presto.» E poi afferrò il suo borsone da terra, avviandosi verso l'uscita.


«Mammaaa» Charlotte ormai gridava da dieci minuti, invocando la donna che era chiusa in soggiorno a fare chissà cosa. Louis si auto promise di lanciare la sorella dalla finestra se non avesse chiuso bocca entro tre secondi.
1...2....
«Mammaaaa!» urlò ancora una volta, così Louis si alzò di scatto dal letto - una volta allacciatosi l'ultima scarpa - e si diresse verso la stanza accanto, spalancando la porta della sorella. Lottie era seduta sul letto a gambe incrociate, il telefono in mano e i capelli biondi legati in una coda sfatta. Il computer alla sue spalle era acceso ed era aperto su Tumblr.
«Si può sapere che cazzo vuoi dalla mamma? Se è qualcosa di urgente vai da lei, cazzo, e smettila di rompere le palle in questo modo» urlò di rimando, e in quel momento Johannah sbucò sul corridoio con il telecomando in mano e i capelli sciolti sulle spalle. Fèlicitè spalancò la porta del bagno e rimase anch'essa spettatrice della scena.
«Louis, perché urli così tanto?» disse la madre mordendo la mela che reggeva nella mano libera.
Il ragazzo si ritrovò circondato da tre donne, gli occhi che saettavano dall'una alle altre in un cerchio chiuso da cui non sarebbe mai potuto uscire vincitore. «Io starei urlando? Non quella mocciosa lì sul letto?»
Johannah si sporse verso la porta della camera della figlia, «Qual è il problema?» chiese.
Louis si mise accanto alla madre e incrociò le braccia al petto. «Avanti, sentiamo questa cosa importante» disse sornione, nonostante sul suo volto il cipiglio avesse preso la residenza.
Charlotte girò lo schermo del cellulare verso la madre - restando seduta sul letto - e assunse una faccia sofferente. «Voglio farmi questa tinta!» disse piagnucolando.
Johannah spinse in fuori le labbra mentre Fèlicitè ritornava a chiudersi in bagno. Poi Louis lanciò uno sguardo rapido alla foto che stava mostrando la sorella e spalancò gli occhi. «E questa cazzo di foto da dove l'hai presa?»
Johannah si avvicinò al letto della figlia. «Chi è?» disse prendendo in mano il telefono e Louis non potè che restare allibito.
«La ragazza di Louis» ammise Charlotte incrociando le braccia sotto al seno prosperoso per i suoi quindici anni. «Allora? Posso farmi questo colore?»
Johannah rilasciò il telefono in mano alla figlia. «D'accordo.» Poi diede un morso alla mela, girandosi verso Louis. «Ed è la tua ragazza, quindi?» disse accennando un sorriso.
Louis spalancò la bocca e le braccia contemporanemante. «Non lo so, forse sì, forse no, ma per carità di Dio» disse girandosi verso la sorella che sorrideva vittoriosa, «non azzardarti a fare quella tinta! Un'azzurrina mi basta e avanza nella vita.»
Johannah sollevò un sopracciglio. «Che significa "non lo so"?»
Louis lanciò le braccia al cielo e poi tornò in camera sua afferrando il borsone. «Mamma, Ivy non credo sia la mia ragazza ufficiale e guai se Lottie prova soltanto a farsi quella tinta!» E iniziò a scendere le scale, poi però si bloccò e tornò sui suoi passi, rimettendosi accanto alla madre con lo sguardo puntato sulla sorella. «E tu come diamine fai ad avere quella foto?»
Charlotte alzò gli occhi al cielo. «Quella volta che l'hai lasciata in macchina ad aspettarti per non farla entrare in casa nostra» ammise, poi si morsicò un'unghia. Johannah smise di masticare per guardare il figlio. «Cosa?!»
Louis si prese la testa tra le mani. «Mamma, senti...»
«Non si lasciano le ragazze in macchina, Louis William Tomlinson.»
Prima che la madre potesse dire altro, scese le scale velocemente. «La questione è diversa se si tratta di Ivy Johonson» disse in tono normale, e poi abbandonò quella casa al femminile in cui lui non avrebbe fatto altro che perdere a favore della maggioranza, per qualsiasi cosa.
Giunto al campetto trovò Harry che faceva stretching, con Liam e Niall che parlottavano tra loro l'uno accanto all'altro. Il coach Montpellier stava parlando con Jason che aveva la fronte corrugata e le labbra inclinate verso il basso, mentre l'allenatore gli mostrava qualcosa scritto sul foglio che reggeva. Quando Louis lasciò il borsone sugli spalti, si girò e vide Jason muoversi come una furia verso Harry che si mise in piedi incrociando le braccia.
«Qualche problema?» disse con un angolo delle labbra sollevato verso l'alto. A quel punto Louis scese subito le scale e si avvicinò ai due proprio mentre Jason si avventava su Harry e gli afferrava la maglietta della divisa all'altezza del collo.
«Perché mi hai fatto cambiare la linea? Lo sai benissimo che sono il miglior giocatore della squadra» sputò quello ad un centimetro dalla bocca di Harry.
Il riccio gli diede uno spintone e gli fece perdere la presa, Louis si mise in mezzo con lo sguardo puntato su Harry. «Cos'hai fatto?!» disse incenerendolo con lo sguardo.
Jason si pulì la maglietta come se Harry avesse avuto i germi, mentre gli occhi verdi del riccio saettavano da Louis a Jason. «L'ho fatto spostare, non lo voglio accanto durante la partita.»
Louis gli diede uno spintone. «Ma che minchia ti prende, ti sei frullato il cervello? Rachel ti sta dando alla testa, stai perdendo il senno, amico mio.» Si girò verso Montpellier e gli disse di cancellare l'ultimo piano proposto per rimettere quello precedente. «Mars è uno dei migliori, perché stai facendo tutto questo? Sono sempre dalla tua parte, Harry, ma adesso no.» E si staccò dal riccio mentre il coach suonava nel fischietto e la squadra si posizionava nel campetto.
L'allenamento venne pervaso da un'atmosfera sottile e che sarebbe potuta andare in frantumi da un momento all'altro, tesa come una corda di violino prima che fosse pizzicata, così quando il coach ne decretò la fine Harry afferrò l'ultima palla e la scagliò con potenza verso l'ultimo bersaglio rimasto, il manichino che si spostò con forza, rompendosi in mille pezzi. Jason raccapezzò un asciugamo e gli gettò un'occhiataccia. Quando rimasero in due, Louis prese l'ultima palla sul campo e la gettò nel cestino per mettere in ordine mentre il coach sistemava le carte e si complimentava con Payne.
«Perché ce l'hai con lui, si può sapere?» chiese ad Harry avvicinandosi agli spalti per recuperare i loro borsoni. Il sole stava iniziando a tramontare, le goccioline di sudore che imperlavano le loro fronti. Harry tirò fuori dalla tasca posteriore del borsone il suo telefono e aprì la casella dei messaggi. Lo diede a Louis affinchè leggesse.
Styles, ho aggiunto la tua amica Riley su Facebook e abbiamo iniziato a chattare. E' molto simpatica, spero non ti dia fastidio. A dopo, J
«Riley è..»
«Rachel» sputò Harry mentre si passava la cinghia sulla spalla sudata. «Quello lì è un figlio di puttana.»
«Non posso credere che l'abbia fatto.»
Harry lanciò un'occhiata a Louis. «E' Mars, l'avrebbe fatto eccome. Purtroppo non posso dire niente a Rachel perché è libera di stare e parlare con chi vuole ma-»
«Harry, no. Glielo devi dire, perché Jason non è interessato a lei, cerca solo di colpirti indirettamente per farti distogliere l'attenzione dagli allenamenti così..boom, cercherà di far cambiare le cose in squadra parlando con il coach. Non abboccare all'amo che ha lanciato, Harold, sei più intelligente di lui» disse Louis mentre entrambi uscivano dal campetto e si avvicinavano alla macchina parcheggiata lungo il marciapiede.
«So di essere più intelligente di quel leccaculo, ma mi da enormemente fastidio.»
Louis aprì lo sportello di guida mentre Harry occupava il posto del passeggero. «Ti va una bella birra?» gli chiese allora mettendo in moto e sorridendogli caloroso.

Rachel e Ivy uscirono dalla palestra, la loro divisa aderente ai loro corpi e i capelli umidi sulla nuca. Presero entrambe l'autobus e si diressero a casa della ragazza con i capelli blu, il grande cancello già spalancato. Quella sera casa sarebbe stata vuota perché i suoi genitori, tanto per cambiare, non ci sarebbero stati, e Ivy non aveva la benchè minima voglia di passare un'altra serata in solitudine nonostante la maggior parte delle volte non le dispiacesse. Ovvero, le piaceva fin quando non era arrivato Louis.
Aveva ammesso a se stessa di averlo odiato le prima volte, il solito puttaniere che cercava di accalappiare tutte le donne libere nel proprio raggio, eppure in quelle due settimane aveva imparato a conoscerlo meglio.
Le piaceva la solitudine, stare a casa a cantare a squarciagola, disegnare, vedere film o più semplicemente stare stesa sul grande divano del salone spazioso. Le sue giornate le spendeva così, oltre che a portarsi appresso il libro per studiare, soprattutto ultimamente. Eppure da quando Louis aveva iniziato a provarci e avevano finito per iniziare a uscire insieme, Ivy preferiva stare con lui piuttosto che rimanere sola in quella casa troppo grande per una ragazza minuta come lei.
Louis era simpatico, rumoroso, divertente e anche schizofrenico, eppure Ivy si era ritrovata a ridere più volte di quanto avesse mai fatto con gli altri ragazzi con cui si era frequentata. Aprì la porta di casa e fece avviare Rachel al piano di sopra per farle occupare il bagno più grande, mentre lei andava in camera sua per spogliarsi.
Passò di fronte allo specchio appeso alla parete dov'erano attaccate tutte le foto che la ritraevano con Rachel e le altre amiche, e rimase a fissarsi rimanendo in intimo. I suoi occhi si fermarono sui capelli. Louis era anche stato l'unico ad averli apprezzati senza schifarli o senza obbligarla a cambiare perché le piaceva così com'era. Ivy sorrise e si avviò verso il secondo bagno del secondo piano, mentre Rachel abbandonava il suo e si avviava verso la camera degli ospiti per cambiarsi.
Un quarto d'ora dopo, entrambe le ragazze erano con i capelli avvolti negli asciugamani e i pigiami addosso, le gambe piegate sul divano in pelle del salone di fronte alla tv spenta.
«Cosa facciamo?» chiese Rachel mentre si grattava lo smalto del pollice ormai rovinato. Ivy stava al telefono, poi sollevò le spalle. «Facciamo un selfie e mandiamolo ai ragazzi» disse contenta.
Rachel la guardò e in risposta le si accostò, aprendo il medio e l'indice della mano per indicare 'vittoria', mentre Ivy faceva uscire la lingua, strizzando gli occhi.
Quando scattarono la foto, la mandarono su un gruppo whatsapp che avevano creato per solo loro quattro e aspettarono che i due ragazzi lo guardassero.
Due minuti dopo arrivò un altro selfie.
Harry e Louis vestiti con le loro giacche, gli occhi spalancati e le labbra coperte dai boccali di birra sollevati. Poi giunse loro un audio: Siete sole solette a casa, vi va se facciamo un salto?
Ivy schiacciò il pulsante prima ancora che Rachel se ne accorgesse. Il salto fatelo a fanculo. Love you.
Così depose il telefono al suo fianco lanciando il suo sguardo sulla ragazza mora accanto. «Elle, tu sei attratta da Harry?» Era una semplice domanda, eppure non ne avevano mai parlato direttamente senza giri di parole.
Rachel stuzzicò lo smalto con i denti, l'asciugamano in testa pendente come la torre di Pisa mentre alcune ciocche sfuggivano alla presa. «Sì, molto. E a te Louis?»
Ivy strinse le labbra, poi sorrise mostrando i sue denti bianchi. «Tantissimo» ammise, poi però si rabbuiò. «In cosa ci stiamo cacciando, Elle.»
Rachel afferrò il telecomando e accese la tv come se fosse stata a casa sua, «Non preoccuparti, va tutto bene.»
Ivy si appoggiò con la schiena al divano e si massaggiò i capelli attraverso l'asciugamano. «Se lo dici tu.» Poi si alzò in piedi facendo muovere il divano sotto di lei. «Io vado ad asciugarli.» E andò al piano di sopra.


N/A
Scusate eventuali errori ma, sapendo quello che è successo, mi risulta un po' difficile pubblicare da wattpad.
Anyway, sono riuscita a trovare un modo per pubblicare.
Non vi libererete tanto facilmente di queste due coppie qui :)

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