Library
«Non ci credo» disse Harry mentre Louis gli faceva il resoconto della sera precedente. Quando era tornato a casa aveva immediatamente avvisato Harry che avrebbe voluto parlargli, ma avrebbe aspettato l'indomani prima di entrare a scuola. Così avevano optato per prendersi un caffè al bar, per poi entrare a seguire le lezioni. Harry staccò la tazza di caffè dalle labbra, soffiandoci sopra, mentre Louis avvicinava il pollice e l'indice lasciando nel mezzo uno spazio quasi invisibile.
«Ti dico che ero sul punto così di baciarla, ma mi ha rifiutato, incredibile. E' proprio dura con Ivy, e questa cosa è fin troppo intrigante» disse Louis finendo in un boccone il cornetto alla Nutella.
Harry sorrise, contento per il suo migliore amico. Anche lui avrebbe voluto raccontargli una cosa del genere, ma con Rachel era ancora in alto mare e non riusciva ad andare oltre gli avvenimenti passati. Ce l'avrebbe fatta a farla cadere ai suoi piedi come tutte le altre? Aveva fin troppi dubbi al riguardo. Non sapeva come rintracciarla (usare Facebook neanche a pensarci), non sapeva dove abitasse perché non gliene aveva mai accennato, non andavano nella stessa scuola...Doveva solo sperare che prima o poi si sarebbero imbattutti in mezzo alla strada come avevano sempre fatto dal primo giorno in cui Rachel gli era capitata nel proprio campo visivo. Si accorse troppo tardi di Louis che agitava la mano di fronte ai suoi occhi verdi fissi sul tavolino, perso nei suoi pensieri.
«Mi hai ascoltato?» fece l'amico, pulendosi le mani con un tovagliolo. Harry finì il caffè e annuì con vigore.
«Sicuro.» E riafferrò lo zaino che aveva lasciato a terra accanto alle sue gambe, «ora è tardi, andiamo.» E dopo aver pagato si avviò verso l'uscita.
Louis scosse il capo e lo seguì a ruota, lo zaino su un'unica spalla e l'andatura strascicata, sebbene comunque sul suo volto splendesse ancora quel sorriso che lo stava accompagnando dalla sera precendente. Sì, Ivy l'aveva totalmente stregato, e se n'era fatto una ragione rimurginandoci sopra tutta la notte. Il famoso Louis Tomlinson, a cui bastava semplicemente schioccare le dita per trovare una ragazza, si era sicuramente preso una cotta madornale per la più difficile da afferrare.
Harry procedeva poco più avanti, la testa persa tra le nuvole, ignorando il compito in classe che quella mattina avrebbero dovuto sostenere. Una volta varcato l'ingresso, molti studenti era riversi nell'atrio e iniziavano a dividersi per raggiungere le proprie classi, ma quella di Harry quel giorno si trovava al piano terra, mentre Louis lo salutava e velocemente si avviava verso il terzo piano. Si sarebbero visti soltanto a pranzo quel giorno.
Infatti, alle 12.30 si ritrovarono sul tavolo occupato per 3/4 dai componenti della loro squadra di Dodgeball, già vestiti per gli allenamenti di quel pomeriggio.
Harry prese un piatto con dentro una specie di insalata a cui non riusciva mai a dare un nome e un cumulo di purè di patate nell'angolo, il tutto affiancato da una coscetta di pollo. Louis optò per un panino con l'Hamburger e il ketchup, mangiandolo con ferocia come una bestia rimasta a digiuno per un po' di giorni. Jason diede una pacca al ragazzo in mezzo alle scapole e per poco non gli fece sputare il boccone che aveva nella bocca.
«Sei un porco, Tomlinson» disse, assaggiando la sua porzione di patatine. Liam Payne giocherellava con il telefono, il suo piatto ancora intatto e sorrideva con qualcuno di immaginario, Niall Horan parlava con Michael Clady e Joseph, il vice capitano della squadra, mangiava in silenzio. Era un ragazzo di colore la cui pelle risaltava sul bianco della divisa della squadra, i capelli neri legati in un codino e gli occhi persi nel panino che aveva tra le sue mani. Harry sorrise di fronte quella scena.
«Quindi a che ora ci vediamo in campo?» chiese Liam, togliendo il telefono dal tavolo e riponendolo nella giacca della tuta.
Louis rispose dopo aver ingoiato. «Per le quattro e mezzo massimo dovremmo stare tutti lì» disse, e addentò un altro pezzo, mentre Harry prendeva la sua coscia per l'osso e iniziava a mangiarlo, sebbene fosse totalmente insipido e leggermente crudo.
All'improvviso di fianco il loro tavolo passò il gruppo di cheerleader della loro scuola, i pompom in mano e i sorrisi finti stampati sui loro visi truccati fin troppo. Si fermarono accanto ad Harry ed improvvisarono alcuni passi, sorridendogli maliziose. Niall Horan scoppiò a ridere mentre indicava Harry con l'indice che, il pollo ancora in mano e continuando a masticare, sbatteva le palpebre di fronte quelle ragazze che non facevano altro che spiattellargli il seno vicino al volto. Louis per poco non si affogò e bevve tutta l'acqua nel suo bicchiere vedendo l'impassibilità di Harry di fronte quella scena. Il gruppo delle cheerleader si lasciava andare ad urletti concitati e numeri gridati a gran voce, mentre tutta la mensa era girata nella loro direzione. Certo, le attenzioni non mancavano essendo la squadra della scuola, ma quelli occhi sembravano voler spingere Harry a prendersi una di quelle biondine che gli sventolavano i pompom quasi in faccia. Al termine del loro breve spettacolo, tutti applaudirono mentre una bionda dai capelli raccolti in una coda alta si sporgeva verso Harry e gli lasciava un bacio sulla guancia, lasciadovi sopra l'impronta del lucidalabbra. Stessa cosa accadde per gli altri membri della squadra, fino a quando a Louis non capitò una tipa che aveva i capelli fucsia, a tono con la divisa. Quella ragazza dai tratti orientali si sporse su di lui per baciargli la guancia ma lui la scostò delicatamente con una mano. «Scusami, tesoro, ma non vado matto per il rosa.» E si girò e riprese a finire il panino, mentre Harry prendeva un tovagliolo e si puliva la faccia imbrattata di gloss alla ciliegia. Più o meno tutti, nascondendosi sotto sottili complimenti e sorrisi fugaci, si ripulivano, mentre Louis prestava attenzione alla ragazza dai capelli tinti che girava in tondo urlando «Mi ha chiamata tesoro. Ripeto, Louis Tomlinson, il capitano della squadra, mi ha chiamata tesoro!» E proseguì in quel modo fin quando una sua amica la forzò ad iniziare a mangiare.
«Però» affermò Louis, riempendosi il bicchiere una seconda volta, «non pensavo ci adorassero così.»
Joseph finì il suo panino e si ripulì le mani da alcune gocce di ketchup, poi rivolse il suo cipiglio scuro su Louis. «Come mai non avete adocchiato ancora nessuna cheerleader? Sbaglio, o ogni anno ve ne siete trovata sempre una?»
Harry si affogò e bevve la sua Coca Cola, mentre Louis incrociava le braccia sul tavolo. «E chi ti dice che non ne abbiamo già una?» affermò con disinvoltura.
Harry si girò con gli occhi sgranati verso di lui, e bisbigliò. «Che ti salta in mente? Non abbiamo proprio ness-»
«Ma davvero?» esclamò Joseph, il quale non si lasciava mai sfuggir alcun dettaglio. «E perché non le abbiamo mai viste vicino a noi?»
«Perch-» iniziò Louis, ma Harry gli colpì una gamba da sotto il tavolo.
«Perché non vi preoccupate delle vostre donne?» chiese a quel punto il riccio per distogliere la loro attenzione.
«Oh, ma noi ce le abbiamo, o nel peggior dei casi possiamo trovarcene una facilmente» affermò Jason che lanciò un'occhiata ad Harry. «Per esempio, a me piacciono le more.» E sollevò le sopracciglia in modo malizioso, ed Harry scattò in piedi, tirandosi Louis dietro.
«Ci vediamo oggi pomeriggio, e guai a chi fa tardi o trova una scusa per non venire. Il campionato è alle porte e voi, in particolar modo tu, Mars, siete mediocri nel lancio della palla.»
Jason bevve lentamente la sua bibita. «A quanto pare qui qualcuno è permaloso.»
«Non voglio che qualcuno controbbatta. Ci vediamo dopo.» E, preso Louis per il braccio, si avviarono verso l'uscita della mensa.
«Ma che ti prende» disse quello, liberandosi dalla sua presa.
Harry lo lasciò e si passò una mano tra i capelli lunghi, scostandoli dagli occhi. «Hai capito a chi si riferiva Jason, no?»
«E quindi?» affermò Louis, massaggiandosi il braccio dove Harry l'aveva stretto. «Non vedo quale sia il problema, dato che Rachel non è impegnata con te.»
Harry si riscosse a quella frase. Diamine, aveva ragione. Non era sua e non lo sarebbe stata tanto presto, ma allora perché gli dava enormemente fastidio che qualcun altro la tenesse d'occhio? Inspirò a fondo, portandosi le mani a coppa davanti alla faccia. «Okay» disse e poi lanciò un'occhiata al migliore amico. «Tu torna di là, se vuoi, io non posso dopo la sceneggiata che ho fatto.» E si avviò verso la biblioteca della scuola dove avrebbe aspettato finchè la campanella non fosse suonata. Louis scosse la testa.
«Sei una testa di cazzo, ma preferisco rimanere con te che restare con quei coglioni che ti avrebbero parlato alle spalle tutto il tempo.» Ed Harry sorrise, perché sapeva che su di Louis avrebbe sempre potuto contare per qualsiasi cosa.
Al termine della giornata si ritrovarono al campetto nei pressi della scuola, gli zaini lasciati sugli spalti e le ginocchiere alzate. Harry gettò di lato la sua giacca mentre alcune ragazze prendevano posto e si soffermavano ad osservarli uno per uno. Harry si avvicinò al coach Montpellier che si stava soffiando il naso reduce dall'influenza e gli prese dalle mani il foglio con lo schema. Lo studiò e Louis gli si accostò, stringendosi la punta del naso tra due dita come faceva sempre quando era concetrato a comprendere qualcosa.
Il coach ripose il fazzoletto nella tasca del pantalone, poi li fissò. «Allora? Pensate possa andare?»
Louis annuì, mentre Harry indicava il nome di Jason scritto in alto a destra. «Potremmo metterlo in panchina per la prima parte della partita?»
Louis gli diede uno schiaffo. «Non lo stia a sentire coach, è un coglione.»
L'allenatore tirò su con il naso, «Non lo avrei ascoltato comunque.» E fece un sorriso finto ad Harry che venne spinto da Louis affinchè prendesse posto in campo. Quel giorno una parte della squadra avrebbe combattuto con l'altra metà, per cui Louis prese un gruppo di cinque ragazzi, lasciando ad Harry gli altri cinque. Per sua grande sfortuna, il coach aveva messo Jason nella squadra di Louis, e ciò significava solo una cosa...
Harry piegò le ginocchia, lanciando un'occhiata ai componenti delle rispettive squadre. Liam Payne e Niall Horan erano rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra, mentre Louis era affiancato da Jason Mars e Joseph Philipps.
Ci sarebbe potuto essere uno schieramento migliore sulle prime linee? Harry si piegò in avanti e si scambiò un cenno di intesa con Louis, poi quando il coach fischiò si fiondò su una delle palle posizionate lungo la linea bianca trasversale. C'era da aspettarsi che il suo primo obiettivo sarebbe stato Jason, invece colpì Joseph per toglierselo prima dai piedi, mentre Louis colpiva Niall Horan. Invece di uno scontro tra due squadre, sembrava che il tutto - nel corso della partita - si fosse ristretto in un duello tra Jason ed Harry che si sorridevano come se stessero bevendo una birra insieme, quando Harry avrebbe voluto farlo fuori per ovvi motivi. Stava per lanciare la palla che aveva sollevato quando Jason si bloccò a metà del suo gesto, sorridendo alle spalle di Harry e facendo risplendere il suo sorriso bianco. «Ehi, Rachel!» urlò, ed Harry si girò immediatamente, vedendo la ragazza fermarsi di scatto al di là della recinzione metallica, i libri stretti al petto e i capelli legati in una coda alta.
Harry perse presa sulla palla proprio mentre Rachel alzava la mano per salutarlo, non accorgendosi della palla lanciata da Jason che lo colpì nelle parti intime. Harry si piegò in due, crollando di lato e stringendosi la parte colpita tra le mani. Rachel scoppiò a ridere e si portò una mano alla bocca, mentre il coach suonava nel fischietto.
«Styles, tutto bene?» gli chiese una volta che gli si fu messo accanto.
Harry, gli occhi stretti in una fessura, rispose solamente: «Io lo uccido.» Dopodichè si rimise in piedi, paonazzo in volto. Louis lo guardò e gli alzò i pollici per confortarlo, però Harry abbandonò momentaneamente il campo per avvicinarsi - lentamente - alla recinzione che lo separava dalla ragazza che da un po' popolava i suoi sogni, anche se avrebbe fatto di tutto per allontanarla. Non poteva averlo colpito con così tanta intensità in così poco tempo!
«Ciao, Harry.» Eppure ogni residuo di rabbia verso Jason scomparve nel momento in cui il suo nome uscì dalle sue labbra. Si avvicinò alle inferriate, spingendo la fronte contro il metallo per starle più vicino. «Ti ha fatto molto male?» gli chiese, ed Harry annuì.
«Una botta nella palle sarebbe meglio che non vederti.» Poi però si riprese e le chiese: «Ma che ci fai qui?»
Rachel si passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Andavo in biblioteca a studiare.»
«Ti va se...alle sei...ecco, io passassi di lì?»
Rachel sorrise, mentre dietro di loro il coach suonava nel fischietto. «Styles!!»
«Mi piacerebbe» rispose lei, dopodichè salutò Louis con un gesto della mano e si allontanò, non senza aver lanciato un'ultima occhiata ad Harry che la seguì con lo sguardo finchè non cambiò strada.
Quando ritornò in campo, Jason lo aspettava con una palla sotto il braccio. «Allora? Non devi distrarti durante l'allenamento» lo redarguì beffardo, e proprio quando il coach fece riprendere la partita, Harry - motivato a concluderla quanto prima - prese la prima palla che gli capitò accanto e gliela gettò nelle parti intime, sperando fosse tanto forte quanto quella che aveva ricevuto prima. Ovviamente anche Jason si accasciò.
Il coach Montpellier si portò una mano in fronte. «Spero solo che tutto questo non intacchi la vera partita.»
«Non si preoccupi, coach» ammise Harry mentre, segretamente, Louis gli si avvicinava e si scambiavano il cinque.
Alle sei - puntuale - Harry spinse la porta della biblioteca, con il borsone calato su una spalla e l'andatura lenta per trovare Rachel nascosta lì da qualche parte.
La trovò seduta su una poltrona sotto la finestra aperta che si affacciava sul Tamigi, con gli occhiali sul ponte del naso e il labbro stretto tra i denti, mentre sfogliava frenetica le pagine del libro. In quell'ala della biblioteca non c'era quasi nessuno, perchè tutti gli studenti preferivano fare ricerche al computer, nel silenzio più totale.
«Ehi» sussurrò Harry, sedendosi sulla poltrona di fronte a quella occupata dalla ragazza. Rachel sollevò la testa e gli sorrise, appoggiandosi il libro sulle gambe.
«Ehi» gli rispose, sempre cercando di non dare fastidio. La poltrona di Harry era addossata al muro e aveva accanto una mensola con alcuni libri fantasy messi in ordine di uscita. Ne sfiorò il bordo con l'indice, leggendo i titoli. «Ti farò un po' di compagnia, ok?» disse sfiorando ogni libro.
Rachel si tolse gli occhiali. «Nessun problema» ammise, e iniziò a sfogliare il libro svogliata. La presenza di Harry la metteva in imbarazzo, ma era un imbarazzo piacevole. Harry prese un libro ad occhio e lo sollevò all'altezza degli occhi per nascondere il viso e per spiare meglio la ragazza. Rachel in risposta sorrise e lo imitò.
Harry lo aprì a caso, spostandolo di tanto in tanto per osservarla, nonostante anche il suo viso fosse nascosto. Continuarono a sbirciarsi entrambi in quel modo infantile, fin quando Rachel appoggiò il libro sulle cosce e si mise un'asticina degli occhiali tra i denti. Harry si sporse e vide che lo stava osservando, così allontanò il libro dagli occhi per farsi vedere. «Qualcosa non va? Non riesci a studiare?»
Rachel scosse la testa. «No. E a te come va? E' interessante Geronimo Stilton?»
Harry si immobilizzò, girando la copertina verso di sè. Strinse le labbra e assunse un'espressione intellettuale. «Moltissimo, lo sto studiando riga per riga per vedere se ci sono messaggi subliminali e...pensa un po'? Non ce ne sono. Lo consiglio a tutti i bambini.» E lo ripose sulla mensola, trattenendo un sorriso. Rachel si portò una mano alla bocca, ma la sua risata venne sentita comunque.
«Sei proprio strano» disse tra un sorriso e un altro.
Harry si sporse verso di lei. «In senso buono o cattivo?» chiese interessato.
Rachel chiuse il suo libro e mise gli occhiali nella borsa. «Vedrò con il tempo» ammise, lanciandogli una lunga occhiata con i suoi occhi cervoni. Harry sorrise con un angolo delle labbra, sedendosi poi meglio sulla poltrona.
«Come mai studi in biblioteca?» le chiese, sollevando una gamba sull'altra.
Rachel lo imitò. «Perché a casa c'è troppo rumore e mi sconcentro facilmente» gli rispose. Poi perlustrò la divisa di Harry prendendosi una ciocca scura tra le dita. «E così...Dodgeball, eh?»
Harry sollevò le braccia verso l'alto, piegandole e ponendole dietro la testa come sostegno. «Sono il capitano della squadra.»
«Ma non mi dire» disse lei sarcasticamente, ridendo, mentre la bibliotecaria si affacciava e intimava loro di fare silenzio.
Harry imitò la donna e si portò un dito alle labbra. «Silenzio, Rachel, abbi rispetto degli altri.»
«Mi scusi, Harry, non mi permetterò più» resse il gioco, dopodichè lanciò uno sguardo all'orologio. «Devo tornare, si è fatto tardi.» E si alzò in piedi, lasciando che un raggio di sole le finisse tra i capelli rendendoli di un caldo marrone, simile al cioccolato.
«Ti accompagno, se vuoi» si offrì Harry ma Rachel negò l'invito.
«Non c'è bisogno.» Poi afferrò la sua borsa e si scostò dalla poltrona, imboccando il corridoio principale diretto all'uscita. Harry la seguì a ruota, sentendo di sfuggita il suo profumo delicato.
Quando furono fuori, si fermarono sul bordo del marciapiede in quanto a quel punto avrebbero preso due diverse direzioni. «Beh, ci vediamo allora» disse Rachel prima di mordersi il labbro e dargli le spalle, ma Harry si fece avanti e le si mise di fronte, bloccandole il passaggio.
«Come ti posso trovare?» ebbe finalmente il coraggio di chiedere, mettendo da parte tutto l'orgoglio di cui disponeva. Rachel sollevò le spalle.
«Potremmo scambiarci i numeri di telefono» ammise e tirò fuori dalla tasca del pantalone il suo.
Harry la imitò e glielo porse. «Scrivimi il tuo e io ti salvo il mio.» E così fecero, digitando entrambi i rispettivi numeri.
«Ecco qui» disse lei ridandoglielo, e Harry cedette il suo. «Ora sarà davvero il caso che torni. Ci sentiamo presto Harry.» E fece per aggirarlo, ma il ragazzo la bloccò sollevando la mano sulla sua guancia pallida. Era così morbida che avrebbe voluto toccarla per tutto il tempo del mondo, ma si soffermò ad accarezzarla con il pollice, dopodichè si scansò, mentre Rachel sollevava una mano, toccandosi il punto in cui Harry l'aveva sfiorata. Prima di darle le spalle, il ragazzo la salutò con un gesto della mano, «Sì, ci sentiamo Rachel.» E si allontanò, felice e soddisfatto contemporaneamente. Finalmente avrebbe avuto anche lui del materiale da raccontare a Louis.
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