«I want to know you.»
La mattina dopo, Harry si svegliò intorno all'ora di pranzo, un braccio che pendeva dal letto e i vestiti ancora addosso. Aprì prima un occhio, poi un altro, e si sollevò sui gomiti, con la serranda ancora abbassata e la luce che filtrava nei buchi della persiana bianca. Si passò una mano sull faccia e gettò il braccio sul comodino, prendendo il telefono. Quando fece illuminare lo schermo, vide un messaggio di Louis.
Il profilo Facebook di Ivy ha la privacy, non mi fa vedere tutte le foto nel suo profilo. Che cazzo. Non le posso nemmeno inviare la richiesta, avrà qualche blocco particolare.
Harry scaraventò il telefono sul fondo del letto e si lasciò attrarre dal materasso, ingoiando a vuoto. Non aveva mal di testa, però gli stava piacendo un mondo starsene steso e rilassato in quel modo, fin quando la porta della sua stanza venne spalancata di colpo e Gemma si fiondò sulla sua finestra, alzando la serranda e spalancando le imposte, facendo cambiare aria. Harry sollevò il lenzuolo e si coprì, ma la sorella glielo tirò di dosso e lo fece mettere in piedi con la forza. «E' ora di pranzo, idiota.»
Harry trascinò i piedi dietro la sorella, seguendola per il corridoio e poi giù lungo le scale. «Buongiorno anche a te, raggio di sole» disse ironico, «spero che il tuo risveglio sia stato bello quanto il mio» terminò sbucando sulla cucina.
Anne stava mettendo i piatti in tavola, mentre suo padre Des si sedeva a capotavola. «Ciao eh?» disse con la sua voce bassa e tonante. Harry scostò la sedia dal tavolo e si sedette, con i capelli spettinati e delle leggere occhiaie sotto agli occhi.
«A che ora sei tornato?» chiese Anne mentre prendeva posto anche lei accanto al marito.
Harry prese il cucchiaio in mano, «Non lo so, forse le quattro e mezza?» abbozzò un sorriso, poi iniziò a mangiare piano, lo stomaco chiuso in una morsa stretta.
Gemma lo guardò schifata e gli punzecchiò con l'indice una guancia. «Almeno lavati, porco.»
Harry la guardò sollevando un sopracciglio, poi sollevò il cucchiaio e cercò di vedere riflesso il segno che aveva toccato Gemma. Quando lo notò, posò nuovamente il cucchiaio sulla tavola. «E' solo rossetto, non sangue» disse atono, mentre Anne allargava le narici, infastidita.
Il pranzo proseguì in silenzio e dopo aver finito Harry si alzò e andò a recuperare il telefono dal letto sfatto, scendendo poi in salone.
Io invece non invio la richiesta a prescindere. Ho visto solo quelle foto che non hanno la privacy. Vorrei tanto sapere cosa c'hanno da nascondere, queste donne.
Accese la tv e iniziò a fare zapping con il telecomando, fin quando il padre non gli si sedette accanto, inforcando gli occhiali da vista.
«Harry» lo apostrofò, aspettando che il figlio si girasse verso di lui.
«Sì?» fece Harry continuando a controllare tutti i canali.
«Sei fidanzato?» chiese a quel punto Des avvicinandosi al figlio.
Harry gettò la testa all'indietro. «Dio, ma a voi cosa importa?» sbottò lasciando il telecomando sul suo fianco e girandosi verso il padre. No, che non ce l'aveva la ragazza, e d'altronde per il momento non era interessato ad averne una. O almeno così credeva.
«A me non importa un bel niente, solo....» alluse Des guardandosi disinteressato l'orologio costoso al polso. Harry scosse la testa, spalancando le braccia.
«Solo cosa? Avanti, dimmi quello che mi devi dire e finiamola quanto prima.»
«Non sono qui per farti la predica, giovanotto, voglio solo dirti di stare...attento, ecco. Sai, non vorrei incorrere ad alcun tipo di problema ora come ora.»
«Papà.» Harry fece un sospiro sconsolato, «Sono cose che si imparano da soli» terminò prendendo il telefono che aveva segnato l'arrivo di un messaggio. «So cos'è un preservativo.»
Des socchiuse gli occhi, stringendo le labbra tra loro. «Non ho alcuna intenzione di avere problemi legali con l'altra parte solo per una tua mancanza, figliolo» appuntò il padre prima di alzarsi e scompigliare ancora di più i capelli del figlio. «Ti voglio bene.» E salì al piano di sopra, lasciandolo solo. Harry controllò il telefono. Louis gli aveva risposto.
Io invece credo che Ivy faccia apposta a non accettarmi. Dio, quanto mi intriga.
Harry lo ignorò e passò le prime ore del pomeriggio a poltrire sul divano, fin quando non sentì il telefono vibrare incessantemente.
«Amico sono le quattro, che dici, ti va di andare al bar?»
«Caffè?»
«Quello che vuoi, voglio uscire da questa casa adesso. Ti passo a prendere» e Louis riattaccò, mentre Harry si alzava e finalmente si andava a cambiare.
«Pensavo saremmo andati con la macchina» affermò il riccio vedendo Louis aspettarlo sul marciapiede con le mani nelle tasche del suo jeans chiaro. Il ragazzo sollevò le spalle.
«Dista dieci minuti a piedi» rispose quando Harry lo affiancò e iniziarono a camminare lungo la via. Il silenzio del sabato pomeriggio era surreale, sembrava che la gente si fosse segregata in casa e non ci fosse anima viva.
«Secondo te-»
«Louis, no!»
«Non sai neanche cosa ti sto per chiedere» si difese l'altro sollevando due mani per aria mentre un autobus li passava accanto. Solo i turisti trovavano divertente girovagare per le vie londinesi alle quattro del pomeriggio.
«Scommetto ti stai chiedendo se potremmo incontrarle, e io ti dico di no» disse Harry annoiato. «Non possiamo comportarci come se il nostro unico scopo vitale sia quello di incontrarle, non le conosciamo nemmeno e non facciamo altro che dare loro fastidio.» Poi scoppiò a ridere. «Ma cosa sto dicendo!»
Louis lo guardò con gli occhi sgranati. «Parli sul serio?»
«Non lo so nemmeno io, ora andiamo a berci questo caffè, ho bisogno di un po' di caffeina per tenermi sveglio» concluse Harry mentre si avvicinavano pian piano al bar sul fondo della via. Prima però di alzare il passo e avviarsi in quella direzione, sentirono degli urletti concitati dalla via perpendicolare, ed entrambi si voltarono da quella parte catturati da quei suoni striduli. Ivy e Rachel si tenevano per mano e saltellavano come due bambine piccole che avevano appena aperto i regali di Natale.
Louis sorrise d'istinto vedendo Ivy ridere come non l'aveva mai vista, finalmente un sorriso ad incorniciarle quel volto che l'aveva attratto dalla prima volta in cui si erano imbattuti a scuola. Harry invece incrociò le braccia al petto e si morse il labbro a vedere Rachel con la coda ai capelli quasi sfatta e il cappuccio della felpa che le saltava sulla schiena. Le due ragazze, quando guardarono avanti a loro, si immobilizzarono di scatto e Ivy strinse di più la mano di Rachel indietreggiando. «Andiamocene per favore!» disse a voce alta, mentre Louis metteva due mani dietro la schiena.
«Giuro che sono sobrio e non ho intenzione di fare alcunché» si difese rimanendo al suo posto. Rachel spostò lo sguardo da Ivy ad Harry, sorridendo a quest'ultimo.
«Tutta questa felicità da dove salta fuori?» chiese il riccio rimanendo con le braccia ancora incrociate al petto. La mora sollevò le spalle.
«Abbiamo superato la prova!» urlò al settimo cielo mentre Ivy sbuffava continuando a vedere Louis.
«Voi cheerleader dovreste esserne fiere, allora!» puntualizzò Harry sorridendo di rimando dopo aver alzato il pollice nella loro direzione.
Ivy scoppiò a ridere e si piegò in due, «Cheerleader» bisbigliò, mentre Rachel aveva lo sguardo puntato su Harry.
«Pensate siamo cheerleader?» chiese dubbiosa.
Harry sollevò le spalle, incurante, ma Louis prese parola. «Beh, ci siamo incontrati più volte mentre sorreggevate quell'ammasso di carta velina» affermò soddisfatto.
Ivy continuava a ridere, e nonostante Louis non capisse cosa ci fosse di così tanto divertente, non potè che sorridere di fronte quella scena più unica che rara.
Rachel invece sollevò un sopracciglio perfettamente disegnato, ma l'amica dai capelli blu si rimise in piedi. «Assolutament-»
«-Sì» terminò Rachel lanciando un'occhiataccia ad Ivy che la guardò con tanto di occhi. «Siamo le cheerleader della nostra scuola» ammise la mora, sorridendo ad entrambi i ragazzi che pian piano stavano camminando verso di loro, avvicinandosi. Ivy socchiuse gli occhi, poi però scosse le spalle, le avrebbe parlato dopo.
«Posso farti una domanda?» chiese Louis guardando la ragazza dai capelli più strani che avesse mai visto.
«No.»
Ma Louis continuò. «Perché non mi accetti la richiesta su Facebook?»
Ivy iniziò a sbattere il piede per terra, «Odio quel social soprattutto per quelli che sono iscritti, tipo te. Non ho alcuna intenzione di diventarti amica.»
Louis si sporse per darle una leggera spinta, ma quando vide l'occhiata di puro astio che Ivy gli stava lanciando, tornò sui suoi passi. «Va bene, ma non c'è bisogno di scaldarsi tanto.»
«Si può sapere cosa vuoi da me?» chiese a quel punto Ivy rimanendo accanto a Rachel che guardava i suoi piedi pur di non incontrare lo sguardo verde smeraldo che le stava percorrendo il corpo senza alcun ritegno.
«Voglio solo conoscerti bene» disse Louis spalancando le braccia, e per la foga colpì il petto di Harry che si girò verso di lui.
«Dobbiamo continuare questa sceneggiata ancora per molto?» affermò il riccio, e Ivy si ritrovò ad annuire nella sua direzione.
«Ecco, perché non ascolti il tuo amico? Mi hai fatto perdere tutto l'entusiasmo della giornata!» e fece per voltarsi, ma Rachel la bloccò per un braccio.
«Dove siete diretti?» chiese la mora sorridendo ad Harry.
Il ragazzo sollevò un angolo della bocca, «Al bar, volete unirvi?»
«Volentieri» «No!» risposero contemporaneamente le due ragazze che si scambiarono un'occhiataccia.
«Scusate un secondo» disse Rachel prendendo Ivy per il gomito e allontanandosi quel tanto che bastava affinchè i due ragazzi non le sentissero.
Louis si girò verso di Harry. «Perché la tua cheerleader è più facile della mia?»
«Ti sei dato la risposta da solo, perché non è tua, amico mio, e questa possessione non ti porterà da nessuna parte. Le donne si conquistano pian piano» rispose Harry mentre con una mano si riavvivava i ricci sulle spalle.
Lanciò un'occhiata a Rachel e ad Ivy che intanto si erano battute il cinque e stavano tornando verso di loro. La ragazza dai capelli blu incrociò le braccia al petto. «E va bene» disse infine, «ma io non pago per voi.»
Louis si avvicinò e le porse il braccio. «Infatti pagherò io per te.» Le fece l'occhiolino, ma Ivy gli rispose alzando il medio.
«Sei un pessimo cavaliere» e si avviò da sola verso l'entrata del bar, seguita a ruota da Louis come se fossero la padrona e il suo cagnolino. Rachel ed Harry rimasero indietro e camminarono fianco a fianco.
«Ti è piaciuta la festa ieri?» domandò lei con le mani nelle tasche della felpa e gli occhi bassi. Harry notò non fosse truccata per niente, con i capelli sfatti e delle leggere occhiaie sotto agli occhi.
«Dopo un po' non più» ammise lui sorridendo di sottecchi mentre apriva la porta del bar e la faceva entrare per primo. Nella saletta sul retro scorsero Louis e Ivy che stavano litigando animatamente, così Harry ne approfittò.
«Perché Ivy ha dato uno schiaffo a Louis ieri sera?»
Rachel sorrise, «Solo perché lui ha cercato di baciarla contro la sua volontà.»
Harry si schiaffeggiò la fronte, «Tu avresti reagito allo stesso modo, se ci avesse provato?»
Rachel scoppiò a ridere e finalmente sollevò lo sguardo su di lui. «Ovviamente» ammise facendogli l'occhiolino, poi alzò il passo e si andò a sedere vicino ad Ivy, mentre Louis raggiungeva Harry.
«Pessima, pessima idea!» urlò indicando Ivy, «E' una stronza incredibile. Vediamo di prendere questi caffè quanto prima» finì avvicinandosi al bancone, mentre Harry lanciava un'occhiata al tavolo della ragazze che stavano ridendo a crepapelle e parlavano sottovoce, bisbigliando tra loro.
«Non credo sia poi così tanto pessima» ammise sorridendo verso Rachel che aveva alzato lo sguardo su di lui mordendosi il labbro inferiore.
L'avrebbe conquistata senza ombra di dubbio.
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