Away

"Devi smetterla, ok? Non puoi dire così"
"Cazzo, Harry, ti rendi conto che siamo in prigione?" Louis urlò dal letto su cui si era seduto e che non aveva per niente voglia di abbandonare. Aveva le occhiaie ad oscurare il blu dei suoi occhi, le nocche della mano destra completamente spaccate e sporche di sangue ormai essiccato, i capelli scomposti e le gambe che si muovevano ritmicamente in preda all'agitazione.
Harry aveva la testa incastrata tra due sbarre della cella, le mani piene di tagli e cicatrici a stringere il metallo freddo e il taglio sul sopracciglio destro da cui il sangue continuava a scendere lentamente, accarezzandogli lo zigomo e poi la guancia.
C'erano diverse guardie sparse per tutto il carcere, ma a sorvegliarli era stato messo un certo sergente Malik che continuava a stare seduto alla sua scrivania, le caviglie incrociate e un giornalino di enigmistica sulle gambe. Non prestava loro nessuna particolare attenzione, nonostante fosse fermo lì a controllarli da almeno cinque ore.
"Non è stata colpa nostra!" rispose Harry a Louis sbuffando per l'ennesima volta, ma il moro poi si alzò dal letto rovinato e lanciò un pugno sul muro alle sue spalle, rovinandosi ulteriormente la mano.
"Sì, che lo è stata. Se non ci fossimo fatti abbindolare in quel modo, avremmo ancora il nostro titolo, la nostra squadra, il nostro futuro!"
Harry non poteva dargli torto, eppure non poteva dargli nemmeno ragione. Loro li avevano distrutti, e di certo la colpa non poteva ricadere solo sui due ragazzi.
Il riccio si staccò dalle sbarre della cella e si prese due ciocche di capelli tra i pugni, tirandosele in preda alla rabbia e alla disperazione, un miscuglio da cui non ne sarebbe mai potuto uscire qualcosa di buono. Louis, invece, massaggiandosi le nocche che avevano ripreso a sanguinare, iniziò a camminare avanti e indietro, come a voler consumare lo stesso tratto di pavimento lurido di quella cella in cui erano stati rinchiusi. Era impossibile credere che fossero in quella situazione...anzi, era assolutamente impossibile credere che tutto quello che era successo, fosse accaduto realmente. Insomma, Rachel ed Ivy?
Avevano rovinato la loro vita, imprigionandoli nella fitta tela che avevano creato con le loro abili mani, tenendoli in pungo e sfruttandoli per un proprio tornaconto.
Avevano perso ogni cosa, ogni singola cosa per cui avessero sempre combattuto, e loro gliel'avevano portata via a suon di baci, carezze e attrazione reciproca.
Harry si accucciò e colpì il pavimento ruvido, graffiandosi le mani più di quanto non si fossero già rovinate per aver quasi distrutto il palazzetto.
Era fumante di rabbia, frustrato, deluso e amareggiato.
Rachel gli aveva tolto il futuro, spiattellandogli in faccia il braccialetto della fortuna che le aveva regalato il giorno prima. Come aveva potuto cadere, come una donzella, tra le braccia di una persona che non aveva fatto altro che prenderlo per il culo tutto il tempo?
Louis, accanto a lui, lo guardò e gli appoggiò la mano sulla spalla che si muoveva rapida per i respiri profondi che il riccio stava tirando. Quando Harry si girò a guardarlo, Louis si rese conto dei suoi occhi iniettati di sangue, la ferita che colava leggermente dal sopracciglio destro e le labbra rovinate a furia dei morsi che vi aveva inferto sopra.
"Perché proprio a noi, Harry? Perché?" disse con un fil di voce, ma ciononostante il poliziotto alzò lo sguardo su di loro, sollevando un sopracciglio, per poi sbattere gli occhi riprendendo la matita in mano.
"Non lo so, Tommo" disse Harry staccandosi dalla sua presa sulla spalla, il corpo indolenzito per i movimenti e tutti i sentimenti contrastanti che albergavano in lui.
Louis si lasciò sedere per terra accanto all'amico, la testa tra le mani. Aveva creduto davvero ad Ivy quando gli aveva detto che gli voleva bene, le aveva creduto quando lo aveva fatto ridere e accalorare per la sua vicinanza, aveva creduto in ogni cosa che si erano detti, al suo carattere acido e alla sua mania dell'ordine. Invece l'aveva solo usato, giocandosi i suoi assi nelle maniche, utilizzando il suo carattere di merda contro Louis, il quale era stato troppo attratto da lei per potersi rendere conto dell'infamia che si nascondeva dietro i suoi gesti che, credeva, fossero dovuti all'attrazione che provava per lui. Ovviamente, a quel punto, pensare che in quel mese le fosse importato qualcosa era assolutamente inconcepibile.
"Sono stato un idiota a farle venire agli allenamenti" sentenziò a quel punto. "Credevo di poter fare colpo su di lei, ma invece il tutto si è tramutato in un'arma a doppio taglio per me e per te."
Il riccio si alzò e si andò ad appoggiare sul letto, il verde dei suoi occhi annebbiato e in contrasto con il rosso circostante. "Allora io non avrei dovuto neppure permettere che ci interessassimo così tanto" ammise, la voce ridotta ad un sussurro dopo tutti gli urli che aveva fatto in quel palazzetto quasi distrutto. Aveva le mani leggermente animate da un tremolìo continuo, la rabbia, il rancore che si stava ritagliando un baratro sempre più profondo dentro di lui.
Eppure, quando le avevano viste per la prima volta, avevano creduto davvero che fossero delle cheerleader, perchè tutto lasciava intendere quello, i pompom, le divise elastiche, le loro gambe muscolose.. forse persino il loro primo scontro era stato architettato in quel modo per far presa su di loro fin dal principio. Era impossibile credere che, almeno un po', fossero state felici di stare con loro. Era stata tutta una messa in scena, un piccolo spettacolino per mostrare la loro bravura, la loro abilità.
Ma ciononostante, Harry e Louis avrebbero tanto voluto prendersi a schiaffi, perchè gli indizi per smascherarle c'erano stati, il problema era il loro, che non erano stati arguti a tal punto da comprenderli fin da subito.
Il fischietto pendente dal borsone, i salti in alto che riuscivano a fare, la loro mancata bravura nel danzare, il fatto che non li volessero ai loro allenamenti, la loro strana felicità il giorno in cui avevano passato la selezione, i "mi sento in colpa", i "ti voglio bene", "ti adoro davvero" pronunciati fin troppo spesso...era stato tutto alla luce del sole, ma Harry e Louis ne erano stati solo abbagliati, senza vedere bene cosa si nascondesse dietro quella luminosità improvvisa che li aveva investiti da quel primo incontro/scontro a scuola.
Il telefono del sergente squillò forte nel silenzio in cui il corridoio era finito, Louis ed Harry fermi a rimurginare su quanto successo sentendo montare in loro un sentimento mai provato prima, le mascelle serrate e gli occhi che percorrevano ogni singolo dettaglio di quella cella. Malik rispose, poi sbuffò e ripose di nuovo la cornetta alzandosi in piedi. Si aggiustò la divisa stretta al corpo muscoloso, girò il cappello e strinse la cintura con la pistola in vita, prima di aprire la porta e abbandonare quel luogo.
Harry guardò Louis e fece un sorriso triste. "Ehi Tommo" disse senza alzare la voce, in quel momento non ce n'era bisogno. "Come vedi, anche in questa situazione terribile ci ritroviamo l'uno accanto all'altro"
Louis sollevò la testa e si spostò il ciuffo con un gesto rapido della mano, facendo poi una smorfia per il dolore alle nocche, le ferite troppo fresche perché non le sentisse affato, e non solo fisiche.
"Allora, Harold, credo che ci sia qualche legame che ci tiene assieme indissolubilmente" affermò, abbassando poi gli occhi e accarezzandosi i lividi che stavano apparendo sul dorso della mano, di un verde tendente al viola o viceversa, non se ne fregava più di tanto.
Circa dieci minuti dopo, il sergente Malik riaprì la porta, facendo alzare loro il capo, i capelli scomposti, le divise bianche e rosse completamente sporche e le occhiaie sotto agli occhi non dovute alla mancanza di sonno. "Siete liberi" annunciò il poliziotto facendo uscire un mazzo di chiavi dalla tasca e smuovendolo per trovare quella giusta.
Louis si alzò in piedi, lanciando un'occhiata al riccio che si avvicinò alla porta della cella, stringendo in una mano una sbarra.
Le luci al neon conferivano loro un profilo molto tetro, come se volesse mostrare esternamente il loro umore, i sentimenti che li stavano facendo ammuffire dall'interno, la voglia di esplodere e di coinvolgere chiunque avessero intorno, ma si trattennero anche quando Malik li accompagnò lungo la fine del corridoio, lasciandosi la stanza alle spalle.
Si sentivano dei ticchettii sul pavimento, il cielo che si intravedeva attraverso le finistre era colorato con le sfumature del crepuscolo, alcune stelle che apparivano pian piano.
Malik poi li superò con il suo passo rapido, la sua divisa e la sua barba curata a decorargli il mento, le sopracciglia folte aggrottate e le labbra carnose strette tra loro. Girò il pomello dell'ultima porta del corridoio, spalancandola. Louis ed Harry vennero investiti da un forte odore di disinfettante, Anne e Johannah dietro una scrivania che firmavano dei documenti e altri poliziotti che intimavano alle persone ferme nel grande atrio di fare silenzio.
Harry e Louis seguirono con il capo chino il percorso delimitato da una linea nera, poi il riccio alzò impercettibilmente lo sguardo sulla porta che avrebbe permesso loro di lasciare il carcere alle loro spalle. Ivy e Rachel erano lì, appena dietro la linea nera che delimitava il tragitto, le braccia a stringere i loro corpi e i loro volti ricolmi di chiazze rosse.
Anne e Johannah si guardarono, poi videro i loro figli e abbandonarono l'atrio uscendo su una porta secondaria, la cauzione pagata che costava loro fin troppi soldi.
Harry, appena vide le ragazze, serrò le mani in due pugni stretti pronti a colpire qualcosa o qualcuno, e Louis se ne rese conto, guardando di sottecchi una chioma turchese che si era appena resa conto della loro apparizione.
I due ragazzi girarono il volto dalla parte opposta, facendo finta che non fossero lì, come se non esistessero, oppure come se fossero solo dei fantasmi di ciò che sarebbero potute essere con loro. Le due ragazze respirarono più rapidamente e si avviarono verso la stessa porta da cui erano uscite le loro mamme, mentre Louis ed Harry acceleravano il passo per allontanarsi quanto più possibile.

***


Stare ferme lì, in attesa che le signore Styles e Tomlinson firmassero i documenti per la cauzione era stata una tortuna. Eppure non sarebbe mai stata paragonabile a quella che avevano inferto a Louis ed Harry.
Ci avevano pensato fin troppo in quelle settimane, in quei giorni prima della partita. Quante volte avrebbero voluto abbandonare tutto, lasciare che le cose andassero così come sarebbero dovute andare, ma no, avevano continuato ad andare per la loro strada, troppo orgogliose per abbandonare tutto alla fine, troppo infami ed egoiste.
Dopo aver consegnato i telefoni con i video che vedevano i Power Gear allenarsi con le loro mosse, si erano sentite il petto squarciarsi esattamente a metà, avevano tradito il rapporto di fiducia che avevano iniziato con quei due ragazzi meravigliosi che erano entrati nella loro vita scombussolandola totalmente.
Eppure non avevano fatto niente per evitare che il peggio accadesse, avevano lasciato che tutto procedesse bene per loro, mentre dall'altra parte del campo c'era solo disperazione, rabbia e tristezza. Harry e Louis erano stati ammanettati dai poliziotti dopo due ore dalla fine della finale, il palazzetto che presentava fin troppi danni e giorni di prigione che li aspettavano se i loro genitori non avessero pagato la cauzione. Quando l'avevano saputo, Rachel ed Ivy si erano allarmate e avevano parlato immediatamente con la polizia per rimediare i danni, i signori Johonson che contrinuirono alle spese insieme ai genitori di Rachel che utilizzarono tutti i risparmi della figlia pur di andarle in aiuto.
Certo, risarcire i danni fatti da Harry e Louis non era niente in confronto a quello che avevano fatto loro, rovinarli totalmente, un castello di sabbia in riva al mare che veniva travolto dall'onda che le ragazze avevano sollevato.
Ivy si stava stringendo le spalle in quel momento, gli occhi fissi a terra e e colmi di lacrime che le bagnavano il volto da quando il match era iniziato, i sensi di colpa che le toglievano il fiato e che non le davano nemmeno la forza di vedere Louis in quegli occhi che adorava per davvero, quegli occhi privi di luminosità quando si era fatta spazio in lui la consapevolezza del crimine, dell'infamia che li aveva travolti, la conoscenza dei fatti e la rassegnazione di fronte all'evidenza, la sconfitta finale che avrebbe inferto il colpo fatale.
Rachel era sempre stata la più forte tra loro due, ma nemmeno lei riusciva a perdonarsi. Era stata sua l'idea del complotto contro di loro, e non poteva che vergognarserne e pentirsene quando ormai era troppo tardi.
Si guardò il polso, il braccialetto della fortuna che ne copriva la circonferenza.
Mentre una lacrima, l'ennesima, le solcava la guancia, se lo strappò, infilandoselo in tasca.
Aveva tradito Harry nella maniera più brutta di tutte, nell'orgoglio, nell'ambizione.
Avere quella dannata coppa nello spogliatoio della palestra le ricordava il danno commesso, la vita che aveva rovinato e non poteva sopportarlo, ma cosa c'era da fare?
Assolutamente niente.
Si strinse nelle spalle, accarezzandosi le braccia lasciate scoperta dalla divisa della squadra, quando sentì il pomello della porta girarsi e il respiro smorzarsi totalmente, come se i polmoni fossero collassati improvvisamente nella gabbia toracica.
Harry e Louis uscirono con il capo chino, le braccia lasciate penzolanti lungo i fianchi e l'andatura lenta, strascicata, come se non avessero forze. Ivy si tappò la bocca, le lacrime agli angoli degli occhi e i capelli corti attaccati al collo sudato mentre Louis le passava davanti e la ignorava totalmente, come se non esistesse.
Rachel vide Harry distoglierle lo sguardo di dosso e sentì le palpebre tremolanti, il corpo che risentiva la mancanza di ossigeno, ma non aveva la forza sufficiente per respirare. Quando le loro mamme abbandonarono l'atrio, le seguirono uscendo fuori.
"State lontane da loro" intimarono le donne con le guance arrossate e le narici dilatate. Anne guardò Rachel con gli stessi occhi di Harry, schifata, poi si allontanarono per recuperare le macchine dal parcheggio e per uscire con i loro figli da quell'inferno.
Ivy vide Louis girare a sinistra mentre Harry andava a destra, e alzò il passo per raggiungerlo, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto.
Rachel vide Harry andarsene e corse come mai aveva fatto, poi quando gli fu dietro e lo ebbe raggiunto gli toccò il gomito per farlo girare.

Quando Harry sentì il suo tocco sul retro del braccio, si girò di scatto e iniziò a respirare rapidamente. Vide il suo sguardo perso, impaurito e tremante come un cucciolo di fronte ad una bestia e chiuse la mano destra in pugno, la ferita sul sopracciglio che aveva iniziato a bruciargli anche più di prima. Rachel di impulso si allontanò un poco, ammirando il suo volto come se lo avesse visto per la prima volta, e di certo non si sarebbe mai aspettata che Harry, di punto in bianco, le sorridesse sadicamente.
Poi le sue labbra fecero uscire quella che sarebbe dovuta essere una risata, ma che era una specie di singhiozzo e rantolo, mentre quel suono veniva accompagnato dalle sue mani grandi che applaudivano rumorosamente e lentamente, scandendo il tempo che sembrava non passasse mai.
"Congratulazioni" disse, la voce rauca e il labbro screpolato, gli occhi verdi fissi in quelli cervoni della ragazza che non lo avevano mai respinto come stavano facendo allora. "Ottima performance" il battito delle mani fece cadere il cuore di Rachel ai suoi piedi.
La ragazza rimase ferma, il respiro scosso da spasmi e le labbra tremanti, mentre Harry la uccideva lentamente. "Ti prenderanno sicuramente all'accademia delle Belle Arti, sarai un'ottima attrice. La parte della ragazza romantica ti è uscita alla perfezione"
"Harry io-"
"Non hai il diritto di parlarmi" la ammutolì il ragazzo senza alcuna pietà. In quelle cinque ore aveva pensato a lungo su come si sarebbe potuto comportare di fronte a quella ragazza che lo aveva incantato con il battito delle sue ciglia voluminose, ma in quel momento si lasciò dettare ordini dall'istinto.
Rachel fece un passo avanti e alzò una mano come per toccarlo, ma Harry si girò di spalle e riprese a camminare.
"Harry, voglio spieg-"
"Sparisci dalla mia vita" la interruppe lui continuandole a dare le spalle, senza darle il privilegio di guardarlo anche solo un'altra volta negli occhi chiari.
Rachel si lasciò scappare un singhiozzo, ma Harry non se ne fregò nulla e fece finta di niente. Rachel l'aveva tenuto in pugno per un mese prendendolo per il culo, non aveva nemmeno più il diritto di stargli accanto. Era stato con tante ragazze, eppure nessuna gli aveva mai fatto una cosa del genere. Era arrivato il momento che lui le togliesse il potere con cui lo aveva soggiogato, ponendo fine a quella sceneggiata durata troppo a lungo.
Rachel corse e lo raggiunse, ponendosi tra il suo corpo e la strada alle sue spalle. "Lascia almeno che ti spieghi"
"Che senso ha?" sbottò, fulminandola. "Il danno è stato fatto, ormai. Mi hai distrutto, Rachel, complimenti. Ho perso tutto quello in cui credevo. Hai fatto davvero un'ottima pratica al mio fianco" sputò scansandola, ma Rachel lo bloccò di nuovo.
"Io non ho finto, Harry!" urlò al di sopra di una sirena in lontananza. "O almeno, non per tutto il tempo. Sì, all'inizio era così, ma poi-"
"Ma sta' zitta, ché forse fai una figura più bella. Non credere che ora io mi lasci abbindolare da questo clichè in cui tu mi spieghi le tue buone intenzioni, poi ci baciamo e torniamo ad essere felici e contenti insieme. No, non hai capito proprio niente. Con me tutto questo non funziona"
"Io non voglio che finis-" Harry strinse gli occhi e socchiuse la bocca, le mani chiuse in pugno che si autoimponeva di far rimanere dietro la schiena. Era una donna, non doveva torcerle nemmeno un capello.
"-che finisca? Ah, Rachel, non è nemmeno iniziata a questo punto. D'ora in poi tu sentirai solo parlare di Harry Styles, ma non avrai il privilegio di starmi accanto, ti limiterai ad osservarmi come tutte le altre ragazze in lista d'attesa"
Harry non voleva essere stronzo, davvero, ma non riusciva a tenere la bocca chiusa. Non voleva che niente venisse lasciato in sospeso, ma non voleva nemmeno che Rachel la vincesse, perché di certo - almeno quella volta - non gliel'avrebbe lasciato fare.
La ragazza gli appoggiò una mano sulla spalla, ma lui si scostò. "Io provo davvero qualcosa per te, Harry."
Il ragazzo sbuffò, ridendo. "AH! Tipico."
"Non sto mentendo, come non ho mai mentito sulle cose che ti ho detto perché quelle le penso davvero. Stare con te mi ha fatta sentire bene"
"Ma fammi il piacere" finalmente la scansò e si girò a guardarla un'ultima volta, vedendola piangere, le guance rigate di lacrime e i denti conficcati nel labbro.
"Ti prego, Harry, credimi. Se non a quello che ti ho detto in questo mese, almeno a quello che ti sto dicendo adesso."
Il ragazzo si bloccò, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il sole che scendeva lungo l'orizzonte e la macchina della madre che accostava vicino al marciapiede.
Guardò Rachel, che forse stava piangendo per lui per la prima volta, osservando la ragazza di cui - forse, in futuro - si sarebbe potuto persino innamorare, ma era una cosa a cui non credeva più. Non si sarebbe lasciato mai più abbindolare, sarebbe tornato quello di prima e non avrebbe permesso che una ragazza acquisisse così tanto potere nella sua vita.
"Ricordi al boschetto? Mi chiedesti se fossi stato mai tradito da qualcuno. Bene, aggiudicati il premio di essere stata la prima, vantati se vuoi. A me non importa un bel niente. A quel punto, credo, tu ti sia sentita malissimo a chiedermi una cosa del genere quando ben sapevi cosa mi stavi facendo, eppure non mi interessa" allargò le braccia, sorridendo triste, "ti meriti tutto ciò. Ora vattene, per sempre" e girò intorno alla macchina, mettendo sempre più strada tra loro ed entrando nella vettura. Anne che le lanciò un'occhiata dal finestrino mentre portava suo figlio sempre più lontano, quella lontananza che l'avrebbe uccisa, ma era la punizione che si meritava.

***

Ivy corse a perdifiato prima che Louis potesse raggiungere il cespuglio e girare nuovamente in quella strada che si era trasformata in un labirinto.
Lo raggiunse quando stava per immettersi nell'altra strada, ma il ragazzo accelerò come se volesse evitarla come la peste. "Tommo"
A quel punto si girò e con gli occhi pieni rabbia le puntò violentemente l'indice tra le due clavicole, "Non ti permettere a chiamarmi così, non ne hai il diritto"
"Louis, ti prego, ascoltami" disse lei quando il ragazzo si girò di nuovo. Si bloccò quando sentì la sua mano appoggiarsi piano sulla spalla muscolosa.
Incrociò le braccia al petto, sebbene vederla nei suoi occhi scuri gli facesse più male del previsto. Perché era così difficile credere che lei fosse stata l'autrice di quel piano meschino? Eppure i fatti lo dimostravano alla perfezione. Non se lo sarebbe mai immaginato da parte sua, non una cosa del genere. Era così vulnerabile in quel momento, ma tanto lei non si era fatta scrupoli ad usarlo in quel mese, non avrebbe dovuto importarsene nulla, sebbene ormai Ivy gli fosse - purtroppo - entrata dentro. Ma tanto l'avrebbe dimenticata, come aveva fatto con tutte le altre. "Parla, vediamo come ti difendi"
"Non sai da quanto io desiderassi dire la verità su questa... cosa che ho fatto con Rachel, ma ti giuro che, tornando indietro, non la rifarei. Per nessuna ragione al mondo." Tirò su con il naso, guardandolo negli occhi nonostante il coraggio venisse sempre meno. "Non ti conoscevo quando lo pianificammo, ma se avessi saputo prima chi fossi realmente, non mi sarei permessa di fare una cosa del genere. Sei una brava persona, Louis, non meriti niente di quello è successo" terminò lei abbassando la testa e scoppiando a piangere. Aveva lasciato che le parole fluissero libere, perché sapeva che non avrebbe avuto un'altra possibilità di chiarire.
In altre circostanze, Louis l'avrebbe persino abbracciata e consolata....ma in altre circostanze, non in quella. Continuò ad osservarla indifferrente, poi quando la ragazza rialzò lo sguardo si spostò una ciocca turchese rimasta appiccicata alle labbra umide.
"Mi conosci meglio di quanto le altre persone pensino, e ne sono felice perché tu hai conosciuto la vera Ivy, non quell'acidona che scansa tutti dall'inizio."
"Anche con me l'hai fatto" disse il ragazzo, le braccia ancora incrociate e il sopracciglio sollevato. "Ma poi hai capito quanto fossi debole e ne hai approfittato" Le diede le spalle e si girò, riprendendo a camminare.
Ivy gli si accostò tirando su con il naso. "Gli ultimi giorni sono stati i peggiori della mia vita, e rimpiango ogni singola cosa che ti ho fatto. Non lasciare che questo tuo odio nei miei confronti ti accechi"
Louis si girò a guardarla, spalancando la bocca. "Credi che io ti odi?"
Ivy ingoiò a vuoto, il cuore pesante nel petto. Non si era mai esposta così tanto con qualcuno, nemmeno con Rachel.
"Allora non hai capito niente" fece Louis lanciando le braccia verso il cielo. "Verso di te provo indifferenza, rancore, rabbia, tristezza, frustrazione, delusione e chi più ne ha più ne metta, ma non sono capace di odiare una persona."
"Perdonami" disse Ivy in un sussurro, guardando i suoi occhi cristallini dalle pupille dilatate.
Louis abbassò lo sguardo sulla divisa della ragazza che era un pugno allo stomaco, dopo tutto quello che gli aveva fatto.
Allargò le narici e si abbassò alla sua altezza, avvicinandosi alle sue labbra. "Questo non devi neanche pensarlo. Il perdono è per le buone person-"
"Io lo sono, Louis! Dammi la possibilità di dimostrarlo"
"No, Ivy, se fossi stata una brava persona non avresti pensato nemmeno che io ti potessi perdonare dopo tutta la merda che mi hai gettato addosso. Adesso vatti ad abbracciare quella coppa che avete vinto, ma sappi che quella rappresenta il futuro che mi hai sfilato di mano per non farne un cazzo"
Johannah parcheggiò dietro di lui. "Addio, Johonson" disse Louis sorridendole falsamente, prima di entrare in macchina e sparire dalla sua vita, mentre Ivy si lasciava cadere per terra, in ginocchio, chiudendo le mani a coppa davanti al suo volto sfigurato dal dolore.

N/A
Bene.
Questo è ufficialmente l'ultimo capitolo della storia. Il prossimo sarà l'epilogo.
Giunti a questo punto, non ho più niente da dirvi, se non che vorrei tanto sapere cosa pensate al riguardo e soprattutto come credete che tutto volga al termine.
Vi voglio bene :)

P.s Ah, e poi non so se ci avete fatto caso, ma la parte iniziale del capitolo è quella che avete trovato in corsivo all'inizio della storia, esattamente al primo capitolo, l'anticipazione di tutto :)

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