Capitolo Uno
Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più.
- Agostino da Ippona.
Capitolo 1
- Alice muoviti! - gridò mio fratello dalla sua stanza. - Non voglio fare tardi anche l'ultimo giorno di scuola! -
Ero in ritardo. Come al solito.
La sera prima ero rimasta sveglia fino a tardi a leggere il Manuale di John London per l'ennesima volta e non mi ero resa conto di essermi addormentata direttamente sulle pagine. Le urla di mio fratello mi riscossero dal torpore mattutino e mi fiondai in bagno per prepararmi alla velocità della luce. Diedi un rapido sguardo allo specchio per cercare di capire cosa potesse essere migliorato in tempo record e cosa invece fosse senza speranza.
I miei capelli castani erano come sempre un groviglio di nodi e decisi che sarebbe stato inutile tentare anche solo di sistemarli. Avevo delle occhiaie spaventose sotto i miei occhi verdi, ma ritenni che anche quelle potevano passare come accettabili senza bisogno di trucco.
Mi cambiai la maglietta e mi lavai i denti tanto per sembrare più umana e mi diressi verso la porta di casa.
-Finalmente - disse mio fratello con un sospiro di sollievo.
Contrariamente a me, lui era l'emblema della precisione.
Vi presento Luke Hallow: Vestiti perfettamente abbinati, capelli in ordine e sorriso smagliante. Fra qualche anno sarebbe potuto tranquillamente diventare uno di quegli attori famosi solo per il loro bell'aspetto. Non che mio fratello fosse solo quello, ovvio. Era anche intelligente al di sopra della norma, ed un atleta impeccabile. In pratica, poneva degli standard talmente alti in famiglia che nonostante io fossi la sorella maggiore ero sempre "quella imparentata con Luke Hallow" .
All'inizio ero stata gelosa della sua innata popolarità, ma dopo un po' ci avevo semplicemente fatto l'abitudine. Sarebbe sempre rimasto il mio piccolo idiota per quel che mi riguardava.
- Quanta fretta ... - protestai alzando gli occhi al cielo. Era l'ultimo giorno, probabilmente non avremo nemmeno fatto lezione. Sentii mia madre suonare il clacson per farci sbrigare.
Da quando ero stata rapita da un maniaco per strada, i miei genitori si erano rifiutati di far andare sia me che mio fratello a piedi a scuola da soli, nonostante si trovasse a pochi minuti da casa nostra. A questo c'era anche da aggiungere il fatto che da quando eravamo passati alla macchina elettrica mia madre sfruttava ogni occasione per poterla utilizzare.
Salii in macchina sbadigliando e chiusi gli occhi per guadagnare qualche minuti di sonno bonus.
- Emozionata per il tuo ultimo giorno di liceo tesoro? - disse mia madre al posto di guida facendomi sobbalzare.
- Ehm si.. credo - risposi incerta.
"Per quanto possa essere emozionante una giornata scolastica" aggiunsi mentalmente.
Luke al contrario non riusciva a stare fermo sul proprio sedile. Era stato così fin da bambino, amava alla follia andare a scuola, ed in particolare andava in fibrillazione l'ultimo giorno di ogni anno scolastico.
Non vedeva l'ora di poter trascorrere le sue giornate a scherzare con i propri amici ed a partecipare ai festini a cui veniva puntualmente invitato.
Una volta arrivati nostra madre ci salutò con un bacio volante e sfrecciò via verso il suo posto di lavoro senza nemmeno darci il tempo di rispondere.
Luke si volatilizzò nel giro di pochi secondi alla ricerca di qualche amico con cui parlare, ed io accesi il mio telefono nella speranza che Melanie fosse nelle vicinanze.
Il led blu del mio cellulare brillò immediatamente facendomi capire che era arrivato un messaggio.
- Faccio cinque minuti di ritardo, puoi avvertire l'insegnante?- Mel.
- Fedele a te stessa fino all'ultimo, uhm?- risposi immediatamente.
- E' l'ultimo giorno e pretendi che io rompa la tradizione?- Mel.
Sospirai tristemente alla consapevolezza che avrei dovuto passare i prossimi dieci minuti della mia vita a fissare il vuoto in silenzio mentre fingevo di non accorgermi degli sguardi ambigui degli altri studenti.
Un'ultimo giorno, e poi sarei partita per il college.
Dove? Ancora non ne avevo idea.
In città non c'era un'Università, e chiunque volesse proseguire gli studi doveva come minimo spostarsi a Toronto. Io ovviamente avevo mandato la richiesta di iscrizione lì come tutti gli altri studenti della mia scuola, ma sotto consiglio del mio insegnante di Chimica avevo fatto richiesta anche ad altre Università in giro per il mondo. Il fatto era che quest'anno avevo deciso di ignorare le risatine dei miei compagni di classe se prendevo un voto alto ed avevo cominciato a studiare seriamente. Tutta la tecnica dello scrivere in realtà si basava sui principi fondamentali della Chimica e sulle reazioni più elementari, e conoscerle a perfezione era diventato necessario per la mia sopravvivenza. Di conseguenza, la mia media si era alzata paurosamente e persino i miei genitori mi avevano incoraggiato ad intraprendere un percorso di studi più complesso.
Quello che i miei genitori non sapevano era che ero stata accettata ovunque e dovevo solo scegliere quale fra le scuole scegliere. Glielo avrei detto solo nel momento in cui avessi preso una decisione definitiva.
In particolare ero indecisa fra Zurigo e Londra, due città in cui avrei amato vivere la mia esperienza accademica. Da una parte Zurigo era più tranquilla e adatta allo studio di Londra, ma allo stesso tempo avevo paura di non riuscire ad inserirmi in una scuola dove la maggior parte delle persone parlavano tedesco. Londra invece era più caotica, ma il suo ambiente internazionale mi avrebbe permesso di inserirmi senza problemi.
La campanella d'entrata stava suonando, ma di Melanie ancora non c'era l'ombra.
Decisi di entrare ugualmente per avvertire l'insegnante dell'ennesimo incidente stradale che spiegava il suo ritardo.
Cosa non si fa per amicizia.
Salii in classe e mi sedetti all'ultimo banco a destra come facevo sempre. Gli altri cominciarono immediatamente a lanciarsi palline di carta e gridare oscenità mentre il prof. entrava in aula.
Mr. Beclemore sapeva perfettamente che non sarebbe stato in grado di fare lezione quel giorno, quindi optò per leggere un giornale e lasciare i suoi alunni fare quello che volevano.
Nel mio caso, questo significava rileggere per l'ennesima volta le lettere di ammissione per cercare di carpire qualche dettaglio in più sul tipo di Università da scegliere.
Aprii la mia agenda alla ricerca dei fogli. Da quando avevo cominciato a scrivere, avevo smesso di usare le App per il cellulare per appuntarmi le cose da fare ed avevo comprato un'agenda di carta (riciclabile ovviamente, ormai tutti i nostri quaderni erano fatti così).
All'interno non ci tenevo solo informazioni, ma anche ricordi materiali di tutto quello che mi era successo negli ultimi tempi. Avevo i biglietti del cinema degli Avengers che io e Melanie eravamo andati a vedere, i braccialetti del concerto di non mi ricordo chi a cui Luke mi aveva costretto ad andare e le foto che avevo conservato dal diario di Nicholas.
Mi ritrovavo a guardarle ogni volta che smettevo di credere nella causa. E credetemi, succedeva più spesso di quanto mi piacesse ammettere.
- Hai più avuto notizie di Mr. Perfezione? - disse Melanie distogliendomi dai miei pensieri. Indossava come al solito un completo quasi interamente rosa, costituito da una maglietta aderente ed una gonna a vita alta. I suoi capelli erano elegantemente legati in una coda alta con un nastro lilla, abbinato alla cintura dello stesso colore. Portava come al solito un paio ballerine bianche, anche note come "strumento di tortura del ventunesimo secolo legalizzato al commercio per fini estetici" .
I suoi occhi castani brillavano di curiosità ogni volta che tiravo fuori quelle vecchie e strane foto. Non le avevo mai detto cosa fosse realmente successo alla - spia britannica- che aveva conosciuto poco tempo prima.
- No - risposi. In fondo, quella era la verità. - Dubito che verrò coinvolta in altre questioni, Melanie -
Prima che potessi impedirglielo si sedette vicino a me (o più esattamente, SU di me) per avere una chiara visione di quello che stavo leggendo.
- OH MIO DIO TI HANNO ACCETTATO! - gridò più forte di quanto i miei timpani potevano sopportare. Sentii gli occhi di tutti i nostri compagni puntati direttamente su di me.
- Melanie! -
- Scusa - sussurrò come se a quel punto servisse a qualcosa.
Il professore si schiarì la voce ed a poco a poco il rumore ricominciò a regnare nell'aula.
- Perchè non me lo hai detto prima?! - esclamò tirandomi un pugno scherzoso sul braccio. - Hai già deciso dove andare? -
- No - risposi sconsolata. Poggiai la testa sul banco in segno di resa. - Non ci riesco! E se facessi la scelta sbagliata? Non sono andata in nessuno di questi posti nemmeno una volta nella mia vita-
Melanie alzò gli occhi al cielo e cominciò ad esaminare le varie offerte.
- Questa - disse infine dopo un'attenta analisi. Vidi che aveva in mano l'Università di Londra.
- In base a ...? -
- In base al fatto che hai ... - abbassò la voce. - lavorato per il governo britannico! -
Ripresi a sbattere la testa sul banco.
- E poi - continuò. - nulla da togliere alle altre Università, ma non credi che non ti troveresti a tuo agio in luoghi dove nessuno parla la tua lingua? Almeno avresti questo vantaggio in Inghilterra, sebbene sia una terra straniera -
- Credo che tu abbia ragione - dissi dopo un po'. Anche io avevo pensato a questo dettaglio, ma Melanie faceva sempre sembrare ogni decisione più ragionevole.
Come quella volta che ero indecisa se iscrivermi ad atletica o meno, e lei mi portò un trattato di quindici pagine di motivazioni sul perché avrei dovuto entrare nella squadra. Anche quella risultò una decisione vincente.
Probabilmente si sarebbe presentata il giorno seguente con una lista di pro e contro sul vivere in Inghilterra direttamente stampata e rilegata sul mio letto.
La giornata a scuola passò miracolosamente senza imprevisti, e riflettei tutto il tempo su come avrei detto ai miei genitori che avevo deciso di trasferirmi in un altro continente.
Tornai a casa a piedi con mio fratello. Lui era intento a parlare a telefono con l'ennesima ragazza per cui si era preso una cotta (o come sosteneva lui "Perdutamente innamorato"), ed io ero libera di pensare per conto mio.
Tirai fuori dallo zaino uno dei diari di Nicholas che mi portavo sempre dietro. Erano diventati il mio rifugio nei momenti di dubbio e paura, ed in quel momento avevo proprio bisogno di dimenticare i miei problemi per un momento. Il fatto era che quello che aveva vissuto Nicholas agli inizi del 1900 era spesso talmente terrificante che le mie insulse preoccupazioni da teenager impallidivano al confronto. Era un po' come se il suo diario avesse conservato l'effetto che lui aveva su di me di farmi sentire stupida per cose futili.
Lessi qualche riga sulla sua infanzia, di quella volta che Katherine (la sua sorellina di cinque anni) si era rotolata nel fango come forma di ribellione al vestitino elegante in cui l'avevano costretta.
Arrivata a casa mi gettai sul letto completamente vestita, e venni investita in pieno dalla consapevolezza di essere ormai una persona adulta. Mi sembrava di avere in testa una vocina martellante che continuava a ripetere - Il liceo è finito, ora inizia il duro lavoro- .
- La cena è pronta! - urlò mia madre dal corridoio. Mi alzai con un grugnito poco umano dal letto e mi diressi verso la camera da pranzo.
Mangiavamo tutti in silenzio, mentre la televisione trasmetteva continuativamente le immagini di quelle zone del nostro pianeta che erano state distrutte dal cambiamento climatico. Mi meravigliavo ogni giorno di come ancora nessuno fosse riuscito a capire come disattivare il meccanismo a cui avevo dato inizio. Forse il Gatto lo aveva reso un po' troppo inattaccabile.
- Come è andata oggi? - chiese mio padre più concentrato sul suo portatile che sulla sua domanda. Anche oggi era stato costretto a portare a casa il lavoro.
- Fantasticamente! - esclamò mio fratello descrivendo la sua bellissima giornata nei minimi dettagli. Provavo a stare attenta, ma ogni due secondi perdevo la concentrazione e rimanevo a mescolare quello che stavo mangiando con la forchetta.
- E tu Alice? - chiese mia madre quando lui ebbe finito.
- Fantasticamente - provai a fingere un sorriso. Mia madre non si lasciò ingannare.
- Qualcosa non va tesoro? -
- No no, tutto alla grande - negai. - Ma ecco... volevo solo dirvi che erano arrivati i risultati dai test delle Università e mi hanno preso -
Mio padre smise momentaneamente di lavorare mentre un sorriso a 360 gradi appariva sul suo volto.
- Ma è meraviglioso! - esclamò. - Hai già deciso dove andare? -
- Si - risposi guardandomi le mani. - Londra -
Un silenzio di tomba era caduto in cucina. Sapevano che avevo fatto richiesta a varie università nel mondo, ma non avevano mai preso seriamente in considerazione l'idea che io potessi venire ammessa e trasferirmi in un altro continente.
- E'...è fantastico - disse mia madre schiarendosi la voce. - Hai bisogno di aiuto con i preparativi o...? -
- Ho già visto tutto- risposi sollevata. Non avevo idea di quanto fossi tesa fino a quel momento. - I corsi iniziano fra tre mesi, ma l'Università mette a disposizione una sorta di pre-corsi per gli ex-liceali un po' prima. Pensavo di andare lì per Settembre -
Continuammo a parlare dei preparativi per il resto della serata senza che mio fratello emettesse un suono.
Aiutai mia madre a mettere in ordine e tornai in camera per cominciare ad impacchettare tutto quello che avrei dovuto portare. Sapevo fosse troppo presto per i bagagli, ma era l'unico modo che avevo per scaricare l'ansia.
Trovai il Gatto accovacciato sul mio letto. I miei genitori erano scesi a patti con il fatto che il Gatto non avesse nessuna intenzione di vivere in giardino, e gli lasciavano fare più o meno tutto quello che voleva. Sembrava un cucciolo, e nessuno aveva il coraggio di cacciarlo fuori a calci. Da quello che ne sapeva la mia famiglia, era un gatto randagio che si era affezionato alla nostra casa in cerca di affetto. In realtà era molto di più, ma pensai bene di non menzionare le sue capacità sovrumane a tavola quando decidemmo di tenerlo.
- Mi riempirai il letto di peli - lo rimproverai inutilmente. Sapevo che avrebbe continuato a mettersi dove più gli piaceva.
"Meow" rispose solamente. La maggior parte delle volte evitava di parlare quando c'erano i miei genitori in casa. Non voleva rischiare che qualcuno lo sentisse. Quando avevo rivelato a Luke delle sue capacità, per poco il ragazzo non svenne lì su due piedi. Sia io che il Gatto volevamo evitare un attacco cardiaco ai miei genitori.
- Come preferisci- dissi mentre cominciavo a mettere su una pila i libri che avrei dovuto portare come me. Sapevo di dover fare una ferrea selezione, ma la cosa si stava rivelando più difficile del previsto. Ogni libro era come un figlio, come si poteva scegliere il preferito e lasciare a casa l'altro?
Sentii la coda del Gatto attorcigliarsi alla mia caviglia.
Lo guardai con un sorriso.
- Certo che ti porto, che domande-
Nota Autrice
Sono alla ricerca di una nuova cover per questo libro, quindiiii se fate cover (o conoscete qualcuno che le faccia) potreste contattarmi in privato? Grazie mille in anticipo 😍
Buona Lettura!
PROSSIMO AGGIORNAMENTO: DOMENICA 2 OTTOBRE
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