Capitolo Sedici

Capitolo 16

Alice 

Era tutto completamente buio, ed a guidarmi era solo il rumore dei pesanti passi dei soldati davanti a me. L'aria odorava di muffa e putrefazione e le pareti dello stretto corridoio erano viscide al tatto. Camminavo rasente al corridoio per evitare che coloro che stavo seguendo potessero accorgersi della mia presenza, ma temevo che una volta accese le luci anche questo mio piccolo accorgimento sarebbe stato vano.

Ecco cosa accade se si segue il proprio istinto. Se Nicholas fosse stato ancora con me mi avrebbe probabilmente gridato contro quanto fosse stupida la mia idea, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

I passi dei soldati erano sempre più rumorosi, come se stessero calpestando una superficie fangosa ed il "ciak ciak" delle loro scarpe risuonasse fra le pareti. Prima che potessi rendermene conto, anche io mi ritrovai con i piedi umidi per le pozzanghere nel pavimento. Il corridoio era molto lungo, ma a parte qualche scatolone sparso qui e lì non c'erano viveri in vista. Doveva essere una di quelle cantine dove si usava far fermentare il vino e conservare i cibi a bassa temperatura, ma sembrava essere stata svuotata parecchio tempo prima e mai aperta fino a quel momento. Più di una volta mi ritrovai con le dita immerse in ragnatele ed in altre sostanze appiccicose di cui non volevo conoscere l'origine. Ogni tanto appariva qualche spiraglio di luce dal soffitto, e si potevano intravedere delle finestre sbarrate da pezzi di legno posticci che davano sul mondo esterno. Forse la proprietaria aveva deciso di chiudere la cantina in mancanza di cibo da poterci mettere dentro e voleva evitare che i bambini curiosassero lì intorno.

Una fioca luce si accesse davanti a me e mi appostai dietro uno scatolone prima che i soldati potessero notare la mia ombra.

- Questo è tutto ciò che abbiamo- disse Katherine indicando qualcosa che non potevo vedere.

I due soldati discussero a bassa voce fra loro per qualche secondo. Uno dei due sembrava particolarmente arrabbiato e continuava a posare la mano sulla pistola nella sa cinghia.

- Non può essere tutto ragazzino- rispose il soldato più agitato. - Questa roba potrebbe bastare per al massimo un paio di mesi. Ci serve il raccolto di tutto un anno-

- E' tutto ciò che abbiamo- ribatté la ragazza. - I ragazzi più grandi in inverno lavorano alle fabbriche della città e portano qualcosa ai più piccoli, ma per ora non c'è null'altro-

Lo schiaffo del secondo soldato arrivò così velocemente da sorprendere anche il collega che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Il gridò di dolore di Katherine rimbombò fra le pareti.

- Ascoltami bene, non te lo chiederò un'altra volta- disse afferrando la ragazza per la maglietta. - Dove. Sono. Le provviste-

Katherine cominciò a singhiozzare in preda al panico. Anche quel briciolo di coraggio che era rimasto integro fin dopo l'attacco si era sbriciolato in quell'istante.

Solo allora l'altro soldato sembrò svegliarsi da una sorta di trance e scosse il suo collega per un braccio urlandogli qualcosa in tedesco.


I due presero a litigare violentemente e nel giro di pochi secondi entrambe le pistole erano state caricate e puntate l'una verso l'altra.

Katherine aveva smesso di piangere, e nel caos generale si stava silenziosamente spostando fuori dalla linea di tiro per evitare di essere colpita.

Trattenni il respiro e presi la mia penna e il foglio dalla tasca. Sapevo che sarebbero stati inefficaci contro una vera e propria arma da fuoco, (non potevo certo buttarmi nel bel mezzo della lotta e levare il cappuccio alla mia penna sperando che si sarebbe trasformata in una spada), ma in qualche modo mi davano sicurezza.

Una mano si poggiò sulla mia bocca impedendomi di gridare. Dopo appena un tremendo istante di terrore, mi resi conto che era solo Nicholas che era inspiegabilmente riuscito ad oltrepassare il soldato di guardia e mi aveva raggiunto di soppiatto.

- Uno vuole prenderla in ostaggio, l'altro ritiene che stia dicendo il vero e vuole darsi alla ritirata- mi sussurrò all'orecchio.

- Come diamine hai fatto ad arrivare qui?!- chiesi sussurrando a mia volta.

Non potevo vederlo bene in volto, ma riuscii a percepire telepaticamente i suoi occhi che si alzavano al cielo.

- Hai un piano?- ribattè. - Perchè al momento la mia unica idea è quella di prendere a pugni entrambi e filarcela con Kathy-

- Non esattamente- risposi mordendomi il labbro. - Sei tu quello con le idee di solito-

I soldati avevano smesso di discutere e si erano accorti della tentata fuga silenziosa di Katherine.

- Wo auf der Erde gehen Sie?- dissero insieme.

- Hanno deciso di prenderla in ostaggio- tradusse Nicholas istantaneamente. - Rimani immobile-

Come se avessi potuto muovermi in ogni caso. Il suo corpo mi stava letteralmente spiaccicando alla parete ed a stento riuscivo a sentirmi le dita delle mani.

Il soldato più calmo aiutò Kathy a rimettersi in piedi e poi la trascinò verso di noi. I due aguzzini avevano lo sguardo dritto davanti a loro, ed avevano spento la candela la cui luce ci aveva aiutato a vedere fino a quel momento. Trattenni istintivamente il fiato nel momento in cui ci passarono vicini, ma nessuno diede cenno di aver percepito la nostra presenza.

Non appena i loro passi risuonarono lontani, diedi uno spintone a Nicholas affinché mi permettesse di respirare.

- Questa è la mia bolla personale- dissi indicando lo spazio ad un metro da me. - Non invadere la mia bolla personale-

Nicholas si limitò ad alzare gli occhi al cielo e mi trascinò verso l'uscita prendendomi per mano.

I soldati dovevano aver lasciato la porta aperta ed incustodita, perché si riusciva ad intravedere l'uscita grazie ad un piccolo spiragli di luce. Ci avvicinammo silenziosamente, ma dopo essere rimasti pochi istanti in ascolto, ci rendemmo conto che l'intero salone pieno di bambini doveva essere stato svuotato.

Nicholas prese a correre trascinandomi con lui verso l'uscita della casa.

Potevo sentire il battito del mio cuore rombarmi nelle orecchie mentre spingevo il mio corpo oltre i limiti fisici che le gambe mi avevano permesso fino a quel momento.

L'aria fredda dell'esterno mi rischiarò le idee e mi permise di mettere a fuoco tutti i contorni degli elementi intorno a me, che fino a pochi istanti prima erano un'unica macchia indistinta.

Il camion con cui i soldati erano arrivati era ancora lì dove lo avevano lasciato, segno che non potevano ancora essere fuggiti.

Me che fine avevano fatto tutti i bambini?

Il rumore di un ramoscello spezzato alle mie spalle mi fece sobbalzare, ma prima che potessi agire, Nicholas si era già fiondato sulla fonte del rumore.

Fortunatamente, il ragazzo aveva avuto il buon senso di guardare chi aveva fra le mani prima di picchiarlo violentemente a sangue, perché ci ritrovammo davanti a nulla di meno di uno dei bambini dell'orfanotrofio, quello che Katherine aveva nascosto dietro di lei all'inizio dell'attacco.

- Vincent!- dissi ricordandomi miracolosamente il suo nome.

Il bambino mi fissava ad occhi sgranati e con le labbra tremanti, segno che stava molto probabilmente per scoppiare in lacrime.

Per prevenire una crisi isterica, lo presi immediatamente in braccio e gli diedi un paio di carezze sulla testa per calmarlo. Dopo pochi istanti, il bimbo aveva smesso di singhiozzare, ma tremava ancora terribilmente per lo shock emotivo.

- Sai dirci dove sono andati gli altri, Vincent?- chiese il ragazzo.

Nicholas aveva cercato di usare il suo tono più calmo e pasto possibile, ma l'ansia di perdere nuovamente la sorella si poteva percepire in ogni sua parola.

Il che non era particolarmente di aiuto con un bambino di sei anni in lacrime.

Vincent si limitò a scuotere la testa senza fiatare, ma indicò un lontano fienile in mezzo al campo con la sua manina paffuta.

- Li hanno portati lì, tesoro?- gli chiesi cercando di addolcire la mia voce il più possibile. Non ero mai stata brava con i bambini, ma dubitavo che a Vincent importasse particolarmente il mio grado di esperienza in baby-sitting in una circostanza del genere.

- Hanno leato tutti e pottati nea casa del grao- rispose asciugandosi il naso con la manica già sporca di fango. Presi un fazzoletto dal mio zaino e glielo porsi insieme ad una bottiglietta d'acqua.

La prossima volta che Nicholas avesse criticato la mia lista di cose da portare in un viaggio nel tempo, lo avrei decisamente ucciso. Fino a questo momento, la mia borsa era risultata più efficace delle penne.

- Hanno detto noi- continuò il bimbo indicando se stesso. - Ottaggi per pappa. Ma noi no pappa! Noi poca poca pecchè inverno cattivo!-

Vincent enfatizzava la propria tesi muovendo ferventemente le mani sopra la sua testa. Sarebbe stato adorabile se solo le sue parole non avessero avuto un significato così tremendo.

- Questo non c'era negli annali!- protestai. - Nessuno aveva mai parlato di un rapimento di massa!-

- Forse nessuno ne è mai venuto a conoscenza- rispose Nicholas. - O forse qualcuno è riuscito ad occultare le testimonianze ... non sarebbe stato poi così difficile considerata l'efficienza del servizio postale dell'epoca-

Vincent annuì vigorosamente alle nostre affermazioni.

- Io scappato. Io finto nanna mentre tutti i bimbi camminavano.- spiegò. - Loro mi hanno mosso con i piedi, ma io shhh- si mise un dito davanti alle labbra facendoci segno di fare silenzio.

- Ed adesso come facciamo?!- chiese Nicholas tirando un calcio ad una zolla d'erba circostante. Sembrava sull'orlo di una crisi di panico.

- Hai finto la nanna, Vincent?- ripetei come in uno stato di trance. - E loro non hanno fatto nulla?-

Vincent annuì nuovamente e batte le mani contento che qualcuno lo stesse finalmente ascoltando.

- Alice ma che diamine- -

- Nicholas- lo interruppi prima che potesse dire altro. - Ho un piano-  

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