Capitolo Due

Capitolo 2

- Hai preso lo spazzolino? - 

- Si mamma -

- E gli asciugamani? - 

- Si mamma - 

- Il passaporto? -

- SI MAMMA -  sbottai infine.

Era il giorno della partenza per l'Inghilterra, e lei non aveva smesso nemmeno per un istante di assillarmi con la sua lista di cose da portare con me. Le volevo un mondo di bene, ma in quel momento avevo voglia di strozzarla. Ero già abbastanza nervosa di mio, non avevo bisogno di altre persone che mi mettessero altra ansia.

Mio fratello mi avrebbe accompagnato in Inghilterra per aiutarmi con l'alloggio, mentre i miei genitori sarebbero rimasti in Canada per il lavoro. Morivano dalla voglia di accompagnami, ma mi rifiutai categoricamente di fargli prendere un giorno di ferie per una sciocchezza del genere. Ero un'adulta ormai, potevo cavarmela da sola.

Anche Melanie mi aveva accompagnato all'aeroporto, e da quando eravamo partiti non aveva smesso di asciugarsi gli occhi con un fazzoletto.

- Tornerò per l'estate -  avevo provato a calmarla. - E' solo per un paio di mesi-

Ma nulla era servito a fermare l'inarrestabile fiume di lacrime.

- Ma con chi parlerò tutte le sere adesso?! -  ribatteva tutte e volte soffiandosi il naso.

Alzai gli occhi al cielo.

- In Inghilterra hanno i telefoni e Skype così come da noi - dissi. - E poi hai un ragazzo! - 

Durante l'estate Melanie aveva finalmente avuto il coraggio di dichiararsi all'idiota per cui aveva avuto una cotta per i 4 anni del liceo ed ovviamente i due si erano messi insieme nel giro di pochi giorni. La maggior parte delle volte che uscivamo solo io e lei, lei passava il tempo a raccontarmi di quanto fosse bello e quanto fosse perfetti l'uno per l'altra e bla bla bla. Adoravo ascoltarla perché aveva in faccia quella costante espressione innamorata che la faceva estraniare dal mondo. Una volta era andata a sbattere contro un albero. Sia lei che il ragazzo sarebbero andati ad un College in periferia di Toronto, ad un'ora da casa. Probabilmente si sarebbero trasferiti insieme all'inizio del semestre.

- Ma non è la stessa cosa!-  protestò lei. - Rainold è un tesoro, ma non ci capisce proprio niente di cose da ragazze!-

"Come se io ci capissi qualcosa invece" pensai sorridendo.

- Mi mancherai - dissi a voce alta. Lei mi rispose stringendomi in un'abbraccio spappolatore di costole.

- Chiamami appena arrivi ed ogni istante libero della tua vita-  disse mentre mi lasciava.

- E quando ti avanza tempo-  si intromise mia madre. - Chiama anche casa - 

Scoppiammo tutti a ridere. Avevo gli occhi lucidi mentre l'altoparlante annunciava che il mio volo stava per partire.

Salutai tutti un'ultima volta e mi feci aiutare da mio fratello con il bagaglio a mano.

L'aereo decollò senza problemi. Presi il posto vicino al finestrino come mio solito e mio fratello acconsentì senza protestare. Sapeva quanto ci tenessi a guardare fuori.

Dopo un paio di ore di volo, le hostess spensero le luci.

- Vai lì per l'Università giusto? - disse improvvisamente. Pensavo si fosse addormentato.

- Certo -  risposi senza esitare. - Perchè altro dovrei trasferirmi? - 

Lui si spostò a disagio sul sedile.

- Nicholas era inglese-  sussurrò. - Ho pensato che tu volessi ... non lo so, indagare sul suo passato o cose del genere. Lo so che è stupido, ma è da quando hai detto che dovevi partire che non faccio che pensarci- 

Per poco non scoppiai a ridere.

- Luke -  dissi con le lacrime agli occhi. - Avrei potuto fare ricerche di quel genere anche a computer in Canada- sottolineai le ultime parole sarcasticamente.

Lui scrollò le spalle e si mise definitivamente a dormire. E poi dicono che noi ragazze siamo complicate...

Al nostro arrivo Londra era ... caotica. Turisti di ogni nazionalità correvano in ogni direzione possibile disorientandomi nella folla. Avevo provato una sensazione simile a Madrid l'anno prima, ma questo era diecimila volte peggio.

Luke si fece strada fra la gente a forza di spallate, creando un varco che ci permettesse momentaneamente di passare con le nostre valige. Avevamo entrambi un aspetto comico a causa della notte passata sull'aereo, ma tutti erano troppo occupati a correre verso una direzione ignota per ridere di noi.

Il tassista che ci raccolse alla fermata dell'autobus era terribilmente amichevole e parlò ininterrottamente per tutta la durata del tragitto.

- Dove vi porto? - disse con accento inglese. Chissà perché ogni volta che sentivo una persona inglese la mia mente si collegava immediatamente a Sherlock.

- South Kensington - risposi cercando di non ridere. Mi sarei dovuta abituare prima di scoppiare a ridere in faccia ad uno dei miei futuri professori.

Mio fratello non la smetteva di indicare ogni singola cosa a cui passavamo davanti, sostenendo che cose del genere non esistevano in Canada.

- Oh mio Dio! Guarda la London Eye! E' fantastica! -

- Guarda quei pullman a due piani tutti rossi! -

- Oh Santo cielo! Hai visto quel semaforo?!- 

Alzai gli occhi al cielo e mi morsi il labbro per non dire nulla di offensivo ad un ragazzo che si era fatto una giornata di volo solo per accompagnarmi.

- Abbiamo dei semafori anche in Canada -  risposi solamente.

- Si ma non da quel lato della strada-  ribatté come se fossa la cosa più ovvia del mondo.

L'alloggio dove ero stata collocata era a dir poco lussuoso. Sapevo che in quella zona viveva anche la famiglia reale, ma non avevo idea che anche le residenze degli universitari fossero così eleganti.

L'ingresso era delimitato da un ampio portone bianco che si apriva su un lunghissimo corridoi sulle cui pareti erano appese tutte foto incorniciate. Raffiguravano tutte ragazzi della mia età, molto probabilmente studenti passati.

La mia stanza si trovava al quinto piano, ma grazie al cielo c'era un'ascensore. Mio fratello mi avrebbe letteralmente ucciso se avesse dovuto portare le mie valige per le scale.

Nell'ascensore incontrai un gruppo di ragazzi pieni di valige e sorrisi pensando che non ero l'unica matricola a scuola. In un certo senso, le loro espressioni spaventate mi rassicurarono mentre procedevo in quel luogo sconosciuto.

La stanza era piccola e accogliente. C'era un letto attaccato alla parete ed una scrivania per lo studio sul lato opposto. In alto si vedevano un paio di mensole dove poter posizionare i libri. La cosa più bella della camera era tuttavia l'immensa finestra che dava sul parco, rendendo l'ambiente completamente illuminato dalla luce solare.

Aprii la finestra e respirai la fresca aria autunnale Inglese.

- Niente male-  disse mio fratello. Stavo osservando la stanza in ogni singolo dettaglio alla ricerca di possibili imperfezioni. Se passava il suo test, voleva dire che era proprio perfetta.

SI sedette sul letto in attesa che io dicessi qualcosa. Sapevamo entrambi che era il momento di salutarci.

- Luke.. - cominciai. Fui fermata bruscamente da un'abbraccio da orso che mi tolse il respiro.

- Mi mancherai Sis-  disse rilasciandomi. Avevamo entrambi gli occhi lucidi.

- Stai piangendo? - cercai di buttarla sul ridere.

- Ho qualcosa negli occhi - borbottò asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

- Uhm uhm -  risposi sarcasticamente.

Rimanemmo a fissarci per un altro paio di minuti, quando finalmente lui decise di muoversi verso la porta.

- Ci vediamo a Natale -  mi salutò. - Non farti uccidere nel frattempo-

- Tenterò il possibile - sorrisi.

E con questo chiuse la porta.

Ero sola.

Feci un bel respiro profondo e cominciai a disfare tutte le valigie. Poggiai tutti i libri che mi ero portata nelle apposite mensole e tutti i miei vestiti nel piccolo armadio vicino all'entrata. La mia idea era di spingere la valigia sopra l'armadio per guadagnare spazio, ma l'impresa si stava rivelando più complessa del previsto.

Forse avrei dovuto chiedere a Luke prima che andasse via.

Mi arrampicai sulla sedia poggiata in bilico sull'armadio. Quello era uno di quei pochi momenti che mi facevano rimpiangere di non essere quei 5 centimetri più alta.

Ero quasi riuscita a spingere la valigia verso il fondo dell'armadio quando un improvviso movimento vicino alla finestra mi fece perdere la concentrazione.

In un momento di terrore vidi la valigia cadermi rovinosamente addosso.

"AH!" gridai mentre sbattevo la testa contro il pavimento.

Il Gatto mi guardava soddisfatto dal davanzale della finestra. Non potevo averne la certezza, ma mi parve che stesse sghignazzando.

Sentii un leggero bussare alla mia porta. Probabilmente qualcuno doveva aver sentito il rumore della mia caduta ed era venuto a controllare. Che bel modo di farsi una reputazione il primo giorno.

Mi alzai controvoglia dal pavimento con la testa che ancora mi girava, ed aprii la porta.

Mi ritrovai davanti ad una ragazzina poco più bassa di me. Avrà avuto più o meno la mia età, ma sembrava molto più piccola a causa dei grandi boccoli neri che le incorniciavano il viso pallido. L'unica nota di colore sul suo volto era dato dalle labbra rosse e dagli occhi di un blu profondo. Mi ricordava in un certo senso Biancaneve versione moderna, con stivali di pelle al posto delle ballerine e una semplice maglietta e jeans al posto di un abito da sera. Era bellissima, ma evidentemente anche estremamente timida.

Le sue gote si erano tinte di rosso non appena avevo aperto la porta.

- Tutto bene? - chiese senza guardarmi negli occhi. - Ho sentito un urlo e dei rumori strani ... ho pensato di venire a fare un'occhiata -

- Oh si grazie - sorrisi imbarazzata. - Sono solo caduta dalla sedia. Grazie comunque di essere passata a controllare - 

Lei sembrò rincuorata dal fatto che non le avevo urlato contro. Sapevo per esperienza quanta insicurezza potesse essere nascosta nelle parole.

- Mi chiamo Alice -  dissi per rompere il silenzio. - Sono nuova qui -

- Daphne - rispose porgendomi la mano. - Sono al secondo anno, se vuoi ti mostro un po' come funzionano le cose qui in giro? -

- Oh si ti prego!-  esclamai. Sperai di non sembrare troppo disperata. - Cioè sarebbe fantastico - riformulai.

Daphne sorrise e mi incoraggiò a seguirla. Ero ancora vestita con gli stessi abiti che avevo utilizzato per il viaggio, ma non mi dispiaceva presentarmi ai miei nuovi coinquilini in quello stato. Infondo, anche e mi fossi cambiata avrei finito per indossare sempre la solita t-shirt e un paio di jeans ... che sostanzialmente era quello che indossavo in quel momento.

Afferrai le chiavi e chiusi la porta dietro di me.

- I bagni si trovano in fondo a destra - cominciò a spiegare Daphne. - Quelli delle ragazze hanno la maniglia rossa, quelle dei ragazzi blu. Ma non ti preoccupare è proprio impossibile confonderli, i ragazzi hanno la cattiva abitudine di non pulirli troppo spesso. Si sente il cattivo odore anche ad un miglio di distanza- 

Risi alla sua battuta. Avevo convissuto con un fratello maschio in casa tutta la vita, sapevo perfettamente a cosa si riferisse.

- Al piano di sotto invece ci sono la cucina e la sala comune-  continuò. La seguii scendendo le scale.

Mano a mano che ci avvicinavamo verso la cucina le voci degli studenti erano sempre più concitate. Si sentivano delle urla e oggetti che andavano in frantumi.

Dovevo aver assunto un'espressione preoccupata perché Daphne si affrettò a rassicurarmi.

- Tranquilla, sono solo Miguel e Roberto - disse indicando la porta della cucina. - Staranno discutendo per l'ennesima volta su quale delle due cucine sia migliore: spagnola o italiana. Ogni giorno fanno i turni per cucinare a tutto il campus e dimostrare chi dei due abbia ragione... non ti consiglio di dare una risposta a meno che tu non voglia infilarti in una faida -

Scrollai le spalle per farle capire che non mi importava. Per quando mi riguardava erano ottime entrambe. Non ero tipo da mettersi a discutere sul cibo finché fosse commestibile.

- Il Wi-fi dovrebbe prendere in tutte le stanze-  continuò. - Ma nella sala comune ci sono gli attacchi lan e la connessione è di gran lunga più veloce. Da quest'anno hanno messo anche a disposizione un paio di computer, ma ti devi mettere in lista se li vuoi usare- 

- Forte - commentai mentre mettevamo piede nella stanza.

Come aveva detto Daphne c'erano un paio di postazioni al computer e dei ragazzi erano seduti al tavolo con una marea di appunti fra le mani. Sembravano molto concentrati nonostante nella stanza ci fosse un caos inimmaginabile. Dall'altra parte infatti c'era un folto gruppo di ragazzi che giocavano a ping-pong ed urlavano come scalmanati ogni volta che uno dei due giocatori parti faceva punto.

- Da quando hanno messo quel coso in questa stanza è diventato impossibile studiare - si lamentò Daphne. Stava guardando anche lei il tavolo da ping-pong.

C'erano un gruppo di ragazze che giravano li intorno come degli avvoltoi in cerca di prede con delle bibite in mano. Ogni tanto una di loro appoggiava sensualmente una mano sul braccio di qualcuno dei ragazzi, ma raramente questi venivano distolti dalla partita.

Quasi scoppiai a ridere quando uno di loro si voltò tanto rapidamente da far cadere della Pepsi sulla maglietta della ragazza che gliela stava porgendo.

- 15-13! -  esclamò quello che doveva essere il giudice della situazione. - ABBIAMO UN VINCITORE -

L'intera massa si sollevo in un grido di gioia mentre tutti si accalcavano verso il giocatore vincente. Per un attimo pensai lo stessero per picchiare ferocemente, ma poi mi accorsi che lo stavano solamente sollevando in aria.

Sentii il mio cuore mancare un battito.

Il giocatore in aria non si era nemmeno accorto della mia presenza.

- Nicholas - mormorai. 

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