Capitolo 3
La mattina seguente mi svegliai con un proposito: provare a me stessa che Lauren Jauregui era soltanto una banale ragazza. Ero convinta che alla luce del mattino avrebbe perso tutto il suo fascino. Non poteva essere così strepitosa come la ricordavo: la mia mente mi stava giocando un brutto scherzo. E appena fossi riuscita a provarlo, avrei potuto voltare pagina. E, già che c'ero, forse sarei riuscita a recuperare un pò di dignità.
Così mi ritrovai all'entrata della scuola tre quarti d'ora prima dell'inizio delle lezioni. Passò mezz'ora e sentii dei colpetti sulla spalla e sussultai.
"Sei tornata!" Era Dinah, raggiante. "Ne deduco che non ti ho spaventata."
Scoppiai a ridere. "Risposta sbagliata: ho pensato che potevo rimanere un altro giorno, prima di ritornare precipitosamente negli Stati Uniti."
"Forza, è meglio che entriamo. Se no faremo tardi a biologia." Mi sentii mancare. Avevo dimenticato che qui il programma delle lezioni cambiava ogni giorno. Chissà se Lauren era nella mia stessa classe di biologia. Stavo per chiedere a Dinah quale fosse il programma quando mi accorsi che le mie mani erano di nuovo intorpidite. Vidi apparire una Golf nera, che fece una brusca sterzata e si fermò dall'altra parte della strada. Lauren aprì la portiera, scese e si buttò lo zaino sulla spalla in un unico, fluido movimento. Poi si sporse oltre il tettuccio della macchina per parlare con la ragazza che stava scendenso dall'altra parte. Era la stessa con cui l'avevo visto il giorno precedente: alta, con i capelli lunghi e mossi. Passarono davanti a me e Dinah. Lei mi passò davanti senza degnarmi di uno sguardo, la ragazza invece mi gettò una timida occhiata per poi accelerare il passo.
Che stronza, commentai tra me e me. Odiavo ammetterlo ma ero gelosa. Quella ragazza era un vero schianto. Non avrei mai potuto competere con lei.
"Terra chiama Camila; rispondi, Camila", disse Dinah schioccandomi le dita davanti al naso. "Ci sei?" chiese a voce più alta . "Oppure sei con una certa signorina Jauregui, alta, capelli neri e scandalosamente bella?"
"Magari... Stanno bene assieme" risposi, invidiandoli un pò.
"Starebbero bene assieme" puntualizzò Dinah. "Però sono sorelle. Non hai ascoltato una sola parola di quello che ho detto." Mi afferrò per un braccio e mi trascinò verso l'ingresso. "Arriveremo tardi, garantito!"
"Sorelle", dissi sulla porta, mentre riprendevamo fiato.
"Esatto, sorelle. Lei si chiama Taylor." Dinah era irritata "Dico sul serio, Camila, senza offesa: lascia stare. Stai perdendo tempo. Lei è una stupida, e ha una personalità nulla. Ora zitta, sshh!" sussurrò, accostando un dito alle labbra prima di aprire la porta del laboratorio di biologia. Ci scusammo con il professore per il ritardo e ci sedemmo accanto. Appena mi resi conto che stava spiegando il sistema linfantico, che avevo studiato l'anno precedente, smisi di ascoltare e ricominciai a pensare a Lauren. Lei che sorrideva appoggiata all'auto; la testa piegata all'indietro, gli occhi verdi scintillanti, pieni di malizia. Scacciai l'immagine dalla mia mente, ricordando a me stessa che stavo cercando di dimenticarla, non di rafforzare i miei sentimenti. Mi sfregai la cicatrice sul collo, che mi prudeva di nuovo. Ultimamente sembrava essersi risvegliata. Prima di allora non mi aveva dato problemi, ma era anche vero che non mi ero mai emozionata tanto per una ragazza. Seguii con le dita la forma circolare e tornai indietro nel tempo, a mia madre. Quella cicatrice mi avrebbe accompagnato tutta la vita, come un doloroso ricordo dell'ultimo giorno passato insieme.
- FLASHBACK -
Avevo sei anni. Io e la mamma eravamo andate a trovare la nonna, che viveva in una casa di riposo. Ci eravamo divertite un mondo; avevamo giocato e la nonna mi aveva raccontato degli aneddoti di quando mia madre aveva la mia età. Dopo cena eravamo salite in auto, pronte ad affrontare il lungo viaggio verso casa. Iniziò a piovere e presto i tergicristalli faticarono a tenere il parabrezza pulito. Mia madre accese la radio e cominciammo a cantare a squarciagola, inventandoci le parole delle canzoni e ridendo come matte. Poi ci piombò addosso una lastra di metallo e ci fu un rumore assordante, io urlai e svenni. Quando ripresi conoscenza ero in un letto di ospedale, collegata a dei tubi e circondata da macchinari. Mio padre mi teneva la mano.
"Sei tornata da me", disse, con il volto rigato di lacrime. Poi mi raccontò che la mamma era morta sul colpo. Io ero rimasta priva di sensi per diversi giorni. Lei era già stata sepolta prima che mi risvegliassi. Non l'avrei mai più rivista.
- FINE FLASHBACK -
Il ricordo dell'incidente era ancora vivo, dopo anni, ma ormai mi sentivo distante da quell'evento. Rimanevano soltanto la cicatrice, la tristezza di mio padre e il senso di colpa che provavo quando cercavo di ricordare mia madre. Tenevo sempre una sua foto con me, per non dimenticare il suo viso.
La campanella mi riportò alla realtà. Dinah si girò verso di me. "Che lezione hai scelto? Economia domestica o Arte?"
"Arte" risposi, raccogliendo i libri.
"D'accordo, stavolta non siamo insieme. Io vado a fare una torta. Ci vediamo a matematica. Le aule di arte sono in fondo al corridoio; gira a destra e te le ritrovi sulla sinistra."
Annuì e mi avviai verso l'aula di arte con un solo pensiero: occhi verdi.
N/A
Oggi devo dire che sono distrutta, non ho voglia di fare nulla!!!! Però non potevo non aggiornare oggi, anche se è Domenica , non potevo abbandorvi piccoli BLOSSOM. Aumentate giorno dopo giorno, grazie!
-Beezus
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