V
3121.
Per come la vedevo io aver paura non significava essere deboli. Aver paura significava riconoscere i propri limiti di fronte a qualcosa di più grande, qualcosa di sconosciuto e misterioso.
In quel momento mi sentivo come una bambina nel bel mezzo del nulla, una creatura minuscola con le mani legate, bloccata in una prigione di incertezze e dubbi. Sì, avevo paura. Ero terrorizzata. Era come se un mondo nuovo mi si fosse spalancato davanti. Probabilmente me l'ero cercata.
Ma mentre seguivo Derek lungo il sentiero verso casa, i piedi nudi che calpestavano incerti il terreno ghiacciato, pensai che in fondo io non avevo fatto niente, non avevo commesso nessun crimine dal quale essere spaventata. Eppure era così, era quello che provavo.
Mi ha baciata.
Derek, mio fratello, mi aveva baciata. La confusione era talmente immensa che mi stava sommergendo, minuto dopo minuto.
Ormai era scesa la notte e l'unica fonte di luce che avevamo era la candela che Derek teneva puntata davanti a sé, mentre camminava a passo deciso, senza voltarsi mai. Avevo già rischiato di inciampare e scivolare un paio di volte, ma lui non era sembrato accorgersene; o, cosa più probabile, non aveva voluto.
«Non lo farai mai più, Maisie.»
La sua voce, all'improvviso, risuonò nella quasi totale oscurità, facendomi sussultare. Era cadenzata, modulata, come se stesse soppesando ogni parola. Fissai la sua nuca, sollevando lo sguardo, poi la schiena rigida e capii che si stava trattenendo dal fare qualcosa. Come se stesse combattendo un suo istinto interiore, qualcosa che io non avevo mai conosciuto.
«Mi hai sentito?» insistette, schiarendosi la gola.
«Sì» risposi fievolmente. «Sì, ti ho sentito.»
Eravamo giunti a casa. La recinzione che circondava la piccola capanna spiccava nel buio, illuminata dalle lampade ad olio affisse agli spuntoni.
Mi aspettavo che dicesse qualcos'altro, che mi chiedesse scusa, o qualcosa che gli assomigliasse. Ma lui non disse niente, limitandosi a spalancare il cancelletto e a farmi segno di entrare. A testa bassa percorsi il vialetto che conduceva alla porta di casa, cercando di ignorare il gelo e lo sguardo di Derek puntato sulla mia schiena. Un attimo prima di entrare, però, mi bloccai. Dovevo saperlo, era la domanda che mi stava martellando il cervello da quando era successo.
«Perché lo hai fatto?»
Mi voltai a guardarlo, sollevando il mento per dimostrargli che non ero spaventata. Naturalmente, mentendo a me stessa.
«Perché ho fatto cosa?»
Serrai le labbra, le guance incendiate, nonostante il freddo.
«Voglio sapere perché mi hai baciata.»
Mi accorsi che non era disposto a parlare, così lo chiamai, urlai il suo nome, più e più volte, finché sussurrò, senza guardarmi: «Non lo so, Maisie. Non lo so.»
***
Il mio letto era il posto più freddo che ci fosse in casa, stanotte. Era notte fonda e non ero riuscita a chiudere occhio, nonostante ci avessi provato insistentemente. Detestavo i momenti come quello, quando rimanevo vigile a fissare il vuoto o il corvo, fuori dalla finestra, senza sapere cosa fare.
Mi raggomitolai su me stessa, pensando a Derek e a quello che aveva fatto alle mie labbra. Inconsciamente mi sfiorai il labbro inferiore con le dita, rabbrividendo. Non avevo mai provato prima niente di simile. Mi ero sentita prigioniera, prigioniera di un bacio, e sapevo per certo che una parte di questo episodio non mi avrebbe mai abbandonata. Non era stato qualcosa di piacevole, quanto più che altro qualcosa di nuovo ed inaspettato, che mi aveva spiazzata, facendo crollare tutte le mie certezze.
E poi, nel bel mezzo dei miei pensieri, li sentii. Quei passi in corridoio, pesanti, strascicati. Si fermarono davanti la porta della mia stanza e alcuni istanti dopo la maniglia si abbassò; una figura entrò rumorosamente, senza preoccuparsi di svegliarmi. Repentina, mi sollevai di scatto, raccogliendo le ginocchia al petto.
«Che cosa...»
Prima che potessi terminare la domanda una mano raggiunse la mia bocca, bloccandone il suono.
«Sono solo io, Maisie» la voce di Derek sibilò nella penombra della stanza, colpendo le mie sensazioni uditive e facendole vacillare.
«Derek!» esclamai quando lui tolse la mano dalla mia bocca e si sedette sul letto accanto a me, fissandomi con uno sguardo vago.
«Non volevo spaventarti.»
Deglutii nervosamente. «Che ci fai in camera mia a quest'ora?»
Lui scrollò le spalle, sospirando.
Era tutto così strano, quel giorno. Il suo comportamento, il suo sguardo, il fatto che mi avesse baciata.
«Derek, che cosa ti sta succedendo?
Non riesco a capire.»
La sua mano afferrò la mia e la strinse forte, mentre gli occhi neri mi scrutavano con determinazione sotto le ciglia folte.
«Stanno arrivando, Maisie» sussurrò abbastanza piano da farmi dubitare che avesse detto realmente qualcosa. «Cosa?»
«Verranno a prenderti.»
Aggrottai la fronte, percependo l'ansia intrappolarmi il petto.
«Ma di che cosa stai parlando?»
E poi, in quell'istante che non avrei mai dimenticato in tutta la mia vita, Derek si gettò contro di me, spingendomi sul materasso e rischiando di soffocarmi. Tutto si confuse in un'unica macchia scura, mentre le sue mani slacciavano furiose i lacci della camicia da notte. Il suo ansimare prepotentemente mi gettò nel panico più totale.
«Derek!» urlai, bloccandogli il petto con le mani. «Derek, che diavolo fai!»
Lui era sordo alle mie proteste. Aveva uno sguardo di colpo divenuto famelico e continuava a slacciare tutti i nodi, strappandoli quando erano annodati in modo troppo stretto. Non riuscivo a liberarmi del suo peso, era troppo robusto e troppo imponente sopra di me.
«Lasciami andare!»
Non sembrò ascoltarmi, di nuovo.
Mi sollevò la camicia sopra la testa, scoprendomi le gambe e l'addome, il seno. La vergogna mi assalì. Mi aveva già vista nuda, eppure adesso c'era qualcosa di diverso, qualcosa che non andava e che mi stava terrorizzando.
Con un ginocchio mi allargò le gambe e io sentii il freddo colpire la mia parte più sensibile e provocarmi un brivido potente. «Derek...» sussurrai ancora, terrorizzata. Lo colpii con tutta la forza di cui ero provvista, facendomi scudo con le ginocchia e con le mani, ma tutto sembrò essere inutile. Come animato da una furia animalesca, Derek mi afferrò il viso e mi baciò, ancora, affondandomi la lingua nella bocca e rischiando di soffocarmi. Per qualche istante mi mancò l'aria. Poi, quando gli morsi la lingua, lui si staccò, fissandomi con uno sguardo acceso di una sensazione ignota, spaventosa. Per la prima volta ebbi paura davvero.
Avvertii qualcosa di duro premere contro le mie cosce e, contro la mia volontà, mi ritrovai esposta, completamente, al suo sguardo. Qualcosa lo animava come fosse una bestia, mentre si chinava sopra di me e sibilava le parole che sarebbero rimaste impresse nella mia memoria per sempre.
«Stanno arrivando. Morirai, Maisie, per questo devo farti provare qualcosa, qualcosa che non hai mai conosciuto. Devi concedermi la cosa più preziosa che hai. Ti prometto che ricorderai questa notte in eterno.»
Non ero una stupida, sapevo esattamente cosa significasse. «Sei un pazzo. Lasciami, adesso.»
Eppure, nonostante la consapevolezza, non fui abbastanza forte da fermarlo.
La sua bocca si avventò sui miei capezzoli, torturandoli fino allo stremo e io gemetti, buttando indietro la testa e reprimendo le lacrime. Strinsi il lenzuolo con le dita, sbiancandomi le nocche.
«Derek, fermati...»
«Non ci riesco, Maisie» ruggì, divorato dall'eccitazione.
«Mi dispiace.»
E poi, mentre gli occhi scuri del corvo mi fissavano dalla finestra, condividendo la mia disperazione, Derek affondò con violenza dentro di me.
Riempiendomi, aprendomi, schiudendomi.
Diventai schiava, prigioniera, ricordando le parole della gente del villaggio.
E capiii, con un grido che mi rimase intrappolato in gola, che la stessa sorte di mia madre era toccata anche a me.
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