Schiava.

Erano trascorsi milleduecento anni dalla rinascita dell'Inquisizione. Prima di allora la gente l'aveva creduta estinta, sepolta per sempre. Si credeva che se ne sarebbe letto solo nei libri di storia, come era sempre stato da quando era stata spodestata, tanto tempo prima. Nessuno sospettava o si aspettava che sarebbe tornata a tormentarci. E invece fu quello che accadde.  

La nuova inquisizione si lasciò alle spalle migliaia di vittime, per lo più giovani fra i quattordici e i venti anni, giovani che non seppero difendersi, che non furono in grado di combattere.
Catturarono anche me. Mi spezzarono le mani. Era il 2121, avevo quattordici anni e mi spezzarono le mani, per evitare che fuggissi.

Avevo sopportato in silenzio, per quasi sei anni, rannicchiata nella mia cuccetta di metallo, con il persistente odore di fumo e muffa che mi era penetrato talmente a fondo nelle ossa da essere diventato un tutt'uno con il mio corpo.
Mi avevano condannato per eresia. Stregoneria, per essere esatti.
Perché pensavano fossi il frutto di una fornicazione con il demonio, e non si azzardavano a uccidermi solo per il timore che il mio presunto padre potesse vendicarsi su di loro. Per questo  decisero di tenermi prigioniera, non sapevo per quanto tempo ancora. Ma la mia pazienza era arrivata al limite. Avevo bisogno di aria, di luce, di tornare a vivere.
Per tutti quegli anni avevo cercato un modo per fuggire, avevo provato qualunque cosa, ma quella cella sembrava essersi affezionata a me tanto da non volermi lasciarmi andare.

Dovevo sperare in un aiuto dall'esterno.
Non sapevo se sarebbe mai arrivato.
Ma ne avevo bisogno.
Mi sarei vendicata, se non lo avessi ottenuto.
Perché ero la figlia dell'inferno e l'inferno, prima o dopo, si vendica.

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