III. Niall, please

Harry ha dormito molto bene – considerando la situazione generale – e la rabbia è sfumata in una nuvola nera. Non può affermare di essere un raggio di Sole sorridente e dispensatore di gioia, ma i suoi pensieri non impazzano più all'interno della sua mente e ha un piccolo sorriso stampato sulle labbra.

È un inizio.

Liam e Niall si alzano dal letto sempre prima di lui. C'è solo una mattina, nella memoria di Harry, che si distingue dal resto della lista, l'unica in cui Niall si sia svegliato ore più tardi rispetto al riccio – ma la sera prima aveva vomitato, come durante il resto della notte, quindi Harry non crede di poterla davvero considerare valida.

Entra in cucina con l'intenzione di abbracciare Niall e di chiedergli scusa, perché riconosce di aver esagerato a sua volta, ma percepisce una strana atmosfera l'attimo subito dopo essere entrato nella stanza.

Harry trova il biondo arrampicato su una sedia e Liam accanto ai fornelli, con le braccia incrociate: una scena inquietante.

«Oh! Si è svegliato, finalmente!» Niall si sporge per tirargli una pacca, ma, quando comincia a barcollare pericolosamente, desiste e torna immobile.

Harry si guarda intorno, confuso. «Che—Ehm... Che succede?»

«Aspettavamo il tuo arrivo, perché ho una notizia molto importante da comunicarvi.»

«Paroloni difficili. Deve essere davvero importante.»

«Zittu, tu» Liam dice e lancia un mestolo contro Niall; il biondo muove con uno scatto la testa in avanti e scompare.

Harry cerca di bloccare l'oggetto prima che possa cadere a terra ma, ovviamente, non ci riesce. Sospira seccato e lo lascia dov'è, andando a sedersi al tavolo. «Cosa devi dirci?» chiede, afferrando una brioche dal cestino poggiato al centro della tovaglia.

Liam guarda prima uno e poi l'altro, grattandosi il mento con fare cospiratorio. Harry detesta quando lo fa; sa di essere il capo e sembra che lo diverta molto comportarsi di conseguenza. Poi si schiarisce la voce e «Questo pomeriggio, avremo ospiti» annuncia.

Niall e Harry si guardano. Non hanno avuto contatti col mondo esterno da quando i poteri si sono manifestati e quegli agenti in nero – russi, o americani, o chissà che altro – sono andati a prelevarli dalle rispettive abitazioni. Dopo essere stati affidati a Liam, non hanno avuto il permesso di andare da nessuna parte, se non in giardino a prendere una boccata d'aria. Sotto un certo punto di vista, è come se fossero prigionieri. L'idea di una visita dovrebbe rallegrarli, invece sono entrambi preoccupati.

Harry più di Niall: comincia a sentire l'ansia salirgli lungo la schiena, in invisibili tentacoli maligni pronti a stringerlo in una morsa mortale.

«E—Chi saranno? Insomma—»

«Ah. Non ho intenzione di dirvelo. Lo scoprirete quando sarà il momento opportuno.»

«Ma a che ora arriveranno?»

«Penso verso le quattro, o le cinque. Chi lo sa. L'importante è che arrivino.»

Niall scrolla la testa e si alza in piedi. «Alt. E ci lasci ad aspettare così? Senza darci nemmeno un piccolo indizio?»

«È qualcuno che conoscete.»

Per un attimo, Harry viene assalito dal timore che si tratti di sua madre. Ma – mmh – la sua famiglia non ha il permesso di vederlo, finché non sarà completamente addestrato. E hanno tipo paura di lui, quindi... Non l'hanno dimenticato, però non avevano nemmeno inserito un figlio con poteri soprannaturali nella lista dei desideri.

A quanto pare succede e basta: un giorno stai dormendo, o camminando, e puff! Ti ritrovi invaso da quelle che sembrano scosse elettriche e finisci a gambe all'aria senza rendertene conto. Ti svegli e la tua famiglia non c'è più e innumerevoli sconosciuti ti riempiono la testa di informazioni assurde. Le tue mani cominciano a controllare gli oggetti che ti circondano e in poco tempo la tua stessa mente è in grado di farlo e rischi di uccidere gli esseri umani intorno a te solo con un semplice sguardo sbagliato o con il sopravvento della tua stessa paura.

Esilarante.

Dovrebbe sentirsi fortunato, visto che sono pochi – pochissimi – gli umani dotati di poteri, ma, per la maggior parte del tempo, lo fa solo star male. Fa parte di quel ridotto gruppo di individui destinati a distinguersi dalla massa come supereroi, o come supercattivi; lo aspetta un futuro fatto di lividi, mal di testa, sacrifici e pseudo immortalità.

Ancora non ha deciso se gli va bene o meno.

Non rivedrá mai piú la sua famiglia. Non sa come puó esserne cosí sicuro, ma non importa: lo sente, chiaro e inamovibile, in ogni minuscola parte del suo corpo.

Perché tutto questo dovrebbe andargli bene?

«Harry, ci sei?»

Harry sbatte le palpebre e si accorge di Niall, di fronte a lui, che sta agitando le mani per richiamarlo alla realtà.

Che cosa non ha ascoltato?

«Ci sono, ci sono.» Scaccia Niall. «Qualcuno che conosciamo?»

«Esatto.»

«Non puoi dirci altro?»

«No, se no che gusto ci sarebbe? Lo scoprirete presto.» Liam si volta per scostare un padellino dal fuoco. «Potete resistere qualche ora, no?»

«No.»

«No

«Perfetto. Ora mangiamo e basta con le domande.»

Sia Harry che Niall si sforzano di fare come ordinato. Non sono più in fase guerra aperta. Anzi, potrebbero già aver fatto pace. Però non parlano; consumano il loro pasto lentamente e lanciano sguardi furtivi a Liam, per cogliere anche solo un leggero tentennamento da parte sua. Ma Liam non fa niente. Se ha detto che terrà la bocca chiusa, niente e nessuno riuscirà a fargli cambiare idea – anche se è palese che si sta facendo delle grasse risate alle loro spalle.

Una volta terminata la colazione, Niall si getta sul divano a leggere un fumetto e Harry si occupa di ripulire il tavolo. Non lo sta facendo per ottenere qualche dettaglio da Liam, davvero. Potrebbe anche esserci quello tra i suoi motivi, ma vuole principalmente aiutare la persona che si prende cura di loro con tanta dedizione.

Ah. Divertente.

Solo che Liam tace e lui se ne torna in camera sua sbuffando.

I primi giorni, ha dovuto convivere con Niall perché era ritenuto fondamentale all'instaurazione di un buon rapporto di fiducia tra loro due. Ora, invece, hanno una stanza ciascuno e Harry è sempre immensamente sollevato nel non trovare indumenti, cibo o altre cose disseminate ovunque. E ha anche una certa libertà: può fare quello che vuole senza dover tenere a mente che c'è un'altra persona, con lui. Vuole girare nudo? Lo fa. Vuole attaccare poster di Louis dappertutto? Lo fa. Vuole attaccare una foto di Niall alla parete e giocare a freccette? Lo fa.

No, ok, non lo fa. Perché, per quanto abbiano un rapporto complicato e costituito per la maggior parte da litigi, crede di volergli bene.

Harry si avvicina al suo letto strisciando i piedi. È stanco, anche dopo aver abbondantemente dormito, per questo chiude gli occhi. Non hanno nulla di programmato, quindi tanto vale approfittarne.

«Haz!»

Come non detto.

Quasi casca dal letto nell'udire il suo stesso nome da troppo vicino. Niall appare sopra di lui, in una posizione che gli fa andare a fuoco anche la punta delle orecchie, e lo guarda con un sorriso a trentadue denti.

«Oddio! Che cavolo ci fai qui!?»

«Mmh. So attraversare i muri, tipo?»

Harry si allontana, spingendolo di lato. «Ma non mi dire. Sai, io sono ancora per l'umano metodo che comprende il bussare.»

«Nah, noioso.» Il biondo si mette in piedi e saltella sul materasso. «Ho una cosa fantastica da dirti.»

«No.»

«Ma—»

«Qualunque cosa sia, è no.»

Niall si ferma e mette il broncio. «È davvero importante.»

«Sì, come quella volta che mi hai trascinato fuori casa perché avevi trovato un cucciolo "davvero adorabile", che invece si è poi scoperto essere un ibrido che per poco non ci ha fatti fuori entrambi."

«Quante storie! Liam ha risolto la situazione.»

«È no comunque. Esci.» Harry indica la porta con un gesto secco e aspetta che l'altro se ne vada.

L'espressione di Niall passa dalla tristezza all'irritazione; il secondo dopo, è sparito senza lasciare tracce e Harry lo insulta mentalmente.

«Tanto perché tu lo sappia, riguarda la grande sorpresa.»

Harry si blocca con un piede sollevato. L'accento di Niall riecheggia per un po' nella stanza, poi svanisce.

Doveva immaginarlo. Liam è furbo, ma si ostina a lasciare il proprio ufficio privo di sistemi di allarme perché si fida di loro – perché vorrebbe fidarsi di loro. Soprattutto di Niall. A Harry non frega niente di curiosare in giro, mentre il biondino ha una vera e propria fissazione per il ficcare il naso dove non gli riguarda. Una volta ha confidato a Harry di farlo anche per addestramento personale: se Liam è nei paraggi, finge che sia un nemico da sconfiggere e ingannare.

Il più piccolo fa dietro marcia ed esce dalla propria stanza. Si guarda intorno, poi «Ok, ti ascolto» dice, a bassa voce.

«Ah, sapevo che avresti ceduto.»

Harry balza di lato quando Niall compare alla sua sinistra.

Dio... Perché non ha sviluppato il suo stesso potere.

Si passa una mano tra i ricci e sbuffa. «Cosa hai scoperto?»

«Vieni» il biondo sussurra, muovendo una mano e cominciando a dissolversi.

«No. Io non posso sparire, ricordi?»

«Prova a volare?»

Harry assottiglia lo sguardo e si trattiene dallo strozzare l'amico. «Devo anche risponderti?»

«Ok, aspetta qui.»

L'attimo dopo, Harry si ritrova da solo, solo e con il terrore che Liam possa comparire da un momento all'altro e ucciderli entrambi. Lui sarebbe il primo a morire, perché Niall sa sparire – il bastardo. Per questo comincia a valutare l'idea di tornarsene in camera sua e di aspettare che sia Liam a rivelare quel che c'è da rivelare.

Ma la curiosità... La curiosità, stupida e incontrollabile debolezza umana, è irresistibile.

'Fanculo Niall e le sue idee, davvero.

Harry aspetta per quelli che non devono essere neanche cinque minuti, poi l'irlandese torna da lui, con un sorrisino a trentadue denti stampato in faccia.

«Via libera» Niall bisbiglia. «Andiamo.»

L'ufficio di Liam non è distante dalle loro camere: basta arrivare in fondo al corridoio, svoltare a destra e aprire la terza porta sulla sinistra. Ovviamente, non è un'azione così semplice come puó sembrare, perché: punto uno, in casa loro non entra nessuno senza che non si accendano tre – o quattro – sistemi di sicurezza; punto due, non si riesce a muovere un passo senza che vengano attivate delle trappole, come le chiama Liam – e di cui Harry non conosce la natura; e, punto tre, non si arriva vivi alla stanza, perché semplicemente non è possibile. Non c'è nessun codice da inserire, niente impronte digitali o riconoscimento facciale, per entrare nell'ufficio, ma in tanti, troppi, anni nessuno è mai riuscito ad arrivarci vivo, secondo quanto è stato loro assicurato.

Quindi le ipotesi non sono molte.

«Ni» Harry sussurra. L'altro ragazzo non sembra averlo sentito – o forse lo ignora di proposito –, perciò il riccio lo chiama una seconda volta, irritato. «Niall

Niall lo guarda da sopra la spalla, senza smettere di camminare furtivo nel corridoio. «Che c'è?»

«Come pensi di entrare? Non credo che tu voglia sfondare la porta, quindi devi aver recuperato la chiave.» O averne fatta una copia...

Il biondo sbuffa. «Perché devi sempre rendere tutto così complicato? Non ho fatto niente del genere: ho aspettato che Liam lasciasse il suo ufficio e sono corso a chiamarti.»

«E credi che sia aperto?»

«Non lo credo: lo so.» Così dicendo, Niall si ferma di fronte alla porta prescelta. «Deve essere andato in bagno, o a fare qualcosa che non gli richiederà molto tempo, perché non ha chiuso a chiave.»

Harry sbarra gli occhi; le cose semplici non gli sono mai piaciute e mai gli piaceranno. «Quindi è aperta?»

Niall gli rivolge un ghigno e abbassa la maniglia. «Direi proprio di sì.»

Harry resta qualche istante sulla soglia della stanza, incerto, gli occhi fissi sulla schiena del biondo, che entra senza un briciolo di timore. Lo guarda dirigersi verso la scrivania e cominciare tempestivamente a toccare, spostare e controllare tutto ciò che ne ingombra la superficie.

È sempre lei a smuoverlo dal torpore, spingendolo ad avanzare, chiudersi la porta alle spalle e raggiungere Niall: la curiosità.

Muore dalla voglia di scoprire che cosa Liam sta nascondendo loro.

Afferra un mazzo di buste, tenute insieme da un elastico, e comincia a guardare il contenuto di ognuna.

«Cerca di rimettere tutto esattamente nello stesso punto in cui l'hai trovato, così Liam non sospetterà nulla» si raccomanda Niall, sfogliando dei documenti ordinatamente sistemati in un raccoglitore.

Harry annuisce.

Nessuno dei due si sofferma troppo a lungo su un determinato foglio: una volta compreso che non è ciò che stanno cercando, passano al successivo. A loro interessa solo scoprire le identità degli individui che presto busseranno alla porta di casa. Non vogliono ficcanasare eccessivamente negli affari di Liam... Scoprire chi saranno i loro ospiti, frugando nell'ufficio del maggiore, è ficcanasare, ma è qualcosa che li riguarda direttamente e sul quale ritengono di avere dei diritti, ecco.

L'umore di Harry peggiora man mano che la carta consultata aumenta e il tempo diminuisce. È questione di attimi prima che Liam ritorni. Cerca di accelerare il ritmo e di concentrarsi, ma comincia a sudare; i fogli sembrano tremare nella sua presa. Si impone di restare calmo, di non agitarsi e di non rischiare nessuna pazzia improvvisa. Il respiro entra ed esce; combatte per mantenere un briciolo di lucidità.

Passano un altro paio di infiniti minuti, prima che una cartelletta – una delle tante cartellette di Liam – si abbatta sulla scrivania, sfuggendo alla presa di Niall. Harry si volta di scatto, spaventato dal tonfo, e guarda l'amico, fermo, immobile, a una prima occhiata incapace di respirare, che fissa con gli occhi sbarrati l'oggetto, ora aperto e con alcuni fogli sparpagliati al di sopra.

«Merda» Niall dice.

Harry stacca gli occhi da lui e si sporge sul contenuto della cartella, restando all'istante senza fiato. Se prima il respiro cominciava a mancargli, ora ha deciso di andarsene del tutto, lasciandolo in procinto di svenire. «Oh, merda» sussurra a sua volta, afferrando il primo foglio e avvicinandolo al volto, quasi nella speranza di aver visto e letto male. Ma no: non ci sono errori, né dubbi. «Merda» Harry ripete, questa volta sibilando tra i denti.

Niall non da segno di riuscire a muoversi, curvo sul materiale che deve averlo ridotto nel primo stato di shock della sua vita.

Poi un quadro si stacca improvvisamente dalla parete; il chiodo cui era appeso salta via con lui.

Harry scatta all'indietro e questo sembra sufficiente a far sì che Niall torni in sé. Si volta verso il riccio e solleva entrambe le mani, come nel gesto di calmarlo, quasi avesse di fronte una bestia feroce invece del suo – unico – amico.

«Haz, fermo. Respira e non lasciar andare la presa sul quadro... Se rompiamo anche quello, è certo che Liam ci ammazza di certo. Specie perché ci siamo intrufolati nel suo studio.»

A Harry tremano le labbra. «Ma i-io—Non lo sto controllando. Io—»

«Devi essere sconvolto, o comunque una qualche emozione sta prevalendo sul tuo autocontrollo» spiega a bassa voce Niall. «Devi calmarti, prima di mandare gambe all'aria l'intera stanza. Guarda il quadro e rimettilo al suo giusto posto, senza paura.»

«I-Il... Il c-chiodo, Ni.»

Niall gli rivolge uno sguardo confuso, poi capisce cosa intende e annuisce; gira intorno alla scrivania e recupera il chiodo. Lo rimette nel muro, poi guarda Harry, bloccato su gambe che sembrano sul punto di cedere e con gli occhi strabuzzati verso quello stramaledetto quadro. Gli dispiace gettare altra benzina sul fuoco, ma «Devi incastrarlo nel muro» dice.

L'espressione maggiormente shoccata di Harry è la risposta che si aspettava.

«Lo so, lo so» si affretta Niall, cercando di mostrarsi quanto più fiducioso possibile. «Usa le mani. Mantienilo in aria con il loro aiuto e, nel mentre, occupati del chiodo.»

Potrebbe tranquillamente pensare lui a tutto, ovvio. Il dipinto – l'orrendo dipinto, a essere onesti – non è caduto a terra; è rimasto a fluttuare sotto un qualche controllo involontario di Harry, quindi nessun rumore può aver attirato l'attenzione di Liam. E al chiodo basterebbe solo un pugno ben assestato. Ma. È un'occasione perfetta per indurre Harry all'allenamento, ora che si trova in una situazione di pericolo – perché di pericolo si sta parlando: Liam li strozzerebbe con le sue mani.

«Non so se ce la faccio.»

Provaci. «Fallo.»

Harry prende un profondo respiro, cercando di calmarsi, e solleva poco convinto le mani. Niall vede le vene ingrossarsi sul suo collo. Il quadro sobbalza appena e sembra sul punto di precipitare, ma resta sollevato da terra e il chiodo si incastra nel cemento, quasi un'improvvisa e potente folata di vento l'avesse investito. Harry distoglie gli occhi e li punta sull'altro oggetto, la cui difficoltà sta nel fatto che è di dimensioni maggiori e il riccio non è mai in grado di portare a termine l'obbiettivo quando si tratta di spostare o far levitare per un lungo periodo.

È più bravo a far esplodere le cose e a infierire su di loro, vorrebbe precisare Niall.

Il dipinto inizia a spostarsi verso di lui. Traballa e la fronte di Harry è imperlata di sudore per lo sforzo. Quando mancano una decina di centimetri affinché raggiunga il muro, il quadro sobbalza e si abbassa all'improvviso. Niall scatta per afferrarlo, ma si ferma appena accortosi che è di nuovo in una sorta di equilibrio... Precario. Solleva lo sguardo su Harry e lo trova con le lacrime agli occhi, implorante.

«Haz, riportalo in alto. Puoi farcel—»

«Niall, ti prego» sussurra Harry. «Ti prego: afferralo. Ti supplico.»

Niall riflette su quella supplica. Non sta cercando di torturare Harry, ma il riccio lo guarda come se fosse in agonia, gli arti tremanti e una prima lacrima che gli cola sulla guancia destra. Quindi sospira. «Lo farò solo dopo che lo avrai riportato in alto» dice. «Forza.»

Harry geme e solleva le mani con uno scatto, inclinandole appena verso l'esterno. Il quadro gli risponde, prendendo a muoversi verticalmente con assoluta precisione. Non traballa, in alcun modo. Niall aspetta che sia all'altezza giusta, poi lo prende, sottraendo Harry allo sforzo mentale.

E un sorriso gli dipinge il volto.

Deve trattenersi per non saltellare di gioia e urlare.

Rimette prima il quadro al suo posto, poi si avvicina a Harry, prendendogli le mani tra le sue. «Harry. Non ha tremato. Hai—L'hai riportato in alto» dice, cercando di mantenere un tono di voce basso.

«Non riuscivo più a controllarlo... Era come se stessi andando a fuoco e—Stava cercando di sfuggire al mio controllo, quasi fosse stato vivo e dovesse battermi a una specie di tiro alla fune» piagnucola Harry, asciugandosi gli occhi. «Volevo davvero farlo, ma era insopportabile... Era—»

«Haz, tranquillo. Perché non riesci a essere felice del traguardo che hai appena raggiunto?» Niall si sta dimostrando stranamente calmo. Vorrebbe prenderlo a sberle e strillare e fargli notare che il quadro non ha traballato! «Prima che tu te ne accorga, riuscirai a staccare dal muro tutti i quadri della casa e a rimetterli a posto con la sola forza della mente.»

«Certo» sussurra Harry, ironico. «Come no.»

Niall percepisce le sue guance gonfiarsi e diventare rosse; non si tratta di imbarazzo, ma di nervosismo e collera e «Non osare rispondermi con quel tono» ringhia, ricordandosi poi di dover mantenere la voce bassa. Si tappa la bocca con entrambe le mani, guardandosi intorno, poi riprende tra le fessure delle sue dita intrecciate. «Lascio cadere il discorso solo perché non c'è tempo, ma non finisce qui.»

Harry non dice altro e si stringe nelle spalle.

Come se il fatto appena accaduto – in quelli che a essere onesti non devono essere stati nemmeno cinque minuti – perdesse d'improvviso rilevanza, i due ragazzi si ricordano del reale motivo per cui si trovano nell'ufficio di Liam. Si fissano, aprono bocca entrambi, la richiudono e si precipitano sopra la scrivania, afferrando nello stesso istante la nuova cartelletta – nuova, perché non l'hanno mai vista, né abusivamente, né per spontaneo volere di Liam; il maggiore deve averla riesumata da uno qualunque dei mille cassetti nella stanza, giusto perché al suo interno si nascondono informazioni diventate ora utili.

Certo: tutto riguardo i misteriosi ospiti.

Niall definirebbe la situazione esilarante; Harry solo terrificante.

«Ok, ragioniamo» rompe il silenzio il biondo. «Direi che è una buona notizia, no? Penso che chiunque pagherebbe per conoscerli.»

Harry sgrana gli occhi e lo guarda come gli fossero spuntate due teste. «Una buona notizia?! Io direi piuttosto orribile.»

«Dai, Haz.» Niall sghignazza e gli rivolge un sorrisino di quelli che chiunque odia vedersi rivolgere, perché ti prendono palesemente in giro e ti fanno sentire un idiota, come se qualsiasi cosa dicessi non avesse davvero rilevanza. «Tu muori all'idea che siano loro i nostri misteriosi ospiti. O meglio... Muori all'idea che ci sia lui

«Non è vero.»

«Sì che è vero.»

«Non. È. Vero.»

Niall alza gli occhi azzurri su Harry, facendo scivolare con fare subdolo la cartelletta davanti a lui. «È vero.»

Il riccio sa che non dovrebbe cascarci – che non dovrebbe abbassare lo sguardo; sa che Niall sta solo cercando di dimostrare l'ovvio. Vorrebbe voltarsi e uscire dalla stanza solo per non dargli nessuna soddisfazione. Ma a che servirebbe.

Viene catturato dalla foto come da una calamita.

Lo scatto è la prima prova all'interno della cartella, il primo indizio per risolvere il grande mistero di Liam; è la prima e unica cosa che Harry e Niall hanno visto. Sotto di esso sono stati riportati in matita un giorno e un orario, frettolosamente, quasi si trattasse di un appunto. La data corrisponde al giorno attuale e l'orario a quello che Liam ha riferito loro. Non serve altro. Li ha lasciati senza parole dieci minuti prima come sta facendo ora con Harry. Vorrebbe prenderla, metterla da parte e consultare il resto dei fogli, ma non ci riesce. È come se l'immagine stesse esercitando una forza su di lui, impedendogli di distogliere l'attenzione.

Ci sono Louis e Zayn, nella foto. Quei Louis e Zayn. Sembrano normali, con un braccio rispettivamente intorno alle spalle dell'altro, pollici alzati in segno di saluto, enormi e allegri sorrisi, capelli mossi dal vento e occhi pieni di spensieratezza fissi nell'obbiettivo. Louis indossa una semplice maglietta a righe e Zayn una canottiera nera. Non ci sono ondate d'acqua che sbucano da sotto i piedi di Louis o fiamme che esplodono intorno a Zayn. Non c'è nulla: ci sono solo loro. Ci sono loro, il cielo, gli alberi alle loro spalle e quella che sembra la sconvolgente normalità. La foto deve essere stata scattata in un raro momento di pace. Insomma... Harry non pensa di averli mai visti così. Sembrano Niall e lui, due ragazzi normali all'interno di uno scatto da conservare e rivedere e—Ok, no. Errore. Nemmeno loro possono più definirsi normali. Diciamo che Louis e Zayn sembrano due comunissimi amici che hanno deciso di farsi scattare una foto, giusto per immortalare il momento.

Ma sono Louis e Zayn. Sono indubbiamente loro.

Harry non sa perché si stia concentrando sull'irrealtà della foto. Forse per distrarsi dal vero problema, per impedire a se stesso di doverlo fronteggiare e accettare. Perché non può accettarlo, giusto? Non può proprio accogliere con un sorriso questa novità e mettersi a saltellare tutto contento, impaziente di avere a che fare personalmente con quelli che tutto il Mondo chiama Leggende. Non lui, un ragazzino impacciato e incapace di gestire il proprio potere senza rischiare ogni volta di fare del male a se stesso o a chi gli sta intorno. Non nella condizione in cui si trova, soprattutto: innamorato di uno di loro.

Oddio... Si tratta proprio di quello? Amore? Forse più attrazione, roba da adolescenti, da perdere la testa per qualcuno che non hai mai nemmeno incontrato di persona; più un qualcosa di fisico, che ti prende ogni centimetro del corpo e che ti scuote con tutta la sua forza; che ti blocca il respiro e che ti fa sentire terribilmente confuso; che ti fa desiderare, bramare, sognare.

Louis Tomlinson è tutto questo.

Harry sospira, sconfitto, e solleva gli occhi dalla foto. Niall ancora lo sta guardando, col capo inclinato di lato e il suo immancabile sorriso. «Già. È vero» ammette il riccio, e chiude seccato la cartelletta.

Il biondo annuisce soddisfatto e mima un applauso. «Ma che bravo, Haz. Sei stato proprio—» Si zittisce di colpo e volta di scatto la testa verso la porta chiusa. L'unico suono percepibile, è quello dei loro respiri. Poi sgrana gli occhi e sbianca. «Porca troia.» Niall si affretta a chiudere la cartella e a rimetterla esattamente dove l'hanno trovata, in cima alla pila di scartoffie sulla destra della scrivania. «Cazzo. Cazzo. Cazzo» ripete, asciugando i palmi sudati delle proprie mani sui jeans.

«Ni, che—Ugh.»

«Zitto, idiota» Niall sibila, premendo maggiormente la mano sulla bocca di Harry. «Ascolta.»

Il riccio fa come ordinato e tende le orecchie; sente la voce di Liam, intento a parlare al telefono, avvicinarsi sempre di più. Il panico gli attanaglia le viscere.

Un gemito sfugge dalle labbra di Harry e Niall lo lascia andare, agitando le mani e cominciando a guardarsi freneticamente intorno. «Fammi riflettere» dice. «Penso di avere un'idea, ma tu devi stare calmo e fidarti di me.»

«Che genere di idea?»

«Una che ci concederà solo una manciata di secondi, se siamo fortunati.»

«Ma di che cavolo stai parlando?»

Il biondo non gli risponde e comincia a massaggiarsi le tempie, a occhi chiusi. Conosce discretamente ciò che vuole fare, perché l'ha già tentato un paio di volte e con successo, più o meno. L'unica differenza, è che in quei casi si trattava di oggetti, mentre ora ha a che fare con Harry, un essere vivente. Sa che questo puó interferire in molti modi, ma vale la pena provarci... Potrebbe sempre scomparire e levare il disturbo, ma Harry ancora non è in grado di volare e non può proprio lasciarlo nei casini dandosela a gambe.

Quindi, tocca a lui.

«Ok, voltati.»

«Niall, che—»

«Per una volta, fa' quello che dico senza protestare. Ti prego

Harry lo guarda, poco convinto, ma fa come gli è stato ordinato e si volta. Niall mette le mani sulle sue spalle e chiude di nuovo gli occhi. Ha bisogno di concentrarsi e che Harry si calmi, in modo da non avere interferenze di nessun tipo. Cerca di immaginare la propria agitazione come una bolla chiusa all'interno del corpo; la focalizza come qualcosa di vivo, che dolcemente abbandona il suo organismo e si dissolve nell'aria.

Un altro profondo respiro.

«Harry, quando la porta si aprirà, non fare assolutamente niente, se non cominciare a camminare appena Liam l'avrà richiusa.»

«Ma io—» Harry tenta di protestare, solo che questa volta decide di desistere. «Ok, d'accordo.»

«Stai tranquillo; respira profondamente e fidati di me.»

«Ok, Ni.»

Niall non si ferma troppo oltre a stupirsi del fatto che Harry gli stia dando ascolto. Non ha tempo per farsi occupare la testa da pensieri e stati d'animo diversi dalla calma, la pace interiore, la sicurezza in se stesso e tutte le altre cretinate cui deve aggrapparsi per portare a termine questo trucco senza intoppi.

La voce di Liam si avvicina sempre di più. Ora è vicinissima. È aldilà della porta.

Harry e Niall trattengono il respiro, mentre la maniglia gira.

Liam entra nella stanza, il cellulare sempre attaccato all'orecchio, in attento ascolto di qualsiasi cosa gli stia dicendo la voce dall'altra parte. Harry resiste all'impulso di mettersi a correre, o di desiderare di diventare minuscolo e scomparire. Cerca di restare calmo, come gli ha chiesto Niall, anche quando gli occhi di Liam si staccano da terra e scandagliano la stanza, senza guardare nulla in particolare. Li vede guardarlo, guardare attraverso di lui, e il dubbio gli si insinua improvvisamente nella testa. Che Niall... È mai possibile che—No, non ci crede. Harry abbassa gli occhi sulle proprie mani e quasi sviene nel notare che non ci sono più. Cristo! Le sue mani sono sparite! Sono—Sono invisibili! Ma come... Ok, calma. Deve stare tranquillo e non pensarci finché non saranno fuori dall'ufficio, al sicuro dall'ira di Liam.

C'è tempo per dare in escandescenza.

Harry rialza lo sguardo, giusto in tempo per vedere un Liam sovrappensiero rispondere a una domanda, che gli deve essere stata rivolta, e richiudere la porta alle sue spalle. Ecco il momento che gli ha indicato Niall.

Il riccio comincia a muoversi, perdendo di vista Liam e chiudendo gli occhi nell'avvicinarsi al legno. Non smette di camminare, ma non ha il coraggio di riaprirli. E non lo fa fino a quando Niall lo costringe a fermarsi, strattonandolo da dietro.

Dio. Ha appena attraversato una porta.

Ha bisogno di un test psichiatrico.

Harry comincia a toccarsi le gambe, il busto, il collo, per accertarsi che ogni parte di lui sia al suo posto. C'è una o di stupore dipinta sul suo viso e, nello voltarsi di scatto verso Niall, tutta la tensione da lui scacciata precedentemente, tutto il panico soffocato, esplodono in un'unica onda di energia emotiva. Un quadro si stacca all'improvviso dal muro, uno dei vasi in corridoio si solleva e una porta sbatte, come se una folata di vento l'avesse investita.

Niall strabuzza gli occhi e corre a recuperare il quadro, rimettendolo al suo posto; Harry lascia ricadere il vaso con un tonfo poco rassicurante e un «Oddio» di puro orrore.

Tutto ciò lo manderà al manicomio.

«Tu. Che—Come cavolo hai—Hufh!»

«Shh. Vuoi stare zitto?» Niall ringhia, tappandogli di nuovo la bocca. «Allontaniamoci da qui, prima che Liam ci scopra. E smettila di mettere a soqquadro la casa con la tua dannata mente paranormale.»

Il riccio annuisce e cerca di calmare i battiti del proprio cuore. Segue Niall fin nella sua camera da letto – è troppo provato dagli ultimi eventi per considerare il fatto di essere seriamente in camera di Niall; ha tentato svariate volte di entrarci, per riprendere suoi oggetti personali rubati dal biondo, fargli uno scherzo o per ficcanasare in giro. Appena l'irlandese chiude la porta e ci si appoggia contro, rilasciando un grosso sospiro di sollievo, Harry si lascia cadere a braccia aperte sul letto e chiude gli occhi. La testa gli gira in modo orribile e sta per urlare, lo sente. Sta fottutamente per perdere la testa e mettersi a urlare.

Passano dieci minuti buoni, prima che Harry si decida a spalancare le palpebre; fissa con espressione dura il soffitto, senza alcuna intenzione di mettersi a sedere.

«Tu sai far diventare invisibili altri esseri viventi

Non è una domanda. Niall deve capirlo all'istante, perché si passa una mano sul volto e sospira. «È solo la seconda volta che ci provo. E la prima che ci riesco» spiega. «Riesco ad eseguire questo esercizio con successo solo quando si tratta di oggetti. Ho tentato, solo una volta, con un uccellino... Ero riuscito a farlo posare sul mio palmo, grazie a delle bricioline di pane.» Sorride appena, ricordandosene. «Harry, devo creare un contatto fisico, per riuscirci. Non—Ho provato usando solo la mia semplice volontà, ma non ha funzionato. E l'altra persona, o animale, deve essere in una condizione emotiva favorevole affinché ci riesca. Quell'uccellino deve aver avvertito qualcosa ed essersi spaventato; solo una piccola parte della sua ala sinistra era scomparsa, quando mi ha beccato il pollice ed è volato via. Non ci ho più provato... Non posso controllare gli stati d'animo altrui, per questo mi serviva che tu stessi—»

«Tu riesci a rendere invisibili corpi esterni a te stesso, Niall!» Harry scatta sul materasso, agitando le mani davanti a sé, con quella che sembra una risata isterica sulle labbra. Sta per liberarla, per scoppiare a ridere di ciò cui è appena venuto a conoscenza.

«Non gridare, Haz... Liam—»

«Me ne frego di Liam!» il riccio sbraita. «Lui lo sa, mh? Sa che tu sei in grado di fare questo?!»

Niall lascia di nuovo cadere la testa contro la porta e «Sì, gliel'ho detto appena sono riuscito a far sparire e riapparire una sedia» dice. «Non devi prenderlo come un fatto personale; è solo un qualcosa che sto imparando a fare. Come tu imparerai molto altro se... Se iniziassi ad allenarti di più e a commiserarti di meno.»

«E questo che cavolo vorrebbe dire?»

«Che ho appena salvato il culo a entrambi e il minimo che tu potresti fare sarebbe ringraziarmi e mostrarti felice per me, per i miei progressi, invece che farmene una colpa!» Ora è Niall a urlare. Le guance gli si colorano di rosso, mentre la rabbia comincia a montargli nel petto. Normalmente, è lui quello dalla parte del torto, ma non questa volta. No: questa benedetta volta non ha intenzione di mostrarsi dispiaciuto per qualcosa che non ha fatto. Conosce le difficoltà di Harry e i suoi problemi con tutto – con il Mondo intero –, ma non ha intenzione di sentirsi in colpa per i suoi traguardi solo perché questo potrebbe demoralizzarlo. No. Al Diavolo Harry. «Te la stai seriamente prendendo con me perché sto imparando ad ampliare il mio potere, a esercitarlo su altri oltre a me. Te ne rendi conto?»

Harry non risponde. Si limita a fissarlo, da dove si trova seduto sul letto. La sua espressione è priva di emozioni.

«E non guardarmi così. Prova a dirmi che ho torto! Sono stanco del tuo comportarti come se tutti ce l'avessero con te: Liam può coccolarti quanto vuole, ma io non sono tenuto a farlo.» Niall si stacca dalla porta e muove un passo verso l'amico. «Se tu imparassi a piangere di meno e ad allenarti di più, forse non avresti bisogno di chiuderti in camera ogni volta che rompi un vaso. Le difficoltà sono nella tua stessa testa!»

Il limite viene superato in quel momento. Entrambi se ne rendono conto, ma nessuno dei due dice nulla; ci sono solo occhi accesi d'ira che si fissano implacabili. E tensione, pura e palpabile, che corre per l'intera stanza.

Passa indisturbata attraverso il cerchio trasparente che protegge Niall – un campo di forza perfetto, visibile solo grazie a quel leggero tremolio che distorce la realtà e che solo un occhio attento potrebbe cogliere; si scontra con gli oggetti fluttuanti nell'aria – una scarpa qui, una sedia lì, libri, abiti e addirittura la scrivania –, collegati alla rabbia interiore di Harry.

C'è una grandissima energia negativa tra i due ragazzi, che si spezza nel giro di un secondo, quando Harry si alza dal letto, si dirige verso la porta ed esce, lasciando che i fili invisibili si spezzino e abbandonino la presa su tutto ciò che stavano controllando. Gli oggetti e il mobilio cadono, toccando il pavimento nel medesimo istante, con un tonfo che rimbomba per tutta la camera.

Allo sbattere della porta, Niall libera il ringhio che teneva bloccato nel fondo della gola e, la forza concentrata intorno al suo corpo, parte in una singola ondata che investe la sua stanza. Le coperte sul letto si ribaltano e cadono dalla parte opposta; le tende alle finestre svolazzano, rischiando di strapparsi dal sostegno; libri e fogli volano da tutte le parti. E non gli importa. Non gli interessa nemmeno che dovrà dare una sistemata. Carica nuovamente se stesso. Non cerca di calmarsi o di darsi una regolata, no: rilascia un'onda più potente della precedente e guarda la sua camera mentre viene colpita, ancora e ancora. Alcuni mobili vengono scossi come dall'azione di un terremoto e il lampadario, dopo aver traballato fino al limite consentito, si schianta al suolo con un rumore di vetri rotti.

Le lacrime cominciano a formarsi agli angoli degli occhi di Niall, proprio mentre la porta si spalanca alle sue spalle e un verso sorpreso sfugge dalle labbra di Liam. Lo vede comparirgli accanto e guardarsi intorno. Un «Che cavolo stai combinando?!» basta per farlo tornare in sé.

Il biondo molla un calcio contro una sedia rovesciata lì accanto e punta a passo spedito verso la porta del suo bagno.

«Niall! Mi dici che Diavolo—»

«Fatti i sacrosanti cazzi tuoi, Liam!» urla, sbattendo la porta e chiudendosi dentro a chiave.

Scivola, la schiena premuta contro la superficie fredda, e finalmente le lacrime escono, inarrestabili. Lacrime di rabbia, odio, emozione, senso di colpa, panico... Lacrime che Niall non crede di aver mai versato da quando ha iniziato la sua nuova esistenza.

Da quando l'hanno strappato a forza dalla sua semplice vita di giovane ragazzo irlandese, non una sola goccia era sfuggita ai suoi occhi. Niente era riuscito a colpirlo così duramente da fargli crollare addosso tutto, da fargli perdere il controllo.

Fino ad ora.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top