Somiglianza
- Grande partita, amico! - Simon gli batté la mano mentre aspettavano l'ascensore ancora accaldati dopo la doccia. Tom gli sorrise, ma non poté nascondere un velo di preoccupazione sul viso. Le mani gli tremavano ancora per l'adrenalina della partita, ma non era solo per quello. Il ricordo della sua missione a Boston a recuperare quel video con David era più che mai presente in lui da quando aveva risposto alla mail di quel senatore. Lui la faceva facile. "Vi proteggeremo. Non ci saranno pericoli, avrete una scorta armata" scriveva. Nonostante non fosse né un cecchino né un militare come David era stato, lui guardava al piazzale davanti al senato come se fosse un tiro a segno. E c'era qualcosa di molto più pericoloso di un proiettile che potevano sparare loro addosso e sarebbe stato fatale per chiunque. Bastava una sola puntura di quel siero per finire all'altro mondo. Erano già stati mutati, tutti quanti: lui, Roxy, Liam, Garcia, Ariel, Angela. A lui sembrava quel viaggio fosse un volo di solo andata, dritti verso il patibolo. Chiunque di loro fosse pronto a sacrificarsi, poteva anche farlo per nulla. E se non fossero arrivati al senato vivi per testimoniare?
- Tutto ok, amico? - lo distrasse Simon. Gli piaceva quel ragazzo. Condividevamo molte passioni: il basket, il computer. Era stato un po' come riavere una versione giovane di Michael. Anche se Simon non era Michael, per sua fortuna. Michael non si sarebbe mai sacrificato per loro. Come sempre era scappato, pensando solo a sé stesso, lasciando dietro di sé la solita scia di morti e feriti. Aveva rischiato di portargli via la persona più preziosa che avesse mai conosciuto, questa volta non poteva passarci sopra. Sospirò annuendo non troppo convinto.
- Torni a vedere l'altra semifinale stasera? - chiese Simon cambiando volutamente discorso. Aveva visto parlare animatamente Tom con Roxy, la direttrice della scuola. Chiaramente non poteva dirgli nulla, ma sembrava fosse a chilometri di distanza da quell' ascensore coi suoi pensieri.
- Mi dispiace ho una riunione stasera, non so se finiremo per cena, voi ragazzi mangiate pure senza aspettarmi - disse solo Tom. Simon annuì. L'ascensore si aprì al loro piano e si separarono al pianerottolo. La stanza di Tom in realtà era dall'altra parte, ma era chiaro come il sole dove stava andando Tom, perciò Simon gli fece un cenno di saluto e svanì senza fare domande.
Tom si fermò davanti alla porta di Kathy e fece un profondo respiro: non voleva angosciarla più di quanto non fosse già angosciata, ma difficilmente riusciva a nasconderle qualcosa. Lo aveva sempre letto nell'anima come fosse un libro aperto. In ogni occasione. A volte fingeva di non aver intercettato i suoi pensieri, ma lui non si faceva illusioni. Roxy era preoccupata per lei. Lo era anche lui. Ci mancava solo questa storia della testimonianza in senato. Bussò e senza attendere oltre entrò nella stanza. Guardò quella ragazza seduta sul letto e china sul tablet, per un attimo fu colpito da un déjà-vu. Poi si costrinse solo a sentire il suo profumo spandersi nella stanza attorno a lei: lo adorava dal primo giorno. Molte ragazze portavano lo stesso profumo a scuola, ma addosso a lei si trasformava. Lo trasportava in un altro universo.
Amava ogni singolo aspetto di quella strana ragazza, ogni ispido spigolo, forse soprattutto quelli e quando precipiti così tanto è difficile riprendere quota. Per quanto lo riguardava voleva solo lasciarsi alle spalle tutti i problemi della sua vita e gettarsi in quella storia con tutto sé stesso. Quando erano insieme, il tempo rallentava, perdeva di significato. Si dilatava. Il mondo scompariva. Non si sentiva più in gabbia. Si sentiva solo un ragazzo tra le sole braccia da cui volesse essere contornato, quelle della sua ragazza. A dirlo ad alta voce non gli sembrava ancora possibile. Aveva paura di svegliarsi e scoprire che era stato tutto un sogno.
Kathy alzò gli occhi dal tablet e gli sorrise. La sua tensione si sciolse in un istante. Non serviva essere bianchi e saper leggere la mente per capire che Kathy era eccitata: aveva la stessa faccia di quando scopriva qualcosa. A Kathy piaceva così tanto indagare, sviscerare, svelare, fare luce sull'accaduto. Gli fece segno di sedersi accanto a lei e poi gli passò esultante il tablet. C'era un'ombra che lo fissava da una foto. Nascosta dietro una porta. Riconobbe il logo sulla porta e un brivido gli passò lungo la schiena. Aver vissuto in quel posto, non era la stessa cosa che guardare un video per quanto il video fosse terrificante.
- L'hai mai visto? Non so durante qualche esperimento o le transizioni? - chiese solo Kathy.
- Non è che mi ricordi benissimo, ma mi sembra proprio di no. È una guardia? La guardia che ha ucciso Jacob? - chiese Tom perplesso.
- No, guarda il camice. - Kathy abbassò leggermente la foto.
- Non ho mai visto altri dottori. C'erano alcune infermiere, ma dottori, mai capitato - alzò le spalle Tom. Davvero non capiva dove volesse arrivare.
- Ok, allora guarda questa foto - aggiunse Kathy.
- Questo è George Feltman, la sua lapide, cosa c'entra? - riconobbe Tom. Kathy li mise uno di fianco all'altro.
- No, Kathy non può essere. Feltman era morto anni prima - aggiunse poi il ragazzo studiando le immagini. Kathy sembrava così certa, leggeva tutto il suo scetticismo, ma lei non aveva dubbi. Aveva imparato a fidarsi del proprio istinto nelle indagini.
- Forse ha finto la sua morte - propose Kathy. Ecco perché sembrava così eccitata. La rivelazione era scottante, ma Tom non si sentiva convinto. La foto era parecchio sgranata e l'uomo sembrava aver perso molti capelli.
- Perché dovrebbe averlo fatto? - chiese appoggiandosi esausto alla sponda del letto di Kathy. Una parte di lui era davvero esausto di quella storia pazzesca che suo malgrado gli aveva cambiato la vita. Ricordava bene il giorno che era stato rapito fuori da scuola. Chiuse gli occhi e scacciò quei tristi flash.
- Non lo so - ammise Kathy appoggiandosi di fianco a lui. La ragazza fece scivolare la testa sulla sua spalla nel silenzio della stanza. La valle era ormai tutta in ombra, il sole faceva appena capolino dietro le vette aguzze che si perdevano all'orizzonte. Kathy chiuse gli occhi. Sentiva i pensieri di Tom fluire dentro di lei.
- Dai, faccio solo qualche ricerca tranquilla. Non farò sciocchezze questa volta te lo prometto e non ti dirò nessuna bugia - sussurrò a pochi centimetri dal suo orecchio. Tom sorrise e si voltò verso di lei, quindi le stampò un bacio sulle labbra.
- Vorrei anche vedere! - aggiunse Tom. Scoppiarono a ridere entrambi.
- Dimmi che non tornerai in America - disse Kathy diventando seria. A Tom sembrava quasi di sentire il suo cuore battere per tanto che era vicini.
- Non tornerò in America - rispose Tom. Stava dicendo la verità, Kathy lo sentiva, ma per qualche motivo non ero fiero di quella verità.
- Ok, allora cosa c'è che non va? - chiese Kathy. Non voleva leggere quella risposta dalla sua mente. Fu contenta quando Tom la prese tra le braccia e poi le spiegò. Non si è mai troppo giovani per capire che la vita è ingiusta: a volte la tua fortuna, può coincidere con la sfortuna di qualcun altro. Il fatto che Tom si sentisse in colpa per non avere il coraggio di proporsi per tornare laggiù a rischiare la vita lo rendeva solo più umano.
- So che tieni molto a Roxy - aggiunse infine Tom dopo un attimo di silenzio. Kathy trattenne il fiato. Per una volta fu contenta che Tom non le leggesse nell'anima: il suo rapporto con Roxy era complicato. Capiva che aveva meno tempo adesso che aveva la responsabilità di tutta la scuola, ma in un certo senso rimpiangeva quando era lei stessa uno dei suoi grattacapi. Anche se avevano litigato, più di una volta. Non le piaceva di essere una tra tante, incasellata come un numero, specie da Roxy. Tanto più che ultimamente aveva fatto colloqui a tappeto tra gli studenti e lei non aveva ricevuto nessuna convocazione: un po' si sentiva messa in disparte. Come se lei fosse già nota e quindi data per scontato.
- Roxy è invincibile - disse Kathy schiarendosi la gola.
- Nessuno di noi è invincibile Kathy e lo sai tu meglio di chiunque - sopirò Tom baciandola sulla fronte. Questa volta una pistola o una moto non le sarebbero bastati e questo lo sapevano entrambi.
- Abbiamo una riunione tra poco, ero passato solo a vedere se stavi bene, non so a che ora finisco - confessò Tom.
- Sta tranquillo, io sto bene. So che sei impegnato, ma volevo chiederti un favore? Esiste un modo per verificare la somiglianza tra due volti? – ruppe gli indugi Kathy.
- Kathy, Kathy... - Tom sorrise sospirando. Non cambiava mai, procedeva come un treno in corsa diretta verso l'orizzonte. Anche se non l'avrebbe mai confessato ad alta voce, questa parte di lei l'aveva sempre stupito e meravigliato positivamente.
- So benissimo che hai già controllato e che sai che esiste - aggiunse poi lui. Kathy arrossì per un istante poi voltò i suoi grandi occhi grigi contro di lui pregandolo con uno sguardo implorante.
- E va bene, ma solo perché ti voglio bene. Però non so quando riesco - ammise pensando preoccupato alla sua agenda. Non era qualcosa di così semplice come Kathy immaginava. Non poteva improvvisarlo, doveva cercare il programma giusto.
- Niente pressioni. Promesso. Quando riesci. Mi farò perdonare con un mare di baci, tanto se non ti muoverai di qui abbiamo tempo - lo tentò Kathy. Tom non si fece ripetere l'invito e si prese un meritato anticipo, gustandosi ogni momento. Gli dispiacque molto salutarla, ma non poteva tardare alla riunione. Quando salutò Kathy e richiuse la porta dietro di sé, si voltò indietro. Lui conosceva il nemico più di qualunque altro in quella scuola: l'aveva visto in azione. Doveva pur esistere un modo per sfuggire al radar degli uomini della Humans Holding? Perso nei suoi pensieri si avviò in corridoio diretto verso i piani superiori.
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