Sito B
C'era molto silenzio su quell'elicottero. Roxy cercava di respirare lentamente nel sacchetto respingendo la nausea in gola e costringendosi a perdersi in quel panorama. Non ricordava molto del giorno che era arrivata al Sito B, ricordava un po' meglio quando l'aveva lasciato per giungere alla Lotus Academy. Ricordava con tale vividezza di aver avuto la tentazione di aprire il portellone e gettarsi nel vuoto, volare sopra quei ghiacciai e sparire tra le nubi, come volatilizzarsi e smettere di esistere, di soffrire, di combattere. Quelle vette le davano pace, la facevano sentire parte di qualcosa di più grande, di qualcosa di infinito che era sempre stato e che sarebbe continuato dopo di lei.
Gli enormi ghiacciai e le vette aguzze del Monte Rosa e del Monte Cervino si stagliavano sul cielo serale. La linea delle nevi perenni era ancora alta e il manto bianco e candido copriva in gran parte le vette e ghiacciai. Lì, incastrato in una valle alle pendici del Monte Rosa, si trovava il vecchio Sito B: una baita in legno, coi fiori alle finestre e i balconi coperti di edera, sembrava quasi sparire nella macchia di foresta circostante. Unica concessione di modernità erano i pannelli solari che avevano installato durante la loro prima permanenza e che riflettevano il sole che tramontava all'orizzonte. Quando l'elicottero scese di quota verso terra le si contorse nuovamente lo stomaco e non riuscì più a resistere. Liam la cingeva per la vita, le massagiava la schiena, se aveva bisogno le tirava indietro i capelli. Non aveva proferito un solo suono da quando erano partiti. Il loro carico forse era davvero troppo ingombrante per lasciare spazio alle parole: a terra davanti a loro era stesa su una barella Angela, bianca come un lenzuolo. Mrs. Lorenz teneva alta sopra di lei la boccia con l' antisiero. I suoi battiti segnalati da un macchinario erano così lenti che ognuno di loro non poteva che trattenere il fiato tra uno e l'altro.
Garcia aveva gli occhi rossi e lucidi. Lottava per non fissarla, per non pensare che solo la sera prima erano stati a cena insieme, che avevano riso, che avevano bevuto. Gli era mancato il coraggio di provare a baciarla, ma lei non si era scomposta, gli aveva sorriso e aveva promesso di passare per un caffè nel fine settimana. Ora sembrava tutto diverso: quell'uragano che aveva investito la scuola e le loro vite aveva trascinato via tutto e quel rimorso lo tormentava. Sentiva di aver perso troppo tempo, di aver mancato la sua occasione, di non aver imparato la dura lezione di Berlino: se sei sopravvissuto una volta, non vuol dire che continuerai a farlo. Non avere fermato Michael era il suo più grande rammarico, aver esitato... anche in quell'occasione. Ed ora era Angela a pagarne le conseguenze.
Gli elicotteri della squadra di soccorso erano già arrivati e stavano predisponendo la struttura. Un militare aprì il portellone cercando con gli occhi Mrs. Lorenz. Dietro di lui a pochi passi c'era Ariel, col volto stravolto e due occhiaie pesanti di chi sapeva di non poter piangere. Roxy conosceva bene quella sensazione e non la invidiava, ma non poteva che guardarla col rammarico della sconfitta pesante che, a causa sua, la scuola doveva incassare. Liam la aiutò a scendere e farla sedere su una sedia a rotelle: seguirono i militari nella struttura. Le indicarono il corridoio per l'ascensore e Roxy li seguì obbediente con le spalle basse. Conosceva bene l'umiliazione cocente di dover andare al piano con la sedia che a fatica si infilava in quello stretto antro con la moquette rossa. Liam prese le scale con una scusa, ma teneva lo sguardo a terra. Di certo il deja-vu aveva colpito anche lui.
Sembrava che tutto stesse cospirando contro di lei: Roxy odiava gli sguardi di pietà negli occhi dei soccorritori. Era una soldato ed era stata sconfitta. Era ferita e umiliata, ma la loro pietà non l'avrebbe certo rimessa in piedi. Non era più la ragazza distrutta che era stata molti anni prima. Aveva testimoniato in senato e l'eco di quella vittoria era più amara sapendo quanto era costata a tutti loro e soprattutto ai suoi ragazzi. Arrivata in camera, le venne di nuovo da vomitare, fece per dirigersi verso il bagno e alzarsi, ma crollò a terra sul pavimento. Liam corse ad aiutarla. Roxy lo spinse via con le lacrime agli occhi. Lui scosse la testa, le passò il sacchetto e si mise seduto a terra di fianco a lei, quindi le mise i capelli rossi dietro l'orecchio. Vederla ridotta così lo uccideva. Sapeva quanto era orgogliosa, ma doveva farsi aiutare questa volta.
Erano ancora seduti a terra quando entrò spalancando la porta Mrs. Lorenz. Era preoccupata, Liam lo vedeva e non gli sembrava affatto un buon segno.
- Forza in piedi, su da terra, Liam dalle una mano per piacere. Deve fare questo test e poi le faremo un eco all'addome per vedere se ha delle emorragie interne, vomita troppo, non può essere solo quella dannata polvere - disse convinta Mrs. Lorenz. Roxy sbuffò contrariata.
- Ho già fatto il test di gravidanza in ospedale. Non sono incinta, non potete farmi quell'eco e basta? - disse quindi dopo aver preso fiato.
- E' la procedura Roxy e lo sai... fino a ieri era la direttrice della scuola: ora non fare la ragazzina, non ho tempo da perdere. Finito il test, te ne vai a letto. Ti ho lasciato altri sacchetti sul comodino. Il medico passerà a breve con l'ecografo - disse senza ammettere repliche. Roxy prese il test scontrosa. Liam la aiutò ad alzarsi e quindi le lasciò un attimo di privacy e attese sulla porta che avesse finito, quindi la prese sotto le braccia e la condusse a letto.Era così strano trovarsi in quella camera con l'armadio di legno intarsiato, il pavimento con la moquette rossa e i piumoni colorati appoggiati sui letti. Era così diverso da un ospedale, ma un letto è sempre un letto e data l'emergenza dovevano adattarsi. Qualsiasi altra soluzione poteva esporli a rischi. Liam guardò dalla finestra finché non vide gli elicotteri alzarsi in volo di nuovo, diretti nuovamente verso la scuola. Mrs. Lorenz e il medico della squadra di emergenza si presentarono più di trenta minuti dopo con un ecografo.
- Il test?- chiese Mrs. Lorenz.
- E' in bagno sul lavandino - disse Roxy alzando le spalle. Mrs. Lorenz fece un lungo respiro profondo.
- Non dovreste perdere tempo con me, ci sono persone più gravi - disse ancora Roxy.
- Andremo da tutti, non ti preoccupare, Ariel ha tutto sotto controllo - tagliò Mrs. Lorenz sapendo di pungerla sul vivo. Quella retrocessione doveva bruciarle molto.
- Era una fisioterapista, ha lavorato anche in ospedale, è la scelta più logica, Roxy, può gestire questa emergenza meglio di te - aggiunse recuperando il test dal bagno, poi si fermò sulla soglia pietrificata guardando il test. Roxy la vide impallidire. Anche Liam alzò gli occhi stupito.
- E' incinta - disse quasi stentando a crederci lei stessa.
- No, non è possibile. L'altro test era negativo e noi dopo non abbiamo più...- le parole di Roxy si persero nel silenzio. Sentiva il fiato mancarle in gola.
- Può succedere che subito non siano positivi, signorina, e che lo diventino in un secondo momento: ogni donna ha dei livelli ormonali diversi e lei... Beh...- il medico cercava attentamente le parole senza trovarle.
- Io non sono una donna come le altre, lo può dire, io sono una mutante. E lei Mrs. Lorenz può togliersi quella cazzo di maschera di meraviglia dalla faccia, anche noi possiamo rimanere incinte, anche con mezzo polmone - disse contrariata Roxy. A Liam sembrava che la stanza avesse preso a girare su stessa come una giostra. Roxy lo guardò invitandolo ad intervenire, ma lui non sapeva davvero cosa pensare.
- Non è questo il problema, Roxy, non è il tuo polmone, tu hai combattuto contro dei militari, ti hanno sparato addosso, sei coperta di lividi, sei stata schiacciata sotto una trave oggi e prima sei stata sottoposta a una sostanza di cui ancora non abbiamo chiara l'origine e anche all'antisiero. Io non so come dirti che ...- intervenne Mrs. Lorenz. Allora Liam le prese solo la mano e la strinse forte respingendo le lacrime in gola.
- Il feto potrebbe non essere più vivente e questo potrebbe essere la causa dei suoi disturbi protratti nel tempo - disse il medico al suo posto. Roxy si fermò senza possibilità di tirare fiato e si toccò la pancia per la prima volta. Le lacrime le rigavano la faccia. L'idea di aver perso suo figlio per non essersi accorta che era lì, la uccideva. Si era fatta sparare addosso, aveva tentennato a passare la scuola a qualcun'altro come avrebbe dovuto fare da molto tempo. E poi in quella palestra aveva perso il controllo, come non le succedeva da anni e probabilmente aveva ucciso il suo stesso figlio. Diede un pugnò al materasso e poi scoppiò a piangere. Liam la guardava con gli occhi lucidi e le teneva la mano fino a stritolarla.
- Adesso si sdrai e controlleremo la situazione - disse il medico con quella voce accomodante che lei detestava da sempre. Era la stessa voce con cui le avevano spiegato che aveva una forma grave di leucemia, la stessa voce con cui le avevano spiegato arrivati alla Lotus Academy che avrebbero provato a salvarla, ma che in tutta onestà non erano affatto certi di riuscirci, la stessa voce con cui Mr. Lorenz alla fine le aveva detto che per salvarla aveva dovuto asportarle un polmone e che non sapeva se avrebbe mai più respirato da sola. E ora le portavano via anche quello. Michael le portava via anche quello. Guardò Mrs. Lorenz che tratteneva il fiato e allora capì la sua paura.
Roxy con le lacrime agli occhi fissò quella donna in faccia: non poteva salvarsi da quello che suo figlio aveva fatto, che avesse ucciso o meno il feto che portava in grembo, a causa sua erano morti dei ragazzi e altri erano stati rapiti, mutati. Non poteva più fare pari, non c'era via d'uscita: sarebbe morta con la consapevolezza di aver messo al mondo un assassino. E da madre mancata cominciava a capire quanto fosse un'amara condanna. Roxy non guardava l'ecografo. Riflessi negli occhi di Mrs. Lorenz vedeva le colonne di quella palestra crollare a terra, vedeva Kathy urlare legata ad una spalliera, Tom schiacciato sotto una trave. Lentamente la nausea scomparve e lasciò il posto alla rabbia. Una luce rossatra cominciò a rischiarare la stanza. Liam fermò le sue mani.
- Roxy, no, Roxy, guardami, Roxy ,ti devi calmare, Roxy! - fece Liam. Mrs. Lorenz nemmeno si era spostata o nascosta, guardava quella palla rossa tra le sue mani poco sopra l'ecografo. Il medico si fermò incerto senza muoversi, come se avesse visto un fantasma.
- Roxy, ti prego, non ne vale la pena!- fece Liam anche se faticava a tenerla. Poi un suono si propagò nella stanza. Roxy si voltò verso l'ecografo sconvolta. La palla svanì dalle sue mani. Un battito deciso inondava la stanza. Era il cuore di suo figlio, di loro figlio. Contro la scienza, contro la logica, contro ogni possibilità, contro la medicina, quel piccolo essere era ancora lì, dentro di lei, vivo. "Tu sei un calabrone, Roxy, per quanto la scienza non si spieghi come tu faccia a volare, tu volerai sempre lo stesso " la voce di Kathy rimbombò nella sua testa. Suo figlio era vivo.Il suo piccolo calabrone. Scoppiò a ridere tra le lacrime. Liam le toccò la pancia incredulo con la mano tremante. Sotto quel gel viscido, sotto quell'ombelico che lui adorava, nascosto sotto i lividi, c'era suo figlio ed era vivo.
- E' stata fortunata, signorina, non ci sono emorralgie, la trave l'ha presa sulle gambe e la placenta per ora ha protetto il feto, non serve certo che le dica quanto la sua gravidanza sia delicata dato quello che ha passato e le sue precedenti condizioni di salute, deve rimanere il più possibile ferma a letto, faremo ulterirori esami di approfondimento. Intanto le cureremo il meglio possibile il ginocchio e le ustioni, ma deve cercare di riposarsi. Vedrà che a letto la nausea andrà meglio- disse quindi il medico. Sembrava quasi stupito delle sue parole.
Mrs. Lorenz prese solo la porta senza dire una parola, ma a Roxy sembrò di sentirla scoppiare a piangere in corridoio. Si vergognava di averla quasi uccisa: non era colpa sua se suo figlio aveva fatto questo alla scuola. Liam si stese di fianco a lei e l'aiutò a ripulire la pancia. Quindi le asciugò le lacrime dal viso e le baciò la fronte. Lei si lasciò contornare dalle sue braccia e chiuse gli occhi, con quel rumore ancora impresso nella testa. Il suo piccolo calabrone.
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