Senza via d'uscita
La dottoressa Wolfe tamburellava con la penna aspettando l'esito dell'esame sul sangue di Liv. Non erano nel vagone dove avveniva l'inoculazione della polvere. Apparentemente il posto non sembrava affatto un laboratorio: era pieno di computer e server dati. La stessa Wolfe si muoveva con le pinze in quel posto come se non si sentisse a suo agio. Liv odiava quel posto almeno tanto quanto il laboratorio della Wolfe: stare lì seduta in una cella di vetro con degli elettrodi in testa mentre ti intimavano di spostare oggetti che non voleva spostare la faceva davvero sentire una cavia, una scimmia da laboratorio, un topo intrappolato senza via d'uscita. Quando le guardie la gettavano là dentro sgarbatamente e la legavano si sentiva un oggetto non più una persona. Stava precipitando in un buco nero sempre più oscuro. Aveva sempre la nausea e faceva strani sogni. Si svegliava al mattino passata di sudore. Era pallidissima e non riusciva a mangiare quasi nulla, la tenevano in piedi una flebo dopo l'altra.
La dottoressa Wolfe finalmente ebbe il suo esito dallo schermo e si avvicinò a lei.
- Benissimo Liv, il tuo potenziale sta salendo oltre le aspettative, come ti senti? - chiese la dottoressa.
Liv la guardò con un volto disgustato e poi disse solo: - Male -. Quindi riportò lo sguardo al pavimento.
- Sta tranquilla, oggi non facciamo il trattamento, basta che tu mi dai un piccolo assaggio del tuo potere, perché non sollevi quella penna sul tavolo davanti a te? - propose incoraggiante Helene.
- Non ci riesco e non voglio - tagliò Liv.
- Io sono certa che ci riesci. Tu hai già il doppio del siero di Josephine nel sangue e lei fa fluttuare oggetti ovunque: è solo una penna, Liv. Io credo fermamente in te! - la supplicò la dottoressa Wolfe.
- Non riesco - ripeté Liv. La dottoressa inspirò profondamente. Si fece coraggio, aprì la cella di vetro e le venne più vicina. Le spostò i capelli dal viso.
- Non devi avere paura di me, io ti sto salvando Liv, non hai idea di cosa potrai fare uscita di qui- la tentò la dottoressa.
- Io non uscirò più da qui e lo sa anche lei - tagliò Liv arrabbiata. La dottoressa sorrise.
- Ne ho conosciuti diversi come te negli anni: mi ricordo Tom, ma lui non era contro di me, era contro sé stesso, si vergognava talmente tanto di chi era diventato che non lo voleva ammettere. Non è il tuo caso Liv e lo sappiamo entrambe. Tu sei più come Ariel: ostinata, strafottente. Vi attaccate ai vostri principi come paladine della giustizia, calate sulle vostre ali bianche! Bravissime, grande recitazione, ma alla fine Ariel ha fatto tutto quello che le ho detto, tutto dal primo all'ultimo esperimento. Tutti hanno un prezzo, Liv. Non puoi essere come Tom. Non devi volerlo... quel ragazzo aveva dei complessi spaventosi, tu sei meglio di così. Puoi essere una dea, come Roxy. E lo sarai... Sai io e la tua amica, Josephine, abbiamo già un accordo... te l'ha detto che non la sottopongo più a sedute da una settimana? - sibilò la dottoressa.
- È solo perché le hai bruciato un polmone come a Roxy! - urlò Liv.
- Un polmone, che esagerazione, le ho lasciato una piccola cicatrice sul polmone che potrebbe causarle nel tempo qualche piccolo episodio di asma. Quello che è successo a Roxy è tutt'altra cosa e non devi nemmeno metterla a confronto. Allora nessuno sapeva cosa stavamo facendo, altrimenti non l'avremmo fatto, ma ora conosciamo bene come funziona il potenziale e conosciamo il tuo...- aggiunse concentrandosi su di lei Helene e fissandola dritta negli occhi.
- Stai mentendo! - sussurrò Liv senza più trattenere le lacrime.
- Ognuno ha un prezzo, Liv. E io conosco il tuo... e tu sai benissimo dentro di te chi me l'ha rivelato - sospirò uscendo dalla cella richiudendola dietro di lei. Liv cercava di normalizzare il suo cuore, ma lo sentiva battere a mille allora. Spostò uno degli schermi del computer e lo portò davanti a lei.
-C'è un video che sta spopolando nel web e vorrei tanto che tu lo vedessi... Non riguarda poi te così da vicino, ma forse potrebbe interessarti - lo schermo si animò e comparvero in fermo immagine Kathy e Simon. Liv cominciò a scuotere la testa. Sapeva di non dover guardare, ma come faceva a non farlo?
- È tutto vero... guarda è il canale delle vostra "scuola" speciale. - sorrise la dottoressa Wolfe.
- bene, mettiti comoda, ci godiamo uno spettacolo da oscar. - disse Helene sfregandosi le mani e spostando la sua sedia accanto alla cella. Liv piangeva già. Le mancavano così tanto Kathy e Simon. Le mancava non essere in gabbia, le mancava avere una speranza, un sogno. Le mancavano i suoi fogli e le sue matite e anche quella strana scuola. Senza pietà la dottoressa fece partire il video.
Kathy si alzava in piedi e Simon cercava di fermarla, poi c'era un'esplosione dietro di loro, fuori dall'inquadratura, Kathy cominciava a scappare e spariva. La squadra d'assalto cominciava a sparare: Simon cercava di seguire Kathy, ma veniva colpito e cadeva e rimaneva lì immobile, con lo sguardo fisso in mezzo a quel frastuono. Liv sentì una disperazione immensa crescere dentro di lei, un dolore che non riusciva a controllare: doveva esplodere e non trovò altra strada che uscire da lei. La penna saltò in aria, si divise in mille pezzi che vennero eiettati contro il vetro che tremava sottoposto allo sforzo dell'onda.
- Ottimo lavoro, Liv. Grazie mille, un'esplosione veramente sopra le aspettative, la prossima volta lo riguardiamo, che dici? - propose la dottoressa Wolfe. Liv piangeva e si sentiva esausta, come se avesse gettato fuori tutto quello che aveva dentro e ora fosse rimasta svuotata. Quando le guardie aprirono la cella stava a fatica in piedi. La trascinarono per le carrozze di quel folle treno come un tappeto trovato in soffitta da gettare nell'immondizia: così si sentiva, un rifiuto. Voleva credere con tutta sé stessa che Josephine non c'entrasse, ma non ne era più così sicura. Chi altri poteva sapere della sua infatuazione per Simon? Alcune compagne la aiutarono a sdraiarsi, le chiesero cosa fosse successo. Lei si guardò attorno e si accorse che Josephine non c'era.
- Dov'è Josephine? - chiese infine. Aveva la vista annebbiata, sentiva il mondo capovolgersi come una giostra pazza di cui non aveva il controllo.
- È venuto Lorenz a prenderla per farle degli esami - disse soltanto una di loro.
- Secondo me l'ha scelta come sua cavia personale - aggiunse un'altra sua compagna di scuola sorridendo. Liv scosse la testa, le zittì e si sdraiò sul materasso voltando la faccia contro la parete di metallo del vagone.
- Un po' assomiglia a com'era Kathy quando è arrivata a scuola, non trovate? - commentò un'altra. Liv si mise le mani sulle orecchie. Non le voleva più sentire. Si sforzò di tenere gli occhi chiusi finché non vinse un profondo e disturbato sonno.
Quando riaprì gli occhi era notte fonda. Aveva ancora la vista appannata, ma finalmente la nausea sembrava essersi quietata. Almeno le avevano lasciato un tramezzino da mangiare vicino al letto. Lo prese e lo mangiò a piccoli bocconi stando sdraiata e studiando la notte stellata che si intravedeva dal finestrino. Poi si alzò a prendere un po' d'acqua e tornò a sdraiarsi. Stava per chiudere di nuovo gli occhi quando sentì dei rumori avvicinarsi di risate. La porta del vagone si aprì, una luce potente la costrinse a nascondersi gli occhi e due ombre indistinte entrarono nel vagone.
Josephine rideva, avrebbe riconosciuto quella risata tra mille. Non era sola.
- E poi che ha fatto Roxy? - disse ancora la ragazza senza riuscire a trattenersi.
- Ha esploso il disegno e se n'è andata, ti rendi conto?! Ormai mi tranciava le mani! Per un disegno! - rispose il ragazzo. Chi altri poteva essere se non Michael Lorenz?
- Ti giuro ci siamo sbellicati dalle risate io e Liam, pensa che adesso fa sempre lo svenevole con lei, ma all'epoca era lui quello che la prendeva più in giro - raccontò Michael. Liv si rifiutava di credere ad una sola parola che usciva dalla bocca di quel serpente.
- Forse non ha trovato di meglio- ipotizzò Josephine.
- O se avesse visto una come te... Roxy la lasciava subito perdere. - annuì Michael.
- E tu cosa avresti fatto con una come me? - aggiunse Josefine tirandolo verso di sé per la maglia della tuta. Nella penombra vide Michael mordersi il labbro e avvicinarsi a lei che era spalle al vetro.
- Non l'avrei lasciata scappare- le sussurrò Michael, ma nel silenzio della notte quel sussurro arrivò alle orecchie di Liv come un urlo. Rimase incredula a fissarli mentre si baciavano appassionatamente. Ridevano in continuazione, sembravano fatti... chissà di quali sostanze. Con tutto quello che c'era nel laboratorio, c'era la più vasta scelta.
- Avevi ragione, ha funzionato il video. Mia zia ha detto che se vuoi puoi cambiare stanza, potresti venire di là con me. - propose non troppo velatamente Michael. Josephine sorrise e poi aggiunse: - ci penserò- poi gli stampò un altro bacio sulla bocca e gli chiese di aprire la porta. Michael le sorrise, impose l'impronta e poi aggiunse: - mia signora - facendo un mezzo inchino per lasciarle il passaggio tenendole la mano, come se salisse in una carrozza.
- Sei troppo fatto! - commentò lei mandandolo via. Liv aspettò nel buio finché la porta non si chiuse, poi si mise seduta sul materasso e la guardò dritta negli occhi. Josefine non la vide subito. La carrozza era sprofondata di nuovo nel buio.
- Perché eri con quel traditore? - sussurrò Liv dura.
- Andiamo Liv, me lo sto lavorando per riuscire a fuggire, sai come funziona. È la nostra unica possibilità. Gli piaccio e lo sto sfruttando- disse Josefine.
- Per fuggire te e lui, non noi- tagliò Liv.
- Lo sai che non ti lascerai mai indietro. Dai, dormi adesso, vedrai che domani ti sembrerà tutto ok- disse sicura Josephine.
- No, ti sbagli non sarà tutto ok, tu ci hai tradite, hai fatto un accordo con la Wolfe, guarda che mi ha detto che non ti sottoponi più ai trattamenti con la polvere- la rimproverò Liv.
- È temporaneo, per via del polmone, andiamo Liv, pensi che a te lo terrei nascosto? - la provocò Josephine.
- Mi hai tenuto nascosto che ti vedevi con Michael Lorenz, quindi potresti nascondermi qualsiasi cosa. - disse dura Liv.
- È simpatico e mi fa fare due tiri: la cannabis fa bene nelle mie condizioni, con gli attacchi epilettici, intendo. - si corresse Josefine alzando le spalle.
- Non è simpatico, è un folle e sto pensando che lo sia anche tu. Giurami che non hai detto tu alla Wolfe della mia cotta per Simon! -disse punta sul vivo Liv.
- Andiamo, Liv, tu ti ostini a pensare che sia meglio non collaborare, ma non è così. Roxy è morta, Tom è morto, Kathy è morta, chi verrà a cercarci? Dimmelo! Nessuno verrà. Dobbiamo salvarci noi, da soli- le rispose agitata Josephine.
- Chi te l'ha detto? Chi te l'ha detto che Kathy è morta? - balbettò Liv. Sentiva le lacrime rigarle la faccia.
- Le bastava dire di sì e se ne sarebbe andata via felice con lui, ma ha scelto di morire con Tom e Roxy. Lui le ha offerto il paradiso e lei ha rifiutato, beh, penso che accetterò io al suo posto. In ogni caso per Kathy non cambierà, è troppo tardi: Michael le ha tagliato la colonna vertebrale coi frammenti di vetro che aveva in corpo. - alzò le spalle e si mise a ridere come una sciocca.
Liv si voltò verso di lei sentiva il sangue crescere nelle vene, bruciava, il dolore che la sventrava. Urlò e tutto esplose attorno a lei. Josephine era giusto davanti a lei. Venne sbattuta contro la parete del vagone, batté la testa sul vetro e cadde a terra lasciando una strisciata di sangue sul muro. I vetri esplosero, il bagno e diversi materassi si capovolsero. Tutto il treno tremò. Le luci si accesero una dopo l'altra. Il primo ad arrivare fu Michael, seguito dalla dottoressa e da diverse guardie. Michael aprì la porta e sorpassò le ragazze a terra urlanti, ferite per i frammenti di vetro, cercando di raggiungere Josefine. La prese tra le braccia: era ancora svenuta, sentì il sangue sgorgare dietro la sua testa, la sollevò agitato e si voltò verso Liv con sguardo di rabbia. Quindi corse fuori dal vagone senza voltarsi indietro. Tutte la guardavano spaventate indietreggiando, come un mostro. Un paio di guardie vennero a prelevarla, ma non fece alcuna rimostranza, si lasciò trascinare via inerme. La portarono in fondo al treno, in un vagone molto più vecchio, in acciaio temperato con le grate alle finestre e la gettarono in una cella con un lurido materasso. Quando uscirono si accorse che la dottoressa Wolfe era sulla porta.
- Una volta aperto il bocchettone, sapevo che saresti stata una furia, non più in grado di fermarti: benvenuta nel quarto livello Liv. Tu farai quella palla per me, Liv e io avrò finalmente accesso al segreto dell'energia liberata dagli LWF - aggiunse soddisfatta e chiuse la porta dietro di lei. Liv scoppiò a piangere nel buio, si raccolse in posizione fetale e rimase impressionata a guardarsi le ferite fresche sulle braccia. Bruciavano, ma era peggio la vergogna che provava, il senso di smarrimento, la sensazione di aver oltrepassato un limite da cui non poteva più tornare indietro. Lei non aveva la forza di volontà di Roxy, né il suo controllo, ricordò la palla che aveva lanciato contro l'elicottero di Michael. Non voleva farla anche lei, non voleva che la Wolfe la costringesse a farla, ma se le mostrava quel filmato, se pensava a Kathy o a Simon, tutto il dolore esplodeva in lei: non riusciva a frenarlo, né a controllarsi. I suoi occhi stanchi, annebbiati e coperti di lacrime impiegarono molto tempo a adattarsi al buio, ma non riusciva a chiuderli, né a dormire: le sembrava di essere in un incubo senza fine, da cui non riusciva più a svegliarsi. Ad un certo punto sentì un rumore nella cella accanto alla sua.
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