Mutazione

- È finita, ormai, permettetemi di accorciare le sue sofferenze... fa un male cane, ve lo posso assicurare- disse Micheal comprensivo voltandosi prima verso Tom e poi verso Kathy.
- Tu sei pazzo!- urlò Kathy.
- Cosa pensate di poter fare contro di me? Non la potete proteggere, non mi potete fermare. - tuonò Michael.

- È qui che ti sbagli, perché non mi importa, non te lo lascerò fare: io combatterò per la vita di Roxy e di Kathy fino all'ultimo respiro - rispose Tom con voce calma.

Kathy lo guardò con le lacrime agli occhi, terrorizzata: Michael sembrava cieco. Non riusciva a vedere quanto era cambiato in loro dopo che lui se n'era andato. Era andato troppo oltre per poter tornare indietro. Era la fine.

Tom sapeva di non poterlo fermare, ma sapeva altrettanto chiaramente di non poter permettere che Kathy finisse in quella gabbia in cui lui stesso era stato per troppo tempo. Piuttosto che pensarla in quelle celle di vetro, mutata oltre il consentito, torturata, analizzata, spaventata, era davvero disposto a morire seduta stante. Quella dottoressa aveva portato via la loro vita, Kathy era stata salvata, ma per cosa? Se si arrendeva, tutti i loro sforzi, tutti gli sforzi della Lotus sarebbero stati inutili.

- Se vuoi ti accontento subito - rise Michael.

Sollevò una trave di cemento caduta dal tetto. Michael provava un piacere fisico nel vedere la meraviglia e il terrore che il suo potere causavano negli occhi spaventati di Kathy. Lei non doveva temere, questa volta non avrebbe sbagliato, l'avrebbe protetta, bastava solo che acconsentisse a donare alcuni dei suoi ovuli alla Humans e avrebbero potuto andarsene via, insieme. Potevano essere felici, liberi, perfetti, come erano stati in quella camera 412 molti mesi prima. Kathy non era mai stata così bella, com'era ora in quell'esatto istante. Sarebbe rimasto lì ore come incantato a guardare quei capelli biancastri ondeggiare in mezzo alla polvere o le lacrime rigare quel suo volto perfetto o quegli occhi di ghiaccio che rivelavano tutta la sua fragilità. E presto sarebbe stata sua, gli bastava solo neutralizzare Tom.

- No, Michael, no, ti prego! - scattò Kathy.

Roxy sfinita alzò solo gli occhi da terra ripulendosi dalla polvere: sentiva l'odio pulsare dentro di loro come una forza viva. Tom non aveva speranze e lei che era l'unica a poter fermare Michael per colpa di quella maledetta polvere lottava anche solo per rimare cosciente. Aveva una gamba bloccata sotto una trave di cemento e per quanto cercasse di accendere la sua forza, nella disperazione, sapeva di non potersi liberare. E Kathy urlava disperata, affranta, spezzata, terrorizzata da ciò che non poteva evitare.

Michael spinse la trave contro Tom, lui tentò in tutti i modi di bloccarlo, ma sembrava che il suo potere non fosse in grado nemmeno di intaccare leggermente l'onda di Micheal. Era in trappola e sapeva di esserlo, non guardava nemmeno il ghigno di soddisfazione disegnato sul volto del suo vecchio amico. Guardava solo Kathy che urlava dall'altra parte della palestra cercando in tutti i modi di liberarsi. Era come se volesse imprimersi la sua immagine nel cuore, un'ultima volta.

Michael urlò e spostò di nuovo la trave fino a schiacciarlo contro la gradinata; Tom sentì quel peso piovergli addosso e schiacciargli la cassa toracica con una forza che gli tolse il fiato. Sentiva il suo corpo cedere. A momenti vedeva flash sperduti nella sua mente, allucinazioni in mezzo al dolore. Kathy che rideva nella vasca. Kathy accanto a lui che dormiva. Lui e Kathy su quel divano che volava.

Michael si voltò verso Kathy anche lui: la ragazza piangeva, si contorceva, disperata. Fu lì che capì, infine, sorpreso. Non era lui che Kathy stava guardando con amore: era Tom. Quando poteva essere successo? Come aveva potuto! Lui, il suo migliore amico, le aveva rubato la donna della sua vita. Per la prima volta leggendo il cuore di Kathy capì di averla persa per sempre. Stritolata dalla paura e dal dolore, senza fiato, Kathy si voltò verso di lui con un'occhiata di puro e infinito odio.

Improvvisamente le manette scattarono cedendo infine alla sua foga. Kathy cadde a terra. Urlò il nome di Tom con voce strozzata. Il ragazzo stava per svenire soffocato. Kathy vide davanti a sé la siringa di siero che poco prima Michael aveva cercato di iniettare a Roxy. Le lacrime le scendevano sulle guance, i sussulti convulsi le facevano mancare il respiro, la schiena le lanciava delle fitte atroci. La prese da terra e se la spinse nel collo. Si sentì stritolare le ossa, come in un incubo da cui non sapeva come svegliarsi. Tentò di alzarsi per raggiungere Tom, ma poi una fitta le tolse il fiato e la fece franare in ginocchio. La siringa le cadde a terra.

Quanta disperazione poteva averla spinta fino a lì dopo aver visto il video della mutazione di Jacob? Michael strabiliato allentò la presa su Tom, ma lui, nonostante ciò, non riuscì a liberarsi, si sentiva precipitare in un oblio, come se stesse cadendo in un pozzo: la vista e i rumori ovattati, era tutto lontano, estraneo, assente, come se stesse guardando quella scena dalla poltrona del suo pc, come se non gli appartenesse. La palestra tremava sotto di loro.

Roxy avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto poter fare qualcosa, qualsiasi cosa per fermare quello che stava avvenendo davanti ai suoi occhi: si sentiva impotente, col fiato rotto e spezzato, la tosse sempre più convulsa. Si chiuse a riccio, non poteva fare altro: l'onda li avrebbe investiti. Per qualche motivo però non riusciva a smettere di guardare.

In quel frastuono le urla di Kathy si disperdevano come foglie al vento: i suoi capelli si tinsero di azzurro, i suoi occhi presero una luce violacea. E poi partì l'onda. Immensa. Fulmini violacei di una potenza che Roxy aveva dimenticato. O forse Jacob non aveva tutto il "potenziale" di Kathy: quella parola era la loro vera maledizione. Michael venne investito in pieno petto dall'onda e sbalzato contro il muro. Tom e l'asse franarono a terra. Fu allora che Kathy inaspettatamente fece un profondo respiro e lentamente si alzò in piedi. Non era svenuta come Jacob, forse per l'adrenalina, forse per la rabbia o la disperazione. Kathy puntò le mani a terra generando una nuvola di fulmini viola. Michael si alzò faticosamente, dolorante per le ustioni. Kathy puntò dritto verso di lui, senza pietà, lanciò l'onda elettrica contro di lui.

Michael si gettò a terra, ma Kathy non si diede per vinta: i fulmini si avvicinavano, annerendo le pareti, bruciando il pavimento, lasciando la loro traccia di morte e distruzione. Michael sapeva di non avere più scampo: sentiva la rabbia di Kathy fluire verso di lui come un fiume in piena.

- Kathy così ci ammazziamo tutti - urlò. Avrebbe demolito la palestra intera: era fuori controllo. Kathy non lo degnò di uno sguardo. Iniziò a correre verso di lui e le sembrava di volare. Saltò su un cumolo di macerie e spinse i suoi fulmini contro quel ragazzo che aveva amato, temuto e che ora sentiva di odiare con ogni punta della sua anima. Michael creò la sua onda e provò a contrastare quei fulmini, ma erano così forti, così potenti. Kathy lasciava fluire tutta quella energia spingendola anzi che frenarla. L'onda di Michael diminuiva di intensità man mano che le sue forze venivano meno.

- Kathy, ti prego! - gridò lui ancora. Kathy non rispose. Forse non c'era più in quella matassa di elettricità: la scorgeva a fatica. Michael chiuse gli occhi, respinse le lacrime in gola e si concentrò. Doveva pensare in fretta per salvarsi. E lui voleva vivere, anche senza Kathy, per quanto male facesse. Si impose di non pensare che quella era Kathy, si impose di non chiedersi quale sarebbe stato il risultato delle sue azioni. Gli tremavano persistentemente le mani; sentiva il cuore galoppare e il respiro rotto. Alla fine, vide la sua ultima e unica arma: quei frammenti di vetro. Li percepiva. Quei piccoli corpi estranei a pochi centimetri dalla colonna vertebrale di Kathy. Ricercò in sè le ultime energie latenti e tagliò l'aria con un braccio. Tutto si spense.

Kathy franò a terra. I fulmini terminarono, nel silenzio più totale. Rimase solo quella nuvola elettrica che aleggiava attorno a Kathy e una chiazza di sangue che si allargava sotto di lei. Michael si guardò intorno perso. Le orecchie gli ronzavano, la testa gli girava e sentiva la nausea fino in gola. Il sapore di tutta quella polvere che avevano alzato lo fece tossire sommessamente. Lanciò un'ultima occhiata a quel corpo esanime a terra. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia, consolarla, spiegarle ogni cosa, ma che senso aveva ormai? Kathy non c'era più, era solo una nuvola elettrica che lentamente si sarebbe dispersa ed esaurita lasciando il suo corpo. Prese le scale esterne senza più alcuna fretta, ignorando i corpi svenuti di Tom e Roxy e si diresse verso l'alto, ascoltando il vento fischiare e pensando che per fortuna non avrebbe mai più rivisto in vita sua quelle orribili pareti specchiate. Fece saltare i vetri di tutta la scuola al suo passaggio, piano dopo piano, come per sfogare fino in fondo la sua rabbia, la sua frustrazione.

Quando infine arrivò alla pista degli elicotteri era svuotato. Gli uomini della Humans stavano recuperando i ragazzi mutanti trasportabili. Li spingevano dentro il Tiltrotor che occupava quasi interamente la pista. Michael si avvicinò alla dottoressa che guardava soddisfatta le operazioni di imbarco. Aveva conquistato 25 nuove cavie, mutanti freschi di terzo livello, rossi e blu e due oro. Tanto era valsa la sua folle idea di poter avere una vita normale con Kathy. Salivano spinti dalle guardie, con le lacrime agli occhi. Una ragazza dai capelli neri lo squadrò con odio e gli sputò addosso. Michael nemmeno reagì. Non gli interessava nulla di quegli stupidi ragazzini. L'avevano deriso e sopportato per sforzo a malapena per anni. Era ora di pareggiare i conti. Dovevano ringraziare che la dottoressa non li aveva presi tutti.

- Lei dov'è? - chiese la dottoressa vedendolo procedere da solo. Michael alzò le spalle. Aveva un aspetto orribile. I vestiti sdruciti, la faccia pallida e sconvolta, tremava.

- Manderò una squadra a prendere il suo corpo - aggiunse solo la dottoressa. Il suo prezioso carico genetico non poteva andare perso, in un modo o nell'altro si sarebbe presa ciò che le spettava. In ogni modo non potevano spostarla o trasportarla prima di alcuni giorni: avevano tempo di organizzarsi. A Michael non importava molto. Si avviò sull'elicottero fermo a fianco del Tiltrotor e attese che prendesse il volo. Quando sorvolarono la palestra la dottoressa rimase basita a guardare quella nuvola elettrica sotto di loro: non la vedeva da così tanto tempo.

Michael invece tenne gli occhi rivolti verso le sue mani, voleva solo allontanarsi da lì e sparire, soffocare il suo dolore in una qualsiasi droga artificiale e ne provava davvero tanto: le ustioni da elettrocuzione gli bruciavano da impazzire e metà del suo corpo ne era ricoperto. Helene vedendolo così sofferente alla fine si fece coraggio gli spostò un lembo della maglia e rimase allibita a guardarlo: - che cosa ti ha fatto quella ragazza? - disse tra sé e sé.

- Penso che la risposta sia chiara. Non mi ama più... Ripagato il mio debito, mi lascerai andare? - aggiunse solo Michael. Quanto gli bruciava ammetterlo ad alta voce!

- Come vuoi tu ... - allargò le braccia Helene, quindi, fece segno al pilota che accelerasse. Avevano un aereo da prendere e tempi abbastanza stretti. La Lotus avrebbe inviato la cavalleria. Mentre si allontanavano non poté che lanciare un'occhiata soddisfatta a quella scuola ora ridotta ad un pericolante ammasso di cemento appeso alla roccia.

"Quanto è dolce la vendetta!" pensò tra sè e sè. Forse non pareggiava i conti con la caduta della "lista" che sarebbe avvenuta entro poche ore, ma le dava l'illusione di poter riprendere in mano la palla e giocarsi ancora qualcosa in quell'assurda vicenda.

"La lista cadrà insieme a loro": questo si era ripromessa il giorno che aveva dovuto lasciare il suo ufficio al senato e questo era ciò che era stato. Delle conseguenze poco le importava. La Humans sarebbe stata distrutta probabilmente, almeno la sua facciata rispettabile: personalmente era così stanca di fingere di essere rispettabile. Ora sarebbero stati finalmente liberi di finire quel manuale e dare origine ad una nuova specie.

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