Eccidio
Mrs. Lorenz si sentiva soffocare in quello stretto corridoio: sentiva la gola stretta, il respiro ansante. La sua parte medica non faceva che lanciarle imperativi categorici.
"E' tutto nella tua testa, basta che ti calmi! Respira!" cercava di convincersi. Dirlo ad un paziente era facile, l'aveva fatto molte volte. Riconoscerlo e superarlo non erano comparabili. Non era il suo primo attacco e data la situazione si dava tutte le attenuanti del caso, solo che si vergognava a crollare proprio ora che avevano così bisogno di lei.
La gravidanza di Roxy era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Un vaso già colmo quasi fino all'orlo. Non aveva avuto una vita semplice, da un certo punto in poi si era disintegrata lentamente. Una parte di lei avrebbe voluto tornare una semplice ragazza come tante altre che inizia il suo tirocinio in ospedale con tutta la buona volontà e la voglia di cambiare il mondo e di fare qualcosa di buono. Si gettò giù per le scale, quasi prese contro ad un paio di soccorritori che salivano. La guardarono stupiti. Non aveva voglia ora di pensare al loro giudizio. Trovò Ariel nell'atrio impegnata a scartare medicinali e bende.
- Posso... Devo...- cominciò senza fiato Mrs. Lorenz. Ariel la guardò stupita. Infine, la donna indicò solo il telefono che aveva in tasca.
- Si, certo, figurati. Prenditi il tuo tempo, adesso c'è la squadra - aggiunse Ariel passandole il telefono.
- Mamma, Christie non vuole lasciarmi il letto di sopra - le gemelle erano comparse nell'atrio. Mrs. Lorenz si gettò fuori dalla porta: non voleva che le bambine la vedessero in quello stato. Uscì in giardino cercando di prendere fiato. Il pennacchio del Monte Rosa stava sparendo nell'oscurità. Arrivò a fatica a sedersi sul dondolo che cigolava in giardino e compose il numero: aveva bisogno di sentire la sua voce, aveva bisogno di piangere.
- William ...- la voce le morì in gola.
- Rose, per fortuna, ho provato a chiamarti cento volte - sentirlo così lontano le faceva sempre male. Ogni giorno in un posto diverso, in un albergo diverso, in un'altra clinica, con un altro importantissimo problema, un'altra ricerca fondamentale, un nuovo incredibile caso. Quel Nobel maledetto le aveva portato via suo marito e non solo a lei. Era certa che gran parte dei problemi di Michael derivasse dall'assenza di suo padre. Pensare che se non fosse stato per Michael, quel Nobel non sarebbe esistito.
Michael era stato tra i bambini con cui quel maledetto anticoagulante non aveva funzionato, dopo una caduta in giardino. Era stata la prima volta che avevano temuto di perderlo. Non l'ultima. William ne era rimasto sconvolto: si era messo a studiare giorno e notte con la fissa di capire cosa non andasse in suo figlio, così amato, così voluto, così cercato. Finché non aveva scoperto quei tre geni. Per la paura di perderlo, si era allontanato. Sempre più preso dal suo lavoro era passato dal voler salvare Michael a voler salvare gli LWF di tutto il mondo. Tutti i soldi o le scuole d'eccellenza o le cerimonie non potevano ridare a Michael il tempo che non aveva passato con suo padre.
- Quegli uomini hanno rotto il mio telefono - disse infine facendo un lungo respiro.
- Come stai? - aggiunse l'uomo preoccupato. Mrs. Lorenz scoppiò a piangere di nuovo.
- Hai un attacco, vero? Respira, lentamente. Devi contare fino a quattro Rose, ricordi? - intervenne Mr. Lorenz. La donna annuì e tentò di farlo, ma al due le si chiudeva la gola. Aveva aspettato così a lungo il giorno in cui Michael sarebbe finalmente tornato alla scuola, ma non era così che l'aveva immaginato.
- So cosa mi vuoi chiedere, ma non ho visto Michael... Ho visto Helene, però. Adesso mi devi dire la verità, William. Tu sapevi che era andato da lei? - sibilò col poco fiato che le restava.
- Roxy aveva dei sospetti: la polvere era simile a quella che era stata usata a Berlino nelle discoteche, mi ha mandato diverse mail al riguardo. Alice sta confrontando le sostanze in questi giorni - ammise.
- Roxy era incinta, William, e nostro figlio l'ha schiacciata sotto una trave - disse Mrs. Lorenz con la voce dura. La rabbia cominciava a prendere il posto della disperazione. Non era certa fosse un passo avanti, ma almeno respirava ora.
- Ho chiesto a David di controllare i filmati, cercherò di capire cos'è successo - le promise. Visionare un filmato? Non era questa l'attenzione di cui loro figlio aveva bisogno.
- Non c'è molto da capire, William. Voleva Kathy e Kathy ora sta con Tom. E se passassi dalla scuola ogni tanto lo sapresti anche tu - rispose decisa.
- Sai che ho mille questioni aperte, compreso il rientro dei ragazzi. Il senatore mi ha chiamato meno di un'ora fa: la lista il 1° settembre smetterà d'esistere - disse Mr. Lorenz cercando di tirarla un po' su di morale.
- Tu davvero non capisci... Li ha mutati, li ha mutati tutti! - urlò la donna.
- Lo so - rispose l'uomo.
- Non oserai difenderla ancora, dopo tutto quello che è successo! - aggiunse Mrs. Lorenz dura.
- Se avessi avuto delle prove, Rose, io ti giuro...- cercò di difendersi l'uomo.
- Doveva pensarci una sedicenne? Dimmi la verità, William, tu non avevi il coraggio di scoprire la verità. - replicò tagliante. Sapeva di fargli male, ma non ce la faceva più a mandare giù quel boccone che era sempre più amaro.
- Lo sai come la penso, l'avranno costretta. Helene adora gli LWF e adora Michael da sempre. Non gli avrebbe mai fatto del male a meno che non l'avessero costretta - rispose Mr. Lorenz sicuro.
- Quando aprirai gli occhi? Helene ti ha sempre usato, soprattutto dopo la morte di Feltman - tagliò dura Mrs. Lorenz.
- Non puoi metterli sullo stesso piano - rispose l'uomo punto sul vivo.
- Non è stato Feltman a rubarci il nostro lavoro, ad escluderci dalla società, dal nostro paese - gli ricordò Mrs. Lorenz. I loro nomi erano finiti subito in quella lista. A William non era importato molto: lui aveva già creato la Lotus Corporation in Europa, ma lei era rimasta a casa dal lavoro, licenziata dalla mattina alla sera, come se quel gene, che in realtà era latente in lei, fino a quel momento le avesse dato qualche problema nell'essere una buona infermiera. Helene Wolfe aveva distrutto la sua vita, aveva rapito suo figlio e ora l'aveva convinto a tradirli nel peggiore dei modi. Non era disposta a passarci sopra come se niente fosse accaduto.
- Sistemerò la questione, non ti devi preoccupare: l'America comprerà i cerotti, amore! Ho un'udienza alla Casa Bianca tra due settimane. Con la lista cadranno quelle regole assurde e se trasformiamo il siero in pastiglie, la sindrome LWF diventerà curabile finalmente. Ogni ragazzo sarà libero di vivere normalmente - disse l'uomo eccitato. Come sempre William non viveva nel presente, ma nel futuro e non riusciva a capire che il presente non era solare e perfetto come i suoi fiori di loto, era più che altro melmoso come uno stagno di fango. L'America aveva bisogno dei cerotti, ovviamente la Lotus non si sarebbe tirata indietro, ma così suo marito sarebbe stato ancora più assente. Non era una grande vittoria ai suoi occhi.
- E i nostri ragazzi che sono già stati mutati? E quelli che sono morti? - chiese Mrs. Lorenz fermando il dondolo. La valle era sprofondata nel silenzio. Si strinse nelle maniche per l'aria fresca. Silenzio.
- Cosa faremo con Michael? - aggiunse infine la donna. William Lorenz sospirò soltanto.
- Avresti dovuto dirgli la verità - disse infine Mrs. Lorenz.
- Non era pronto, eravamo d'accordo che l'avremmo fatto quando sarebbe stato meglio - tagliò l'uomo.
- Lui non era pronto o tu non lo eri? Michael non starà mai meglio, lo sappiamo entrambi, lo abbiamo sempre saputo. Quella polvere è un messaggio, William, un messaggio per te. È un linguaggio che solo voi due capite. Più a lungo lo ignorerai e più a fondo lui cadrà - aggiunse Mrs. Lorenz.
- Se non l'ha fermato David, non potevamo fermarlo nemmeno noi - disse soltanto l'uomo. Sentiva la sua voce rotta.
- Allora forse dovremmo trovare il coraggio di lasciarlo andare - Mrs. Lorenz sentiva le lacrime rigarle la faccia.
- Non dire così, Rose - la pregò William.
- Quando ti arrenderai? - chiese solo lei.
- E' mio figlio, come faccio ad arrendermi? - disse solo William con un filo di voce.
- Allora guarda quella polvere e fallo tu in prima persona, senza lasciarla a Mrs. Sullivan - suggerì.
- Ho paura di non riuscire a capire - confessò. Mrs. Lorenz si fermò stupita. Era la prima volta che suo marito alzava le mani di fronte a qualcosa del genere.
- Allora, fatelo insieme, ma, diavolo, provaci! Non rinunciare al primo ostacolo come fai sempre con Michael - lo rimproverò lei. Mrs. Lorenz chiuse la telefonata senza nemmeno salutarlo. Inspirò a fondo, rimase un attimo a guardarsi le mani che tremavano; quindi, si strinse infreddolita le spalle e rientrò nella struttura.
A 80 km da lì David si stese sui gradoni della palestra sventrata guardando la luna. La scuola era vuota ormai. Gli ultimi elicotteri erano partiti meno di venti minuti prima coi carichi di viveri. Gli avevano lasciato un borsone di armi e una cassetta del pronto soccorso. Non che pensasse gli sarebbe servita a molto: non poteva curarla con quelle poche garze, le avevano reciso la colonna vertebrale. Non riusciva a darsi pace guardando quella ragazza. Era davvero un destino sfortunato quello degli LWF oro. Aveva pensato molto cosa fare dei corpi, ma forse era giusto che in un modo o nell'altro tornassero a casa. Era giusto che il mondo sapesse fino a che punto si era spinta la Humans. Tirò fuori l'astuccio con tre siringhe che Mrs. Lorenz gli aveva lasciato. A lui ne bastava una, ma era il coraggio che ancora doveva trovare in sé stesso.
Mr. Lorenz gli aveva chiesto il filmato per capire cosa fosse successo in palestra tra Michael, Roxy e Kathy. Inspirò a fondo, si fece coraggio, lasciò la palestra e raggiunse il piano 0. Si inoltrò in quella giungla vuota di server. Sotto la scrivania trovò una ricetrasmittente e un panetto di ghiaccio abbandonato sul pavimento vicino alla sedia. Liv? Probabile. Il sistema di video sorveglianza era ancora accesso. Nessuno si era degnato di spegnerlo o di fermarlo. Cercò la telecamera della palestra, trovò invece quella della biblioteca. Si vedevano uomini armati scendere dall'ascensore. Bloccò l'immagine, poi si fece coraggio. I ragazzi erano sotto le scrivanie impauriti, poi Kathy si alzava, c'era un'esplosione dietro di lei anche se non si vedeva da quella telecamera: era fuori dall'angolazione. La ragazza correva giù per le scale; i militari si predisponevano in formazione e poi cominciavano a sparare. Le lacrime gli oscurarono la vista. Gettò la ricetrasmittente contro il muro arrabbiato.
Al diavolo tutto. La Humans meritava di essere ridotta in cenere. Kathy avrebbe saputo come fare, ma forse non servivano tante parole questa volta. Tagliò un paio di minuti da quel filmato, poi aprì il canale video della scuola: trovò facilmente le credenziali nella cronologia del browser. Postò il video intitolandolo: "Eccidio".
"Mentre il senato americano stava per entrare in sessione per cancellare la lista, questo è ciò che la Humans Holding ha fatto alla nostra scuola, ai nostri ragazzi. Non trovo altre parole per descrivere questo abominio. Eccidio." aggiunse lapidario ai commenti, poi rimase lì a guardare. Le viste sembravano immobili su valori molto bassi. L'esito della votazione del senato era notizia fresca, ma stava cominciando a rimbalzare per tutto il mondo. Selezionò un paio di siti web di notizie e sotto gli articoli che vantavano l'eliminazione della lista commentò con le stesse parole postando il link al filmato. Questa volta i commenti a quanto avevo scritto non si fecero attendere.
Nel frattempo, riprese a cercare i video della palestra: rimase esterrefatto di fronte alla palla di Roxy. Avevano perso tutti il controllo, ma da Roxy non se lo aspettava. Anche a Berlino era stata l'unica a tenere le fila. Cos'era cambiato? Perché ora non aveva saputo reagire come si doveva? Neutralizzare Michael, neutralizzare gli elicotteri, dimezzare la squadra aspettando i soccorsi. Roxy poteva farlo. Era l'ordine giusto per lei, date le sue armi e le sue capacità ed era certo che ci fosse arrivata in fretta. Cos'era andato storto? Diede un pugno al tavolo. Scaricò il filmato e lo mandò all'indirizzo di posta di Lorenz. Poteva vedere cosa aveva fatto suo figlio, se voleva, non aveva segreti con lui. Dopo aver visto quel filmato, l'unica cosa che si sentiva di dire è che quel ragazzo andava fermato, in ogni modo possibile. Forse toccava a lui farlo: una volta mutato poteva affrontarlo. Spense completamente il sistema. Quindi salì fino a R1 e alla pista degli elicotteri.
A valle vedeva un grande movimento di mezzi e uomini, l'incendio rischiarava la notte con mille fiaccole sparse per il bosco. Stavano intervenendo i canadair e c'erano diversi elicotteri della polizia e molti droni di emettenti televisive che sorvolavano l'area. Non poteva lasciare che qualcuno di loro riprendesse Kathy in quello stato. Riprese di corsa l'ascensore. Corse alla palestra. Trovò un materassino di gomma nel ripostiglio degli attrezzi. Lo fece scivolare lentamente sotto la ragazza. Poi piegò la gomma su sé stessa, prese un elastico e fermò il risvolto del materassino, fece passare una corda nel foro così ricavato e trascinò Kathy fino all'ascensore. Recuperò il borsone e salì fino a R1. Gli dispiaceva lasciare lì quei ragazzi, ma al momento doveva proteggere Kathy. Imbracciò la corda e trascinò la ragazza tra i resti degli armadietti e degli zaini. Mise un paio di giacche nel suo borsone ed uscì all'aperto.
Se non si fossero sbrigati quell'incendio avrebbe inglobato anche i resti della scuola. Gli tremavano le mani a sapere di dover lasciare quel luogo per sempre. Con le lacrime agli occhi, accese la torcia che aveva addosso e prese il sentiero trascinando Kathy con lui. Il materassino era pesante e si incastrava spesso nelle rocce, ma non aveva scelta: doveva allontanarsi da lì. Rimase in quota e puntò dritto verso il confine. Conosceva bene quei sentieri, li aveva fatti molte volte, ma non da mutato, non coi problemi al cuore che aveva ora e non trasportando Kathy. Dopo due ore, rovinò a terra senza più la forza di alzarsi. Vide una casetta di legno nella foresta poco più avanti, nascosta tra gli alberi. Lasciò Kathy sul sentiero cercando le chiavi. Non c'era traccia, ma alla fine decise che non aveva tempo per altro. Con le ultime forze residue trascinò Kathy lentamente nel bosco fin davanti alla casa; quindi, estrasse una pistola e sparò due colpi decisi alla serratura. Tirò Kathy in casa. Chiuse la porta dietro di sé e si sdraiò sulla brandina, esausto. Kathy rischiarava quell'ambiente come una fiaccola viola. Si augurò solo che non scoppiasse una nuova onda o avrebbe incenerito la struttura e lui in pochi secondi. Sentiva il cuore battere troppo forte, il respiro che gli mancava. Un forte dolore al petto.
"Ora o mai più" pensò. Si allungò verso la sacca, estrasse l'astuccio e lo aprì. Le sue mani tremavano. Rimase per un attimo a guardare quel liquido giallastro. Non poteva più aspettare. Poteva essere l'ultimo secondo della sua vita, ma solo un codardo rinuncia a vivere per paura di morire e lui non voleva più esserlo. Richiamò in sé l'immagine di Ariel e delle bambine, ricacciò le lacrime in gola, chiuse gli occhi e si iniettò quel liquido giallo nelle vene. Bruciava da impazzire, come la prima volta, come l'ultima. Gli sembrava di sentirlo procedere in lui come un fiume di lava, dritto verso il cuore. Gli mancò il fiato. Si strinse alla brandina con tutte le sue forze. Sentiva un'onda di energia crescere in lui. Fu come un lampo di luce e poi tutto si spense e sprofondò nell'incoscienza.
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