Persona scomparsa
Suzanne era accovacciata su una poltrona della biblioteca, scrutava l'orizzonte, il libro abbandonato sulle ginocchia. Si sentiva tradita, persa. Senza Michael era come se la scuola non avesse più pareti e ora dovesse procedere ogni passo in balia delle forti raffiche di vento che spazzavano le vette vicine. Il loro rapporto non era un'amicizia normale. Era una strana commistione di reciproco e segreto sostegno. Agli occhi della scuola erano poco più che estranei: lei girovagava per i corridoi con Jamson, studiava veterinaria nella stessa aula in cui l'amico aveva iniziato medicina, dopo un anno di tentennamenti. Michael era due anni avanti a loro, più grande, più indipendente, più spavaldo. Eppure, erano stati loro due, insieme, a fondare il circolo d'oro, a parlare per ore dell'anomalia. Michael non discuteva volentieri delle sue crisi, ma non le nascondeva mai quando capitavano. Per qualche strano motivo, l'aveva presa sotto la sua ala. Ci teneva a lei. Ricordava la frequenza delle sue crisi quasi più di sua madre e senza le schede o i complicatissimi esami genetici che faceva suo padre, aveva indovinato molte delle sue problematiche. Era talmente preciso che a volte aveva come il timore riuscisse a leggerle nei ricordi, anche se sapeva che non era tra i suoi poteri. La mandragola, a Jamson non l'aveva detto, ma Michael l'aveva trovata, in una valle vicina, la scorsa volta che era fuggito, l'aveva fatto per lei, finendo quasi sotto una valanga. Non aveva mai detto nulla a nessuno della scuola, non le aveva mai chiesto conto, aveva sopportato le ferite in silenzio promettendole che sarebbe tornato là fuori, su quella vetta, a cercare quel fiore. Appena le nevi si sarebbero sciolte, avrebbe trovato la mandragola e avrebbe tentato in segreto di rifare quella tisana che le dava tanto sollievo. E ora? Kathy aveva rovinato tutto! Forse era solo gelosa di loro: non si aspettava che Michael trovasse qualcuno diverso da lei con cui rincorrere le sue teorie. Le pareva ancora di vederlo sulla soglia dell'uscita di sicurezza, i capelli rossi scompigliati dal vento della sera. L'aveva vista senza dubbio; erano rimasti immobili, statue di sale a poco meno di tre metri l'uno dall'alta. Non aveva mai distolto gli occhi rossi da lei. Le lacrime mischiate al sangue sulla faccia completamente graffiata. Le era parso un lupo mannaro che avesse appeno sbranato una preda. Le aveva fatto segno di non proseguire e lei, come sempre, aveva obbedito. Si era seduta a terra sulla moquette e aveva raccolto le gambe al petto e poi era rimasta lì, ferma, fino all'arrivo di Tom. Non aveva nemmeno provato ad avvicinarsi a Kathy nonostante la sentisse mugugnare nel buio. Si era chiusa le orecchie. Non poteva credere che Michael fosse arrivato a tanto e, soprattutto, non poteva dimenticarsi: aveva scelto di lasciarla indietro, di andarsene senza nemmeno una parola o una carezza, un saluto. Si asciugò gli occhi non appena vide Jamson comparire in fondo alla sala scrutando le postazioni in cerca di lei.
«Sono stato da Kathy, ti ho aspettata venti minuti prima di entrare» brontolò il ragazzo.
«Non me la sentivo» confessò lei. Era la verità: non voleva guardarla negli occhi, meno che mai vedere le cicatrici che Michael le aveva lasciato addosso. E in più sapeva che ora Kathy era un mutante bianco, come Angela, leggeva nella mente delle persone. Cosa avrebbe letto in lei? Aveva paura della verità. Aveva timore di offenderla a mostrarsi disperata per Michael. Non era lui a essere morto e rinato. «Come stava?» La sua domanda si perse nel tonfo del libro che le era scivolato a terra.
Jamson si avvicinò per raccoglierlo e poi senza preavviso la prese tra le braccia. «Starà bene, è una tosta. Michael l'ha sempre detto.» Le parole di Jamson furono poco più che un sussurro nella sala semi vuota.
«Ho paura.»
«Lo so, David lo troverà.» Jamson le spostò una ciocca di riccioli neri del viso. «Non può essere andato lontano.»
Sette piani più sotto, David stava riflettendo guardando una cartina che avevano appeso sopra al cartellone di Kathy.
«Se avesse preso un autobus? Quella signora ha detto di avergli dato i soldi per il biglietto» Roxy si massaggiò gli occhi stanchi.
«Sì, ma poi? Dove si è diretto? Non ha alloggio. Cosa può fare con un paio di euro?» il direttore della scuola batté sulla carta agitato. Era una settimana che cercavano Michael senza successo. I suoi tentativi di fuga non erano mai durati così a lungo e Mr. Lorenz cominciava a essere sulle spine.
Roxy non disse nulla, ma dopo aver parlato con quell'anziana del supermercato, aveva capito che la loro ricerca si sarebbe complicata. In qualche modo, Michael aveva un piano, forse latente da mesi, come se a ogni tentativo di fuga avesse perfezionato la sua idea. Aveva aggirato il paese che sapeva essere pieno di dipendenti di suo padre, era andato in un luogo pubblico, era stato gentile e per nulla agitato e in più aveva trovato il modo di cambiarsi e di togliersi gli abiti della scuola, il che lo rendeva difficilmente riconoscibile. Era stato razionale e aveva seguito uno schema. Non era fuori controllo, come lei si sarebbe aspettata, e questo la preoccupava ancora di più. Non gli interessava di quello che aveva fatto? Forse per ora l'aveva rimosso. E se fosse tornato a galla? Michael poteva uccidere e dovevano impedire che arrivasse a tanto.
Aveva sempre "sentito" Jacob Finnegan: era stato il primo che lei aveva percepito, anche al di là di quelle grate. Era un bianco e un blu, come Kathy. Forse era stato quello, insieme al fatto che venivano dalla stessa scuola, ad averla turbata al punto di perdere il lume della ragione. Michael, invece, non l'aveva mai "sentito". Era sfuggente, oscuro, celava: non riusciva nemmeno a leggere i suoi sguardi. Faceva in modo di non rimanere mai solo con lei. Questo la spaventava ancora di più: non sapeva se fosse rimasto in lui qualcosa da salvare o se si fosse perso per sempre. Si voltò stupita.
Tom era fermo immobile dietro di lei: era agitato e stanco. Non ci voleva un rosso per capire che stava precipitando in un burrone. Roxy era stupita dalla sua reazione: un misto di senso di colpa e terrore, però c'era dell'altro, sentimenti più profondi e ancora non era riuscita a dargli l'esatta collocazione, probabilmente anche Tom stesso.
«Fammi quella domanda o sparisci.»
«Possa andare da Kathy?»
Roxy lo fissò di rimando colpita. Non aveva chiesto nulla su Michael: era davvero strano. Non gli interessava dove si trovava? Non aveva nemmeno dato una sbirciata alla cartina. «Visite brevi. Mrs. Lorenz è stata tassativa, deve riposare» Tom annuì, la ringraziò e tornò alla scrivania. Di cosa aveva paura? Perché voleva andare da Kathy, ma allo stesso tempo sperava di non poterlo fare?
«Roxy? Dirama la foto di Michael» David la riportò alla realtà.
«Va bene, come ricercato e pericoloso o persona scomparsa?»
David la guardò storto senza degnarla di mezza risposta.
Roxy alzò le mani e poi batté sui tacchi. Passò davanti alla scrivania di Tom che fissava ancora lo schermo come un pesce lesso. «Vuoi un invito scritto? Vai da lei e dille quello che le devi dire, tanto oggi o domani non cambierà.»
Tom la guardò preoccupato, ma poi annuì, recuperò un pacchetto misterioso dalla scrivania e la seguì verso l'ascensore. Roxy lo guardava incuriosita senza osare dire nulla.
Tom stava sudando freddo all'idea che lei potesse davvero capire cosa provasse per Kathy: l'elevatore gli sembrava salire con una lentezza esorbitante. «Sono solo comunicazioni di servizio.»
Roxy sorrise e annuì lentamente fingendo di credergli; tuttavia, prima di scendere, bloccò le porte dell'ascensore. «Ricordati che Kathy ha mutato il gene LWS W. Adesso non le puoi mentire.»
Tom a quella notizia sbiancò. Perché non ci aveva pensato prima! Roxy leggeva solo i sentimenti e le sensazioni, ma non poteva certo vedere a chi erano rivolti. Kathy ora avrebbe sentito ogni suo pensiero e questo complicava tutto terribilmente: era così confuso a riguardo. Scese al piano successivo e si fermò incerto. Rimase per un lungo istante come bloccato nel corridoio; quindi, recuperò il coraggio ed entrò. Sentì un grugnito vago e socchiuse la porta. Forse stava dormendo e poteva andarsene fingendo di non essere mai venuto.
«Se non vuoi entrare, non ti punterò una pistola alla tempia» mugugnò Kathy sarcastica da sotto le coperte. Tom nascose il regalo dietro la schiena, aveva le mani che gli tremavano. «Se sei venuto per farmi la solita ramanzina non serve, l'hanno già fatto David e Roxy prima di te. Se vuoi commiserarmi come Jamson, idem vattene, non voglio la tua pietà. Il messaggio è chiaro: sono una mina vagante, non vi fiderete mai più di me, se poteste mi nascondereste in una torre e gettereste via la chiave.»
«Per essere una che legge la mente, sei davvero miope» rispose tagliente Tom. Con tutto quello che avevano fatto per salvarla! Era arrabbiato. Furente.
Kathy lo guardò e sorrise. «Come volevasi dimostrare» poi si rigirò dall'altra parte.
«Ero venuto solo a dirti che ho abilitato il tuo tablet per accedere a Internet, ma sarai sotto il mio stretto controllo e ti giuro che questa volta non potrai usare le mie credenziali. Sarò io a tenerti in pugno.»
«Era l'unico modo, niente di personale» Kathy sputò fuori quella frase senza nemmeno voltarsi, fissava con aria contrita il cielo grigio di quella mattina, fuori dalla finestra.
Quanto avrebbe pagato Tom per essere un po' bianco o rosso anche lui, per poter scorgere cosa aveva nel cuore quella ragazza, invece era condannato a non sapere. «Come stai?»
Kathy nascose la faccia sotto le coperte. «Non voglio che nessuno mi veda, mai più!» fu ciò che il ragazzo riuscì a capire. Era una reazione certamente infantile, ma gli strappò comunque il cuore. «So che stai male, lo sento, ma volevo dirti, che non ha tradito solo te Michael, mi ha abbandonata, mi è passato sopra e mi ha lasciato sanguinante a terra, come un rifiuto umano! Dopo quello che avevo fatto per lui! Io lo amavo, Tom!» Kathy urlò acciecata dalla rabbia, lanciando scompostamente le coperte. «E lui mi ha uccisa.» La sua voce si spense in un sussurro.
Tom mandò indietro le lacrime, non ce la faceva più a rimanere in quella stanza, gli sembrava di soffocare.
«Ti senti ancora di coprirlo? Dovevi dirmi la verità!»
«Roxy ti aveva già detto la verità! E poi non sono stato certo io a coprirlo, avresti dovuto dirmi che era stato lui a romperti il polso!»
«E cosa avresti fatto, Tom? Vuoi sapere la verità? Eccola! Si è arrabbiato perché ero venuta da te ed era geloso. E tu cosa avresti potuto fare per salvarmi? Sappiamo entrambi che Michael era ed è più potente di te!»
«Al diavolo, Kathy, non gira sempre tutto attorno a te! Ti è successa una cosa orribile? Certo! Ma non avrai la mia pietà o il mio rimorso. Avresti potuto portare avanti la tua indagine alla luce del sole, chiedendomi aiuto e non sarebbe successo niente. Ti avrei detto chiaramente che era meglio non dire nulla a Michael, perché lui dà di matto quando si parla di quel posto. Avresti potuto darmi il suo disegno, invece di nasconderlo. Ci avrei messo meno di quanto immagini a dirti a chi apparteneva. Fosse stato per me, ti avrei escluso per sempre dall'indagine; ringrazia David se non è così. Comunque, ti ho mandato una mail con i dettagli sul logo, leggila pure con calma e non ti preoccupare, non mi servirà vederti per sapere quello che stai facendo. Io saprò ogni click che farai su quel dannato tablet e ti giuro che non me ne perderò uno solo.»
«Ottimo, c'è altro?» Kathy gli lanciò un'occhiataccia.
«No, nient'altro!» Tom le voltò le spalle, si asciugò gli occhi e gettò il pacchetto nel cestino; quindi, uscì, ma appena arrivato nel corridoio, franò a terra e lì, seduto sulla moquette blu, pianse tutte le lacrime che non era riuscito a versare nei giorni precedenti. Prima di rialzarsi l'unica cosa che pensò fu: "Non avrei dovuto lasciarla andare da lui" e poi Kathy sentì i suoi passi perdersi nella moquette del corridoio.
La ragazza rimase immobile nell'oscurità, si asciugò gli occhi e guardò fuori il buio che prendeva possesso lentamente della vallata. Quello che Tom aveva sussurrato in corridoio era arrivato alla sua testa con una chiarezza unica: era come se l'avesse sentito rimbombare, un'eco profonda, che continuava a rimbalzarle in testa. Voleva vedere l'oggetto che Tom aveva gettato nel cestino, ma non poteva alzarsi. Il disegno aveva dato i suoi frutti? Se era vero, doveva controllare, ma si sentiva troppo debole per farlo da sola. Poteva chiamare Roxy? Era ancora furente con lei e a David non avrebbe mai potuto chiedere del pacco. Tom era da escludere a priori, non lo voleva più vedere, Jamson non lo conosceva abbastanza, Suzanne era fuori questione, troppo sconvolta e Luke, le era sempre sembrato il tirapiedi di Michael. Le serviva qualcuno di esterno alla vicenda: prese il tablet, cercò un nome nell'elenco. Sapeva poco di lei, solo quello che Roxy le aveva detto quel pomeriggio, ma aveva tremendamente bisogno di alleati, doveva tentare se non voleva sprofondare definitivamente nella sua angoscia.
"Ho bisogno di una vera NERD per fare qualcosa di non troppo legale: ci stai?": scrisse soltanto. Quindi si appoggiò al cuscino e rilassò la schiena che le batteva dal dolore.
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