🌹Una vita che non mi appartiene prt2🌹

La signora Woods fu scortata con malagrazia dal marito fino le scuderie nel retro della casa. La prese di forza e la esortò a salire sullo stallone bianco, lo stesso che tempo addietro l'aveva scortata, ferita e dolorante, dal bosco alla villa, dopodiché anche il colonnello montò e con il suo frustino spronò al galoppo l'equino. Georgiana era conscia della vergogna che avrebbe arrecato alla sua famiglia ma nel suo animo era tranquilla, Dorian sarebbe stato dalla sua parte, poteva dubitare di tutti ma non di lui, no, Dorian l'amava come se fosse sangue del suo sangue. Era tremendamente stanca e mentre l'aria gelida le colpiva il viso la spossatezza rischiava di farle chiudere le palpebre. Raggiungere la capitale, dove abitavano i suoi genitori, fu motivo di grande sollievo nel cuore della piccola che bramava il momento in cui si sarebbe gettata a capofitto tra le braccia del padre e avrebbe pianto sul grembo materno. Si sarebbe concessa solo un giorno per dar sfogo a tutta la sua rabbia poi, con non poche difficoltà, avrebbe provato a seppellire nel suo cuore quelle ultime ore, quei mesi trascorsi con Alfred che altro non erano che il frutto dell'illusione di una ragazzina.
Anche se l'orgoglio ferito, l'umiliazione e soprattutto la delusione non si sarebbero mai sanati del tutto.
Villa Wellington si presentava in tutto il suo splendore: il giardino delicato dava l'impressione di essere un bellissimo dipinto, dove sul prato verdeggiante pennellate colorate decoravano i dintorni della casa dai colori pastello. Le lacrime iniziarono a scendere copiose ricordando con dolcezza i sogni che fino a un giorno prima le avevano attraverso la mente mentre si godeva una tazza di tè sul porticato. Una presa ferrea la destò dai suoi pensieri, nella strada principale, davanti il cancello, i passanti la guardavano con stupore e, dopo cinque minuti, una discreta folla si era disposta intorno a loro per osservarli. Non ci volle molto: Dorian Wellington si precipitò lungo il viale che conduceva al cancello, ignorò il buon costume e una volta vicino il giovane lo colpì in pieno viso con un sonoro pugno. Non conosceva il motivo del perché fossero lì ma, dal resoconto della servitù che era andato a chiamarlo, aveva capito che qualcosa era andato storto. La sua bambina era in abiti indecenti, sporca di sangue e con lividi sparsi lungo il corpo.
Cordelia si avvicinò a passo svelto, inizialmente il disappunto per quella scena le aveva arrecato un grande fastidio ma, analizzando i fatti, si ritrovò a non fare nulla apparte ascoltare.

Alfred si toccò la parte dolente e cercando di mantenere un certo contegno iniziò a parlare.

"Voi mi avete ingannato, questa... Donna è indegna del mio cognome e dell'appellativo di moglie. Sono venuto a conoscenza solo dopo le nostre nozze che non è in grado di generare figli, in oltre scrive storie lussuriose! È una sgualdrina!"

Georgiana sobbalzò alle grida dell'uomo, si strinse tra le braccia del padre come se lui potesse proteggerla dagli sguardi d'odio, dalle malelingue che la stavano giudicando come una donnaccia. Ma Dorian si ritrasse da quel contatto lasciando Georgiana inerme alla mercé dei passanti e di Alfred.

Cordelia si avvicinò all'orecchio dell'uomo.

"Non possiamo fare nulla per lei. Dorian, dobbiamo lasciarla andare. Ci arrecherà vergogna e disonore."

Sussurrò davanti la ragazza,

"Cosa stai dicendo, È nostra figlia!"

Rispose a denti stretti l'uomo.

"Un figlia che ci catapulterà nel fango, pensaci bene sciocco! Pensi che a me non si spezzi il cuore? Il tuo nome e il tuo titolo saranno ridicolizzati, non potrai più entrare in quei bordelli che ami tanto con aria da gran signore. E tuo padre? Si starà rivoltando nella tomba!"

Con la morte nel cuore dovette darle ragione. Tutta una vita aveva represso gran parte della sua natura per amore dell'apparenza e per i rigidi insegnamenti paterni... Aveva anche rinunciato al grande amore della sua vita per gli stessi motivi. Si avvicinò a Georgina e, allungando una mano, le fece una carezza sul volto paonazzo per la vergogna e la rabbia. La giovane rispose chiudendo gli occhi e liberando una piccola lacrima che si infranse sul palmo del conte. Dorian la guardava con pena ma non poté ritrarsi alla sua codardia. Sospirò e con calma inaudita scosse il capo. Sì girò in direzione di sua moglie per poi oltrepassarla con lo sguardo per arrivare ad Alfred.

"È vostra moglie, siete voi a dover decidere."

Delle parole dure, talmente crude da non sentirle proprie. Eppure le stava pronunciando a gran voce, ottenendo l'approvazione di chi lo guardava e il disgusto da parte di colei che lo aveva amato più di ogni altro. Il conte Wellington si sentiva morire ma come si può andare contro a ciò che ci ha plagiati per anni? Quando si cresce con determinati insegnamenti, rigide regole e concetti neanche un sentimento forte come quello che provava verso Georgiana poteva vincere. D'altro canto lui stesso le aveva detto di tenere ben nascosta la sua natura, in un mondo che odia il diverso l'unica via d'uscita è quella di fingere. A passo lento e con le lacrime a gli occhi tirò a sé Cordelia che, con un certo risentimento verso se stessa ma anche di vittoria, non distoglieva lo sguardo da Alfred.

Dorian la stava rifiutando.
Lui, che con amore l'aveva accudita tra le sue braccia quando era solo una bambina, si incamminava verso il viale che conduceva alla villa, lasciando dietro di sé il corpo di Georgiana fermo sull'asfalto. Le voci dei cittadini che la scrutavano con aria saccente, il nitrire dei cavalli, l'acqua piovana che le scivolava addosso. Ogni cosa era lontana, solo le tenebre la stavano abbracciando per riscaldarla da freddo che sentiva nel cuore, lo sconforto fu il suo unico amico. Ci sarò per sempre, figlia mia, menzogna. Ogni persona mente, e dolci promesse non sono altro che frasi di circostanza. Quando la vita mette davanti a una scelta i primi ad andarsene sono quelli che promettevano amore eterno. Il cancello in ferro battuto fu chiuso davanti lo sguardo sgomento della piccola figura in sottana, i risolini delle pompose dame iniziarono ad essere più forti, tanto da prendere a coltellate la sua anima ormai ferita.

"Sono tua figlia! SONO TUA FIGLIA!"

Urlò mentre cadeva a terra e le ginocchia si riempivano di graffi.
Ma non un cenno del capo ne una parola di conforto le furono rivolte. Tuttavia, in cuor suo, si sarebbe accontentata anche di un solo sguardo.

Non ebbe altra scelta, scappò, corse via mentre le parole di suo padre rimbombavano nella testa sempre più forti. Alfred rise e quel suono fastidioso pieno di veleno fu ciò che l'accompagnò per tutta la notte tra i vicoli sporchi che puzzavano di piscio.
Non percepì bene cosa le stesse accadendo, vide donne svestite darsi a uomini in mezzo le vie, bambini dalle guance scarne attaccarsi alle sue gonne per qualche spicciolo. Ma Georgiana non vedeva, non sentiva. Ai suoi occhi si mescolarono i colori  delle fiamme, accese dai poveri per riscaldarsi, al blu notte del cielo invernale. Infine tutto divenne tenebra.

Una sensazione strana la svegliò, sentiva il viso umido e il corpo tremava per il freddo. Dopo pochi attimi però un forte calore la invase, Georgiana aprì gli occhi e con suo grande dispiacere si ritrovò su un marciapiede. Davanti a lei le carrozze nobiliari si muovevano per trasportare ricche nobil dame, mentre, uomini eleganti si affrettavano a comprare i giornali dagli strilloni dai vestiti consunti e i capelli sporchi. Un dolore al petto la colpì violentemente e, insieme ad essa, un profondo bruciore di stomaco. Georgiana si guardò intorno e, con sua sorpresa, una coperta rozza, strappata e rattoppata in più punti, la proteggeva dal freddo.
Inizialmente la ragazza la scansò, quasi disgustata dall'oggetto grigio che odorava di sudore ma in un secondo momento la prese tra le mani delicate per esaminarla.

"Signorina!"

Una voce infantile la chiamò. La fanciulla si voltò e si ritrovò ad essere osservata, a pochi passi di distanza, da un bambino. Il piccolo era magro, talmente tanto da avere le braccia più sottili che lady Wellington avesse mai visto; il viso sfilato aveva incastonati due bellissimi topazi dal taglio a mandorla e i capelli sottili e biondi erano ricoperti di fuliggine. Anche il gilet verde oliva era sporco di cenere e in mano teneva una spazzola, di quelle per pulire i camini.

"Sì?"

Rispose Georgiana un po' indispettita.

"Quella è mia"-disse indicando la stoffa grezza-" se non la volete, per cortesia, potete posarla laggiù, vicino le altre ammucchiate accanto il muro."

Disse inclinando la testa, un po' deluso dalla reazione della giovane.
La ragazza rimase di stucco, quel bimbo aveva modi dolci e le guance arrossate. Non osava guardarla negli occhi, non possedeva niente eppure le aveva donato una coperta per riscaldarsi.

"Qual è il tuo nome?"

Chiese avvicinandosi al ragazzino.

"Garrett, mia bellissima principessa. "

Georgiana sorrise mentre si abbassava all'altezza del bimbo.
Ma una voce ruppe quella quiete.

"Garrett! Dannazione! Ti stanno cercando!"

Urlò un altro bambino che con dei giornali in mano correva per le strade attrevarsando gli incroci e sorpassando la piazza, rischiando di essere preso di petto da un calesse.

"D-devo andare. Arrivederci!"

"Aspetta!"

Provò a urlare la fanciulla ma il bambino iniziò a correre lasciando una nota di gioia in un cuore infranto.

*Spazio autrice*

Perfetto, vi ho rovinato uno dei personaggi più amati.
Ma tranquilli avremo modo di rincontrarlo.
Piuttosto come vi sembra l'incontro con Garrett? Lui, spero si capisca, sarà molto importante per Georgie e la sua figura servirà a parlarvi dello sfruttamento minorile in seguito alla rivoluzione industriale.
Proprio per questo personaggio vi esorto ad ascoltarlo "Lo spazzacamino" di Rancore, una canzone che mi ha ispirato questo dolce personaggio. *Il link della canzone è messo sopra*.

Piccola anticipazione:
Il prossimo capitolo sarà dedicato a Rebecca v.v

Se siete interessati a partecipare a un contest qui su Wattpad passate dal profilo _ShadowAwards_ e date un'occhiata al concorso shadow Award :)

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top