Prologo
«Sei un dannatissimo idiota Maximilian!» lo schernì un bambino che aveva tutta l'aria di chi avrebbe trascorso il resto della sua vita tra un bar e l'altro. Aveva il naso rosso come se all'età di nove anni fosse già ubriaco e il suo fegato fosse ormai totalmente fottuto. «Sai bene che solo uno dei nostri è migliore di cento dei loro. Non c'è niente di così interessante come dici tu dall'altra parte, non lo capisci?»
«Come diamine lo sai? Nessuno di noi è mai stato a Phioras per poter dare un giudizio oggettivo» contestò Maximilian, pronto a rigettarsi nella mischia e tornare a fare a pugni. Aveva già un occhio pesto e presto avrebbe anche iniziato a sputare sangue. «Vai in giro a ripetere tutto ciò che dice tuo padre come se fosse Vangelo, ma nemmeno lui sa di cosa parla»
«Tua madre presta ancora servizio al bordello?» gli chiese un terzo bambino, più alto degli altri e ovviamente più astuto di tutta la banda messa assieme. Sapeva sempre il punto debole di tutti e nessuno, in tre anni, aveva ancora trovato il suo. «Che ne sai che tuo padre sia davvero tuo padre e che tu in realtà non sia altro che un bastardo?»
Maximilian inspirò profondamente prima di rispondere. Sapeva bene che Jord cercava solo di farlo infuriare per poter andare in giro a dire che aveva messo al tappeto il figlio della puttana più richiesta di Vaska. «Non attacca con me» rispose, infatti, cauto. «Lasciatemi andare e chiudiamo qui la cosa»
Jord sorrise e mise in mostra i suoi denti sporchi a tutto il gruppo. «Come facciamo ad essere sicuri che in realtà tu non sia uno di loro?» domandò retoricamente, rivolgendosi ai presenti in quel vicolo lurido. «Magari tua madre se l'è fatta con un Heiliges e, senza saperlo, abbiamo tra le mani un angioletto in carne ed ossa»
Maximilian strinse i pungi dietro la schiena. Erano tre giorni che non mangiava e le forze lo stavano abbandonando piano piano. «Sono anche io un Theufel e sapete bene che nessuno attraversa la linea da quando è stata costruita» disse di rimando, lasciando che Jord lo guardasse in cagnesco. In quel momento gli sarebbe voluto saltare addosso. «Non ho nulla che anche voi non avete»
Il bambino che gli aveva dato dello stolto ad inizio serata si era fatto avanti e aveva estratto un coltello dal calzino sinistro delle sue braghe bucate. «Noi siamo fieri di esserlo» disse, squadrando il corpo magro di Maximilian e decidendo dove marchiarlo a vita. «Tu invece non lo sei mai stato»
«Non è assolutamente vero!» replicò, ormai capendo che per lui la giornata sarebbe finita alquanto male. «Lo dite solo perché vi serve qualcuno con cui sfogare la vostra rabbia. Ognuno di noi vive come un cane e a voi sembra che vada bene così»
Jord si voltò un attimo di schiena ma, non appena sentì quelle parole, i muscoli delle sue spalle si curvarono in modo innaturale, quasi come se Maximilian avesse appena detto una bestemmia. «Pensi che a Phioras le cose vadano meglio?» gli chiese, strappando dalle mani dell'altro bambino il coltello. «Le uniche persone con cui devi prendertela sono quelle che ci hanno divise finita la guerra»
«I Brylast non hanno nessuna colpa. Sono stati i Theufel e gli Heiliges a far crollare l'impero. Sono passati centocinquanta anni e voi fomentate ancora una faida che dovrebbe essere spenta da ormai un secolo» replicò lui, ormai pronto a ricevere da Jord il marchio che, sia a Vaska che a Phioras, tanto disprezzavano. «Dobbiamo fare del nostro meglio per non far crollare la linea o ancora meglio cercare di trovare un punto di contatto tra noi e loro»
Jord alzò il coltello e ne osservò la lama lucente. Voleva avere per lui l'onore di marchiare un presunto Brylast, un equilibrato destinato a vivere nella linea se avesse superato l'Eunohia. «Non ci sono più dubbi dunque» disse infatti, calibrando il peso dell'arma con la sua mano priva di anulare. «Sei davvero uno di quegli infami che credono di essere sopra a qualsiasi cosa»
A quelle parole si alzò un coro di versi di sorpresa ed indignazione. Alcuni dei bambini della banda di Jord sputarono a terra schifati, mentre altri se ne andarono senza aspettare un momento di più. Alcuni di loro abbassarono lo sguardo, non sapendo bene cosa fare, ma la maggior parte non aspettava altro che la lama trafiggesse le giovani carni di Maximilian.
Fu in quel momento che il figlio della puttana più desiderata di Vaska capì che la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Da lì in avanti avrebbe dovuto combattere contro gli stereotipi fino al compimento dei suoi ventun anni, quando avrebbe scoperto se effettivamente avrebbe dovuto lasciare la sua casa per trasferirsi nella linea, oppure se sarebbe marcito per sempre nei bassifondi della periferia della città in cui era cresciuto.
Qualsiasi cosa fosse successa nei successivi dodici anni, oltre l'oltraggio che stava per ricevere nell'essere marchiato a sangue, avrebbe anche dovuto fare i conti con il disprezzo di suo padre e l'assoluta e profonda delusione di sua madre. Nessuno dei due lo avrebbe più guardato allo stesso modo e chiunque fosse venuto a conoscenza delle sue origini, lo avrebbe trattato come un ratto che cerca di risalire dai tombini durante una pioggia torrenziale.
Jord si decise a farsi avanti e due degli altri bambini presero Maximilian per le braccia, costringendolo a mettersi in ginocchio. In quel vicolo era davvero buio e il suo sangue si sarebbe facilmente confuso con la groppa che ricopriva il cemento su cui era stato costretto ad accucciarsi. Probabilmente non avrebbe avuto il coraggio di ripresentarsi a casa fino al mattino seguente.
La luna alta nel cielo faceva scintillare il coltello di una luce fioca che risaltava gli occhi di Jord, come se fossero due rubini di onice nera levigata. Non appena gli comparve una smorfia di divertimento sul volto, Maximilian capì che era arrivato il momento che lo avrebbe segnato a vita. Avrebbe passato tutti gli anni successivi a dividere la sua esistenza tra il prima e il dopo: quello che gli stavano per fare lo avrebbe segnato profondamente, e non ne avrebbe risentito solo la sua giovane pelle.
«Apritegli la camicia» disse infine il suo carnefice, preparandosi a godere di ciò che sarebbe successo da lì a breve. «E tappategli anche la bocca»
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