.6 - Viaggio in prima classe
Nonostante Maximilian, appena salito e incappucciato sulla carrozza, avesse subito pensato che gli uomini del continente gli avrebbero dato un colpo in tesa o lo avrebbero massacrato di botte, ciò non avvenne. Forse era davvero troppo abituato ai lussuosi trattamenti ipocriti dei Theufel per rendersi conto che, in realtà e molto probabilmente, non ne avrebbe mai più visto uno in vita sua e ogni singola cosa sarebbe drasticamente cambiata in meglio, o forse anche in peggio. Alla fine dei conti, nessuno gli avrebbe mai potuto assicurare che le cose, nella linea, sarebbero state semplici.
Nessuno, né gli ex Theufel né gli ex Heiliges che si stavano allontanando dai confini delle proprie città sapevano realmente a cosa stavano andando incontro. Avrebbero potuto trovare una nuova vita ricca di felicità, oppure avrebbero potuto rimpiangere il passato come si rimpiange il primo amore finito tragicamente male. Probabilmente ci sarebbe anche voluto un po' affinché si trovasse un nuovo e stabile equilibrio che permettesse a tutti di convivere senza guerreggiare. Ognuno dei novizi strappati alle proprie case, quel giorno, aveva perso e acquisito tutto nel giro di una manciata di minuti e questo, per alcuni, poteva anche essere una tragedia bella e buona.
Era tutto così reale da sembrargli assurdo: lui, Maximilian Kastrov, era davvero e irrimediabilmente un Brylast.
Suo padre doveva starsi rivoltando nella tomba, non c'erano dubbi.
Nonostante la cosa lo avesse scioccato, non ne era rimasto alquanto sorpreso.
Jord aveva avuto ragione.
E anche lui stesso lo aveva sempre saputo.
L'idea, sepolta nel profondo del suo cuore, che avesse sempre saputo a che cosa era destinato lo destabilizzata, e non poco. Essere stato giudicato degno significava che aveva spudoratamente mentito a sé stesso per quasi tutta la durata della sua vita, e probabilmente, avrebbe continuato a farlo anche una volta stabilitosi all'interno della Merkal. Nonostante sapesse che quella era sempre stata la sua vera natura, non era certo di volerne abbracciare ogni suo aspetto e criticità. Essere un Brylast comportava, prima di tutto, molti sacrifici, ma anche alquanti rischi.
Stavano viaggiando verso il confine da ormai una mezz'ora buona e, le diverse carrozze che si erano aggiunte alla carovana formavano quasi sicuramente una fila lunghissima. Maximilian era ancora incappucciato ma, dopo essersi fermati nei piccoli paesi lungo il tragitto, erano saliti sul mezzo, oltre le guardie già presenti, altre due persone che molto probabilmente erano stati giudicati Brylast come lui. Dovevano essere un uomo e una donna perché un vestito pomposo impediva quasi del tutto il movimento nel piccolo abitacolo e l'atmosfera era carica delle russa di qualcuno con un bel grosso paio di polmoni.
Da Vaska, la linea non era per niente visibile. Solamente i minuscoli paesini più a sud della capitale del lato nord dell'isola avevano quel privilegio e risentivano, nonostante fossero passati centocinquant'anni, dell'accento tipico del sud di Icarys. La donna che, stese comodamente le gambe all'interno della carrozza, stava conversando con una guardia doveva per forza provenire da Sulys o Meryd. Aveva una voce abbastanza profonda, come se fumasse fin troppo, e la sua erre moscia le donava quel tocco sbarazzino che poche ragazze potevano vantare di avere. Se Lokart l'avesse incontrata, probabilmente avrebbe perso la testa per lei.
«Quanto ci vuole ancora?» aveva domandato questa alle guardie che li stavano scortando. Maximilian continuava a far finta di dormire nonostante la ruota della carrozza si fosse gettata in un buco alto quanto un secchio. «Mi avevano promesso che non ci sarebbe voluto molto e questi dannati cavalli sembrano dei pony piuttosto che degli stalloni ben addestrati»
«Ci vuole il tempo che ci vuole» rispose l'uomo in uniforme. «Quest'anno siete tanti e dobbiamo aspettare che i Brylast di tutta la parte nord dell'isola entrino nella Merkal nello stesso momento»
«E i Brylast che provengono della parte sud?» chiese imperterrita la ragazza. «Bisogna aspettare anche loro?»
L'abito pomposo della donzella costringeva Maximilian ad accartocciare le gambe in modo alquanto scomodo e innaturale. D'altro canto, l'uomo che era salito con lei doveva essere davvero un armadio per sovrastare qualsiasi altro rumore con il suo ronfare. Le sue spalle larghe lo avevano schiacciato contro la portiera in legno e velluto della carrozza e avevano fatto si che la sua tempia destra sfiorasse di poco il vetro freddo dell'abitacolo. Se l'omone si fosse spostato di qualche centimetro, lo avrebbe di certo fatto rotolare via.
La guardia che aveva preso a conversare con la donna sbuffò e, stando ai rumori, scostò le tendine in velluto per guardare fuori. «Per essere una donna di Sulys parli tanto» disse, incrociando le braccia al petto e sbottonandosi qualcosa. «Non ho intenzione di rispondere ad altre domande. Quando arriverà il momento qualcuno vi spiegherà tutto ciò che dovete fare e sopratutto sapere»
«Non ho bisogno che qualcuno si prenda la briga di dirmi cosa fare» ribatté ancora lei, allungando la gamba e facendo strisciare la sua caviglia contro quella di Maximilian. Molto probabilmente la conversazione si sarebbe spostata su di lui e presto avrebbe dovuto avere qualcosa da rispondere alla donna di Sulys. «So già tutto quello che c'è da sapere sulla linea. Nella mia famiglia sono stati sorteggiati ben dieci Brylast nel giro di tre generazioni e io so bene qual è il mio posto»
La guardia non rispose ma si mosse nella carrozza, togliendo a Maximilian il cappuccio dalla testa. Nonostante avesse ancora i polsi legati, la sensazione di riuscire nuovamente a vedere gli tirò su un po' il morale. L'uomo fece poi lo stesso con gli altri due e tornò a sedere al suo posto, picchiando le nocche delle dita sul vetro della carrozza. «Siamo abbastanza lontani» disse solamente, stringendosi nella sua uniforme. «Se tutti e tre fate i bravi non vi rimetterò il cappuccio in testa. Sono stato chiaro?»
«Limpido» rispose la ragazza.
Maximilian si limitò ad annuire e a guardare di sottecchi l'uomo steso accanto a lui. L'orso, non appena gli fu levato sacco dagli occhi, si ridestò dal suo sonno profondo. Aveva i capelli grigi molto lunghi e due braccia talmente possenti da essere il doppio di quelle di Maximilian. Era bardato dalla testa ai piedi con una sorta di armatura rigida che gli copriva l'ampio petto. Due paia di stivali sporchi di terra gli arrivavano fino sopra al ginocchio. Al collo portava una medaglione d'orato che raffigurava un cavallo e una spada. Vestito in quel modo, sembrava appartenere a quei gruppi di cacciatori che spesso si inoltravano nelle lande dei lupi per cacciare.
La ragazza dovette accorgersi dell'interesse spudorato di Maximilian per l'uomo accanto a lui perché si allungò di poco e gli sorrise, inclinando di poco la testa di lato. «Ti piacciono i tipi muscolosi?» gli domandò lei, indicandogli l'altro loro compare. «Purtroppo per te è già sposato ma se mi permetti di farmi avanti, anche io sono un bel bocconcino...»
Maximilian si fece spazio e prese a fissarla, squadrandola da capo a piedi. Aveva i capelli rossi molto lunghi e i due seni prosperosi erano nascosti dietro ad un bustino a stecche color porpora. Una collana simile a quella dell'uomo raffigurava un cavallo, insieme ad una rosa piena di spine e le sue labbra carnose erano di poco socchiuse. Le dita delle sue mani erano lunghe e sottili, ma visibilmente abili nel lavoro. Stando a quello che aveva visto, la giovane doveva essere una regina fabricas, una ammaestratrice di cavalli e una vera progettista di armi.
«Siete della stirpe dei cacciatori?» chiese dunque Maximilian, conclusa la perlustrazione visiva ed aver evitato completamente di rispondere alla provocazione. «Vi hanno estratto entrambi da Sulys?»
La ragazza tornò con le spalle appoggiate al cuscinetto della carrozza e si scambiò uno sguardo di intesa con l'omone ormai bello che sveglio. «Sei acuto per essere uno di Vaska» disse infine lei. «Con chi ho il piacere di conversare?»
«Con uno di Vaska»
«Io sono Aldair» si intromise l'omone, evitando in tempo che lo sguardo di Maximilian prendesse fuoco nel vedere come quella gente si trovasse completamente a proprio agio. «Lei invece è la mia sorella gemella Marisa»
«Che cosa hai tra le mani?» gli domandò la ragazza, vedendo che Maximilian si faceva passare tra le dita ciò che Lea, durante la cerimonia, gli aveva infilato in tasca senza permesso. «É un anello quello che vedo? Non dirmi che dovremo sorbirci le lamentele su quanto sia stata ingiusta la tua dipartita per tutti i mesi che verranno. Non sarai mica uno di quelli che rimpiange casa, dico bene?»
Maximilian si fece scivolare nuovamente in tasca il piccolo oggetto in questione. A dire il vero non ere affatto un anello, ma piuttosto assomigliava invece ad una abnorme moneta d'orata con strani simboli incisi sulla superficie, spezzata in due. «Anche se fosse non sarebbero affari vostri» concluse lui, alzando lo sguardo e assottigliando gli occhi quando la guardia iniziò a mostrare interesse verso la conversazione. «Non andrò certo a raccontare i fatti miei a tutti i Brylast della linea solo perché sono stato giudicato degno da una giovane donna bendata. Alla fine dei conti, io sono pur sempre un Theufel e ciò che sono stato è ancora vivo dentro di me. Questo non lo potrà cambiare nessuno, nemmeno uno sgradito soggiorno in una città lunga migliaia di chilometri»
Aldair si sistemò meglio sul sedile della carrozza. «Dunque non possiamo nemmeno sapere il tuo nome?» domandò, guardando divertito la sorella come se avesse già capito chissà cosa. «Noi ci siamo presentati e siamo stati cortesi nonostante siamo nati Theufel, questo fa forse di noi dei traditori? Non siamo abbastanza vivi per te?»
Maximilian li guardò entrambi per poi dover ammettere a sé stesso che degli alleati avrebbero potuto fargli comodo. Nonostante non si fidasse mai di nessuno, avere qualche asso nella manica avrebbe potuto giocare a suo vantaggio. Dover rimanere nella Merkal per chissà quanto avrebbe potuto metterlo in situazioni sgradevoli e avere qualcuno dalla sua parte sarebbe stato meglio che trovarsi, da solo, con le spalle al muro. «Il mio nome è Ilyan» confessò infine, utilizzando il nomignolo che sua madre usava spesso quando era bambino. «Ma non vi dirò oltre se questo è quello che sperate»
«A dire il vero non ci serve sapere nient'altro, Ilyan» rispose Marisa, facendo nuovamente scorrere la sua caviglia contro quella di Maximilian. «Stiamo iniziando una nuova vita ed è opportuno che certe cose rimangano nel passato, non credi? Ognuno dovrà fare la propria parte per collaborare, altrimenti torneremo tutti al punto di partenza»
«Parlando di partenze, come mai ti sei presentato all'Eunohia come un barbone?» gli domandò Aldair, notando come Maximilian fosse ancora vestito con una semplice maglia bianca, coperta da una vestaglia e accompagnata solamente da un paio di stivali in pelle. «Ti sei forse dimenticato che giorno fosse?»
Il ragazzo si prese del tempo per calibrare le sue parole. Quei due individui sconosciuti non solo provenivano da un paesino sperduto delle regioni del sud, ma erano anche cacciatori di lupi fermamente convinti nella riuscita del piano della dea Lexys. Maximilian non poteva che sentirsi dannatamente lontano dal loro modo di pensare, ma allo stesso tempo così affascinato dai loro inamovibili valori. Nonostante fosse ben consapevole che nei piccoli borghi del meridione, l'Eunohia fosse vista diversamente, mai si sarebbe immaginato che Vaska fosse così impregnata d'odio e rancore da considerare i Brylast come delle bestie da macello.
«Non volevo sembrare troppo presuntuoso» rispose quindi Maximilian, accavallando le gambe e recuperando un po' di spazio all'interno della carrozza. «Noi di Vaska amiamo rimanere umili e semplici. Nessuno di noi si aspetta mai di venir trascinato via da una carrozza del continente. Ovviamente io mi sono sbagliato, oppure è stata la donna a sbagliarsi...non lo sapremo mai»
Marisa fece una smorfia e, con un gesto preciso del collo si scostò i capelli dal volto. «Le depositarie non si sbagliano mai» replicò, ammiccando alla guardia che cercava in tutti i modi di prendere parte alla conversazione come se sapesse qualcosa più degli altri. «Al massimo sono i Brylast a sottovalutarsi»
«Da quasi due secoli non è mai cambiato nulla» continuò Aldair, prendendo in mano il suo medaglione e lucidandolo con il polpastrello del pollice. «Il nostro sacerdote dice che però quest'anno le cose cambieranno...che il Moyer e l'Oyre troveranno finalmente la pace e che le porte del continente potranno essere nuovamente aperte ad Icarys. Anche lì le cose stanno iniziando ad andare male e hanno bisogno di qualcuno che conosca i vecchi fondamenti»
«Voi ci credete per davvero?» chiese Maximilian, sbirciando dietro le tendine della carrozza e, come un miraggio, scorgendo di poco quella che doveva essere per forza la linea. Davanti a loro si stagliava l'altissimo muro in pietra che aveva ospitato, nei secoli, tutti i Brylast della storia. «Credete sul serio che le cose possano cambiare?»
Marisa incrociò le braccia al petto e gli sorrise. «Serve solo qualcuno che sconfigga l'usurpatore e che quindi elimini definitivamente le traccia di Dixtr dall'isola» disse, guardando poi suo fratello. «Non la conosci la storia? Cosa pensi di andare a fare nella Merkal? Pettinare le bambole?»
«Io penso al presente e a quello che posso fare con quello che ho in mano» rispose Maximilian, ovviamente per non dire che aveva evitato qualsiasi riferimento ai tesi antichi come se gli si potessero incendiare gli occhi alla sola loro vista. Quello che gli era capitato gli aveva fatto sviluppare una sorta di avversione negativa riguardo tutto ciò che era successo a partire dalla battaglia del cervo in avanti. «Di certo non pensavo di trovarmi qui, a discorsare con voi»
Aldair accavallò le gambe. «Eppure, se sei stato scelto ci deve essere stato per forza qualche segno» disse, lanciando una occhiata alla sorella per capire se fosse il caso di chiudere lì il discorso oppure far alterare ulteriormente il loro compagno di viaggio. «Comunque sia la vita della Merkal non è affatto come la raccontano a Vaska...»
Maximilian ispirò profondamente e, con tutte le sue forze, evitò di far scorrere le sue dita verso la sua cicatrice. «Comunque sia non mi interessa» rispose, notando come ormai il sole fosse calato all'orizzonte e si fosse fatto tutto più sicuro. «Quello che dicono i sacerdoti non si è mai avverato, non vedo perché proprio quest'anno debba cambiare qualcosa»
Quando la carrozza si fermò definitivamente e la guardia scese, Marisa gli lanciò un lungo sguardo riflessivo. «Non ti si può fare una colpa se non credi che le cose possano cambiare» disse, spostandosi e facendo passare Aldair. «Ma puoi star certo che la linea non risparmia nessuno, nemmeno gli eretici Vaskiani. La tua vita sta per cambiare e quando te ne renderai conto sarà troppo tardi»
Maximilian lasciò passare per prima la ragazza e poi uscì anche lui dalla carrozza del continente. «Staremo a vedere»
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