.5 - Il giudizio di Lexys
«Avanti il primo ragazzo» aveva detto re Chiaros, mentre tornava a sedersi sul suo trono improvvisato e si lisciava, con la mano inguantata fino al gomito, il suo fin troppo lungo mantello regale. «La cerimonia di quest'anno ha ufficialmente inizio»
La folla, a quelle parole, non fece un fiato e l'atmosfera si fece talmente piatta e tesa che a Maximilian venne il dubbio che, in realtà, quello fosse solamente un brutto sogno da cui si sarebbe potuto presto svegliare, anche se ovviamente di soprassalto. Purtroppo però, quella non era la verità, e lui lo sapeva bene. Ormai, quasi tutti i presenti in quella piazza avevano capito che il primo a salire su quel dannato palco sarebbe stato proprio il barone di Vaska e, dunque, la smania di urlare e farsi sentire era stata rimpiazzata dall'assoluta curiosità di vedere che cosa sarebbe successo.
Quale sarebbe stato il giudizio?
Si sarebbero finalmente liberati di Maximilian come, in fondo, tutti i cittadini avevano sempre voluto?
Dopo che Jord fu spostato malamente di lato, il comandante delle guardie del continente diede uno strattone al braccio di Maximilian e lo intimò a farlo salire per le scale di legno che lo avrebbero reso visibile a tutti i presenti. «Sei tu il primo» disse. «Comportati bene e potrai tornartene da dove sei venuto senza che ci siano conseguenze»
Maximilian obbedì e, non appena si trovò sul palco in legno, il sole lo colpì dritto in faccia. Il re lo guardava pensieroso e ogni tanto faceva scorrere il suo sguardo da lui alla folla, forse per vedere le reazioni o semplicemente perché tutta quella faccenda lo annoiava a morte. Comunque fosse, la sua appariscente presenza lo rendeva l'unico gioiello in un campo marcito come la città di Vaska. Quel pomeriggio, quando avrebbe presenziato all'Eunohia a Phioras, forse sarebbe stato accolto in modo molto diverso e si sarebbe anche sentito più a casa. Dopotutto gli Heiliges erano una razza molto più mansueta dei Theufel e non gli avrebbero di certo creato problemi.
Non appena Maximilian fu posizionato al centro del palco gli furono tolte le manette e una donna sulla quarantina si fece avanti, smuovendo di poco le assi di legno sotto di lei. Questa portava una tunica completamente bianca e una benda sugli occhi. Nella mano sinistra stringeva una spada e la destra teneva una bilancia grande come un boccale di birra. «Io sono Lea, depositaria del potere terreno di Lexys» disse, spostandosi in avanti e parlando, contemporaneamente, sia al ragazzo che a tutti i presenti. «Sono qui per giudicare l'equilibrio dei fondamenti della natura umana nei giovani Theufel»
La folla iniziò a mormorare qualcosa ma nessuno osò alzare di molto il tono di voce.
Si respirava una atmosfera alquanto carica, come se tutti sapessero che qualcosa avrebbe squarciato il velo che era stato teso molto tempo prima di quel giorno di festa.
«Qual è il tuo nome?» Chiese Lea a Maximilian, nonostante non potesse vederlo, avendo gli occhi coperti.
Il ragazzo tentennò ma poi si decise a parlare. «Maximilian» disse, non sapendo davvero che cosa aspettarsi. Dopotutto non aveva mai assistito all'Eunohia e aveva sempre cercato, in tutti i modi, di non ascoltare i pettegolezzi che riguardavano quell'argomento. A posteriori, dovette ammettere a sé stesso, aveva commesso un errore. «Mi chiamo Maximilian Kastrov»
La donna bendata parve sorridere. «Il ragazzo bastardo dagli occhi di ghiaccio?» domandò, come se già sapesse la risposta a quella sottile e infima domanda. «Sei pronto a mostrare la tua anima davanti alla giustizia?»
Maximilian si voltò verso Jord, che sapeva bene lo stesse fissando con un ghigno divertito. Anche il re lo stava guardando e, molto probabilmente, si stava chiedendo che cosa fosse successo per avere davanti a sé un ragazzo completamente coperto di sangue e barcollante. «Sia fatta la volontà di Lexys» disse infine lui, tornando a fissare la spada argentata di Lea. «Sono pronto»
La donna si avvicinò a lui e diede le spalle alla folla. Dopo un rapido inchino rivolto al re, alzò in aria la spada ed esigette che Maximilian allungasse un braccio nella sua direzione. «Dal sangue versato dalla sacra lama saremo in grado di parlare con il tuo vero essere» disse, per poi tagliare in due il palmo scoperto del ragazzo davanti a sé. «Che tu possa parlare liberamente ed accettare fino in fondo la tua natura»
Per un attimo, a Maximilian parve di cadere nel vuoto ma poi si sentì talmente leggero da poter volare via insieme agli uccelli appollaiati sui tetti che, troppo spesso, gracchiavano disturbando il suo sonno leggero. Lea, davanti a lui, aveva preso sembianze diverse, quasi come se fosse ringiovanita di dieci anni nel giro di qualche istante. A differenza di poco prima, sembrava non portare più la benda e i suoi occhi completamente vitrei lo scrutavano senza pupille e lo interrogavano silenziosi. Il sangue che gli colava dal palmo gocciolava sui due piatti della bilancia e ne scuriva il colore argenteo, modificandone anche l'equilibrio.
«Maximilian...» proruppe di nuovo la donna, alzandogli il mento con il dito indice e facendo si che guardasse dritto davanti a sé. A sua volta, la gente lì radunata lo fissava con una strana apprensione. «Posso sapere chi sei?»
Il ragazzo, rimasto accecato dal sole e dal nuovo sentimento di completo estraniamento del suo corpo, iniziò a parlare liberamente e senza filtri. Maximilian, infatti, non sentiva più quel peso opprimente che, per tutta la vita, lo aveva fatto comportare in certi modi davvero terribili e ingiusti. In quella mattinata di Febbraio, sentiva come se avesse potuto rivelare il suo segreto al suo peggior nemico e fare, nello stesso momento, ammenda per tutti i suoi peccati. «I miei genitori sono Theufel e io, a mia volta, lo sono dalla nascita» disse, facendo vagare i suoi occhi su chiunque riuscisse a scorgere. «Vivo a Vaska da quando ne ho memoria e, come mia madre faceva la puttana, anche io mi sono prostituito per anni. Questo è ciò che sono...»
«Te ne vergogni?» gli domandò Lea, posizionandosi alla sua destra. «É questo che vuoi essere per il resto della tua vita?»
Un muscolo del collo di Maximilian si contrasse spasmodicamente, come a ricordargli che non poteva sputare in faccia al re qualsiasi cosa gli attraversasse la mente. «Non mi vergogno di ciò che sono diventato» rispose lo stesso, come se il potere che la spada aveva su di lui fosse troppo forte. «Ma non è quello che voglio essere per il resto della mia vita»
Un moto di sorpresa attraversò i presenti come un fiume in piena sapeva rompere una diga. C'era chi si era portato una mano alla bocca, chi tra i capelli. Alcuni lo avevano appena mandato a quel paese e i ragazzi che stavano per andare incontro al suo stesso destino lo stavano guardando sdegnati. Alcuni si erano messi a ridere mentre altri, tra cui Jord, erano ben consapevoli fin dall'inizio di ciò che il ragazzo avrebbe detto, sotto l'effetto della sacra lama. Nonostante tutto quello scalpore, Maximilian non riusciva ad essere dispiaciuto o pentito di quello che aveva appena rivelato: ciò che aveva detto era la pura e cruda verità.
«Che cosa vuoi fare allora, se non rimanere il padrone indiscusso della città di Vaska e del suo più prezioso locale, il Rubino?» domandò ancora Lea, notando le più disparate reazioni che riusciva a cogliere, nonostante i suoi occhi senza pupille e completamente bianchi. «C'è qualcosa che desideri?»
Maximilian mosse il capo in segno di affermazione. Se la sua mente era in un completo stato di trance, il suo corpo invece si opponeva con tutta la sua forza inconscia. Aveva serrato i pungi e i muscoli del collo erano talmente tesi che, quasi sicuramente, gli sarebbe venuto un malsano mal di testa. «Sì» disse però, deglutendo e sentendo le parole che avrebbe detto dopo sulla punta delle lingua. «C'è qualcosa che voglio»
Lea dovette chiedere alla folla presente di fare silenzio. Anche il re sembrava essere incuriosito e si era messo sulla punta del suo trono improvvisato. «Che cosa sarebbe questa cosa che tu vuoi?» domandò ancora la donna, depositaria del potere di Lexys tra i mortali. «Vuoi condividerla con noi?»
Maximilian sospirò e si impose di non guardare Jord mentre rispondeva alla domanda. «Vorrei oltrepassare la linea e conoscere gli Heiliges» disse, sentendo subito dopo le reazioni di sdegno dei suoi concittadini Vaskiani. «Sono curioso di conoscere come sono fatti, di vedere le differenze e i punti in comune che hanno con le persone da questa parte della Merkal. Se dovete punirmi per qualcosa fatelo per la mia sana curiosità, non certo per un tradimento che non ho commesso»
«Di che tradimento parli?» si intromise il re, con il permesso di Lea.
Maximilian si voltò verso il reggente e si abbassò di poco per guardare i suoi colori scintillanti e la corona intarsiata di diamanti. «Queste persone credono che io abbia ripudiato il mio essere Theufel, ma non è così. Si sbagliano» spiegò, questa volta fissando Jord con occhi carichi di odio e sopratutto rammarico. «Io mi sento un Theufel e le mie azioni lo hanno confermato in tutti questi anni»
Lea appoggiò la piccola bilancia imbrattata del sangue del ragazzo sulle assi del palco, affinché tutti, nella grande piazza ovale, potessero vedere il responso finale di Lexys. «Noi tutti conosciamo bene le gesta del barone di Vaska» continuò Lea, facendo qualche passo per lo spazio che a lei era stato adibito e muovendo la sua lunga veste chiara. «Il Rubino, la lotta per il dominio dei vicoli della città, il tuo braccio destro Lokart che in questo momento sta facendo esattamente ciò che gli hai chiesto facesse e le tue alleanze con la rete di sicari sono solo una manciata delle cose che Maximilian Kastrov ha fatto e di cui tutti sono a conoscenza. Mi chiedo però, se c'è qualcosa che nessuno qui, a parte pochi, conoscono di lui»
Come un fulmine a ciel sereno, Maximilian capì subito dove il discorso della donna sarebbe andato a parare e non potè fare altro che aspettare l'inevitabile rivelazione che si sarebbe lasciato sfuggire.
«Hai ucciso, rubato, minacciato» disse ancora lei. «Hai costruito un impero, hai sempre ottenuto quello che volevi ma hai fatto tutto da solo, questo è innegabile. Tuo padre è morto, tua madre era una puttana e ciò che hai costruito rimane e rimarrà in piedi su un'unica cosa soltanto. Sai dirmi che cos'è, Maximilian?»
Il ragazzo deglutì a vuoto, pronto a sentire il suo cuore mancare di un battito. Scosse la testa energicamente. Non riusciva a pensare ad altro che quella cerimonia fosse diventata più una umiliazione pubblica che un giudizio basato sulla giustizia divina. «Non lo so» rispose, lasciando che i suoi pugni serrati facessero diventare le nocche bianche. «Non posso dirlo, non qui, non ora»
Il re aveva gli occhi pieni di curiosità e la sua gamba faceva su e giù dall'agitazione.
Lea prese le tempie di Maximilian tra le mani. «Si che puoi» replicò, spingendo i polpastrelli nella carne del ragazzo. «Basta che tu ce lo dica e sarà tutto finito»
«Niente sarà finito se dirò la verità» rispose il ragazzo. «Niente sarà più come prima...»
La donna parve muoversi in preda ad un moto di frustrazione. Maximilian le stava dover facendo perdere del temo prezioso. «Hai paura che le cose cambino?» chiese ancora la depositaria di Lexys. «Hai paura che ciò che hai fatto venga reso vano?»
Il ragazzo annuì. «Ho paura che quello che mio padre pensava di me si avveri»
Maximilian sentiva la gente sotto il palco iniziare a mormorare qualcosa di poco comprensibile. Molto probabilmente ogni singola persona che era riuscita a sentire le idiozie che gli erano uscite dalla bocca stava ridendo di lui. Anche se non avesse rivelato più nulla, ciò che già aveva detto sarebbe bastato farlo diventare lo zimbello di tutta Vaska, sempre ammesso che avrebbe mai avuto la possibilità di rimettere piede al suo amato Rubino. Se Lokart stava assistendo alla cerimonia probabilmente aveva già preso il controllo di tutte le sue proprietà e lo aveva, addirittura e da buon Theufel, già rinnegato.
In quegli interminabili istanti, Maximilian si sentì tornare bambino. La paura, la rabbia e qualsiasi altro sentimento lo avevano reso un ammasso ambulante di tutto e nulla. Non si sentiva più padrone di sé stesso e le mani di Lea su di lui lo rendevano dannatamente vulnerabile, come se tutte le sue barriere fisiche e mentali fossero cadute da un momento all'altro. La voglia di urlare e correre lontano da quella piazza ovale lo stava rosicchiando, piano piano, dall'interno. Non vedeva l'ora che quella tortura finisse e che la gente smettesse di fissarlo.
«Ovvero?»
Maximilian strinse i denti. «Mio padre era convinto che la mia cicatrice rappresentasse il vero»
Lea gli tolse le mani di dosso e la piccola bilancia iniziò a muoversi più velocemente, alzando ed abbassando i piatti di metallo, ancora imbrattati del sangue del ragazzo. Nonostante l'oggetto fosse di dimensioni davvero ridotte, Maximilian ne riusciva a sentire lo scricchiolare, come se quella bilancia fosse nel suo cuore e non davanti a tutti e a sé stesso. Si sentiva come se tutto il suo essere si trovasse esposto e sotto condanna, piuttosto che giudizio. I suoi nervi scoperti e a fior di pelle gli stavano dicendo una sola cosa: scappa, scappa, scappa.
L'unico problema era che scappare sarebbe stata, innegabilmente, la peggiore scelta possibile: non solo sarebbe stato deriso, ma sarebbe stato anche reputato un codardo piagnucolone.
«Quale cicatrice?» gli domandò ancora Lea.
Maximilian vide Jord, sotto di lui, sorridere e mettere in mostra i suoi denti sporchi. «La Toskha» rispose soltanto, abbassando lo sguardo e udendo il vociare deluso e amareggiato dei presenti. Ora tutti sapevano che il loro, ormai non più, barone portava, inciso sulla sua pelle, il più grande segno di disonore per un Theufel.
Lea si voltò a guardare la piccola bilancia che si era appena fermata perfettamente in equilibrio, con i due piatti alla stessa altezza ed il sangue ormai secco. Il giudizio era stato emanato e la donna era tornata a fissarlo, ora con nuovi bellissimi ed espressivi occhi verdi. «La dea Lexys ha parlato tramite me» disse, portandogli una mano alla spalla e facendolo avanzare verso la folla. «Maximilian Kastrov è stato reputato degno di mettere piede nella Merkal e da ora in poi verrà considerato un Brylast a tutti gli effetti. La bilancia ha parlato, sia fatta la volontà degli dei»
I presenti, a partire dallo stesso Jord, proruppero in urla ed imprecazioni generali di assoluto dissenso. C'era chi aveva preso a lanciargli addosso qualsiasi tipo di oggetto, da piatti in ceramica e pugnali affilati. I giovani Theufel, ai piedi del palco, gli avevano rivolto la schiena ed avevano iniziato a dargli del traditore bastardo. Gli ubriachi lanciavano in avanti le loro bottiglie vuote e le madri avevano preso ad allontanare i figli e scuotere la testa. Solo il re sembrava essere abbastanza soddisfatto da mettere tutto a tacere, semplicemente alzandosi e allungando una mano.
«Essere giudicati degni non è un disonore» disse dunque l'uomo, sfidando con gli occhi chiunque osasse fare ancora un fiato. «Questo ragazzo è uno dei pochi cittadini di Icarys ancora degno dell'amore dei sette dei antichi. In lui il Moyer e l'Oyre sono entrambi presenti ed equilibrati. Il destino di quest'isola è nelle sue mani, non lo capite?»
Qualcuno tra la gente si spinse avanti. «Mandatelo al rogo!» urlò, pulendosi poi la saliva con la manica della camicia.
«Uccidetelo!» Sbraitò qualcun altro.
«Traditore di un Brylast!»
«Tuo padre aveva ragione!»
Maximilian era ancora abbastanza confuso da non rendersi conto che Lea gli aveva infilato qualcosa tra le dita e che le guardie che lo avevano portato fin lì, lo stavano ora trascinando di nuovo via, contro il suo volere. I tacchi dei suoi stivali strisciarono sul legno e poi sull'asfalto duro della piazza. Fu condotto in un vicolo sorvegliato che si trovava poco lontano da dove era stato umiliato e fu infilato, con un cappuccio in testa, in una solida e resistente carrozza. I cavalli che erano stati scelti per trainarla erano quattro esemplari di Ardennese ed erano impazienti di partire.
Non appena si furono messi in marcia, l'ultima cosa che Maximilian riuscì a sentire fu la voce del re Chiaros. «Avanti il prossimo» disse. «L'Eunohia deve continuare»
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