.31 - Il ballo

Quel giorno di inizio primavera, Maximilian aprì gli occhi.

Li spalancò e si lasciò accecare.

Accolse la luce, una vecchia e dimenticata amica.

Nonostante non si fosse mai fatto trasportare dai sentimenti, celando sempre ogni barlume della sua emotività innata, ruvido e restio all'esterno, qualcosa, silenziosamente e impercettibilmente, era ormai cambiata.

Come per un sortilegio Arlo gli aveva restituito sé stesso e il sole aveva finalmente illuminato anche gli angoli più oscuri di quello che fino a quel momento era rimasto solamente un involucro vuoto, il suo corpo consumato.

Da tutta la vita aveva cercato un punto di vista diverso, opposto al suo.

La brina si era dissipata e il calore aveva preso a scaldare le membra di Maximilian come un amante volubile siede insaziabile sul piede di guerra.

La bramosia si era tramutata in gentilezza. L'avidità in struggimento. L'egoismo in abnegazione.

Era diventato una nuova persona tornando ed essere ciò che era stato, sempre e solo, per sé stesso.

Le sue ossa avevano ripreso e muoversi in sincronia, il battito a farsi regolare e le pupille non celavano più l'iride come un manto innevato. Il sangue aveva ripreso a scorrere e il destino si era messo in moto. La vita aveva ripreso il suo corso.

Maximilian aveva trovato fuoco dove pensava essere rimasta solo cenere. Acqua dove aveva pensato ci fosse solamente deserto. Suoni dove pensava esserci silenzio incolmabile.

Per vent'anni aveva portato il peso del suo spirito così bene da far credere a chiunque che non fosse stato più pesante di una piuma. Ma aveva mentito, a tutti e a sé stesso: un cuore non si trasporta da solo. Richiede pazienza, indulgenza, un padrone in grado di ascoltarlo. Tutti quegli anni passati a vendersi erano serviti solamente a scavarsi un buco nello stomaco con le sue stesse mani: lo avevano reso tanto quieto quanto insoddisfatto. Un fuggitivo, un mediatore, un bugiardo, una fortuna sprecata.

Come era stato in grado di tenersi il Rubino per tutto quel tempo? Il suo tono aspro con Lokart, le pretese irraggiungibili, le prese in giro, le urla. Quante volte aveva minacciato, rubato e ricattato gente di cui conosceva a stento il nome? Il rumore soffuso dei gemiti al locale, le risate degli uomini appena soddisfatti e gli occhi spenti di chi li aveva appena accolti sotto le coperte gli erano riaffiorati alla mente come se non fossero mai stati seppelliti. Aveva ucciso così tanto di sé stesso da non essersi affatto reso conto di quanto si fosse sottratto, di quante possibilità si fosse precluso.

Che cosa dicevano di lui a Vaska in quel momento? Il suo nome era stato dimenticato o messo a giudizio sulla pubblica piazza? Come stava sua madre? Le sue vesti profumavano ancora di camomilla e lavanda? Il cane che si era portata via quando aveva lasciato la capitale era ancora vivo? Il caminetto era ancora caldo? La giacca di suo padre era ancora appesa sul muro della sua camera al Rubino?

Aveva lasciato un segno nella vita di qualcuno? Come lo ricordavano le persone con cui aveva condiviso i suoi ventuno anni di età? Probabilmente Vaska era stata liberata della sua presenza piuttosto che esserne stata derubata. Era forse lui l'erba infestante che aveva tolto il respiro alla città? Era un salvatore o un usurpatore? Un eroe o un impostore?

Nonostante Maximilian si sforzasse ancora di trovare un senso alla sua miserabile esistenza e continuava a chiedersi se effettivamente ne avesse mai avuta uno, nulla gli sembrava poi più così buio, così dannatamente soffocante e insostenibile. Le aspettative, le indecisioni e le prerogative che gli altri vantavano di avere su di lui avevano iniziato a scivolargli addosso come l'acqua fluisce via dalle piume degli uccelli senza bagnarli.

Non gli importava più di odiare ed essere odiato. Non gli importava più di essere il barone di Vaska, il proprietario di un bordello o il figlio malvoluto di un posto che lo aveva ridotto in pezzi. Se la gente lo avesse voluto condannare, avrebbe fatto in modo che fosse per una giusta causa. Qualsiasi cosa avrebbe deciso di fare, avrebbe fatto in modo che chiunque lo avesse mai deriso, non lo avrebbe mai dimenticato. Tutti si sarebbero ricordati di Maximilian Kastrov, non più l'inguaribile scellerato barone di Vaska, ma qualcuno di nuovo, di diverso, di migliore.

Ma se lui aveva finalmente avuto il coraggio di riconoscere il vero Ilyan, rimasto rinchiuso in una stanza buia per tutto quel tempo, chi era veramente Arlo da Phioras? Quanto di quel principe ignorava? Com'era stata la sua vita prima di quel momento? La sua famiglia era stata pessima o l'infanzia gli aveva lasciato un bel ricordo sotto quei riccioli d'oro? Aveva avuto dei maestri nel suo palazzo? Quante cose sapeva che invece lui non conosceva? Padroneggiava la lingua antica di Icarys? Le vecchie usanze?

Maximilian scosse la testa per scacciare via tutte quelle domande.

Quel biondino, tanto insolente quando insopportabile, gli aveva servito ciò che più necessitava: una spinta, un muto incoraggiamento di sfida. In poco tempo era riuscito a farlo cambiare più di quanto non avesse mai fatto in vita sua.

Aveva intenzione di andare alla tomba di suo padre, una volta tornato a Vaska. Avrebbe ripreso da dove aveva lasciato con sua madre e avrebbe pagato per far uscire Lokart dal giro di prostituzione che tanto gli aveva sottratto e tanto avrebbe tolto anche a lui. Avrebbe buttato giù il muro che lo divideva da ciò che aveva sempre voluto conoscere: la città bianca, gli Heligies, la sua libertà, Arlo.

Arlo.

Forse esisteva davvero un legame tra loro, una sottile inclinazione verso ciò di cui l'altro mancava.

Forse in un'altra vita, forse.

E se invece?

Il principe se ne rimaneva lì, in piedi, in mezzo alla gente che gli sfilava accanto come se nessuno lo vedesse.

Maximilian aveva passato gli ultimi giorni alla sua instancabile ricerca.

Portava i capelli raccolti, leggermente cresciuti. Un ricciolo gli copriva la tempia destra e gli occhi socchiusi, velati, puntavano vitrei dritti davanti a lui. Un braccio dietro la schiena, l'altro abbandonato su un bastone che aveva rimpiazzato quello che gli scagnozzi di Riain gli avevano rotto, la postura eretta impeccabile. Una sottile maschera in pizzo gli sfiorava la punta del naso senza senza però privarlo della sua aurea magnetica.

Portava un abito nero. I pantaloni gli fasciavano le gambe snelle e finivano in un paio di stivali allacciati sui polpacci. La giacca abbottonata gli lasciava scoperta la fossetta tra le clavicole e il collo. Le spalline, così come i polsini e i bottoni, erano ricamati con un filo argentato, risaltando il contrasto con il colore scuro del resto degli indumenti e ricordando ai presenti quanto in lui ci fossero presenti entrambi i fondamenti umani.

Maximilian aveva tralasciato quanto il Moyer e l'Oyre fossero presenti in lui.

La luce aveva sempre prevalso sul buio?

Maximilian si avvicinò a lui, fendendo la massa di persone che, nascoste dietro ai travestimenti più improbabili, si stava dirigendo verso la sala adibita al ballo di Primavera. In molti già barcollavano ubriachi e assuefatti, pronti ad assistere allo spettacolo dell'anno. Le dame di corte portavano abiti scintillanti con ampie gonne e corsetti stretti in vita tanto da impedire loro di respirare. I gentiluomini, per così dire, avevano in mano sigari e, la maggior parte, portava armature tirate a lucido per l'occasione e lunghi mantelli.

Solo in quel momento, mentre varcava a grandi falcate l'atrio per raggiungere Arlo, Maximilian si rese conto di ciò che aveva indossato per quel ballo che tanto assomigliava ad una esecuzione pubblica. Era vestito completamente di bianco con ricami in filo nero che si districavano, tra le pieghe dell'abito, da spalla a spalla, passandogli sul petto e sulla schiena. Le dame che gli avevano preparato il completo avevano pensato a tutto, nei minimi particolari. Anche lui portava una maschera, legata dietro la nuca e decorata di piume bianche ai lati degli occhi.

Agli occhi degli invitati, Arlo e Maximilian dovevano sembrare due stelle binarie: orbitavano attorno al loro condiviso centro di massa indesiderato senza mai staccarsi veramente l'uno dall'altro. Chiunque li avesse visti li avrebbe di certo riconosciuti.

«Anche tu qui?» gli chiese, mettendosi davanti ad Arlo per farsi riconoscere. «Che coincidenza»

Il ragazzo si riscosse dal suo stato di trance momentanea e l'angolo destro della bocca si curvò in un sorrisetto compiaciuto. Lo aveva riconosciuto dai passi ancora prima che aprisse bocca, ovviamente. «Pensavi forse che avrei ucciso tutti e me la sarei data a gambe?» rispose, facendogli una domanda e lasciando libera la mano sinistra che scivolò nelle tasche dei pantaloni. «Se fosse stato così a quest'ora avresti tutt'altra aria»

La fiumana di gente presente nei corridoi era davvero immensa, forse anche più numerosa della folla che si era riunita in piazza per la cerimonia dell'Eunohia. Della musica proveniva dall'enorme sala al centro della culla di Dryon che Maximilian ancora non aveva avuto modo di vedere e che, per un motivo o per un altro, non era stata mai accessibile in tutti i giorni in cui aveva sperimentato la vita di corte. Il re non era ancora arrivato e chiunque si trovasse nella piccola fortezza stava sgomitando e scalpitando per assicurarsi un posto il prima fila per vedere l'entrata in scena del proprio sovrano.

C'era chi rideva, chi invece non faceva altro che vantarsi della propria posizione a corte e genitori che instauravano matrimoni al posto delle figlie, incuranti di ciò che esse volevano veramente. Era davvero una situazione che Maximilian stentava a credere possibile. Tra quelle mura, l'ipocrisia regnava sovrana e chiunque avesse avuto un buon cuore sarebbe stato mangiato vivo in un batter d'occhio, senza che se ne potesse rendere davvero conto. In fondo in fondo, forse, lui stesso era già stato ucciso senza averlo ancora capito.

Distogliendo lo sguardo da una bambina indaffarata a pettinarsi i capelli, Maximilian tornò a guardare il completamente a proprio agio principe di Phioras che, lasciato libero il suo istinto, si era messo a sghignazzare soddisfatto. «Sentiamo, chi avresti ucciso?» gli chiese, cercando di rimane il più composto possibile.

Arlo alzò le spalle sapendo bene che Maximilian lo reputasse una persona indecifrabile e probabilmente, per quanto riuscisse a sviare i discorsi e a girare a suo favore le situazioni, inespugnabile. «Sono molto competitivo» rispose infatti soltanto, stuzzicandolo. «Mi pare che la prima notte in cui ci siamo incontrati io ti abbia detto espressamente che mi piace giocare»

Maximilian si fece più vicino e gli strinse il braccio, immobilizzandolo e aggrappandosi con le labbra al suo orecchio. «Un principe vince sempre?» chiese retorico, sussurrando. «O copre i suoi errori gridando al lupo?»

Arlo si inumidì le labbra con la lingua. Sgusciò via dalla presa di Maximilian e rimase a pochi centimetri da lui: una semplice spinta di un conte di passaggio li avrebbe gettati uno nelle braccia dell'altro. Fiato contro fiato. «Se non giochi per vincere forse è meglio che non giochi affatto» disse, per poi spingerlo via e indietreggiare.

Maximilian allungò la mano, per riportarlo dove, fino ad un secondo fa, il corpo di Arlo toccava il suo. Diamine come avrebbe voluto togliergli tutta quella malizia di dosso. «Sei disarmato» disse, seguendo il suo corpo fluire tra quelli della folla, fino a sotto l'entrata della grande sala da ballo.

Arlo alzò un dito in aria voltandosi poco prima di entrare. «Al contrario» rispose, sparendo tra la gente. «Tu lo sei»

Maximilian rimase in piedi, da solo, con la bocca asciutta.

Era possibile che tutto ciò che Vaska gli aveva insegnato non gli fosse affatto d'aiuto?

Si era rimbambito a tal punto da farsi zittire da un principe frustrato e dannatamente fascinoso?

Iniziava sul serio a mancargli la sua brutale e senza doppi fini realtà dei Theufel.

Si passò una mano sul volto, rassegnato, senza accorgersi che qualcuno gli fosse deliberatamente venuto addosso.

Riain era proprio accanto a lui, vestito di tutto punto e agghindato d'oro a tal punto da riuscire a mascherare la sua insolenza sotto un finto velo di nobiltà. «Finalmente ci rincontriamo in più rosee circostanze» iniziò, porgendo fintamente i suoi saluti e svelando la mano guantata di blu di una ragazza e quella inanellata di un'altra. «Immagino ti ricorderai della incantevole Nives, dico bene? Dopotutto, se non ricordo male, è stata proprio lei a salvarti il culo dalla mia lama»

La ragazza fece un breve cenno con il capo e portò una mano sul petto di Riain, venendo avanti. «É una serata speciale» disse, guardando di striscio come Riain fosse compiaciuto di aver messo gli occhi di Maximilian così presto. «Decisamente unica nel suo genere»

«Sireya non era certa di poterci raggiungere» continuò Riain, osservando la ragazza nascosta dietro il suo velo rosso che si era profusa in un inchino del capo. «Ma ha insistito per conoscerti e, ovviamente, per incontrare il nuovo cavaliere di Even»

Maximilian deglutì a vuoto. «É un vero piacere incontrarvi» disse, osservandola tra le pieghe del suo copricapo.

Quando era arrivata alla culla di Dyron?

«Era la compagna Theufel del fratello di Arlo» continuò a spiegare il ragazzo, ignorando la palese tensione che regnava sovrana. «Prima della tragica e inaspettata scomparsa di Aren»

Sireya sorrise subdolamente. «Immagino che io mi debba congratulare con voi» si intromise. «Con questi nuovi indumenti riuscite quasi a uguagliare l'idea che mi ero fatta di voi stando alle voci che girano per la corte»

«Saprete bene che l'abito non fa l'uomo e di certo non la maschera» rispose Maximilian, rialzando il capo dal suo saluto di cortesia. «Dopotutto anche voi vi siete dovuta immedesimare in panni che non vi calzavano a pennello»

Sireya si scoprì il volto scostando il velo che le copriva gli occhi. «Touché»

«Siamo davvero dispiaciuti di trovarti con la sola compagnia di te stesso» aggiunse Riain, varcando insieme alle due donne e al suo dichiarato rivale le porte della grande sala adibita a ricevere la serata organizzata dal re. «Speravamo di scambiare due chiacchiere anche con il luminoso giovane Heiliges che ti porti appresso ma vedo che non è qui»

Maximilian si schiarì la voce. «Converrete con me che sia troppo presto per intavolare un discorso d'affari» rispose, cercando di mantenere il più possibile i nervi saldi. «Rimandiamo il tutto a più tardi o rovineremo ai presenti la serata»

Gli occhi di Riain scintillarono. Sapeva che Maximilian sapeva e questo aveva acceso in lui tanta adrenalina da permettere a sé stesso di giocare con la sua preda. Chi dei due avrebbe tentato di uccidere per primo? Il barone di Vaska, o il principe di Phioras?

Riain lo salutò abbassando la testa e agguantando un pezzo di formaggio che un servitore indaffarato portava su un piatto argentato. «Non attardarti troppo» disse solamente, strizzando l'occhiolino a Maximilian e tornando a prestare attenzione a Nives, che nel mentre aveva intavolato una discussione con una anziana donna dai capelli grigi e Sireya, ancora fissa su di lui. «Sono una persona impaziente»

Il salone adibito a ricevere il ballo del re era davvero immenso, forse il più grande su cui Maximilian avesse mai postato gli occhi. Era una maestosa struttura circolare affrescata il cui soffitto non era altro che un grosso drappo di velluto rosso tenuto in piedi da travi di legno massiccio e il soffiare del vento esterno. Il pavimento era di marmo chiaro, a differenza della pietra scura delle fondamenta e della maggior parte delle camere della culla di Dyron. Al centro dell'ambiente, relegati a un piedistallo rotondo anch'esso in marmo, c'erano gli archi, che suonavano un'aria allegra probabilmente tipica del continente, dato che Maximilian non l'aveva mai sentita prima di quel momento.

La gente era sparpagliata qua e là, mangiando pietanze dolci e salate che i servitori trasportavano con pazienza e dedizione tra i corpi pressati delle persone intente in conversazioni animate. Proprio davanti al portone d'entrata, spinto contro il muro, era stato posizionato un palco in legno, molto simile, nonostante più regale, a quello che Maximilian aveva visto a Vaska, il giorno dell'Eunhoia. Il podio decorato con velluto nero avrebbe ospitato il re e, probabilmente, chiunque si fosse portato appresso da Sillas per soddisfare i suoi capricci da nobile.

Un bicchiere di sidro gli sfilò accanto. Maximilian richiamò il servitore e se ne scolò uno tutto d'un fiato. Se mai fosse arrivato vivo alla fine della serata non avrebbe più toccato alcool ma, dato che in quelle circostanze gli sarebbe servita una spinta, il sidro iniziava davvero a sembrargli un'ottima ed insostituibile idea.

Il ragazzo si sentiva ancora gli occhi di Riain sulla schiena e aveva perso di vista Arlo, che sembrava essersi volatilizzato nel nulla da un momento all'altro senza aver lasciato alcuna traccia, per lo meno che lui riuscisse a seguire.

Il tono di voce in quella grande sala raggiunse il suo apice in meno di un'ora. Con la calca che si era ormai stipata completamente nel grande ambiente circolare, gli archi avevano diminuito l'andatura e non aspettavano altro che l'arrivo trionfale del re. Passarono una decina di minuti prima che tra le prime file iniziasse a correre la notizia che l'uomo aveva lasciato le sue stanze e si stava avviando in tutta grazia verso il ballo.

Le porte vennero spalancate il più possibile e al quartetto d'archi subentrò un menestrello tutto muscoli e baffi che accolse l'arrivo del sovrano intonando con la tromba una marcia alquanto sostenuta.

Le file dei nobili si zittirono e tutti gli occhi saettarono verso la figura che incatenò l'attenzione di tutti.

«Sua maestà re Chiaros II di Sillas fa il suo ingresso in sala grande accompagnato da sua figlia Lucretia, sua moglie Clarissa di Patros e vossignoria madama Theodora di Dyron»

Tutta la sala si inginocchiò, nessuno escluso, e Maximilian si ritrovò a dover fare lo stesso, senza fiatare.

Il quartetto d'archi, finita l'antifona della tromba e l'annuncio del mingherlino messaggero di corte, riprese a suonare, accompagnando l'andamento regale del sovrano verso il suo trono, sotto l'attento sguardo di tutti.

L'uomo portava un lungo mantello di pelliccia e la corona in testa gli donava un'aria intimidatoria e fredda. Non indossava maschere, aveva stivali con speroni d'oro e alla cinta, nascosta sotto una casacca pesante, un possente spadone adorno di pietre preziose, forse più per bellezza che per qualche utilità effettiva. Gli occhi grigi scrutavano inarrestabili la folla dei presenti senza fermarsi su nessuno in particolare. Maximilian se lo ricordava diverso, nonostante quello che era successo alla cerimonia dell'Eunhoia rimaneva per lui un grande punto interrogativo. 

Madama Theodora camminava con aria fiera, ma distaccata, dietro a due esili donne: una dell'età del re, a quanto pareva la regina madre, e una poco più giovane di Maximilian. La ragazza portava un abito con ampie maniche di seta e il volto era adornato con una catenella argentea che le passava sulla punta del naso sottile fino ad attorcigliarsi dietro ad entrambe le orecchie. Teneva lo sguardo basso, il fianco schiacciato contro quello della madre come se non volesse trovarsi lì, o come se sapesse di stare andando incontro a patibolo certo. La donna, distratta dai pettegolezzi di corte, non la degnava di uno sguardo e se la trascinava dietro come se fosse un peso.

Non passò molto tempo che il re prese posto sul trono, tese il braccio alla moglie e alla figlia per farle accomodare accanto a sé e porse un saluto di profondo, nonostante finto, ringraziamento a madama Theodora. La sala, colto il segnale, tornò in piedi, in attesa che il reggente in persona desse inizio alle tanto agognate danze.

L'uomo si alzò in piedi, lasciando il lungo mantello abbandonato sul suo trono. Allargò le braccia e scrutò con un lungo e silenzioso sguardo tutti i presenti. «Benvenuti» disse. La sua voce calda al punto giusto, tesa ma non forzata. «Vi ringrazio di aver preso parte all'evento dell'anno, il nostro ballo dei fiori»

La gente si mise ad applaudire, incurante della tensione che si stava iniziando a formare sotto i nervi di Maximilian.

«In questa decennale occasione presentiamo al mondo i germogli sopravvissuti all'inverno, i fiori che sbocciando porteranno avanti con ardore ciò per cui abbiamo combattuto a lungo e per molto tempo. La nostra patria, il contenente, Icarys e le terre d'oltre mare sono qui oggi riunite per celebrare l'arrivo della Primavera, di una nuova stagione che si speri porterà raccolti abbondanti, pace e prosperità a tutti noi»

I nobili annuirono tra di loro, apparentemente davvero convinti di ciò che il loro re stava promettendo loro.

«Quest'anno non ricorre solo il cento cinquantesimo anniversario dalla cacciata del dio oscuro da Icarys» continuò l'uomo, allungando una mano verso la figlia, che si alzò in piedi e si mise accanto al padre, sempre con sguardo puntato a terra. «Ma anche i diciotto anni di mia figlia Lucretia, che entra quindi ufficialmente nell'età giusta per trovare marito»

Un altro scrosciare di applausi irruppe senza contengo, seguito da innumerevoli complimenti rivolti alla ragazza messa in mostra dal re. A Maximilian, tutto d'un tratto, parve davvero che il destino di una giovane come Lucretia fosse stato anche più crudele del suo.

Re Chiaros sorrise alla folla, compiaciuto di ricevere tutto quel finto calore mentre sua figlia riprendeva posto accanto alla madre. La ragazza disse distrattamente qualcosa alla donna che la liquidò in fretta con un cenno fugace della mano, per poi tornare ad osservare il marito, pronto a continuare il suo discorso.

«Come tutti ormai saprete, finalmente la dinastia di sangue degli Antares è riaffiorata tra le linee di Icarys» continuò, aspettando che nella grande sala cadesse il silenzio e che tutti gli occhi si puntassero su Maximilian, impreparato e sopratutto preoccupato di tutta quella attenzione indesiderata. «Così come l'intrepido ardore del sud scorre feroce nelle vene del giovane erede della famiglia Phinnys»

Gli occhi si spostarono sull'altro lato della sala, dove Arlo era ricomparso in tutta la sua elegante noncuranza.

Sul volto del re comparve una strana espressione. Quell'uomo sapeva di falsità, forse persino corruzione, ora che Maximilian lo guardava bene. «Sono sicuro che entrambi saranno capaci di utilizzare il dono che ha fatto loro il destino nel miglior modo possibile. Nonostante sia un pesante fardello quello che il loro sangue ha chiesto loro di portare, qualche volta, è necessario compiere dei sacrifici per il bene di ciò che si ama e si ha il dovere di proteggere» continuò, iniziando lui stesso l'ennesimo applauso. «Io stesso, Sillas, Patros e tutte le altre grandi città di terraferma saremo dalla loro parte nel tentativo di riportare armonia all'isola del sole, la patria che per secoli ha aiutato e sostenuto il continente tramite i doni elargiti agli abitanti di Icarys»

I nobili tornarono a guardare il loro sovrano, inebetiti da paroloni e ami succulenti.

L'uomo sorrise, rivolgendo una occhiata fugace a Maximilian. «Comunque non voglio dilungarmi troppo. Avete tutti fatto un lungo viaggio per arrivare fin qui e ci meritiamo tutti del sano divertimento. Lasciamo le chiacchiere per dopo e per ora godiamoci le danze e festeggiamo una ritrovata speranza» stabilì, tornando a sedersi sul suo trono. «Decreto dunque ufficialmente l'inizio del ballo di Primavera»

Ci fu un momento di tensione palpabile, ma quando il sovrano smise di parlare, gli archi ravvivarono la melodia e la cerimonia riprese da dove si era interrotta: i servitori tornarono con vassoi stracolmi di cibo e di bevande e i primi intrepidi si diedero alle danze, invitando dame e cortigiani a seguirli sul marmo bianco del grande ambiente. Con un semplice gesto della mano, abiti lussuosi e pietre preziose iniziarono a vorticare intorno a Maximilian, che, dal canto suo, aveva ancora l'amaro in bocca.

Scorse Arlo affaccendato con gente a lui completamente sconosciuta.

Si fece forza mentalmente prima di essere bloccato dalle guardie del re e si decise a falcare ad ampie falcate la sala gremita.

Un ruffiano con il panciotto e una maschera rigida blu notte che si faceva rigirare tra le mani lo vide arrivare. «Signor Kastrov» lo salutò, facendogli spazio nel piccolo cerchio ristretto di persone intente a bere sidro e a fumare sigari alla menta. «Nonostante la sua fama la preceda, è da tempo che noi di Patros desideravamo scambiare due parole con lei»

Arlo strinse i pungi sul pomello del suo bastone.

«Spero si dicano solo cose belle» replicò Maximilian, mantenendo un certo distacco. «E che ovviamente tutti i miei segreti non siano già stati svelati»

Una donna scoppiò sguaiatamente a ridere, forse già esacerbata da tutto l'alcool che si era scolata. «Per quanto ritrovi nel signorino Phineria un piacevole interlocutore, non è particolarmente loquace come lo era sua fratello» spiegò, posando una mano guantata su quella di Maximilian e portandoselo più vicino. «Gli uomini del sud sanno essere spesso molto freddi quando si tratta di pettegolezzi»

«Si dice che al Nord il sangue scorra più velocemente» si intromise l'uomo che aveva accolto Maximilian. «E che si invecchi più lentamente»

«Non dire sciocchezze Tarym»

«É come pensare che gli abitanti di Icarys abbiano il sangue blu come gli dei!»

«In effetti però il signor Kastrov sembra più giovane di quanto non lo sia tu» fece notare ad Arlo la donna.

«Non sarà forse dato dal peso della cecità a renderlo più sciupato?»

«O dal terribile lutto nella sua famiglia»

«Non deve essere facile portare il peso di un compito che sarebbe spettato a qualcun altro» continuò un altro cortigiano con il doppio petto ricamato. «Da quanto tempo è ormai che Aren è scomparso?»

Arlo roteò con forza la punta del suo bastone a terra. «In effetti sembrate al quanto sprovveduta madama Sonya» replicò con tono affilato. «Sarà forse data dalla sua completa indifferenza e inadeguatezza al mondo reale?»

I presenti rimasero per un attimo perplessi.

Tutti gli occhi si riversarono su Arlo.

Maximilian si sentì in dovere di intromettersi per evitare il nascere di una rissa. «Su una cosa signori non vi sbagliate» precisò, tentando di distogliere l'attenzione da Arlo e riportarla su di sé. «Il temperamento focoso dei Theufel non è una leggenda»

Con la stessa velocità con cui quei leccapiedi si erano accaniti su Arlo, tornarono a pendere dalle labbra di Maximilian.

«Quindi è vero?» domandò incredula la donna. «Quello che si dice del Rubino...»

Maximilian le sorrise e le baciò la mano coperta dai lunghi guanti in raso. La guardò negli occhi. «Sono davvero dispiaciuto madama» rispose, tornando con la schiena dritta e sistemandosi un ciuffo di capelli che era sfuggito alle attente cure delle damigelle che lo avevano preparato. «Ma sono costretto a dovervi lasciare con questo irrisolvibile dubbio ancora per un po'»

Un cipiglio le si disegnò sul volto e alzò il mento con fare indispettito.

Probabilmente quel piccolo rifiuto si sarebbe presto trasformato in un affare di stato, ma poco importava.

«Avrei infatti intenzione di prendere parte alle danze» continuò, riaccendendo la curiosità della donna che però rimase nuovamente delusa dall'inchino in cui si profuse Maximilian. «Principe di Phioras, mi concede il prossimo ballo?»

Il semicerchio di persone che lo aveva accolto appena una manciata di minuti prima si aprì.

In meno che non si dica si liberò un passaggio per Arlo, che si fece avanti sorreggendosi al bastone per non inciampare sui suoi stessi passi.

Maximilian lo guardò divertito.

Era davvero lui quello armato?

«Questo non ti servirà» disse semplicemente, prendendo il bastone e scaricandolo ad uno dei cortigiani. «Ti guido io»

Arlo lo prese per mano ed insieme si avvicinarono alle altre coppie che avrebbero preso parte al prossimo ballo, mentre gli archi iniziavano ad intortare un adagio alquanto intimo. La luce delle candele rendeva l'atmosfera placida, cullata dallo scomparire del sole all'orizzonte e all'arrivo dell'ennesima buia e desolata notte. Se si fossero trovati in qualsiasi altro posto, Maximilian si sarebbe anche potuto lasciare sciogliere dal calore tiepido delle dita di Arlo tra le sue.

«Mi stai ignorando» proruppe però, stringendo la vita di Arlo bruscamente e iniziando a muoversi al tempo di musica.

Nessuna risposta.

«Grazie Maximilian di avermi tirato via dall'impaccio» provò a spronarlo.

Silenzio.

Giravolta.

Applausi.

Il re aveva iniziato a fissarli.

«La tua vita a Phioras era così?»

Arlo annuì, scettico. «Grazie per avermi tolto dall'impaccio»

«Nessun problema»

Altra giravolta.

Passarono proprio davanti al re e a sua figlia.

«Non ti sto ignorando» continuò. «É solo che odio questo posto così come odio Phioras»

Maximilian inclinò il capo. Il cuore di Arlo stava battendo all'impazzata. «Mi dispiace»

«Per cosa?»

«Per ciò che hanno detto quelle persone» rispose, sentendosi il retro della nuca bruciare per l'insistenza non celata del sovrano. «Non sanno di cosa parlano»

«Perché tu si?»

Maximilian inclinò il capo. «Potrei» disse. «Se tu parlassi con me»

Arlo sospirò. «Non sono una bella persona, Ilyan» rispose, lasciandosi andare al ritmo di musica. «É meglio che la gente continui a credere ciò che vuole»

Maximilian rimase perplesso. «Preferisci quindi che queste persone ti offendano senza conoscerti?»

«Non me ne importa nulla di ciò questa gente pensa di me, come potrebbero mai offendermi?» rispose. «E poi, la maggior parte di questi ebeti non accetterebbe la verità nemmeno se gliela servissi su un piatto d'argento»

«Io ti crederei» si affrettò a dire Maximilian.

Arlo gli strinse le sottili dita a lungo. «Saresti il primo» sussurrò.

Tornarono di fronte al gruppetto di nobili che avevano appena piantato in asso.

Altra giravolta.

La musica si fece più intensa, abbandonando piano piano l'adagio di partenza e tramutandosi in un crescendo.

Arlo portò indietro la testa e si fece trasportare dalla musica. I suoi muscoli tesi sotto l'abito elegante si incastravano con quelli di Maximilian come se si conoscessero da una vita. Il ragazzo si stava fidando, lasciando che il suo corpo venisse guidato dove i suoi occhi non potevano arrivare.

La pista si svuotò.

I nobili che avevano preso parte alla danze avevano lasciato loro libera la scena.

La musica si era fatta più lontana.

Tutto era diventato così distante, ovattato.

Anche il re sembrava essere sparito.

C'erano solo loro due, petto contro petto che volteggiavano noncuranti del mondo esterno, degli occhi malevoli e delle malelingue. Arlo si era abbandonato al tocco di Maximilian mentre quest'ultimo lo sorreggeva e guidava naturale i loro movimenti. Tutto il tempo passato a fingersi completi estranei si era rimpicciolito in un batter d'occhio, lasciando spazio solo per un primo e inquieto atto di fiducia.

Sul finire del brano, gli archi rallentarono il ritmo seguendo l'inesorabile arrivederci del sole.

Arlo sussultò di poco quando l'altro gli appoggiò una mano sulla curva in fondo alla schiena e il ballo terminò.

«Non importa se tutta questa gente non riesce a vedere oltre il proprio naso» disse Maximilian, la fronte quasi a toccare quella di Arlo. Si era trattenuto tutta la sera ma quelle parole, prima o poi, gli sarebbero sfuggite di bocca. «Io non riesco comunque a smettere di guardarti»

Maximilian lasciò libero il corpo del principe di Phioras non appena l'ultima nota uscì dagli archi del quartetto.

Gli sembrò come buttarsi in un lago ghiacciato.

Trattenne il respiro ed entrambi fecero un inchino rivolto al re, che si voltò a dire qualcosa alla figlia.

Gli archi non persero tempo e ripresero nuovamente a suonare, questa volta un allegro, mentre i due ragazzi venivano placcati da due guardie. «Il sovrano desidera parlarvi» disse uno dei due. «Seguiteci»

Re Chiaros era decisamente diverso da come Maximilian lo ricordava. I capelli biondi erano raccolti in una treccia decorata da perle tirate a lucido e la grossa corona che portava sul capo torreggiava sui due ragazzi come un monito alle loro nullità. «Sono finalmente lieto di scambiare due parole con voi» iniziò l'uomo. «Non capita tutti i giorni di poter conversare con i giovani capostipiti delle famiglie che hanno dato inizio ma che, allo stesso tempo, hanno anche messo fine alle lotte su Icarys»

Maximilian e Arlo si inchinarono, nonostante una certa rigidità si era improvvisamente impadronita di loro.

«Grazie a voi di averci permesso di partecipare al vostro ricevimento»

Il sovrano sembrò compiaciuto. «Mi ricordo di voi signor Kastrov» continuò. «Ci siamo visti alla cerimonia dell'Eunohia a Vaska»

Il ragazzo indugiò. «É così»

«Se non ricordo male i suoi compaesani non sono rimasti soddisfatti della sua esibizione davanti alla depositaria» continuò, pizzicando l'orgoglio del ragazzo. «Ha poi saputo che fine ha fatto il suo locale? Mi pare si chiamasse il Rubino, è corretto?»

«Non ho notizie di Vaska da quando ho lasciato il mio locale, la mattina della cerimonia» rispose.

«Il suo è un comportamento da elogiare» continuò il re. «Alla fine dei conti il passato è passato. È giusto aprirsi alle nuove porte ed opportunità che la vita ci presenta»

Maximilian decise di osare. «Sono lieto di aprire quante più porte saranno necessarie» rispose, guardandolo dritto negli occhi. «Ma senza calpestare nessuno nel farlo»

Il sovrano si appoggiò con la schiena al suo trono sprofondando nel suo mantello. «Parole sagge, per un Theufel» constatò. «Invece lei, signorino Phineria, condivide l'idea del suo compagno?»

Arlo alzò il volto dal suo bastone per la prima volta da quando il sovrano aveva richiamato la loro attenzione. «É signor Phineria» lo corresse. «E sono sicuro che presto o tardi chi mi ha calpestato i piedi riceverà ciò che si merita»

«Ha intenzione forse di affidarsi alla provvidenza divina?»

Arlo scrollò le spalle. «Per risolvere certe questioni è necessario sporcarsi le mani in prima persona»

Il reggente sembrò soddisfatto della risposta. «Sono d'accordo» disse infatti. «Nonostante la mia adorabile figlia Lucretia la pensi molto diversamente da me, certe cose vanno portate a termine senza troppi rimorsi»

Maximilian si intromise. «Sarà più saggia di tutti noi?» domandò retorico.

Il re si sporse in avanti dalla posizione sopraelevata del suo trono. «Temo abbiate pienamente ragione» rispose, invitando Lucretia a prendere parte alla discussione. «Mia figlia ha uno sguardo molto delicato selle cose che la circondano e molto spesso, in effetti più di quanto mi piace ammettere a me stesso, ha spesso ragione su molte questioni»

Le ampie maniche dell'abito di Lucretia la seguirono sciolte quando si alzò dalla sua seduta. «Mio padre intendeva dire che la sua indole lo porta quasi sempre ed essere irremovibile dalle decisioni che prende» provò a spiegare, con la sua voce sottile ma ferma. «Cambia idea di rado, anche su faccende molto delicate»

Il sovrano fece avvicinare Lucretia a sé, per stringerla con un braccio alla vita sottile. «E lei è troppo indulgente davanti alle ferite altrui» replicò. «Ma devo ammettere che sono molto fortunato ad avere una figlia come lei»

«Lo posso immaginare»

«Che ne dice signor Kastrov?» domandò il re, sorridendo alla ragazza. «Offrirebbe la sua mano a mia figlia per un ballo?»

«Vuole che danzi con me?»

L'uomo sembrò stizzirsi, ma l'istante passò così come era venuto. «Dal momento che ha esibito le sue doti da ballerino con il suo compagno Brylast, la mia Lucretia sarà in ottime mani»

Maximilian dovette sforzarsi di sembrare lieto di quella proposta e prese, tra le sue, le dita della ragazza. «Permettete?»

Lucretia annuì, senza però abbandonare quella sua nota di malinconia.

I due giovani avrebbero anche potuto iniziare a danzare e di certo anche intavolare una discussione civile evitando lame e coltelli, ma l'occasione sfumò in una frazione di secondo.

A Maximilian si gelò il sangue nelle vene.

Riconobbe subito di chi fosse il lamento strozzato proveniente dal fondo della sala.

Nives era stesa a terra, una mano protesa verso chiunque potesse aiutarla e l'altra a stringersi il collo. Annaspava in cerca d'aria e gli occhi iniettati di sangue vagavano in cerca di una risposta plausibile a ciò che gli stava capitando. Maximilian si precipitò a terra con lei, cercando di metterla in una posizione che le permettesse di respirare. «Stai calma» le disse con la gola secca e le mani tremanti. «Cos'è successo?»

Nives cercò di divincolarsi.

«Chi è stato?»

La ragazza scosse il capo con foga e Maximilian fu tirato su di peso.

Un pizzicore e il metallo freddo di una lama al collo lo immobilizzarono sul posto

«Lo sapevo avresti fatto un passo falso» gli mormorò Riain all'orecchio.

«Cosa credi di fare?»

Una guardia del re aveva puntato anche al collo di Arlo una spada e gli aveva bloccato le mani dietro la schiena.

«Lasciateci!» protestò Maximilian.

Nives era ancora stesa a terra, soffocata dal suo stesso respiro.

«Aiutatela!» riprovò ancora una volta il ragazzo nell'agitato tentativo di divincolarsi dalle sempre più numerose mani che lo stavano tenendo fermo. «Qualcuno faccia qualcosa! Non respira!»

Gli archi avevano smesso improvvisamente di suonare e i nobili si erano riuniti intorno al corpo di Nives con facce lunghe ed espressioni vuote, indecisi se continuare a guardare o far finta che non stesse accadendo niente. Nella sala si sentivano solamente i lamenti sempre più fievoli della ragazza e i passi pesanti del sovrano che li stava raggiungendo con aria svogliata.

Sireya si era inginocchiata dove prima c'era stato Maximilian e aveva raccolto, caduto a terra, un bicchiere di cristallo ancora mezzo pieno. Prima se lo fece rigirare tra le mani, quasi a pesarne il contenuto, poi annusò il liquido ingerito. «Veleno» esclamò, ma senza esserne troppo sorpresa. «Coperto saggiamente dall'aroma di ciliegio del liquore»

Il re si fece strada tra i presenti che, al suo passaggio, si dissiparono come foglie al vento. «La ragazza» disse, scrutando diffidente chi ancora orbitava davanti all'omicidio. «É morta?»

«Lo sarà presto» rispose Sireya con un breve inchino. «Il veleno agisce rapidamente e i polmoni collasseranno nel giro di un paio di minuti. Per lei non c'è scampo, è come se si fosse già spenta»

Madama Theodora rimaneva in disparte come aveva fatto per tutta la serata, camuffandosi dietro cenni del capo e sguardi fugaci. Dal canto suo, Arlo non sembrava per nulla scosso da ciò che era appena successo. Nonostante Maximilian si aspettasse che qualcosa di brutto sarebbe potuto accadere, due cose non aveva ancora ben chiare. La prima era perché fosse la povera e innocente Nives la persona stesa a terra e non lui, mentre la seconda era il motivo per il quale Arlo non avesse fatto una piega davanti a ciò di cui li stavano accusando.

Sireya si avvicinò cauta al re. «Il bicchiere» disse sottovoce. «Era uno dei vostri»

Maximilian cercò di spingere via una guardia e sputò a terra mentre Riain gli dava una gomitata sulle costole per farlo stare fermo. «I servi hanno visto il principino uscire dalle cucine poco prima del ballo» esclamò quest'ultimo. «Nessuno crederebbe a una coincidenza del genere»

Il re si voltò verso Maximilian. «É la verità?» domandò, senza aspettare veramente una negazione.

Il ragazzo non reagì.

Gli occhi incatenati saldamente a quelli del re.

Non dicendo nulla non avrebbe potuto sbagliare risposta.

«Una cosa hai provato a fare e l'hai fatta paure male» lo schernì Riain. «Non mi sorprende che Vaska ti abbia voltato le spalle»

«Questo è alto tradimento!» gridò Sireya richiamando l'attenzione di tutti e ridestando i nobili dallo stato di torpore in cui erano precipitati. «Vanno puniti con la morte! Subito!»

Il re si voltò ad osservare con occhi velati sua figlia Lucretia ancora ferma vicino al trono. Per un attimo non disse nulla, poi si decise a parlare con voce cupa. «Avete qualcosa da dire a vostra discolpa?»

Maximilian guardò Arlo con il cuore in gola. "Sono io quello armato" aveva detto. "Non tu"

«Ho messo io il veleno nel vostro bicchiere» mormorò il principe senza far trasparire alcun velo di preoccupazione. I muscoli sotto la casacca scura completamente rilassati e sul viso un cipiglio di sdegno. «Sapevo bene ciò che le cucine avevano riservato per voi e sapevo bene che un uomo della vostra reputazione non avrebbe preso nulla se non accuratamente scelto dai vostri servi»

Maximilian si dimenò tra la presa di Riain. No, non lo aveva fatto per davvero.

«Quello che non sapevo era che la gentile Nives fosse una di loro» continuò il ragazzo. «A quanto pare serviva un capo espiratorio che prendesse inconsapevolmente il vostro posto per giustificare la nostra premeditata esecuzione, che essa fosse stata pubblica o dietro a porte chiuse»

Sireya si accostò al re. «Non può aver fatto tutto da solo»

Arlo strinse i denti e soffiò come un gatto in trappola. «Dovete pagare per quello che avete fatto a me e alla mia famiglia» sbraitò. «E non sarà certo la morte di Nives a dissuadermi dal provarci di nuovo»

«La tua famiglia si è rovinata con le sue stesse mani» rispose il re, osservando il corpo della ragazza ormai scomparsa. «E per quanto io avessi sperato che tu, il nuovo cavaliere di Even, e il ragazzo con il sangue del dio oscuro poteste finalmente uccidere Dixtr e riportare Icarys al suo antico splendore, non credo che vedrai una nuova alba per poterci riprovare»

«Ora avete semplicemente un buon pretesto per fare ciò che avete sempre voluto fare»

«Ossia?»

«Uccidermi» rispose Arlo. «Peccato che così non saprà mai dov'è il medaglione»

Il re alzò un sopracciglio, sorpreso che Arlo lo avesse detto ad alta voce.

«Aren ha nascosto la mia parte e io ho celato al mondo quella destinata a Maximilian Kastrov» continuò. «Il segreto della loro posizione verrà con me nella tomba»

La corona dell'uomo vacillò sulla punta della sua testa. Maximilian lo osservava mentre sceglieva, tra l'insieme di emozioni, quale far venire a galla. Non decise né di mostrare stupore né agitazione. Tutto quello che lasciò trasparire fu solamente totale e completa indifferenza, come se quelle parole fossero proprio quelle che aveva immaginato di sentire. «Hai condannato un intero popolo» disse il sovrano, voltando loro le spalle. «La linea non verrà mai abbattuta e voi stolti Theufel e Heiligies continuerete a vivere incatenati agli errori del passato»

Ancora silenzio.

Quell'uomo non aveva mai voluto il medaglione o la vita di Arlo e Maximilian.

Re Chiaros aveva sempre voluto qualcosa di più.

L'ultimo tentativo che il continente era disposto a fare.

Le terre di oltremare non volevano che la Merkal venisse rasa al suolo. Era questo il grande segreto che aveva portato un intero popolo a vivere in bilico tra il passato e il futuro. Re Chiaros era venuto meno alla promessa che re Ramys, all'epoca della guerra del cervo, aveva fatto alla dea Lexys. Senza il medaglione e senza i discendenti delle antiche famiglie nessuno avrebbe potuto fare cadere il muro eretto tra il Moyer e l'Oyre. Nessuno sarebbe stato in grado di ridare vita all'isola del sole, scacciare da quelle terre Dixtr e riacquistare la fiducia degli dei di Phatagos.

Maximilian stentava davvero a credere alle sue orecchie. Non solo Arlo lo aveva tradito, lasciandolo all'oscuro dei suoi piani, ma anche tutto ciò su cui si era fondata l'esistenza di innumerevoli persone era risultata essere una bugia. Nessuno li avrebbe salvati e sarebbero morti tutti come all'epoca della battaglia del cervo. Non ci sarebbe stato futuro, ma non ci sarebbe nemmeno stato passato. Sarebbero rimasti per sempre incatenati ad un limbo tra ciò che erano stati e ciò che sarebbero potuti tornare ad essere. Per sempre Theufel o Heiligies, mai un unico popolo.

Dopo tutto quello che avevano passato insieme, lo spudorato principe di Phioras, per ringraziarlo della sua amicizia, aveva ben pensato di piantargli un pugnale tra le costole. Maximilian avrebbe dovuto aspettarsi che una persona calcolatrice come Arlo non si sarebbe mai potuta affidare a uno come lui, un povero bastardo che per tutta la vita aveva cercato di remare su una braca ormai affondata. Il legame che aveva immaginato tra loro non c'era mai stato e probabilmente mai sarebbe nato.

Che stupido. Che stupido, dannatissimo idiota! Si era fregato con le sue stesse mani.

Avrebbe fatto bene a rimanersene al bordello a farsi scopare per cinque monete d'oro e un calice di birra.

Avrebbe fatto meglio a dare retta a sua padre e lasciar perdere le questioni al di fuori di Vaska.

Se solo si fosse reso conto prima del casino in cui era finito.

Se solo non fosse stato così dannatamente leale.

Se solo se ne fosse stato zitto...

«Sono stato io»

Le parole gli erano uscite da sole di bocca.

«L'ho aiutato io ad intrufolarsi nelle cucine e a trovare il veleno»

Diamine!

Arlo sorrise e Maximilian capì finalmente che cosa il ragazzo aveva voluto intendere con quelle parole. Il principe aveva sempre saputo, fin dall'inizio, che il grande barone di Vaska avrebbe preso le sue difese senza che nemmeno glielo avesse dovuto chiedere.

«Speravo che almeno lei, signor Kastrov, avrebbe avuto il buon senso di distinguere tra ciò che è bene e cosa è male» disse il re.

Le nocche di Maximilian erano sbiancate. Che cosa aveva appena fatto?

Il sovrano richiamò l'attenzione del menestrello che aveva annunciato il suo ingresso nella sala reale. «Paulo» disse, senza mai staccare gli occhi da quelli di Maximilian e ignorando completamente la furia omicida che si era impossessata di Arlo. «Cosa dicono le tavole della legge?»

L'ometto fece un breve inchino tutto tremante.

«Abbiamo qualche possibilità di salvare la vita a questi due giovani scellerati che hanno tentato ingenuamente e senza motivo di uccidermi?» domandò ancora il reggente.

Paulo scosse il volto. «La signorina Sireya ha sciaguratamente ragione» rispose con flebile voce e circospezione. «Un atto del genere non può essere lasciato passare inosservato»

Maximilian stava trattenendo il respiro. In testa un solo pensiero: perché?

«Dunque cosa ne dobbiamo fare di loro?»

Paulo vacillò. Stava per condannare a morte certa due persone. «Temo che a loro sia riservato il patibolo» rispose, evitando lo sguardo curioso dei nobili e quelli del re. «A frecce e fuoco al sorgere dell'alba, come la tradizione vuole che i traditori vengano puniti»

Il reggente nascose a fatica il moto di eccitazione. «Anche se questo va contro i dettami della dea Lexys in persona?»

Paulo si guardò introno per un aiuto che però non ricevette. «Temo che voi siate l'unico che possa dare loro la grazia» rispose. «Se volesse»

L'uomo sembrò ponderare le parole. «Lasciamo loro una notte per decidere se vogliono prestare giuramento alla patria o morire nello stesso modo in cui l'hanno tradita» disse, prendendo tra le mani il suo lungo mantello abbandonato sul suo trono e nascondendo una espressione compiaciuta. «Al sorgere del sole decideremo del loro destino»

Angolo sclero autrice: ok, avevo detto che mancava solamente un capitolo ma a quanto pare ho mentito. Non avevo considerato l'epilogo!

Questi due scellerati verranno ammazzati?

Probabilmente se fosse per Maximilian sì!

Grazie davvero di cuore di essere arrivati fino a qui...ci vediamo all'epilogo! Baci basi :)

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