.2 - La leggenda
Nei vecchi e ormai consunti libri della biblioteca di Babilos, era stata incisa, con raffinate piume d'oca dall'inchiostro color dell'oro, una leggenda, tramanda di generazione in generazione fino ai giorni moderni. La grande isola Icarys era infatti stata benedetta dagli antichi, i sette dei delle virtù che governavano il mondo, prima dell'arrivo del dio Dixtr, il vile.
Gli dei, che dall'alba delle civiltà risiedevano su quella che, un tempo, si chiamava ancora Phatagos, avevano concesso agli abitanti di Icarys un'abbondanza di doni spirituali. Alcuni uomini e alcune donne erano stati benedetti dalla saggezza, altri dalla giustizia. In molti avevano una fede indistruttibile, mentre la temperanza era un dono per pochi, così come la fortezza e la speranza.
Oyr era il dio della carità.
Solyr era invece il dio della prudenza.
Malastor della speranza.
Crotyal della temperanza.
Lexys era la dea della giustizia.
Fenyx la dea della fede.
Ed infine Salus era il dio della fortezza.
Nel passato, quando le persone credevano ancora alle divinità da cui erano stati protetti e anche benedetti, nessuno osava sfidare la grandiosità dei loro patroni, consapevoli del valore inestimabile dei doni che gli erano stati affidati. Gli uomini e le donne veneravano gli dei e si recavano all'isola degli antichi per offerte e sacrifici, rendendo loro volenterosamente omaggio in feste e celebrazioni.
La vita era tranquilla e rigogliosa, così come la loro casa, Icarys.
Il sole splendeva sulle loro terre.
Il mare bagnava le loro coste.
I raccolti erano abbondanti e i frutti maturi.
La linea era ancora null'altro che un incubo lontano.
Quando però vennero le tenebre, gli abitanti dell'isola del sole si resero conto di essere insoddisfatti e di quanto la loro fame non venisse più saziata come un tempo. Comparso un uomo, chiamato dai posteri l'usurpatore, tentato dal dio Dixtir, governatore dei vizi e del malcostume, la storia prese una via alquanto cupa, sviando dal corso naturale che i sette dei benevoli avevano pianificato per i loro amati figli.
Da quel momento in avanti, il mondo divenne un posto molto diverso dal quello che gli abitanti dell'isola del sole ricordavano con ormai nostalgia.
L'usurpatore iniziò infatti ad insinuare il seme del dolore nella popolazione di Icarys. Questa iniziò a rivoltarsi contro gli dei che avevano donato loro quelle virtù che gli avevano portato gloria e ammirazione da parte del continente. Chi era saggio iniziò a voler essere anche giusto, i prudenti iniziarono a desiderare la temperanza e i forti cominciarono a disprezzare la carità.
Ciò che gli antichi dei avevano costruito, iniziò piano piano a disgregarsi e a frantumarsi sotto i loro stessi occhi.
Rinnegati e dimenticati dai loro stessi figli, gli dei guardarono andare a fuoco la loro amata isola del sole e si ritirarono, dapprima, nelle ampie grotte rosse di Phatagos, consapevoli di ciò che sarebbe accaduto. Dixtr e l'usurpatore piantarono infatti il seme del malcontento anche nelle fertili terre dei bambini, cosicché la generazione successiva fosse ancora più corrotta della precedente.
Dalle radici dei giovani germinò una folta edera che fece morire ogni traccia di vita da Icarys e lotte intestine scoppiarono a causa dello scontento e dalla rabbia crescente. Babilos fu la prima città ad essere rasa al suolo e molte altre seguirono il suo stesso destino. Gli abitanti dell'isola del sole iniziarono a guerreggiare tra loro finché in molti morirono e perirono sotto ferite atroci, infettate dal seme della depravazione.
La battaglia del cervo, fu la goccia che fece traboccare il vaso. Quando Lexys, la dea della giustizia, si rese conto che gli artigli di Dixtr e del suo discepolo iniziavano a sfiorare anche le terre del continente, lasciò le grotte di Phatagos per dirigersi verso Patros e Sillas. Là, parlò con re Ramys III e, insieme, decisero che era giunta l'ora di cacciare le tenebre da Icarys una volta per tutte.
L'impresa non si rivelò essere affatto facile.
Ci volle infatti l'aiuto e la collaborazione di tutti gli dei delle virtù per scacciare Dixtir ed imprigionare l'usurpatore nell'arcipelago dell'estremo nord.
Purtroppo però, nonostante l'oscurità avesse allentato le proprie catene sull'isola del sole, il seme marcio era ormai germogliato tra gli abitanti di Icarys e aveva messo radici ben più profonde di quanto gli dei si fossero inizialmente aspettati. Nonostante il giudizio unanime e concorde degli antichi di abbandonare i propri figli al loro destino, Lexys prese una decisione discordante.
Al popolo dell'isola del sole vennero tolte tutte, e in modo definitivo, le sette le virtù che erano state loro donate. Tutto ciò che rimase loro fu quello che, nelle antiche scritture veniva descritto come l'Oyre e il Moyer, il bene e il male, ovvero i fondamenti della natura umana. Gli dei, ad eccezione di Lexys, lasciarono poi definitivamente Phatagos, cercando, senza alcun successo, dei figli veramente pronti a ricevere i loro preziosi ed inestimabili doni.
Rimasta indietro di sua spontanea volontà, la dea della giustizia volle dare però un'ultima possibilità agli abitanti di Icarys, che un tempo aveva amato più di sé stessa.
Insieme a Ramys III, e con l'aiuto dei fedeli abitanti del continente, i due costruirono la Merkal, ovvero quella che nei giorni moderni venne conosciuta come la linea.
Un città, lunga migliaia di chilometri e dai muri alti un centinaio di metri, venne edificata nel giro di poco tempo per dividere in due parti distinte l'isola del sole. Da un lato vennero confinati i figli governati dal Moyer, ovvero il male, e dall'altro vennero confinati i figli governati dall'Oyre, ovvero il bene. Entrambe queste fazioni mancavano di una cosa: l'equilibrio spirituale ormai perso dopo l'arrivo di Dixtr.
I primi vennero soprannominati Theufel.
I secondi Heiliges.
Il compito di Ramys III, e dei re che gli sarebbero seguiti, secondo l'espressa volontà di Lexys, fu quello di aspettare e verificare che, nel giro degli anni, il Moyer e l'Oyre tornassero ad essere complementari ma anche indispensabili l'un l'altro. Secondo la dea infatti, sarebbe arrivato un momento della storia in cui gli abitanti di Icarys avrebbero ritrovato la retta via dell'equilibrio interiore, senza bisogno di eccellere nelle virtù che gli erano state sottratte loro.
Da quel momento in avanti, i re del continente si sarebbero impegnati ad identificare i Brylast, coloro che, stando a dei requisiti stillati da Lexys in persona, avrebbero fatto superare l'Eunohia, una cerimonia per valutare quanto l'Oyre e il Moyer fossero preponderanti in un individuo. Chiunque avesse dimostrato di possedere, anche solo in piccola parte, la rettitudine spirituale avrebbe dovuto iniziare a vivere all'interno della linea, insieme ad altri equilibrati.
La Merkal, permettendo agli individui scelti di vivere a stretto contatto, avrebbe permesso ai Brylast di tornare a convivere tra loro, e a completare la trasformazione dell'Oyre nel Moyer e del Moyer nell'Oyre. Il compito finale sarebbe stato quello di riedificare, con fondamenta più solide, la vecchia Icarys.
Nonostante la dea Lexys in persona fosse fiduciosa di riuscire a compiere l'impresa di restituire, senza il suo intervento diretto, la rettitudine ai suoi figli, l'isola del sole si rivelò quasi irrecuperabile e marcia fino al midollo.
Sono infatti passati ormai centocinquant'anni dalla prima cerimonia dell'Eunohia e i Brylast identificati nel corso degli anni subirono un destino ancora più crudele dei figli degli antichi. Nonostante il Moyer e l'Oyre fossero entrambi presenti all'interno della loro coscienza, l'autodistruzione sembrò l'unica strada accessibile. Nessuno sembrava infatti essere in grado di percorrere, senza sbilanciarsi, la sottile linea che divide i due fondamenti umani.
Dall'arrivo di Dixtir le cose andarono sempre più a peggiorare ma, nonostante il volere degli abitanti del continente di chiudere per sempre l'accesso all'isola del sole, l'attuale re Chiaros non aveva ancora perso completamente la fiducia. La cerimonia di quell'anno avrebbe dovuto avere un esito diverso dai precedenti, altrimenti la retta via sarebbe stata persa per sempre.
Quello era l'ultimo tentativo che il mondo era disposto a fare.
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