4: cra, cra, cra

Cra cra cra, tutto il tempo, ovunque! Cra, cra, cra, non smettevano mai! 

Non stavano mai zitti, non sapevano tacere e godevano sì, godevano della loro tortura!

Emmeline avrebbe voluto urlare e forse lo faceva davvero: urlava con le mani sulle orecchie, perché non voleva sentire quei rumori, quel baccano! Era una persecuzione e non la lasciava mai dormire, mai!

Cra cra cra, ridevano quei bastardi. Cra, cra, cra e battevano con il becco sul vetro della stanza, ridevano di lei perché era debole, perché piangeva!

Mostri erano! Nient'altro che mostri mascherati da uccelli, incubi che si muovevano nell'aria come nere macchie piumate, che approfittavano della sua debolezza!

Emmeline urlava loro di andarsene, li supplicava di lasciarla dormire, mentre si contorceva tra le lenzuola, soffocando lentamente a causa delle lacrime, ma i corvi s'eccitavano, come lupi davanti al sangue, e la loro risata diventava atroce, crudele e non smetteva mai, mai!

Cra cra cra, era tutto ciò che sapevano dire! Cra cra cra, perché il loro unico intento era farla impazzire!

Emmeline tentò di contenere le lacrime, ma la disperazione la assaliva ad ondate e l'unica cosa che poteva fare era provare a chiudere fuori quel mondo mostruoso dalla sua testa, ma non c'era angolo della casa in cui scappare, perché i corvi l'avrebbero inseguita, sarebbero entrati dalle tubature, dalle fessure, dalla porta d'ingresso come avevano già fatto in passato, una marea nera pronta ad assalirla, ad assordarla, a renderla pazza!

Si mise a singhiozzare, isterica, inveendo contro quelle creature demoniache che si prendevano gioco di lei e che si approfittavano della sua debolezza, ma le bestie gracchiavano, ridevano, la deridevano, perché era l'unica cosa per cui erano state create, per lei, per renderle la vita impossibile, per impedirle di dormire, di riposare, di essere lucida durante il lavoro.

Cra cra cra era tutto ciò che rimbombava nella sua mente, nonostante il pianto, le suppliche, le imprecazioni, le minacce. Cra cra cra, nessuna parola poteva fermarli, nessun gesto, nemmeno quando Emmeline, una mattina, aveva spalancato le finestre e aveva tentato di afferrarne uno per torcergli il collo: sapevano svanire in un battito di ciglia, in un frullio d'ali e nulla di loro rimaneva se non la terribile eco nella sua testa.

Era questo il suo cancro, questo il suo mostro nero, che lentamente la mangiava dentro, la rendeva insicura, la terrorizzava.

Cra cra cra, tutto era ormai un incubo.

Cra cra cra, come liberarsene? 

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