Seconda udienza, secondo confronto.
Olivier Dubois aveva brillantemente scavalcato un tentativo di svantaggiarlo da parte dell'avversario, rispondendo diretto. Eppure il caso era piuttosto semplice, solo che entrambi gli avvocati puntavano su tutto tranne l'umanità.
Eveline Miller era stanca di passare minuti interi a prendere appunti e osservare con che sfacciataggine Hank Palmer le mandava frecciatine. Superò il limite quando, tornando a sedere dopo un dibattito con Christine chiamata a testimoniare, pestò accidentalmente un piede alla ragazza che lo fulminò subito.
Fremeva dalla voglia di andare lì e fare il suo lavoro, ma non decideva lei.
Adesso ci stava l'imputato Andrew Storm al banco dei testimoni il che significava carne fresca per i due avvocati.
-Vai tu io preparo il prossimo dibattito.
Le sussurrò Olivier.
Eveline sorrise e si alzò pronta ad interrogarlo, avvicinandosi lentamente attenta a far risuonare bene i tacchi nel silenzio della cattedrale. Camminando sentì due occhi su di lei, ovviamente.
-Signor Storm da quanto la sua ex moglie non accettava le richieste di uscire?
Lo odiava e disprezzava per il motivo futile con cui gettò nella depressione la povera Christine Blanchett.
-Da un po'.
Strinse gli occhi d'ambra.
-Definisca meglio.
Vedendolo titubare prese la palla al balzo.
-Ricordi che è sotto giuramento.
Andrew sospirò guardando altrove con nervosismo, guardando dritto Hank che inclinò leggermente il capo facendo insospettire la ragazza.
-Da quattro anni circa.
Rimase asciutta ma mirata a far pensare bene la giuria.
-Quindi lei l'ha lasciata per questo motivo. Maschilismo ne abbiamo?
Subito Henry si alzò.
-Obiezione vostro onore!
Il giudice Lewis ammonì con lo sguardo il comportamento di Eveline, accogliendo la richiesta del Signor Palmer.
Egli si avvicinò alla ragazza ora che entrambi non volevano tornare a sedersi, guardandola truce.
-Non parli così al mio cliente!
Lei voleva vendicarsi, pensare a ciò che pensava davvero, ma purtroppo doveva imparare che le cose personali si lasciano fuori dalla porta quando si lavora.
-E lei la smetta di infastidirmi!
Strinse la mandibola con le vene delle tempie visibili da quanto si stava trattenendo dal dirle altro, stringendo i pugni ma poi riacquistando la professionalità con maestria.
-Vostro onore credo che accusare di maschilismo il mio cliente per un motivo del genere sia davvero inappropriato, chiedo una pausa per rivedere le carte assieme ai miei colleghi.
Ringhiò dicendo quella parola, guardando Eveline.
-Va bene, abbiamo tutti bisogno di un maledetto caffè.
Il giudice Lewis era conosciuto per la sua simpatia che smorzava momenti come quello.
Olivier Dubois si avvicinò incredulo spalancando le braccia.
-Ma che stai facendo?!
La prese per un braccio tirandola verso di sé sotto gli occhi di Hank che ghignava a braccia conserte.
-Bada a non ripetere mai più un errore del genere, altrimenti sei fuori.
Disse sottovoce minaccioso, facendo trasparire quella che è la vera natura del ragazzo: la freddezza e l'egoismo.
Henry si avvicinò ai due torreggiando su entrambi, facendo indietreggiare Olivier.
-Permettimi di rubartela un secondo.
Con voce melliflua e riflesso pronto si piazzò davanti alla protagonista con fare superiore come al solito.
-Bella mossa Miller, davvero.
Eve abbassò lo sguardo ingoiando la saliva, pentita della sua stupida impulsività.
-Devi imparare molte cose ragazzina.
Al limite della pazienza guardò altrove con gli occhi lucidi, reprimendo senza grande successo quella voglia di scoppiare a piangere e non per quello che aveva appena fatto.
-Adesso fai la bimba lagnosa; ti manca tanto mammina non è così?
La prese in giro imitando una voce da femmina.
Stavolta sacrificò la risposta secca per non commettere lo stesso errore dato che era ancora nel luogo di lavoro.
Olivier assisteva al tutto ma non fece nulla per difenderla, anzi, a stento tratteneva quel ghigno malefico sulle labbra.
-Mi scuso per il mio sbaglio, ma non rimangerò le mie parole.
Disse con coraggio guardandolo negli occhi trattenendo tutto per paura di Henry Palmer.
-Difendi la tua parola, uh? Con me avrai vita breve Miller, non vedo l'ora di spremerti come un limone per farti tornare in quella sudicia scuola di legge dove hai studiato!
Mentre parlava avvicinava il volto, la voce canzonatoria ma al tempo stesso minacciosa.
Eveline restò paralizzata con il collo retratto per non sfiorare le labbra di Hank talmente si era chinato per raggiungerla, lo sguardo perfetto di una persona che può tranquillamente pugnalarti alle spalle senza giustizia.
Olivier Dubois sorrise beffardo e alla fine, quando la pausa finì, salvò la situazione rimanendo alla pari con il famigerato avvocato.
Quando uscirono dal tribunale Eve stava per entrare in auto, ma il ragazzo chiuse le portiere prima di farla entrare, abbassando il finestrino.
-Te la fai a piedi così impari.
Le mandò un finto bacio, anche perché lui era gay, sgommando via, lasciandola sola.
Olivier Dubois è sinonimo di stronzo cosa che imparerete anche voi.
Si era pure portato via il pacchetto di sigarette sapendo bene che ne avrebbe fumata almeno una dopo lo stress del lavoro. Buttò la borsa a terra per rabbia, sedendosi sul bordo del marciapiede con la testa fra le mani.
-Ti ha dato buca vero?
E chi se non Hank Palmer.
Eveline vide le sue scarpe firmate fermarsi davanti a lei, così alzò la testa guardandolo dal basso mentre teneva le chiavi dell'auto tra le dita.
-Salta su prima che cambi idea.
Non le tese nemmeno la mano per aiutarla ad alzarsi, semplicemente andò verso la Jaguar cabriolet nera sgargiante.
La ragazza titubante salì, la mano nella borsa ferma sullo spray al peperoncino pronta all'imprevedibile con l'uomo.
-Togli quella mano dallo spray, mi fa soltanto innervosire, e tu non vuoi che io mi innervosisca vero?
La Miller roteò gli occhi obbediente, indicandogli la strada quando partì ben attento a far risuonare il ruggito del motore. Con una mano sul volante e l'altra fuori Hank venne osservato a lungo dalla protagonista affascinata dalle onde che si muovevano nel ciuffo curato dell'avvocato.
Gli occhiali da sole rendevano Palmer più...intrigante, si, a livello fisico attraeva Eveline anche se non l'avrebbe mai ammesso.
-Siamo arrivati bellezza.
La risvegliò dai suoi pensieri dandole un colpetto sulla gamba, senza nemmeno salutarla quando scese dall'auto ringraziandolo. Ella entrò in casa senza trovare Olivier che, come sempre, la stava bellamente ignorando cavalcando Chopin. Si fece una doccia e, mentre stava in accappatoio, mandò per noia un messaggio a Noah che rispose subito.
Ore dopo erano insieme al Flying Deer che pomiciavano di nascosto.
A Eveline piaceva il sapore delle sue labbra, stuzzicandolo infilando la lingua tra le sue labbra, convincendolo a giocare con lei. Noah si appoggiò al muro dietro di lui, tenendo le mani salde sui suoi fianchi mentre allungava le dita per accarezzarle le natiche.
-È scaduto il tempo piccioncini!
Disse scherzosa come sempre Sam scoprendoli e porgendo loro due bottiglie di succo al mirtillo.
Sorrisero e uscirono dal nascondiglio, bevendo come se fosse birra.
-Oggi a quanto pare c'è il karaoke.
Commentò Noah guardando verso il centro del locale dove stava un microfono e un piccolo palco con tanto di band.
Eveline bevve l'ultimo sorso e si aggiustò la maglietta bianca, poi i jeans e infine la giacca sul verde militare. Era arrivato il suo momento.
Corse sul palco e suggerì la canzone alla band contenta di suonare qualcosa.
Così tutto il locale si fermò a guardare la ragazza che cantava benissimo, sua passione sepolta, mentre anche Hank Palmer non aveva occhi che per lei.
I'll Make It Up to You dei soliti Imagine Dragons risuonò nel bar.
La vita stressa? Cantare è la risposta.
*tutto molto bello. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.
Ah, comunque la Jaguar di Henry è questa
Noi abbiamo i soldi per prenderla sisi
E questo l'outifit per il bar di Eve
Tutto molto tumblr
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