False friends

Eveline Miller se ne stava ad ascoltare la sua band preferita con le cuffie, da sola, su un muretto visto che Olivier non la faceva nemmeno entrare in casa durante la giornata per vendetta e divertimento personale. Adesso per la ragazza obbedire, cosa che aveva sempre odiato, divenne necessario per continuare a fare ciò che più le piaceva: essere avvocato.
Senza Dubois non era nessuno, non andava da nessuna parte.
O almeno: queste le parole che il ragazzo le ripeteva di tanto in tanto per non farla allontanare.
Guardava la strada mentre picchiettava le dita sul ginocchio al ritmo della musica.
Le solite canzoni, ancora e ancora, fino a sentirle rimbombare nella testa durante il silenzio più totale.
Mossa dal ritmo di Trouble iniziò a muovere una parte del corpo senza badare agli altri che passavano.
Chiuse gli occhi abbassando la testa mentre muoveva un dito nell'aria a ritmo, usandolo a volte come bacchetta della batteria. La magia della musica ha soltanto una maledizione: non puoi viverci senza.
Rallentando tutto lì, su quel muretto di qualche casa nel centro della cittadina, tornando adolescente, tornando Eveline Miller. Avete capito che per la ragazza la musica è una colonna principale della sua vita, ma c'è qualcos'altro, o meglio qualcuno, che l'aspetta sempre dove si ha il dominio sulla città.
Vestita come quella bellissima serata di karaoke al Flying Deer, di cui ne abbiamo parlato poco ma significò molto per la protagonista, aspettava che il suo guaio personale arrivasse al solo pensarlo.
-Ehy Miller!
Dopotutto parli del diavolo e spuntano le corna.
Vide Henry Palmer correre nella sua direzione con addosso soltanto pantaloncini e scarpe da corsa più canotta rigorosamente nera. Stava correndo conciato così in quel periodo della stagione dove di sicuro tornato a casa si sarebbe preso qualcosa. Eve non poté farne a meno di soffermarsi su quei bicipiti gonfi con le vene belle in vista, il sudore che appiccicava i vestiti come una seconda pelle delineava gli splendidi addominali dell'uomo dal petto largo e rialzato dalla palestra. Le gambe toniche e slanciate, le spalle larghe, la schiena possente, senza commentare il fondoschiena che per ogni donna era un paradiso!
Poi il ciuffo, abituata a vederlo cerato e in ordine, ora stava tutto sfatto con alcune ciocche more che ricadevano sulla fronte imperlata da goccioline.
-Amore la mia faccia è qua.
Disse sogghignando Hank, prendendole il mento per alzarle il viso, ma come la toccò subito Eveline con uno schiaffo determinato tolse il braccio.
-Non toccarmi.
Palmer aggrottò le sopracciglia stranito ma divertito.
-Poi sarei io quello impossibile.
Borbottò lagnoso.
-Miller lo sai le voci che girano su me e te? Sospettano che ci odiamo e facendolo complottiamo per l'esito del verdetto finale, tutte voci messe in giro dal tuo caro amichetto francese del cazzo. E nessuno, nessuno....deve sparlare di me.
Da come la guardava capì che era giunta l'ora di deglutire e spegnere la musica.
-Io non c'entro nulla, lo giuro.
-Tsk, certo! Altrimenti perché ti chiuderebbe le porta in faccia?
Eve serrò le labbra, prevedendo la sua prossima mossa.
-Voglio darti una mano Miller, una grossa mano, ma...
Fu il momento di tornare in piedi e andarsene, ma una mano posata sul suo stomaco la bloccò. Hank guardava per terra, tenendola ferma al suo fianco, sorridendo cinico.
-Tu rimani qua e mi ascolti. Non sto scherzando, non più.
E così facendo si lasciò afferrare il polso dalla ragazza, ma lui con una sola mossa scambiò i ruoli intrappolandole un polso. Piazzandosi davanti a lei non la lasciò andare, tirando le labbra in un sorrisetto malizioso.
-Facciamo finta di essere amici, per questo giorno, mostriamo il contrario.
La protagonista con un ultimo strattone si fece del male sola, spirando dai denti.
-Ragazzina non è mia intenzione farti del male, ma occhio a quello che fai.
La minacciò lasciando la presa con facilità, ricevendo uno sguardo truce che non lo smosse.
Eveline sussultò sentendo un suo braccio posarsi pesantemente sulle spalle come si fa con gli amici, unito poi all'acre odore di sudore pareva perfetto proprio. Iniziarono a camminare, Henry vedendo delle persone presenti nel tribunale la strinse di più.
-Sii contenta.
Ringhiò a bassa voce, facendola piangere internamente ma sorridendo fuori nonostante volesse soltanto scappare da lui e da Olivier. I casini sempre colpa del ragazzo, sempre.
Guardando bene che non ci fosse nessuno tentò di staccarsi.
-Dai, basta...
Ma Hank in risposta la tirò di nuovo letteralmente sotto la sua ascella, sorridendo e ridendo fintamente a delle battute mai dette appena passava qualcuno, costringendola a fare lo stesso. Approfittandone iniziò a far scalare lentamente la mano, venendo fermato appena prima di toccarla dov'era proibito, annuendo con quel sorriso vittorioso e beffardo.
-Non così vicino.
Sentenziò Eve spingendolo via invano.
-Nemmeno a me piace sentirti così vicina, uff sei così odiosa, però è necessario okay? Almeno arriviamo a casa tua.
E ci arrivarono, ma prima di lasciarla andare le comunicò l'ultima delle minacce.
-Riferisci al tuo socio che se osa rifare una cosa del genere lo rovino fino a farlo diventare polvere.
Ancora tentò di toccarle il mento per farsi guardare ma venne respinto, ridacchiando mentre se ne andava via correndo.
Eveline strinse i pugni quando giunse in salotto vedendo Olivier con una maschera di bellezza addosso tutto comodo avvolto da solo un accappatoio.
-Non farlo mai più, okay?! Adesso non solo ci odia, ci ha minacciati! Adesso l'errore è tuo brutto...
Ringhiò per mangiarsi la parolaccia capendo di star rischiando davvero il posto di lavoro, ma in risposta ricevette un gesto pigro e menefreghista,
-Impara a convincerci.
Eve fece dietrofront correndo a gambe levate a casa di Noah ora che sapeva dove abitava, suonando una sola volta il campanello ecco che l'adorabile ragazzo aprì la porta.
Subito le tornò il sorriso.
-Ciao, stai bene?
Lui finse di non conoscerla.
-Si...si. Chi sei tu?

Eve rise dandogli una pacca sul braccio e la lasciò entrare senza resistere alla tentazione di darle un dolce bacio sulla nuca vedendola passare sotto il suo naso. Subito la ragazza gli saltò in braccio trovando pronto sostegno, scoppiando in un pianto liberatorio, cosa che nemmeno con Olivier faceva.
-Cos'è successo?
Disprezzando le bugie raccontò la verità, ricevendo un abbraccio stretto e di conforto come risposta.
Tutto quello di cui aveva bisogno, ovviamente prima di un bacio casto.
Sentì qualcosa tirarle i pantaloni e quando abbassò lo sguardo vide un adorabile gattino grigio dal manto soriano e gli occhietti vispi azzurri. Invasa da tanta tenerezza ci pensò Noah a prendere il gattino in braccio.
-Me l'ha lasciato un paziente prima di morire, quindi adesso fa parte della famiglia.
-Come si chiama?
Fece spallucce coccolando la piccola creaturina.
-Aspetto che lui me lo dica.
Quindi si trattava di un maschietto in casa Lewis.
Passarono la giornata a giocare con il piccolino, dimenticando momentaneamente i brutti momenti.
Eppure, tornando al discorso Hank, essere falsi amici spesso rivela i migliori che si possano avere.




*scleri gattosi. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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