Do you wanna a fight?

Eveline Miller barcollò appena sotto la tettoia della prima casa che trovò scendendo la collina, recuperando lentamente qualche briciolo di energia per camminare fino a casa sua e gettarsi in una vasca calda. Aveva paura di tornare e vedersi Olivier davanti così optò per prendere il primo cellulare di una cabina telefonica e chiamare Noah in modo tale da farsi venire a prendere.
Il ragazzo giunse appena in tempo prima di vedere una Jaguar nera sfrecciare sotto la pioggia senza fermarsi.
La portò immediatamente a casa, mandando tutto all'aria pur di trovare gli attrezzi del mestiere provandole la febbre è tutto il resto che riteneva necessario. Eveline voleva soltanto riposare.
-Tesoro ho soltanto bisogno di dormire.
Disse con voce biascicata su quel divano del salotto che iniziava ad inzupparsi dei suoi vestiti fradici.
-No prima devo impedire che ti venga una bronchite.
L'infermiere per la prima volta poté agire da medico come aveva sempre sognato, senza ordini di persone ritenute superiori a lui soltanto per una laurea più importante. Soltanto dopo aver fatto quello che doveva fare la lasciò spogliare per farsi un bagno caldo mentre il gattino grigio seguiva i suoi movimenti dalla cuccia.
Noah Lewis le stette accanto tenendole la mano mentre Eve veniva invasa da ricordi e rimorsi cioè la sua vita in due parole.
Si abbandonò al dolce profumo della Marsiglia, sua terra natia.
-Non devi stare con me tutto il tempo.
Si rivolse al ragazzo vedendolo scosso ma con l'espressione stanca come se fremesse anche lui dalla voglia di andare a dormire. Invece stava lì, a tenerle la mano.
-Finché sei infelice, mai.
Sorrise e le passò dolce la spugna sulla fronte, profumandola di nuovo di quel sapone che la rispediva a casa direttamente, passando le mani piene di schiuma sulla sua fragile schiena, tra i capelli neri, le spalle sporgenti.
Era stata peggio, ma mai con una persona al suo fianco.
Aveva il dolce viso ricoperto dalla barba che lo rendeva più adulto, ma pur sempre con l'aspetto di un bambinone buono e gentile. Non era affatto tipo da attacca brighe, anzi ne aveva subite più che create, restava sempre per i fatti suoi. In quei momenti la tenne in vita raccontandole storielle, avvolgendola in una calda coperta per poi tenersela stretta sul petto come un gattino. Erano arrivati stesi sul letto, ma senza il sonno.
Con timidezza Noah la strinse ancora sentendola tremare, prendendo con una mano il gattino e poggiandolo sulla pancia di Eveline che sorrise addolcita. Le raccontò di come avrebbe tanto voluto essere medico, ma per colpa del padre che ogni giorno gli ripeteva di non potercela mai fare adesso faceva l'infermiere e volontario ad ogni cosa.
Le raccontò del fatto che prima di lei, lui, mai aveva visto una ragazza da così vicino.
Raccontò di come in bus era sempre quello da solo ad ascoltare la musica, a girare sempre da solo, senza nemmeno un fratello con cui giocare. Però adesso non si lamentava più della sua vita perché Eveline gliene aveva data una completamente nuova, rendendolo più sicuro di sé.
Lui dava tutto se stesso, forse è proprio questo che fa soffrire cento volte di più.
-Un giorno vorrei farlo con te, per la prima volta.
Ammise nel mezzo di una conversazione.
-Quando tu starai meglio e avrò il tuo pieno consenso, anche scritto se vuoi.
Eve gli diede un leggero pugnetto sulla spalla perché di ragazzi così se ne trovi bisogna tenerseli stretti.
-Un giorno Noah, te lo prometto. Andremo anche a visitare la Francia se proprio ci tieni.
Lui sapendo delle origini della protagonista aveva proposto una sorta di rimpatriata sempre stato affascinato da quella nazione, ma forse era troppo ingenuo da non sapere che se una persona non è più nel suo paese d'origine significa che non vuole più tornarci.
Oppure è stato costretto a lasciarlo.
La sera seguente erano davanti alla porta pronti per uscire al Flying Deer.
-Noah?
Abbassò lo sguardo per guardarla da innamorato perso.

-E se ci fosse Olivier?
Le prese le mani stringendole al petto dopo averle baciato le nocche.
-Non toglierti un momento di felicità per colpa di qualcun altro, mai.
Arrivarono al bar, finora tutto tranquillo, seduti al solito posto con il solito succo di mirtilli in mano.
Fu quando Eveline alzò lo sguardo, che vide gli occhi della persona che detestava più di Henry Palmer stesso ricambiare l'occhiata:

Olivier Dubois era dall'altra parte del locale, senza un drink, guardando con sguardo assassino proprio lei e il piccolo infermiere. Quando il sangue le si gelò nelle vene, poco bastava, poiché subito dopo la porta si aprì ed eccolo entrare, per la gioia di qualcuna:

-Eveline, stai bene?
Subito si preoccupò vedendola come pietrificata da una magia, ma seguendo quei due occhi ambrati spalancati come fanali vide chi stava fissando e anche lui dovette deglutire. Percepiva la tensione rizzargli i capelli.
-Dobbiamo andarcene da qui.
La prese per un braccio quasi lanciando il conto a Sam, ma appena si voltò abbassò lo sguardo vedendo il francese piazzato davanti a loro.
-Dammi Eveline e vattene via.
Ricordava perfettamente delle innocue minacce che Noah gli aveva fatto in ospedale, quando ancora la ferita non si era rimarginata, ma ora quella lieve linea rossa che attraversava il volto lo rendeva più cattivo di prima. Il povero infermiere si mise davanti alla ragazza, ma stava per piangere come un vitello.
E comunque sì: Olivier ha fatto arti marziali.
In un colpo solo gli tirò due pugni uno in faccia e l'altro sul fianco, facendolo piegare in avanti.
-Ehy ragazzo fuori!
Gridò Sam ma Henry la precedette riconoscendo Dubois e accanendosi contro di lui senza pietà.
I due fecero scappare tutti i clienti dalla ferocia che ci stavano mettendo, Olivier fece sbattere la testa ad Hank su qualche tavolo più volte, invece il francese venne direttamente gettato sopra uno di essi spaccandolo.
Sam aveva le mani tra i capelli disperata, Noah si riprese dalla botta e da bravo pacifista si intromise per dividerli.
-Fermo!
Gridò Eveline, ma con uno squarcio al cuore lo vide mentre dei pugni da uccidere un uomo lo colpirono in più punti nel tentativo di separarli, a rallentatore sentì il cuore pulsare e il sangue schizzare fuori dalla sua bocca per un pugno nello stomaco di non si sa chi data la confusione. Fu Sam a fermare tutti sparando un colpo di fucile sul pavimento.
Noah cadde a terra a peso morto, agonizzante.
-Perché l'hai fatto.
Sussurrò Eveline, rivolta a tutti e tre.

Olivier Dubois era messo sicuramente peggio di Henry, ma il peggiore in assoluto rimaneva Lewis.
-Io ti denuncio Palmer!
Sam dovette sparare un altro colpo per evitare che l'avvocato di Chicago lo strangolasse dopo aver ricevuto uno sputo in faccia.
Eve intanto si era inginocchiata al fianco del ragazzo.
-Vuoi la lotta, Dubois?
Chiese con rabbia al limite della pazienza, stringendo i denti per non piangere mentre raccoglieva la persona più pura che le rimaneva tra le braccia.
Henry l'aiutò ad alzare Noah, ma ella lo respinse con un forte schiaffo.
Lui si voltò dolorante, ma intanto Sam stava già chiamando la polizia.
-Ti porterò la guerra.






*ora sì che si va avanti. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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