//Qualcosa è cambiato//
Don't forget me.
No, non lo farò. Te lo prometto.
Don't forget me.
Anch'io ti aspetto. Ti aspetterò ogni istante. Poi saremo insieme. Per sempre.
Don't forget me.
«Cazz...!»
«Attenta!»
La macchina veniva contro di noi a velocità folle, in un attimo il suo paraurti era a pochi millimetri dal mio. Potevo scorgere nei minimi dettagli il volto incredulo del conducente.
Ci fu un agghiacciante stridore di freni. Sterzai con violenza. La 500 schizzò di lato come una scheggia, urtando il marciapiede e proiettandomi contro il volante. Chiusi gli occhi e mi afflosciai sullo sterzo, tremando per il colpo. C'era mancato poco, davvero poco. Non osavo realizzare che solo un attimo prima avevo rischiato di farmi veramente molto male. Quando finalmente alzai lo sguardo, mi ritrovai a pochi centimetri dal naso giallastro di Giulio, lo sguardo da furetto imperturbabile. Brutto segno.
«Che vogliamo fare?» cantilenò il mio insegnante di guida.
«Io... mi dispiace, non volevo...» balbettai.
«Sì, mi dispiace, non volevo, eccetera, eccetera. Pensiamo di prendere la patente a suon di 'mi dispiace' o vogliamo provare a concentrarci un po' di più?» mi bloccò lui senza mutare di un millimetro la sua espressione facciale.
Mi morsi il labbro con nervosismo e annuii. Era inutile stare a discutere, tanto l'aveva sempre vinta lui. Mi limitai a riaccendere il motore e a inserire la retromarcia.
«Dimentichiamo qualcosa?» chiese Giulio con una smorfia.
«La freccia» ringhiai sottovoce, voltandomi per controllare che in quel momento non passasse nessuno.
Odiavo quell'uomo!
«Che cosa succede venerdì prossimo?» continuò l'uomo mentre mi rimettevo in strada goffamente.
«L'esame» risposi io esasperata.
Giulio scoppiò in una risatina. In quel momento avrei tanto voluto prenderlo a schiaffi.
«Che c'è?» chiesi stringendo spasmodicamente le mani sul volante.
«Mi chiedo proprio che figura farai davanti all'esaminatore.»
«Ah, ah, ah. Sappi che potrei stupirti.»
«Questo è da vedere.»
Mi sforzai per non voltarmi verso di lui e strozzarlo con le mie mani. Avrei preso quella dannata patente a tutti i costi, pur di togliermelo dalle scatole. Non credevo che potesse esistere una persona così irritante sulla faccia della Terra!
Vedere l'ingresso dell'autoscuola farsi sempre più vicino fu come una manna dal cielo. Anche per quel giorno, la tortura era finita. Gli allungai i quindici euro e scesi dall'auto a testa bassa, limitando a fare un breve cenno d'incoraggiamento al ragazzo spaurito che si stava accingendo a prendere il mio posto.
«Ho proprio voglia di farmi due risate, la settimana prossima!» proseguì Giulio sporgendosi dal finestrino.
A quel punto, esplosi. Mi voltai di scatto, fremente di rabbia, pronta a dirgliene quattro, quando improvvisamente mi bloccai lì dov'ero, spalancando la bocca per la sorpresa. Strizzai gli occhi sotto la pioggia, convinta che l'acqua mi stesse giocando un brutto scherzo. Non avevo mai notato in quel modo le sue... orecchie. A punta. Erano a punta!
«Be', che c'è?» domandò lui con indifferenza.
«Niente, niente. A domani» borbottai nervosamente, incamminandomi a tutta velocità verso casa. Francamente, non mi sembrava una cosa carina da far notare a una persona. Anche se quella persona era Giulio.
Mentre avanzavo in quel muro d'acqua fredda e sporca, la mia mente galoppava. Possibile che non le avevo mai notate prima? Così grandi e a sventola? Di certo, avevo incontrato decine di persone con le orecchie a sventola, ma nessuno le aveva così grandi, così appuntite, simili a quelle di un folletto. Un momento, avevo pensato proprio folletto? A Roma? In un'autoscuola? Dovevo essere completamente fuori di testa. Eppure, solo il giorno prima mi ero ritrovata faccia a faccia con una strega. Qualcosa non quadrava.
Mi si gelò il sangue. Soprannaturale. Cinque anni dopo, era tornato. Ma no, era impossibile, di certo era stato tutto uno scherzo giocato dalla mia immaginazione contro la spietata antipatia che provavo nei confronti di quell'uomo. Un momento, ma allora come facevo a farci rientrare la strega? Che cosa stava succedendo?
Mentre camminavo, i miei passi mi avevano portata impercettibilmente dentro Villa Borghese. Perfetto, dal momento che era stato lì che erano cominciate a succedere le cose inspiegabili. E al diavolo il rigor di logica! Il grande leone di pietra vicino al quale avevo incontrato Lucy era ancora lì, sferzato dalla pioggia e dal tempo, i grandi occhi fissi su di me. Quel leone che per la prima volta mi aveva suggerito il nome di Aslan.
«Tu non c'entri niente stavolta, vero?» gli chiesi ad alta voce, dandomi immediatamente dopo della stupida, dal momento che era altamente improbabile che un pezzo di pietra potesse sentirmi in qualche modo. Anche se, viste le mie passate esperienze, cominciavo un tantino a rivalutare la natura delle statue.
«Qualcosa non va, Penelope?» domandò una voce maschile alle mie spalle.
«Ciao, Aldo!» salutai il carabiniere a cavallo che era sopraggiunto in quel momento. «Di ronda anche con questo tempaccio?»
Era lo zio di Rebecca, e da quando mi aveva associata alla sua nipote preferita non faceva altro che fermarmi ogni volta che mi incontrava per il centro.
«Eh, sì, mia cara, il lavoro è lavoro!» sospirò lui senza smettere di sorridere. «Te, come va?»
«Bene, sì, sto tornando da scuola guida» risposi io con un'alzata di spalle. «Venerdì prossimo ho l'esame.»
«In bocca al lupo, allora!» rispose lui strizzandomi un occhio. «Vedrai che lo passi.»
«Lo spero. Perlomeno, così riuscirò a liberarmi finalmente di Giulio.»
«Il che sarebbe una gran cosa» commentò lui, scoppiando a ridere. Ai tempi, anche Rebecca era passata per le grinfie di Giulio, portandosi a casa ben tre bocciature di fila. Alla terza, lo aveva mandato direttamente al diavolo in mezzo al parcheggio, e da allora lui non si era più permesso di fare un solo commento sgradevole sul suo conto.
«Hai un nuovo cavallo?» chiesi a un certo punto, notando il bel sauro che montava.
«Oh, sì!» esclamò Aldo, facendosi triste per un attimo. «Alla fine, sono stato costretto ad accettare la sostituzione di Piumino. Senza cavallo, non posso lavorare.»
«Certo. È stato un peccato, però.»
«Lo so. Il cancro non risparmia nessuno, purtroppo, né uomini né bestie.»
«Come si chiama?»
«Jedi. Non chiedermi perché.»
«Ah, ah, carino!»
«È un bravo ragazzo, sì. Penso che finiremo per diventare amici. Un giorno, se vuoi, ti ci faccio fare un giro.»
«Grazie mille!» esclamai entusiasta. «Sempre meglio della macchina! Ciao, Jedi» lo salutai, accarezzandogli il muso vellutato.
Il cavallo alzò i grandi occhi marroni su di me e mi fissò. Quello sguardo mi lasciò senza fiato. Conoscevo quegli occhi, conoscevo quello sguardo buono e paziente, velato di una leggera vena di saggezza. Conoscevo quel cavallo.
"Penny"
Mi scostai di scatto da lui. Ero sicura di aver sentito una voce nella testa, una voce calda e leggermente gutturale che sembrava provenire a un tempo dal sauro e dal mio petto, scaturita come una fonte dal solo contatto con lui.
Philip?
Sbattei le palpebre incredula. Perché quell'associazione? Non poteva essere Philip, lui era a Narnia insieme agli altri, era rimasto con... Edmund?
«Tutto bene, Penelope?» domandò Aldo preoccupato.
«Oh, sì! Sono solo un po' stanca. Meglio che vada a casa, prima che mi prenda un malanno» balbettai scuotendo il capo.
«Fai bene! Corri! E ricordati un ombrello, la prossima volta!»
«Sicuro! A presto, Aldo! Portami tanti saluti a Rebecca!»
«Certo. Ciao!»
«Ciao.»
Cominciai a correre a perdifiato sotto la pioggia che si faceva sempre più battente di minuto in minuto, stingendomi negli abiti ormai fradici. La mia mente si faceva sempre più confusa. Non sapevo come, ma ero sicura che quel cavallo fosse Philip. Ma come faceva a essere lì? Eppure, avevo sentito il mio nome risuonarmi nella testa, avevo riconosciuto la sua voce. E a Narnia, gli animali avevano una personalità propria quanto gli umani, forse anche di più. Non avrei mai confuso un cavallo con un altro!
Ma se quello era davvero Philp, allora significava che... Il mio cuore prese a battere all'impazzata. No, non poteva essere vero! In qualche modo, i cancelli per l'altra dimensione erano di nuovo aperti. E stavano venendo a cercare me. Mi fermai di botto sotto la tettoia di un negozio di via del Corso, sbattendo le palpebre come inebetita. Se le porte erano aperte, ciò significava che la storia andava avanti. Con tutto ciò che avrebbe comportato.
No.
Dovevo avere delle risposte. Dovevo capire perché. L'altra volta, ero giunta a Narnia perché lo avevo desiderato. Ma ora? Io non volevo ritornare lì, sapevo che ciò avrebbe comportato la morte delle persone che amavo. Avevo giurato di rinunciare per sempre a quel mondo pur di salvarle. Lo avevo rinnegato e spergiurato, relegato a un semplice libro per bambini pur di evitare l'inevitabile. E ora? Perché la porta era di nuovo aperta, perché i nostri mondi si erano di nuovo mischiati? Qualcuno, qualcuno che non ero io aveva espresso il desiderio proibito... Un momento, dove avevo lasciato L'Ultima Battaglia? Mi montò il panico. Solo una persona poteva averlo, in quel momento. Una persona che non poteva certo rendersi conto di che razza di catastrofe aveva appena scatenato.
Mi precipitai a rotta di collo verso casa, il cuore in gola, salii i gradini delle scale due a due, spalancai con violenza la porta e mi gettai nell'appartamento semibuio.
«Leo? LEO?»
Silenzio. Niente rumore della Playstation, niente ronzio del computer, niente musica spacca timpani a tutto volume.
"Fa' che sia uscito", implorai disperatamente. "Ti prego, fa' che sia uscito, che stia facendo qualsiasi altra cosa, qualsiasi..."
Il sangue smise di scorrermi nelle vene nell'attimo in cui spalancai la porta della sua cameretta.
Leo era seduto sul letto a gambe incrociate, il vecchio libro rilegato in cuoio sulle ginocchia, tutto preso dalla lettura.
«Oh, mio Dio!» esclamai orripilata. «Che cosa hai fatto?»
**** Ehilà! Come promesso, eccoci con un nuovo capitolo, ammetto leggermente fuori di testa - soprattutto all'inizio - e più avanti scoprirete anche il perché xD Ovviamente avrete notato anche voi che nel nostro mondo iniziano a esserci parecchie cose che non tornano, il che potrebbe significare una cosa sola: presto i protagonisti saranno di nuovo tutti a casa. Con conseguenze che però potrebbero essere catastrofiche - vero, Leo? -
Piccola annotazione: il leone che vedete in foto sopra è VERAMENTE quello presente a Villa Borghese, che ha ispirato sia il primo volume che quest'ultimo capitolo. Fateci caso, se avrete la fortuna di passeggiare per Roma: si trova in alto, su uno dei viali che portano verso il Globe Theatre.
Nel prossimo capitolo, con vostra somma gioia, si farà finalmente vedere QUALCUNO ;)
Intanto vi auguro un sereno weekend e ne approfitto per darvi appuntamento a lunedì con il crossover!
Baci,
F.
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