//Coraggio//
Nel buio, i miei pensieri tornarono a perseguitarmi, facendo emergere il dolore che fino a quel momento era rimasto raggomitolato nel mio petto, aspettando l’attimo propizio per esplodere, quello in cui non avrei avuto gente intorno a cui mostrarlo, mischiando il sale delle lacrime alla vergogna per il tradimento. Riccardo mi tradiva. Riccardo non mi amava. Io ero solo una scusa, un porto sicuro per il suo carattere debole. Io ero forte, lui una nullità. Avevo ancora davanti agli occhi il giorno in cui ci eravamo conosciuti.
Il primo pensiero che mi era balzato alla mente nel momento in cui l’avevo visto arrivare era stato una sorta di materna tenerezza per quel ragazzo apparentemente timido e taciturno. Un cucciolo alla ricerca di protezione. E io l’avevo accolto fra le mie braccia, gli avevo dato tutta la forza e le certezze che un ragazzo come lui poteva desiderare, senza lasciarlo mai solo, aiutandolo ad affrontare quella vita di cui aveva paura, anche se non osava ammetterlo. E ora mi rendevo perfettamente conto di quanto tutto questo non fosse stato altro che un’orribile maschera che mi aveva celato fino a quel momento ciò che era in realtà. I miei sentimenti svanivano come fumo, mentre il dolore si faceva largo a pugnalate nel mio petto.
Le prime lacrime mi fuoriuscirono dagli occhi, cadendo dense e silenziose lungo gli zigomi. Avevo sbagliato, avevo sbagliato tutto in quegli anni, e ora stavo pagando il prezzo della mia stupidità. Mi tirai con rabbia le ciocche di capelli scuri che mi ricadevano sulle spalle, volevo strapparmeli via con tutta la carne, provare dolore, ancora dolore, scagliare tutta la mia rabbia su di me, per non mettere le mani addosso a colui che mi aveva provocato così tanta sofferenza. Mi odiavo, mi odiavo e basta, perché avevo fallito, non ero all’altezza del mio compito, mi sentivo brutta, sciocca, inutile. Volevo morire.
«Penny!»
La voce di Aslan mi fece alzare lo sguardo arrossato dal pianto. Cercai il grande leone con lo sguardo, sondando i tronchi umidi degli alberi nel buio, ma lui era sparito. Ancora una volta.
Ecco, ora lo sconforto. Crollai su una panchina, abbracciandomi le ginocchia e facendovi sparire dentro la testa, desiderando scomparire. Ma il mio corpo continuava a restare lì, imperterrito, come se avesse ancora qualcosa da fare.
«PENNY!»
Sussultai come se avessi preso la scossa. La voce sembrava più vicina che mai. Eppure, ero ancora sola. Mi alzai lentamente, ciondolando lungo il grande vialone avvolto dalle tenebre. Sapevo perfettamente che se c’era una cosa stupida che avessi potuto fare in quel momento, era proprio quella di passeggiare tutta sola per Villa Borghese nel cuore della notte. Mi strinsi negli abiti e affrettai il passo, trasalendo al minimo fruscio. Avevo ben chiaro quello che avevano rischiato Susan e Lucy poche ore prima e in quel momento avevo tutti i requisiti per seguire le loro orme.
Lo zampillare di una fontana attirò la mia attenzione. Dovevo essere arrivata dalle parti del Globe Theatre. In lontananza, si udiva il rumore di una festa. Era la voce dell’estate romana che bussava alla porta. Mi fermai a contemplare il getto illuminato dalle lampade, ogni singola gocciolina d’acqua che bagnava le teste marmoree degli ippocampi sembrava oro incandescente. Gli occhi mi caddero sulla vasca, discendendo nell’acqua, fino a catturare con lo sguardo la lama di una lunga spada. Trasalii per la sorpresa, riconoscendo al volo l’impugnatura: la testa di un leone. Con il cuore che batteva forte, tuffai la mano nell’acqua gelida e la estrassi con un sol gesto, impugnandola agilmente, come se dall’ultima volta non fosse passato che un attimo. Un brivido mi percorse la schiena, spazzando via tutta la rabbia e il dolore che mi offuscavano la mente, lasciando spazio a un nuovo sentimento, un coraggio infinito che mi spingeva ad andare avanti, a ritrovare il mio cammino e a difenderlo, proteggendo ciò che amavo, che sapevo di amare, che era davvero importante per me. Sentivo che c’era una battaglia in atto. Avvertivo il suo odore acre, l’adrenalina che si inerpicava ancora una volta su per il mio sistema nervoso.
Qualcosa si stava levando fra i cespugli.
Una sorta di nebbiolina densa, bluastra, che avanzava sinistra fra gli alberi, ammantando tutto attorno a lei, riversandosi lungo il viale costeggiato dai pini. Un senso di nausea m’invase, mentre i peli delle braccia mi si rizzavano per il ribrezzo. Male. Male puro. Poi un gemito di dolore ruppe il silenzio.
Corsi fra gli alberi, facendomi investire dalla nebbia, la spada in pugno. Ogni mio singolo respiro ingurgitava lame ghiacciate. Di colpo, mi venne da vomitare. Sentivo che era lì, nella penombra, pronta ad attaccare. La lama vibrò violentemente tra le mie mani, accendendosi di un azzurro tenue. Un inaspettato calore mi si inerpicò su per i polpastrelli. Sapevo che quella era magia, una forza misteriosa che non potevo comprendere e che mi stava facendo forza. Strinsi i denti e andai avanti, fino a quando non incontrai il suo sguardo perso nel vuoto.
Edmund stava ritto in piedi sotto un albero, gli occhi sgranati e il colorito cadaverico sotto quella luce spettrale. I muscoli erano tesi come se fosse in allerta, ma il suo intero corpo sembrava congelato, incapace di reagire. Accanto a lui, una colonna di fumo argenteo si dipanava sinistra dal suolo, articolandosi in strane forme, che ricordavano vagamente quelle di una figura umana. Con un brivido di orrore, mi resi conto che il fumo era in realtà una donna gigantesca dalla bellezza statuaria, la sua voce che rimbombava nell’oscurità.
«Vieni con me, Edmund» diceva in tono suadente. «Capisci che non puoi farcela da solo? Ora anche la tua donna ti ha tradito, sei solo come un cane, senza che nessuno ti dia l’importanza che ti meriti. È questo che vuoi, sciocco ragazzo?»
«NON ASCOLTARLA, ED!» tuonai con rabbia, mettendomi in guardia. «SONO ANCORA QUI!»
Il ragazzo sussultò, sbattendo le palpebre violentemente e posando lo sguardo su di me.
«Penny?» chiese confuso.
Io gli sorrisi, mentre un calore immenso mi invadeva le membra intorpidite. «Mi sa che siamo fatti della stessa pasta, io e te» commentai.
«Dobbiamo farci male per forza, prima di comprendere quanto valiamo in realtà.»
«Non ascoltarla, sta mentendo!» esclamò la Strega Bianca accarezzandogli la guancia con le sue dita di fumo.
Quello fu veramente troppo.
«Eh, no, cara mia!» gridai partendo all’attacco.
Calai un fendente, troncandole il braccio di netto. Jadis lanciò un grido raccapricciante e svanì in un vortice di nebbia. Poi, il silenzio. Abbassai lo sguardo su Edmund, il quale appariva sconvolto, come se si fosse appena risvegliato da un brutto incubo.
«Stai bene?» gli chiesi senza starci a pensare troppo.
«Sì,» balbettò lui aggrottando le sopracciglia nere.
«Scusami» gli buttai lì con decisione. «Anch’io sono una traditrice. Ma ora sono tornata indietro.»
«Penny, io…»
«Non preoccuparti. Siamo pari, adesso.»
Detto questo, senza starci a pensare oltre, mi avvicinai a lui a grandi passi e lo baciai.
**** Ma che bei capitoli stanno uscendo questa settimana? Direi che sia qui che nel crossover Edmund sta dando il meglio di sé... e siamo appena agli inizi! Non vi dico altro, ma sappiate che ci aspetta un periodo veramente molto proficuo, almeno a livello letterario ^_^
Per ssperne di più, vi ricordo che ci possiamo trovare sul mio profilo Instagram le_storie_di_fedra
Vi ringrazio come sempre per tutto il sostegno che state dando a questa piccola storia ❤ Ultimamente sono sempre di corsa, ma sappiate che piano piano rispondo a tutti!
Un abbraccio,
F.
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