chapter five

Al suo ritorno, Sherlock poggió i due shot di tequila sul tavolo e si sedette con ammirabile grazia. John rimase meravigliato dalla fredda precisone dei suoi movimenti, osservando il tessuto intorno ai bottoni della camicia tendersi quando si risedette. Chiunque non lo conoscesse non avrebbe avuto alcuna idea che l'uomo avesse bevuto quasi sette drink.
"Avrei dovuto immaginare che saresti stato lo sbronzo più ad alta funzionalità della storia" affermó John, afferrando un lime dal piatto lasciato dal loro assurdamente attento barista e stringendolo fra il pollice e l'indice.
"Già, avresti dovuto. Sono 'ad alta funzionalità' in molte aree, perché la tolleranza dell'alcol dovrebbe essere diversa? Ovviamente persino io comincio a perdere un po' il controllo dopo il quarto drink" disse Sherlock, imitando l'azione di John con il proprio lime prima di prendere la saliera. John fissó il liquido color ruggine con un sorprendente senso di apprensione.
"Aspetta" disse, realizzando in quel momento "Non ci avevo nemmeno mai pensato. Devi odiare l'alcol, il modo in cui ti rallenta il cervello"
"Già, non è la mia sostanza preferita per staccare la mente. Ovviamente, sappiamo entrambi cosa sceglierei." John annuì con un lieve cenno del capo.
"Sì, te la stai cavando bene." gli angoli della bocca di Sherlock si piegarono in un minuscolo sorriso "Ma non riesco a credere che tu abbia lasciato che ti convincessi a bere anche se non ti piace. Non stavo pensando..." John scosse la testa e gli diede la strana sensazione che il suo cervello stesse ballando nella scatola cranica.
"Non essere ottuso. Pensi davvero che saresti riuscito a persuadermi nel fare qualcosa che non volessi fare?"
"Ehi, ho i miei metodi"
"Sfortunatamente nessuno di essi funziona" lo provocó Sherlock.
John sospiró, facendo passare il pollice sulla superficie liscia del bicchiere, asciugando una goccia e portandosela alle labbra. Quando tornó a guardare Sherlock, notó che lo stava fissando intensamente.
"Cosa c'è?" chiese, allontanando il dito dalla bocca.
"Niente" rispose Sherlock in tono piatto.
"Con te non è mai niente"
Sherlock alzó un sopracciglio. "Ok, fai come vuoi. Come sempre" John prese il bicchiere da shot "Ma prima di bere dimmi perché hai deciso di venire qui con me. Non sono sicuro di quanto saró coerente dopo questo."
Sherlock sospiró e cercò di appiattire uno dei suoi ciuffi ribelli con il palmo della mano, ma esso si arricciò ancora di più. John si chiese per un attimo se i capelli potessero riflettere la personalità di qualcuno.
"Era l'opzione meno noiosa e... ho pensato che sarebbe stato un bel modo di osservare persone clandestinamente. Con un po' di fortuna avremmo potuto incontrare un assassino."
"Giusto" disse John, alzando gli occhi al cielo. Perché doveva sempre essere tanto pieno di sè?"
"E... ho pensato che sarebbe stato bello passare una notte insieme fuori dall'appartamento."
"Seriamente?" chiese il dottore in tono quasi irrisorio "Cosa c'era in quel gin and tonic?"
"Gin e acqua tonica, ovviamente"
"No, intendevo... stavo... vabbè. Beviamo e basta- ovviamente, se vuoi" aggiunse guardandolo attraverso le ciglia.
"Certo che voglio. Non li avrei ordinati se non fossi stato sicuro... sai, la Patron non piove esattamente dal cielo."
"Sfortunatamente" Sherlock fece una breve e roca risata "È solo che... non sembravi molto entusiasta."
"Se hai sentito una nota di agitazione, era meramente dovuta al fatto che, come mi hai fatto notare, l'alcol comincia a fare effetto e un altro shot richiedeva... come dire... un momento di riflessione.
"Non dobbiamo farlo se non vuoi. Capisco che-"
"John" immediatamente John smise di guardare il drink e rivolse il proprio sguardo all'uomo davanti a sè. "Come ti ho già detto, sono qui perché lo voglio. La verità è che una volta ogni tanto mi fa bene rallentare. Suppongo"
"Al rallentare!" brindó John, alzando il bicchiere da shot. Sherlock lo seguì, leccando con attenzione il sale dalle sue dita. Il biondo si sorprese a fissare la sua lingua contro la pelle e dovette ricordarsi che era solo in funzione dello shot, e che avrebbe avuto un bel po' di cose da spiegare se Sherlock lo avesse notato. Tutto quel parlare di "rendersi gay l'un l'altro", in combinazione con la camicia semisbottonata di Sherlock e la notevole quantità di alcol che avevano in corpo stavano avendo uno strano effetto su di lui.
"Beh, questo mi ha davvero steso" dichiaró John, biascicando leggermente.
"Prevedibile"
"Ad essere onesto, temo che potrei finire a ritrovarmi nudo in un vicolo a causa di uno dei tuoi assurdi esperimenti sociali per provare dio solo sa cosa"
"Prometto che non mi approfitterò di te"
"Una volta hai drogato il mio tè e poi mi hai rinchiuso in un laboratorio mentre ero sotto effetto di allucinogeni solo per provare che avevi ragione. Puoi prendere la tua promessa e mettertela-"
"Sì, sì, lezione imparata." lo interruppe Sherlock.
"Ti sto solo dicendo che devo ancora vendicarmi, quindi sta attento. Ero un soldato, reggo bene l'alcol. Magari saró io ad approfittare di te, nudo in un vicolo" Sherlock alzó le sopracciglia e John sentì il viso colorarsi di porpora "Uhm... mi è uscita male..."
"Ah sì?"
"Abbastanza sicuro" John bevve un sorso del suo gin and tonic, evitando accuratamente lo sguardo di Sherlock. Le sue palpebre cominciavano a farsi pesanti; si sentiva come se i pensieri ballassero da un lato all'altro della testa mischiando cose che avrebbe dovuto dire e cose che era meglio limitarsi a pensare, rendendo l'uno indistinguibile dall'altro.
"Vorrei che mangiassi di più"
"Cosa?"
"Tu. Vorrei che mangiassi di più."
"Uhm..."
"E non dormi abbastanza."
"Qualcos'altro, mamma?" chiese Sherlock in tono infantile.
"No, solo..."
"Da dove è uscito?" ridacchió.
"Mi farebbe felice se mangiassi e dormissi di più, ammesso che te ne importi qualcosa."
Sherlock si esibì in uno sguardo corrucciato e si voltò, come se stesse cercando di concentrarsi su qualsiasi persona in quel locale tranne quella davanti a lui.
Ci fu un lungo momento di silenzio e John scivolò un po' più in giù sulla sedia, sconfitto. Non sapeva nemmeno a cosa puntasse, ma il fatto che Sherlock lo stesse ignorando non faceva presagire bene.
"Non mi piace il cibo e odio dormire" lo provocò.
"Lo so"
"E comunque non capisco perché il fatto che io mangi e dorma di più dovrebbe rendere te felice"
"È così e basta"
"Perché?"
"Perché sì"
"Non è una risposta"
Dio, perché Sherlock era così ostinato?
"Sono un dottore. Voglio che tu sia sano"
"No, non è l'unica ragione..."
Guardó gli occhi di Sherlock, fissati su di lui come se stesse leggendo sulla sua fronte le vere ragioni della sua preoccupazione; se lo aspettava. Ció che non si sarebbe mai aspettato, invece, era che l'alcol nel suo sangue avrebbe infranto la solita maschera rivelando la vera natura del processo di deduzione. Ció che John riuscì a vedere lo lasció senza fiato: all'improvviso riusciva a percepire quel torrente di pensieri, calcoli e logica che lo investiva. Per la prima volta vide la mente di Sherlock, bella, forte e profonda. Nessuno, neppure Mycroft, sarebbe mai riuscito a capirlo in questo modo. Si sentì invaso dall'ammirazione, dalla pietà e si chiese come qualcuno riuscisse a vivere in quel modo. Forse tutte quelle sensazioni erano semplicemente causate dall'alcol, ma non gli importava, era troppo reale per essere un'illusione. Sherlock non era semplicemente intelligente, o una macchina piena di dati. Era... era un sole, che bruciava e sprigionava energia consumandosi e distruggendosi nel brillare.
"John?" lo chiamó Sherlock; sentì la sua voce come provenire da lontano "John? Qualcosa non va?"
"Io..." fu tutto ció che riuscì a dire. Chiuse gli occhi, cercando invano di trattenere le lacrime salate che gli stavano ormai bagnando la faccia.
"Cristo, John, stai... stai piangendo? Non sapevo che le mie abitudini alimentari fossero così importanti per te."
"Non sto piangendo, cazzo!" lo interruppe John forse con un tono un po' troppo alto.
"E questa cos'è?" domandó Sherlock asciugandogli con il pollice una lacrima ferma a pochi centimetri dal suo occhio.
"Non sto piangendo." ribadì John. Le sue parole suonavano come quelle di un adolescente mentre prendeva la mano di Sherlock, stringendola. "Stavo solo... pensando"
"E pensare ti fa piangere?"
"Ah, adesso sei un comico oltre ad essere un detective?"
"Solo ogni tanto."
Sherlock usó la mano libera per avvicinarsi la cannuccia e bere un sorso del cocktail, senza distogliere lo sguardo dal dottore.
"Per l'ultima volta, non stavo piangendo. Stavo solo pensando che mi dispiace per te. Non ti preoccupare, la compassione è passata" Sherlock tolse la mano da quella di John.
"Ti dispiaceva per me? Perché dovresti dispiacerti per me?" chiese, confuso e arrabbiato.
"Fingerò di non aver sentito quel tono"
"Rispondi alla mia domanda."
"Non devo rispondere a un bel niente. Non stiamo più giocando."
"Quindi ammetti che ho vinto?"
"Ammetto che rinuncio. Se hai bisogno di chiamarla vittoria per sentirti meglio con te stesso, fai pure"
"Forse ne ho davvero bisogno, dato che ti faccio  tanta pena"
"Cristo, Sherlock, non è quello che ho detto! Intendevo... deve essere difficile" disse John mordendosi il labbro inferiore.
"Cosa è difficile?"
"Convivere con... con quello"  disse indicando la fronte di Sherlock, che affondó le dita fra i ciuffi scuri.
"I miei... capelli? Lo ammetto, a volte sono un po' ribelli, ma-"
"No, idiota, la tua mente. Non so come tu faccia a sopportarla." Sherlock aprì la bocca per rispondere e poi la richiuse, confuso.
"La mia mente" ripetè. Non era una domanda.
"Sì, è solo... ho appena realizzato... non hai mai una pausa?"
"Una pausa da cosa?"
"Dal pensare" era il modo migliore a cui John sarebbe riuscito a pensare per descriverlo, persino da sobrio.
"Ovviamente no. Tu sì?"
"Tutti lo fanno."
"Beh, io no. Anormale come al solito. Puoi aggiungerlo alla lista dei motivi per cui le persone mi chiamano mostro." rispose Sherlock impassibile, spargendo i granelli di sale sul piatto.
"Non ti chiamerei mai così" tentó di rassicurarlo l'altro. Sherlock lo guardó.
"Ovviamente" mormoró a bassa voce.
"Ho un'idea"
"Non deve essere una sensazione nuova per te"
"Finisci di bere" gli ordinó. Sherlock fece un mezzo sorriso "Sinceramente non sono nemmeno lontanamente ubriaco quanto vorrei esserlo, ma non voglio spendere qui tutti i miei soldi?"
"I tuoi soldi?"
"I nostri soldi" gli concesse. "Perché non finiamo questi drink, prendiamo un altro shot e poi ci beviamo quella bottiglia di vino che tieni nascosta in camera tua?"
John aggrottó le sopracciglia, perplesso.
"Va bene, facciamo altri due shot"
"Due? Che ne è stato del tuo momento di riflessione?"
"Hai paura?"
"Tu... inimmaginabile bastardo" imprecò John, osservando un sorriso soddisfatto dipingersi sulle labbra dell'uomo seduto di fronte a lui. Sherlock lo stava manipolando, e funzionava. Entrambi sapevano che John, con il suo passato militare, non sapeva resistere alle sfide... anche se quella suddetta sfida lo avrebbe probabilmente portato in un vicolo, la mattina dopo.
"Oh, non fare quella faccia, John. Sai che non lo avrei proposto se non avessi saputo che lo vuoi."
Il ghigno sul suo viso e tutta quella tequila fecero venire a John voglia di ucciderlo e allo stesso tempo di baciarlo. Qualsiasi cosa riesca a farlo stare zitto, pensó fra sé e sé mentre si alzava e lo seguiva di malavoglia davanti al bancone del pub.
"Vorrei chiudere il mio conto e il Dr. Watson qui vorrebbe comprare quattro shot di tequila prima di andarcene." John ammiccó, tirando fuori il portafoglio dalla tasca della giacca. Era esterrefatto da quanto Sherlock sapesse essere cordiale e affascinante, almeno quando gli andava, e si chiese se il barista avesse la più pallida idea di che bastardo fosse di solito con tutti gli altri. Si chiese anche come mai "Dr. Watson" suonasse così dannatamente attraente sulle sue labbra. Probabilmente era solo un effetto dato da tutto quell'alcol.
Fece scivolare la carta sulla superficie appiccicosa del bancone e rimase a guardare i bicchierini che venivano riempiti di liquido dorato.
"A cosa brindiamo?"
"Per il primo vorrei brindare a me"
John irruppe in una risata roca che per poco non gli fece cadere il bicchiere dalla mano.
"Vuoi brindare a te stesso?"
"Sì. Era una sera orribile e sono riuscito a migliorarla comportandomi decentemente con il mio coinquilino, per me è un risultato per cui vale la pena brindare" la risata di John gli morì in gola quando sentì queste parole e per un attimo si sentì più sobrio che mai ma l'illusione svanì presto insieme al contenuto del bicchiere nella sua gola. Entrambi attesero un attimo prima di prendere il secondo, che sembrava fissarli.
"Beh, siamo al punto di non-ritorno" scherzò John sorgendo il sale sulla mano "E per questo a cosa brindiamo?" voleva sbrigarsi a finire di bere prima che l'effetto del primo finisse e lo facesse tornare in sè.
"A te" disse Sherlock alzando il bicchiere
"A me? Per cosa?"
"Per aver trasformato la mia notte orribile in una migliore." disse con voce profonda, tradita da una dolcezza negli occhi che John non aveva mai visto prima.
"Cin-cin"
John esitó un attimo prima di bere. E quella fu l'ultima cosa che si ricordó la mattina dopo.

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