Avvisi+Extra
Buongiorno ragazzi, volevo informarvi che a breve(questione di minuti) pubblicherò una nuova storia che udite udite: sarà il sequel con protagonista Francine.
Potete trovarlo nel mio profilo(DeaAtena).
Inoltre volevo anche dirvi che una mia amica ha appena iniziato a pubblicare una storia. È un urban fantasy e a chi interessasse il genere il suo profilo è: KoreDelia
Detto ciò vi lascio all'extra:
L'ennesimo conato di vomito mi scosse le membra, costringendomi a chinarmi maggiormente sul vaso da notte per non sporcare tutto intorno. Quando sembrò darmi tregua mi sollevai e mi sedetti sulla sedia che le mie cameriere avevano sistemato dietro di me. Avevo la fronte madida di sudore, gli occhi lucidi e i capelli umidi. Il petto mi si alzava ed abbassava velocemente per lo sforzo che avevo appena compiuto.
Poggiai le mani sulle gambe, coperte ancora dalla leggera stoffa della camiciola da notte. Mi ero appena svegliata, quando la nausea di era impossessata di me, facendomi piombare giù dal letto per raggiungere il vaso.
-Milady, posso portarlo via?- mi domandò Margateth, indicando il contenitore maleodorante si miei piedi.
Annuii.
Al solo vederlo la nausea tornava prepotente a invadermi. Mi portai una mano allo stomaco e mi alzai. Le altre due cameriere, che da quando ero diventata duchessa si affiancavano sempre a Margareth, mi vennero vicino, nel caso avessi avuto la necessità di un sostegno.
Mi diressi verso il catino che utilizzavo per le mie abluzioni mattutine e mi sciacquai il viso e le mani, poi feci lo stesso anche con la bocca, lasciando che il cattivo sapore che la permeava la abbandonasse.
Quando Margareth tornò, depose il vaso vuoto fuori dalla finestra e la richiuse alle sue spalle, poi mi si avvicinò. Diede ordine alle altre due cameriere di andare nello spogliatoio e di scegliere l'abito che avrei indossato quel giorno.
Era verde, della stessa tonalità degli alberi che circondavano la villa e che si estendevano tutto intorno. Il corpetto era decorato da piccole perle che volevano richiamare un collier.
La gonna, invece era abbellita da un nastro che di legava dietro alla vita.
Mi feci condurre al centro della stanza, sopra il tappeto e mi sfilai le pantofole, rimanendo a piedi nudi.
Mi aiutarono a vestire e quando fui pronta ed ebbi infilato le scarpe, uscii dalla stanza. Mi diressi al piano inferiore e percorsi il corridoio che dai piedi delle scale conduceva alla sala da pranzo. Entrai e come sempre, trovai apparecchiato per due persone. Reed in quel momento non era presente. Era andato al villaggio, come mi aveva riferito il suo valletto ma sarebbe tornato in tempo per la colazione. Era quindi una questione di pochi minuti e poi lo avrei avuto lì con me.
Mi accomodai sulle poltroncine davanti a una delle finestre che davano sul giardino e presi tra le mani il telaio rotondo che avevo riposto nel cestino di vimini intrecciato vicino al tavolino. Era il salotto più informale, quello riservato ai membri della famiglia e non mi preoccupava lasciare in giro cestini del ricamo e libri.
Ripresi il mio lavoro da dove mi ero interrotta la volta prima, procedendo lentamente per non commettere errori.
Stavo ricamando un fazzoletto per Reed e glielo avrei donato non appena l'avessi terminato.
Era un lavoro che avevo affinato nel tempo a cui aveva contribuito Francine, che mi aveva fatto da insegnante.
-Buongiorno, mia cara- una voce calda mi soffiò nell'orecchio facendomi rabbrividire e sussultare. Ero talmente concentrata che non mi ero accorta dell'ingresso di Reed nella stanza e per lo spavento mi punsi un dito.
Lo portai subito alla bocca, succhiando via il sangue che gocciolava dalla minuscola ferita.
-Mi dispiace, non era mia intenzione spaventarvi- si chinò e mi depositò un bacio lieve sulla guancia, poi estrasse il fazzoletto di seta che aveva nella tasca e mi tamponò il dito.
-È sistemato- mi assicurò, rivolgendomi un sorriso che si estendeva anche agli occhi.
-Ora venite, la colazione sta per essere servita- allungò la sua mano nella mia direzione e attende che io la stringessi, per potermi sollevare dalla poltrona.
Posai il ricamo dentro il cestino di vimini, fissando l'ago all'estremità del telaio, cosicché non si perdesse lì in mezzo.
Presi la mano di Reed che con un agile movimento mi rimise in piedi. Saldò la presa sulla mia mano, così piccola tra le sue e mi condusse al tavolo, scostandomi la sedia per farmi accomodare. Quando si fu seduto anche lui, le cameriere iniziarono a sfilare con i vassoi, deponendo tutte le pietanze che erano state preparate sul tavolo.
Vennero servite anche delle bevande, del tea e del caffè, che Reed si versò subito nella tazza. Io puntai tutti quei vassoi che avevano pietanze dolci; quelle salate mi facevano venire la nausea al solo vederle.
Mi versai qualche cucchiaio di porridge caldo nella ciotola vuota che mi era stata appena messa davanti ed insieme a quello, mi misi nel piatto delle fette di pane secco che avrei spalmato con la confettura di frutta, la marmellata di cachi e il burro.
Reed, gentile e premuroso come un vero gentiluomo, mi versò nella tazza, dopo averla voltata nel verso giusto, del tea ancora fumante.
Lo ringraziai e iniziai a mangiare.
-Sono stato al villaggio, John Farnham voleva parlarmi.- spezzò il silenzio Reed, dopo aver bevuto una generosa sorsata di caffè.
Mr. John Farnham era il pittore del villaggio, l'uomo a cui Reed aveva commissionato il ritratto di famiglia.
-Mi ha detto che il dipinto è quasi finito e che poi lo farà portare qui da due dei suoi ragazzi, in modo tale che possano apprenderlo.- mi spiegò, prendendomi una mano tra le sue e rivolgendomi un sorriso, un altro.
-È una bellissima notizia-
Ma non tanto come quella che devo darvi io,
pensai.
-Reed- lo chiamai, posando il cucchiaio nella ciotola vuota e scostando dalla tavola la sedia sulla quale ero seduta.
-Si?- pulì la bocca con il tovagliolo che aveva in grembo e poi mi guardò.
-Verreste a fare una passeggiata in giardino con me?- mi guardò come se fosse stranito da quella domanda ma poi accettò.
Si alzò e mi porse il braccio a cui io, una volta in piedi, mi aggrappai. Uscimmo dalla sala e ci incamminammo lungo il corridoio che da lì conduceva alla porta finestra che dava sul giardino.
Scendemmo le scale e quando la ghiaia fu sotto i nostri piedi pensai solo a trovare un posto dove sedersi. Scegliemmo una panchina non molto lontana ma abbastanza intima per l'annuncio che dovevo fare. Era coperta da un cespuglio che formava una rientranza. Dietro di esso vi era un albero alto e molto folto tanto che le sue chiome toccavano il terreno e creavano una grotta verde in cui camminare.
Ci sedemmo vicini, l'uno che guardava l'altro, le gambe che si toccavano e i volti a pochi centimetri di distanza.
Guardai il mio uomo, emozionata come lo ero stata poche volte nella vita e, in uno slancio di felicità suprema, mi slanciai verso di lui e lo baciai.
Percepii il suo sussulto di stupore per essere stato colto di sorpresa. Posò le sue grandi mani sulle mie guance, tanto che le sue dita si infilarono nei miei capelli e approfondì il contatto, dandomi uno di quei baci che avevano il potere di confondermi la mente. Io mi strinsi alle sue braccia e mi lasciai baciare, assecondando la sua passione. Fu un bacio lento, romantico, che dimostrava tutto quello che non veniva detto a parole ma che era in realtà evidente.
La sua bocca era calda e aveva quel retrogusto di pipa che lo caratterizzava. Sapeva di maschio ed ogni volta che sentivo il suo profumo impazzivo.
Quando ci staccammo avevo stampato sul volto un sorriso a trentadue denti, talmente felice che avevo gli occhi lucidi.
-A cosa devo questo slancio d'affetto?- mi domandò lui, stringendomi le mani tra le sue, sorridendo a sua volta.
-Reed, vi devo dire una cosa importante- sciolsi la stretta delle nostre mani poi presi una delle sue e me la poggiai sul ventre.
-Sono incinta- sussurrai, come se ancora non ci credessi del tutto.
Avvenne tutto molto in fretta, tanto che non mi accorsi di nulla. Mi ritrovai stretta in un abbraccio soffocante mentre la bocca di Reed, poggiata al mio orecchio mi soffiava parole d'amore.
-Vi amo, vi amo, vi amo- continuava a ripetere, per nulla intenzionato a lasciarmi andare.
Il mio sorriso, se possibile, aumentò.
In quel momento capii che si, Reed sarebbe stato un ottimo padre.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top