11 - ANOGA
I cancelli di Anoga erano immensi, se ti ci trovavi davanti, come stava succedendo a me, ti sentivi una piccola formichina schiacciata dall'imonponenza di quella struttura straordinaria. Era stupenda quella costruzione formata da linee argentate e dorate tra loro intecciate.
Un uomo da dietro i cancelli chiese:"Chi siete? Permesso di alloggio per favore."
Permesso?
Ilaria si fece avanti e gli porse la carta.
"Sono Ilaria figlia di Raeya."
"E chi è lei?"
Lo disse sempre guardandola, ma puntò un dito verso di me, non aveva intenzione di lasciarsi sfuggire neanche un dettaglio. Sicuramente faceva bene il suo lavoro.
Stavo per rispondere alla domanda del signore ma Ilaria fu più veloce.
"Lei è mia sorella, Ambra."
La guardai sconcertata.
Cosa?
Mi lanciò una piccola occhiataccia e allora capii cosa dovevo fare.
"Ne siete proprio sicure?"
Mi misi a dire buffonate, sbuffai, misi un'aria stufa sul volto e mi misi a parlare.
"Sorella, perché quest'uomo non ci lascia passare? Nostra madre sarà preoccupata se non torniamo a casa!"
"Non ci possiamo fare niente sorellina..."
Il signore era evidentemente confuso e non si preoccupò di non darlo a vedere, ci guardo con molti sospetti ma ci lasciò passare e ridò questo strano permesso a Ilaria.
È tutto così sospetto qui. Devo stare attenta. Che poi, attenta a cosa se non so neanche perché mi rapiscono, chi mi salva e quant'altro...
Attraversammo vie spaziose con case maestose e strade a mattonelle, e viali stretti con strandine in terra battuta e spazzatura abbandonata che dava alla via un odore sgradevole.
L'abitacolo in cui dovevamo dormire noi era abbastanza decente considerando la strada che portava a esso, era al secondo piano e si poteva godere di un'orribile vista sull'immondizia! Per fortuna dentro era pulito, mi lanciai sul letto e ci sprofonda dentro, almeno quello era comodo.
I miei sogni furono strani, addirittura particolari.
Aprii la porta, c'era una stanza grigia, fredda e senza nessun arredamento, e in un angolo una ragazza che piangeva disperatamente.
"Ti ho detto di lasciarla stare!" Era un uomo a parlare adesso, la stessa figura possente dell'ultima sera passata a dormire sul mio letto, in camera mia, a casa.
Provai nostalgia.
La mattina dopo mi risvegliai con i vestiti ancora indossati, era palese che io mi sia addormentata appena toccato il materasso.
Avevo una fame tremenda, dopotutto ieri non avevo mangiato niente.
E sono ancora viva! Direi che ho raggiunto un traguardo, sono fiera di me stessa.
"AMBRA! SEI SVEGLIA?"
"SÌ!"
"ESCI DALLA CAMERA, TI DEVO DIRE UNA COSA."
Sentii un tonfo contro il muro, era il vicino.
"STATE ZITTE! C'È GENTE CHE DORME!"
Che dormiva forse.
Uscii, sopra il tavolo di legno c'era un toast con il prosciutto, mi fiondai su di esso e lo sbranai, neanche una briciola sprecata.
Adesso che guardavo la stanza...
Sì ero presa dal panino, problemi?
... era arredata minimamente, qualche scaffale e un bancone da cucina, poca roba, in più brutta.
"Oggi andremo nelle vie principali delle città fino a dimora Aster, vestiti bene."
Mi guardai con disgusto, non mi ero mai cambiata da quando ero in questa terra e in più, come se non bastasse sapevo da marcio.
"Non ho vestiti nuovi."
"Te li dò io."
"Mi serve una doccia."
"Svolta l'angolo, in fondo a destra."
Andai in bagno, mi lavai velocemente e quando uscii dalla doccia vidi il vestito che dovevo mettere.
L'estremità di esso era viola, andava a sfumare verso il lilla fino ad arrivare al corpetto, che invece diventava rosa. Era lungo e semplice, ma conservava lo stesso la sua bellezza nella semplicità.
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