𝖀𝖓𝖆 𝖘𝖙𝖆𝖓𝖟𝖆 𝖙𝖚𝖙𝖙𝖆 𝖕𝖊𝖗 𝖘è
𝙴𝚛𝚒𝚌 𝙿𝙾𝚅
I miei nuovi capelli mi piacevano. Mi piacevano molto.
Quando avevo comunicato al resto della squadra di football la mia decisione di lasciar cescere i capelli avevo notato che le espressioni sulle loro facce si erano fatte particolarmente scettiche, per questo inizialmente non ne ero molto convinto, ma ero comunque deciso a fare un cambiamento: oltre al fatto che i capelli erano i miei quindi decido io, avevo raggiunto i diciotto anni.
Potevo fare il cazzo che mi pare.
Così con il pieno appoggio di Cassie e di Axel li feci crescere, e non me ne pentii mai più.
Ero troppo figo con quei capelli.
Ero tornato al Campo quell'estate come una persona nuova, ed entravo a far ufficialmente parte dei veterani e nella top ten dei semidei che erano riusiciti a sopravvivere più tempo. Che record.
Davvero soddisfatto di come ero e come stava andando la mia vita nonostante la confusione.
Come aveva detto Sol poco dopo avermi visto: "Incredibile come una persona riesca a cambiare così tanto in pochi mesi!"
Normalmente non era possibile, ma nel mio caso c'era stata una grande svolta nella mia vita, che era uno dei motivi per cui sono così tranquillo. Stabilità.
Era cominciato tutto quando durante febbraio il professore di storia mi aveva cacciato dalla classe perchè secondo lui e la sua v al posto della r: "Il signovino Evic è davvevo ivvispettoso, non può pavtecipave alle mie lezioni se continuevà ad aveve questo atteggiamento!"
L'avrei preso sul serio se non mi avesse sputato le cascate del Niagara mentre parlava.
Ad ogni modo, ero davvero troppo scazzato per stare ad asoltare quello che si lamentava, quindi feci come mi aveva ordinato e uscii dalla classe sbattendo la porta, dirigendomi verso i bagni mentre borbottando mi frugavo in tasca alla ricerca dell'accendino.
Una volta entrato, sigaretta in bocca, lanciai un'occhiataccia a un gruppetto di primini che si era accampato lì e loro terrorizzati si alzarono e uscirono in silenzio, lasciandomi da solo.
Essere Eric Jhonatan Holland ha i suoi vantaggi.
Le nuvole di fumo che lasciavo uscire si andavano condensando sul soffitto ammuffito dei bagni, e tirai su la testa per vederle, appoggiandomi al termosifone per stare comodo.
Intanto pensavo.
Pensavo a quanto mamma si sarebbe incazzata sapendo di questo incidente durante l'ora di storia. C'è chi pretende che io stia ad ascoltare un uomo di mezza età che ruba lo stipendio parlando di gente morta. Pensavo al Campo mezzosangue e al fatto che lì stavo bene come in nessun altro posto...
"Silent screams echo in an empty room..."
Cominciai a canticchiare tra me e me.
"A girl drowning in a sea of gloom.."
Era una canzone che avevo sentito da Cass, e non so perchè, ma mi era rimasta in testa.
"Words left unspoken, feeling cast aside"
Feci un altro tiro
"I remember that day in May, i tried to open up and you turned away..."
Chiusi gli occhi per godermi meglio il momento e perdermi tra i miei pensieri accompagnato solo dal suono basso della mia voce.
"Invisible tears that i hide..."
Sentii una risata sommessa.
Aprii di scatto gli occhi e mi raddrizzai, buttando la sigaretta a terra e pestandola col piede. Mi diressi velocemente verso la porta di uno dei bagni e la aprii di botto.
Dentro c'era un ragazzo, coi ricci biondi incrostati di gesso, le lentiggini, la felpa nera sporca anch'essa di gesso, i jeans strappati come se fosse effettivamente caduto, non per moda e gli anfibi, in piedi sopra la tazza del water, che cercava di staccare un foglio. Ai suoi piedi, un libro con la copertina rosa chiaro, quasi cipria, con l'immagine di una donna non prorpio contemporanea.
Appena mi vide spalancò gli occhi azzurro cielo e saltò giù dal water accartocciando il foglio che aveva staccato dalla parete; raccolse il libro in fretta impedendomi di vedere il titolo e chinò il capo quando mi passò vicino per uscire.
Io però ero abbastanza incazzato, quindi gli ostruii il passaggio con un braccio e gli chiesi a denti stretti: "Ma che cazzo ridevi?"
Vidi nei suoi occhi la paura, e quando indietreggiò spaventato, attaccando la schiena al muro, capii chi era. Non sapevo il suo nome, non ci eravamo mai parlati, ma sapevo il suo cognome: Reyes.
Era il fratello minore dell'ex capitano della mia squadra di football, Cameron Reyes, che era al quinto anno quando io ero al primo. Una leggenda per la scuola. Per quanto mi risultava adesso era sposato con la sua storica fidanzata del college, Camille Dubois, una ragazza francese della stessa età di Cameron che era venuta a fare il suo terzo anno in America e non se n'era più andata.
Sapevo che Cameron aveva un fratello minore, e che questo suddetto fratello aveva un anno meno di me.
Durante il mio secondo anno infatti avevo sentito voci sul fatto che fosse entrato il secondogenito dei Reyes, ma non mi importava più di tanto.
Cameron non mi era mai piaciuto.
Col tempo le aspettative di tutti sul famoso secondogenito erano calate, da quel che ho cpaito era uno che si faceva i fatti suoi, preferiva stare da solo, un tipo mingherlino, piccolo.
bersaglio perfetto per le prese in giro di tutta la scuola, insomma. Io non prendo in giro nessuno, ma dei miei amici lo fanno.
Quindi quello che i ritrovavo davanti era il ragazzo di un solo anno più piccolo di me su cui tutta la scuola aveva puntato altissime aspettative che lui aveva deluso solo per il fatto di essere sè stesso e che ora viveva da reietto.
Mi lasciava un pò l'amaro in bocca, ma forse era la sigaretta di prima.
Probabilmente pensava che lo volessi picchiare come gli altri deficienti di questa scuola.
"Guarda che non ti faccio niente, voglio solo sapere perchè cazzo ridevi" dissi brusco.
Il ragazzo mi studiò per qualche secondo, poi rilassò di poco le spalle. "Nulla. Era solo... solo che non credevo che una persona come te venisse in bagno a cantare. Tutto qui. Non era una presa in giro, lo giuro."
Sembrava si volesse giustificare di qualcosa per paura che lo picchiassi.
Lentamente lasciai libero il passaggio e incrociai le braccia.
"Tu sei il fratello minore di Reyes, vero?" Lui annuì deglutendo. "Sì. Mi chiamo Andy" Poi arrossì. "Cioè, no, non Andy, Andrew. Però... le persone che mi chiamano mi chiamano o per cognome o mi chiamano Andy." disse tutto d'un fiato.
Nessuno dei due parlò per un pò. Quella situazione mi dava sui nervi, quindi parlai per primo: "Che facevi in piedi lì?" Lui arrossì di nuovo. "Oh uhm... staccavo questo" e mostrò il foglio.
"Perchè lo staccavi?" "Perchè c'era scritta una cosa brutta... su di me. E sai com'è, vorrei mantenere un pò di dignità almeno in bagno"
"Cose brutte su di te?" Chiesi. Più che altro mi chiedevo perchè uno dovrebbe attaccare un foglio in bagno solo per farlo leggere a un poveretto che hai preso di mira. Le torture psicologiche non facevano per me, se una persona ti sta sul cazzo, la meni e basta.
"C'è scritto che sono frocio." disse abbassando di nuovo la testa e passandomi il foglio.
Cazzo, che stronzi.
"Ehi uhm... sì è una cosa veramente da stronzi. Tu dove vai ora? Hai una lezione o hai intenzione di rimanere chiuso in questo bagno per il resto dell'ora?" gli chiesi sviando la questione.
Anche lui fu felice di cambiare argomento e si rilassò completamente.
"Sì, ora ho lezione di matematica. grazie per la breve compagnia Eric, ma devo andare. Prima vado in classe, meno tempo hanno di darmi fastidio" disse facendo un bel respiro e superandomi, dirigendosi spedito verso l'uscita.
"Sai come mi chiamo" Osservai alzando un sopracciglio.
Lui sorrise, e il suo sorriso su un viso che sembrava così impacciato e stanco fu ciò che mi scombussolò qualcosa dentro lo stomaco. "Ma certo! Tutti sanno chi è il grandioso Eric Jhonatan Holland!" Disse sempre col sorriso, per poi sparire in corridoio.
Lo seguii con lo sguardo finchè non svoltò l'angolo e non riuscii più a vederlo (Non sono Superman, non vedo attraverso i muri)
Mi girai ancora frastornato e raccolsi la sigaretta che avevo spento a terra.
Nel farlo, notai che c'era il libro che Andy si teneva stretto prima sulla tavola del water. L'aveva appoggiato per farmi veder il foglio che avevo ancora in tasca.
Buttai la cicca e presi il libro, leggendone il titolo: "Una stanza tutta per sè" di Virginia Woolf.
La mia mente pensava tanto velocemente e in così tante direzioni che mi stava per esplodere il cervello.
Avrei dovuto ridargli il libro? Santi dei, sembrava un clichè di qualche vecchia rom-com.
Forse appartenevamo a mondi troppo diversi per fare una cosa come restituire libri.
Ma che cazzo pensavo?! Era solo un libro, mica niente di speciale.
E poi. lui voleva davvero riparlarmi?
Io volevo riparlare a lui?
Pensavo che da un momento all'altro sarei andato in corto circuito.
Il suono della campanella mi risvegliò, e d'istinto misi il libro nello zaino.
Rimasi per un pò a fissare la cerniera, poi la chiusi deciso e mi diressi verso la mia classe di inglese.
Potrei mentire e dire di non aver più pensato ad Andy, ma la verità è che è stata l'unica cosa presente nella mia testa dalla seconda ora di scuola fino a quando mi addormentai a notte fonda.
L'incontro con il fratello minore di Reyes mi aveva riportato a galla pensieri che credevo morti e sepolti, e invece venivo a scoprire che erano ancora lì, persistenti esattamente come prima, solo che adesso facevo fatica a ignorarli.
Era stupido pensare una cosa del genere, dovevo concentrarmi sulle partite, a Long Island c'era Sol e mia sorella che mi aspettavano...
Quella sera dopo cena mi sedetti sul mio letto, dopo una doccia fredda (che, spoiler: non ha funzionato) e diedi un'occhiata al portatile chiuso sulla mia scrivania.
Mi tornò alla mente una cosa che diceva sempre mia sorella Cass: "Anche solo il fatto che qualcuno vada a cercare su Google segnali per capire se è parte dell'LGBT è un segno che tanto etero non è"
Mi era rimasto abbastanza impresso, perciò non appena quell'idea riaffiorava alla mente la cacciavo giù impanicato.
Ma adesso, nel mio letto, protetto nelle mura della mia stanza, alle 10 di sera, senza nessuno intorno, chi poteva vedere i miei peccati?
E così mi ritrovai sul grande maestro Google, saggio mentore e divulgatore di informazioni essenziali, a cercare risposte, con il panico in cuore e l'immagine del sorrsio di Andy Reyes in testa.
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