XVII
Un tempo quell'offesa mi avrebbe ferita, eppure non mi fece l'effetto che pensai. Avevo accettato di essere diversa da quando lo aveva fatto il re prima di me. Potevo finalmente dire ad alta voce di non essere un'Elfa.
Inclinai la testa e le feci un sorriso calmo. Mio padre era stato un soldato bravissimo, aveva allevato due Ibride nel cuore del regno degli Elfi, riuscendo a darla a bere all'organizzazione militare più famosa al mondo per quasi sette anni. Ci aveva difese. Amate. Ero contenta di essere una parte di lui se amare significava essere umana.
«A proposito, ci sono dei cavalieri in giardino. Penso ti stiano cercando» scimmiottò Isidora e immediatamente Calex si gettò sulla finestra della cucina per esaminare la situazione.
Corsi all'entrata e aprii la porta, vedendo con sconcerto che davvero ci fosse una truppa di sei cavalieri nel giardinetto di casa. Alcuni di loro li conoscevo, c'era persino Yorifel, il quale mi lanciò un'occhiataccia da sotto l'elmo e due trattennero le risate. I cavalli avevano fatto spaventare le galline e le fatine erano su di giri, volando ovunque.
«Che volete?» domandò mio zio, apparendo oltre le mie spalle. Il portavoce aprì la bocca per spiegare e io gli chiusi la porta in faccia. «Vuoi scappare dal retro? Mossa azzardata, ti prenderebbero.»
«Nah» divagai. Sentii Calex fischiare eccitato. «Vogliono portarmi al castello e basta. C'è una cosa che dovrei dirti, però voglio che sia un segreto. Prima devi giurare.» Negò e si arrabbiò, dopo un paio di minuti me lo promise. «Non ho detto tutta la verità prima. Quella notte, quando sono scomparsa da casa ed ero a corte, la verità è che Celestia si è fatta vedere davanti ai cavalieri dell'esercito e anche gli umani l'hanno vista.»
La faccia di mio zio si tirò nella più paurosa delle espressioni, quasi avesse ingoiato un limone intero. Mi distanziò dalla cucina, portandomi in un angolo silenzioso del corridoio per parlare.
«Sanno che c'è una maledizione qui» dissi. «C'è stata un'assemblea e il re Aurelion mi ha concesso di vivere, ha avuto diritto di parola perché ero nel regno della Luce. Il re Nergal ha cominciato a dissentire sulla decisione, mi ha proposto varie volte di passare sotto la sua tutela.»
Annaspò. «Dimmi che sei stata abbastanza furba da non accettare» mi pregò.
«Ovvio» esclamai offesa. «Gli interessa Cel. Credo possa pensare che Aurelion ci abbia tenute come arma segreta o qualcosa di simile e sia sul piede di guerra. Ho fatto un errore a prendere il posto di primo cavaliere della Luce, l'ha presa come una dichiarazione di guerra...»
«Il matrimonio ti ha salvato la vita, i membri reali non possono attaccarsi a vicenda senza una guerra. Il re nero dovrà decidere di fare una mossa se ti vorrà morta, dichiarare guerra o deporre la spada» rimuginò mesto. «Ma se scendesse in guerra...»
«Sarei obbligata a combattere e Cel con me.»
«È ciò che vuole» rispose. «Se è vero che è disposto a sfidare un Demone come Celestia vuol dire che ha un'arma in grado di sconfiggerla.» Aprii le mani e gli mostrai il piccolo mostriciattolo che stringevo tra le mani, poco più grande di una pesca. «È diventata più fragile.»
Cel ululò piano e alzò le dita affusolate verso il viso di mio zio, cercando di acchiappargli il naso adunco. Era sempre lei, contenta di vivere nel suo mondo di fantasie.
«Hai trovato un modo per aiutarla?» mi domandò ed evitò di guardarla. «Anzi, c'è un modo? Io ho chiesto a chiunque, gli unici che sanno come affrontare un simile problema sono gli umani dell'Esercito. Dubito che vorranno aiutarti e se lo faranno la useranno.»
Scossi il capo e la schiacciai, facendola scomparire. «Abbiamo litigato ieri. Ultimamente abbiamo discusso spesso. Pensavo di averlo notato solo io... Sta succedendo qualcosa.»
Rabbrividì. «Hai invertito l'ordine della natura, Nico, ed è una cosa molto pericolosa. Ci saranno conseguenze. Questo non è il suo mondo e se continuerà così trascinerà a fondo anche te. Avevi paura di scoprire cosa sarebbe successo se vi foste staccate, io credo che sia il momento di scoprirlo. Se Nergal la prende...»
«Non la prenderà. Passerà sul mio cadavere» feci seria.
«Non tentarlo come sfida personale» disse. «Va' da quei cavalieri adesso, prima che facciano irruzione, stanno spaventando le galline! Fai attenzione.» Mi afferrò il braccio prima di lasciarmi saltare oltre una pila di scatole piene di confettura di more. «E per quello che ha detto Isi... non è vero. Sei una bambina dolcissima, la migliore Elfa che io abbia mai conosciuto. C'è gente che morirebbe per essere metà di te. Sei mia nipote e questa sarà sempre casa tua.»
Lo abbracciai forte e lo salutai. Salutai persino Isidora e la lasciai nel suo silenzio, seduta al suo posto a sbocconcellare dei biscotti alla vaniglia. Le nostre litigate mi sembravano oramai tutte prive di senso, eravamo sull'orlo di una guerra su ogni fronte, interno ed esterno, e faticavo a galleggiare. Avevo problemi più grossi.
Uscii i casa e i cavalieri mi stavano ancora aspettando. Chinarono un po' la testa in un formale omaggio, a metà tra l'ossequio per un reale e un saluto ad un pari. Len, lo stesso Elfo che avevo visto il giorno prima nella brughiera, si fece avanti.
«Come diamine mi avete trovata? Sono stata super invisibile» mi lagnai.
«Abbiamo seguito vostra cugina» mise in chiaro. «E poi vi ho vista correre giù per la collina, invisibile è l'ultimo termine che userei per descrivere la vostra fuga.»
Calex batté le dita sulla finestra per attirare l'attenzione, sillabò qualcosa che non capii e mi mostrò il pollice in alto, contento. Uno dei cavalieri alzò la mano per salutarlo, confuso.
«Siete qui per portarmi a corte?» chiesi fiacca.
Len scosse il capo. «Dobbiamo accompagnare il primo cavaliere al confine della brughiera. C'è qualcosa che dobbiamo mostrarvi ed è urgente. Ordini reali» sottolineò e io mi illuminai. Il re mi aveva concesso di svolgere i miei primi incarichi come primo cavaliere. «Se volete posso portarvi a palazzo.»
«No!» strillai eccitata. «Sono prontissima.»
Yorifel si avvicinò e mi diede una mano, aiutandomi a montare sul suo cavallo. Saltai dietro di lui, aggrappandomi alle sue spalle per non cadere e il cavallo si agitò subito, avvertendo la presenza irritante di Cel.
«Amici come prima?» sibilai all'orecchio di Yor quando i suoi compagni si furono allontanati. «Ti prometto che non ti avvelenerò più, promesso!»
Diede una scoccata alle redini. «Le ho passate di tutti i colori questa mattina a causa tua. Il re mi aveva detto che fossi una ragazzina facile da distrarre e ho capito perché ti volesse lontana dal torneo» biascicò piano. Se si fosse saputo che avesse tentato di avvelenarmi lo avrebbero imprigionato per tradimento. «Ho saputo cosa hai fatto. Alcuni ce l'hanno con te, Nico, dicono che li hai umiliati. I cavalieri seguono il più forte e per molti è così, finché nessuno ti sfida sei al sicuro.»
Pensai ad Ahdeniel e al suo avvertimento. Se avesse ricevuto ordine di combattere contro di me dal suo re avrebbe dovuto eseguire, cosciente o meno di correre contro la sua morte. Vincere con le mani sporche di sangue non era esattamente il tipo di vittoria che speravo.
«Anche se sono una ragazza?»
Lui annuì. «Sei il primo cavaliere, rispondi come tale.»
«Allora sappi che la prossima volta che tenterai di incantarmi ti strapperò le dita» esclamai e lui mi dedicò un'occhiata preoccupata.
Mi accoccolai a lui e partimmo al galoppo verso la brughiera. Il sole mi scaldava la pelle e il vestito leggero mi si appiccicò addosso per via del sudore, all'ombra degli alberi si stava molto meglio e tirava un filo fresco di vento. I boschi erano tranquilli, gli animali dormivano o correvano via al suono degli zoccoli dei cavalli. Arrivammo al limitare della foresta in poco tempo, da lontano si vedevano le colline verdi della campagna e i massi che delimitavano il regno elfico erano al loro posto, ricchi di magia.
Scesi da cavallo e scrutai l'orizzonte. Il sole era alto tanto quanto l'erba incontaminata e per dei secondi mi domandai cosa stesse facendo Moraax, se qualcuno lo avesse trovato e aiutato al posto mio. Avevo giù un Demone a cui pensare.
«Non c'è roccia, foglia o incantesimo che possa sciogliere quello dell'oracolo» disse Len, alzando il mento verso le antiche colonne. «Per gli umani questo posto dovrebbe essere invisibile, protetto, invece quelle bestie armate hanno il dono della Vista. Ripugnanti. Sprecano così il loro potere, a darci la caccia.»
L'Elfo dietro di lui, si chiamava Glasco, scese da cavallo e gli accarezzò la criniera. Fissava con i suoi occhi di un verde pallido l'orizzonte, scrutando il nulla apparente. Senza muovermi percepii un movimento nell'erba e, appena mi concentrai, notai due occhi rossi che mi stavano fissando con interesse.
Un Demone alzò la testa e con lui emerse un soldato del Nido. Riconobbi l'uniforme scura da mimetizzazione e il giubbotto di protezione sul petto, così come il marchio dell'Esercito ricucito sul berretto. Imitandolo, altre teste perfettamente nascoste si mossero, tutte nere e con gli occhi protetti da strambi occhiali.
Len mi guardò. «Sono qui dall'alba» mi disse. «Non hanno fatto niente per ora, se ne stanno là a tenere d'occhio il perimetro. Nessuno si è avvicinato.»
Senza un ordine diretto nessuno di quei soldati si sarebbe spinto a tanto. Uccidere un Elfo nel territorio protetto dalla magia dell'oracolo poteva rivelarsi un compito impossibile e in aggiunta quei soldati non erano killer, bensì ricognitori. Mio padre chiamava così coloro che venivano spediti a mappare aree poco sicure, grazie ai Demoni che possedevano potevano passare inosservati ed invisibili.
Glasco camminò avanti ed indietro. «Siamo in svantaggio» constatò. «Se entrassero adesso...»
«Primo cavaliere» mi chiamò Len attento. «Che facciamo? Diamo l'allarme?»
Senza pensarci alzai una mano con tre dita, l'indice, il medio e l'anulare. Era il classico cenno militare per iniziare una conversazione senza usare la voce, una specie di codice morse per poter parlare durante scontri in codice e coordinarsi.
Alcuni di loro alzarono le teste, spuntando dall'erba come iene. Mossi l'indice in aria e poi tesi il braccio verso il terreno, stringendo le dita. Se mi ricordavo bene gli avevo chiesto di raggrupparsi e di tenersi lontano dalla linea di confine. Si guardarono confusi e uno di loro si indicò l'occhio, domandandomi se li avessi sotto tiro.
Ripetei il segno, collegai le dita e le feci passare sull'avambraccio.
Celestia cominciò ad agitarsi.
«Avanti, dai, stupido» imprecai tra i denti. «So che mi hai capito.»
Un soldato si tolse gli occhialini dal naso e si coprì gli occhi con la mano, studiandomi circospetto. Il suo Demone, una volpe con la coda a strisce, gli parlò. Il soldato era un ragazzo giovane, poteva avere quindici anni, forse meno, in età umana, e già i suoi occhi erano macchiati di violenza.
Mi imitò, specchiando alla perfezione il segno che avevo fatto che significava che non ci fossero nemici. Rimasi immobile, con la rabbia e l'ansia che mi montavano dentro e i soldati che mi scossero, implorandomi di dar loro aggiornamenti. Il ragazzo mi guardò e aprì le braccia, invitandomi a fare qualcosa, dopodiché mi salutò come un suo pari.
Restarono là, ma sapevo che se ne sarebbero andati a breve con strane notizie da portare al Nido: c'era un'Elfa che conosceva il loro codice e che aveva detto loro che non fossi loro nemica. La cosa preoccupante era che mi aveva detto la stessa medesima cosa, che non volessero attaccare e che non fossero in quelle terre con intenzioni ostili.
Che diamine volevano altrimenti se non la guerra, che volevano oltre quello che ci avevano già rubato? Ero arrabbiata e spaventata perché non capivo che cavolo volessero quei tipi. Il Nido non mentiva mai troppo, dichiarava guerra a fin di bene e lo faceva a testa alta. Confondevano la giustizia con l'arroganza, c'era un crimine dietro ogni loro passo e dimenticavano che in questo mondo erano ospiti.
Ebbi un mancamento. Cel era su tutte le furie poiché la stessi trattenendo dall'uscire e porre fine alla vita di quei ragazzi, se glielo avessi concesso il Nido ci avrebbe attaccati subito, accettando quella dichiarazione di guerra. Ricordavo troppo bene il ragazzo che aveva tagliato la testa a mia sorella. Gli umani si assomigliavano tutti.
Yorifel mi sorresse e mi portò dentro la foresta, al sicuro. Prese una borraccia e me la passò. Lo guardai con sospetto e me la spinse sotto il naso. Ne bevvi un po'. La mano mi tremava leggermente e la nascosi per non dare una brutta immagine. Pensavo solo "per favore, basta, non fateci questo. Lasciateci in pace."
«Gli avete parlato» disse Len critico. «Avete parlato con quegli assassini nella loro lingua. Mi turba questo. Come facevate a conoscere quei segni?»
«Li ho imparati» tagliai corto. «C'è qualcosa che non quadra. Mi hai detto che sono stati in agguato dall'alba senza fare nulla, io sono venuta qui varie volte in queste settimane e non ci sono stati movimenti. E, se ce ne sono stati, hanno evitato di farsi vedere.»
«L'importante è che se ne siano andati» disse Yor.
«Torneranno» replicai. Gli mostrai il segno che i soldati usavano per indicare la parola "nemico", con il pollice piegato e l'indice e il mignolo alti. Rifeci il movimento verso il terreno. «Questo significa che non ci sono nemici. I soldati lo usano per coordinarsi durante le battute di caccia o stipulare una tregua momentanea.»
Yor annuì. «Buona cosa, hanno accettato.»
«No. Quell'umano ha rifatto il gesto» lo corresse Len critico. «L'ho visto.»
«Sì. Mi ha detto che nemmeno loro sono nemici nostri.»
Gli Elfi borbottarono sospettosi e Glasco mi passò un fazzoletto per asciugarmi il sudore. «So che è un pessimo momento, primo cavaliere, ma dobbiamo sapere cosa vi siete detti con esattezza. È la prima volta che gli umani conversano con uno di noi in questo modo.»
«Quello era conversare?» domandò uno.
«L'Esercito attacca per due motivi: uno, è perché ha catalogato qualcosa come una minaccia a sé o alla specie umana. I Demoni sono tra questi, li ammazzano senza pietà. O, b, è perché rispondono ad un attacco» specificai. «Non erano qui per ucciderci o lo avrebbero già fatto.»
Il labbro di Len gli tremò mentre il ricordo di quella terribile notte tornò da loro. Avevano visto in prima fila l'orrore della guerra e nessuno di loro desiderava vedere altri cadaveri seppelliti in fosse comuni.
«Pensate che sia sciocca a dirvi così?» domandai sincera.
Glasco scosse il capo. «Anche Handir diceva cose sciocche di tanto in tanto, questo però faceva di lui un ottimo primo cavaliere. Vi siete dimostrata forte e corretta al torneo, forse siete troppo giovane e innocente per un ruolo simile, ma...»
«Ma il re vi ha dato il suo completo appoggio» commentò Lindo. «Desidera che siate voi a sostituire Handir e se questo è un desiderio del re è anche il nostro. Per qualsiasi cosa ci siamo noi, possiamo spiegarvi tutto.»
Vagammo al limitare del confine in una ronda silente e Len mi spiegò in breve i compiti del primo cavaliere: avrei dovuto confrontarmi con Ahdeniel molto più del previsto, eravamo i veri portavoce dei nostri sovrani e discutevamo di guerra ed economia. I miei compiti si dividevano dal sorvegliare l'addestramento delle nuove reclute ai pattugliamenti.
«Ho una domanda, ma non c'entra con questo» lo interruppi. «Ero qui la sera dello scontro con i soldati, il re ha avuto un occhio di riguardo per me perché l'ho trovato nel bosco sanguinante e l'ho soccorso. Desidero sapere cosa avete visto quella notte.» Attesi un istante. «So che non è il momento adatto.»
Glasco rabbrividì. «Ero tra coloro al centro della mischia. C'era un mostro. Un Demone vero, con un aspetto e una razza che non avevo mai visto. So di aver pensato "oh, ecco, ora siamo tutti spacciati" e ho pregato di morire subito. Invece quella bestia sembrava riconoscere gli Elfi dalle armature, ha attaccato solo gli umani, mentre i cavalieri non li ha nemmeno guardati. Dicono che viva nella foresta, che sia uno spirito dell'oracolo.»
«L'ho visto anche io» continuò Yor. «Ha lasciato dei solchi profondi e c'era un'ombra che la seguiva, molto piccola. Per questo pensano sia uno spirito della foresta. Il giorno dopo sono tornato per sorvegliare la zona e oltre ai solchi di quel mostro c'erano delle impronte sul fango, di piedi normali.»
Lindo batté uno scarpone a terra, sconvolto. «Ve lo dico io cos'era: era un Demone e basta. I Demoni sono nostri nemici, ci ha aiutati forse, ma ha ferito della gente. Che razza di spirito farebbe questo?» Sospirò. «Per ora accontentiamoci di tenere a bada gli umani. Se ci attaccassero vi farebbero saltare in aria come un bruco, ragazza. Hanno anche quello che vogliono, la pietra che custodiva il re Nergal, il frammento dell'oracolo.»
L'oracolo era venuto da noi molti secoli prima, ancor prima che il Nido cominciasse ancor solo a porre radici. Il suo creatore non era nemmeno venuto al mondo, quindi come faceva quella gente a conoscere il nostro potere e da dove fosse scaturito? Se davvero ci volevano morti avrebbero avuto il potere di eliminare Celestia in battaglia, rinchiuderla in quei loro osceni malefici. L'unica cosa a cui pensai fu che fosse stato un pretesto per arrivare al pendente.
«Ne hanno metà» rettificai. «E poi come facevano a sapere del potere del ciondolo? Il nostro tempo scorre in maniera differente e il segreto è sempre rimasto entro i boschi. Come cavolo facevano a sapere che i re ne fossero custodi?» Gli Elfi si guardarono senza risposta. «Aurelion era nella foresta con me, Handir lo ha portato al sicuro prima che...»
«Ha visto qualcosa» tradusse Len. «E ha portato via il re prima che potessero arrivare a lui. Non lo avevo notato. C'è davvero qualcosa che non quadra.»
«Voi dovete seguire gli ordini del primo cavaliere, è così?» domandai.
Lino annuì. «Purché non interferiscano con il benessere, la pace o l'incolumità del regno e del re stesso» mise in chiaro. «Oltre questo, morirei per voi.»
Feci una smorfia. «Sarebbe totalmente non necessario, ma grazie» feci. «Voglio che mi diciate tutto ciò che si dice nelle truppe, dal più stupido pettegolezzo alla più grande delle offese su di me. Qualcuno ha avuto contatti con l'Esercito e chiunque sia è una spia.»
Glasco mosse le dita nervoso, sfiorando l'elsa della spada. «Una spia. Ottimo. Come facciamo a fidarci l'uno dell'altro? È come andare alla cieca. Ci state davvero chiedendo di tradire la fiducia dei nostri alleati?»
«Sì, e questo è un ordine» decretai. «E se non ti sta bene te lo ribadirò, questa volta con le veci di regina. Puoi fidarti di questi Elfi, se fossero stati minimamente contro di me mi avrebbero attaccata e ucciso il resto di noi. Sarebbe un buon posto per seppellirmi!» Li guardai, aspettando che qualcuno mi accoltellasse. «Oh, ottimo, nessuno vuole uccidermi. Gran passo avanti.»
«L'importante è essere felici delle piccole cose» esclamò Len stanco. «Acciuffiamo questi disertori. Per il regno delle Ombre invece come facciamo? Se al re nero è stata sottratta la pietra significava che ha dato modo al nemico di avvicinarsi, i suoi soldati non lo hanno protetto. Se entrano in possesso anche dell'altra metà distruggeranno la magia che avvolge la brughiera.»
Handir era morto perché aveva visto qualcosa di sospetto durante la battaglia e aveva sacrificato la sua vita per salvare l'intero regno. Qualcuno lo aveva assassinato per mantenere il vero motivo dello scontro nell'ombra, facendolo passare come una conquista di terreno per il Nido. Dovevo assolutamente parlare con Ahdeniel, se ciò era vero e non aveva stretto alcun accordo con Rines in precedenza, anche nel regno delle Ombre si aggiravano traditori.
Lindo voltò la testa a scatto e si mise davanti a me. «Sta arrivando qualcuno. Sono a cavallo» mi informò frettoloso e Len e Yorifel inforcarono le loro spade. «Vai dietro a quel cespuglio, non si sa mai.»
Decisi che fosse meglio non discutere, quel vestito rendeva impossibile la fuga, il corsetto mi stringeva troppo sul busto e la gonna mi rimbalzava alle caviglie. Riconoscevo una posizione svantaggiosa quando ne vedevo una, in quegli stati non sarei andata lontana: saltai dentro un cespuglio di more e stetti in silenzio, nel frattempo che i soldati si finsero impegnati ad esaminare il terreno con interesse.
Rines guidava un'altra truppa e arrivò dal villaggio. Indossava la sua solita armatura da cavaliere, i capelli biondi oscillavano con il vento sulle spalle e scrutò il mio gruppo con fastidio. Gli Elfi rallentarono e lui rallentò fino a fermarsi.
«Len, sto sognando o sei davvero tu?» esclamò Rines. «Che ci fai da queste parti? Sei un po' lontano dalla tua zona.»
«Sei un grande osservatore» scherzò. «Potrei farti la stessa domanda.»
«Sto cercando Nico. Piccolina, capelli ricci, carnagione scura, un po' fastidiosa» rispose con menefreghismo. «Un uccellino mi ha detto che fosse in tua compagnia.»
«Un uccellino piuttosto cieco. Come vedi qui ci siamo solo noi.» Rines voltò un attimo gli occhi, contando i cavalli per le teste dei soldati. Sei Elfi e sei bestie. «Non ti struggere o ti si friggerà il cervello.»
Rines inclinò la testa. «La situazione inizia a imbarazzarmi. Una ragazza, la futura regina e compagna del re, sparisce dal castello e poi la trovo con te, con sei Elfi maschi, in mezzo alla foresta. Farebbe rabbrividire chiunque. Vi do un'altra occasione. Dov'è?»
Lindo guardò supplichevole Glasco e Yor rimase in silenzio.
Len alzò le spalle e un Elfo dietro Rines gli puntò il dito contro, ordinandogli di parlare. «Len, apri quella bocca o passerai dei guai seri. Dicci dov'è la ragazza, dobbiamo portarla subito indietro. Qui non è sicuro, hai portato una futura regnante in una zona aperta, con gli umani armati nei dintorni.»
«Esci da là, Nico» mi ordinò Rines, perdendo la pazienza.
Guardò dritto nel cespuglio in cui mi ero nascosta e mi domandai che diamine vista avesse. Lo avevo visto tirare con l'arco, era un tiratore di prim'ordine.
«Ti do tre secondi, dopodiché verrò io» continuò, alzando un dito per iniziare. Balzai fuori allarmata e lui mi dedicò un freddo sorrisetto compiaciuto. «Ti riporto a palazzo.»
Alzai le mani, mostrandogli che fossi disarmata e senza un graffio. Lo avevo battuto a duello, riconosceva le mie capacità e persino contro sei Elfi avrei avuto delle chance di portarmi la pelle sana e salva a casa. Se quello era un suo piano non lo capii.
«Va tutto bene, mi stavano solo mostrando...» parlai.
«Non mi interessa» mi liquidò. «Ho solo l'ordine di assicurarmi che la regina sia al sicuro e qui non lo sei. L'area è compromessa dagli umani, ci sono Demoni che vagano liberi da giorni e sporchi nani armati. Chiunque di loro abbia avuto la brillante idea di addestrarti ai doveri di primo cavaliere adesso sarà punito» decretò.
Stetti per ribattere e mi rivolse uno sguardo carico di odio.
«Hai ricevuto nuovi ordini» affermò sospettoso Len.
«Ordini migliori. Finché la situazione non sarà stabile tratterai la ragazza con il suo titolo nobiliare più alto, come regina del regno della Luce. Ti sarà proibito parlare con lei di guerra, tanto meno portarla nella brughiera e metterle in mano un'arma» sentenziò.
Guardai gli Elfi, pregandoli di intervenire. Caddi nell'angoscia più totale, conscia del fatto che fosse un problema mio se venivo trattata in quel modo. Avevo due ruoli opposti, una regina doveva essere protetta, un cavaliere doveva proteggere.
«Ho presunto avresti concordato con me sul suo benessere.»
Rines scese da cavallo e mi afferrò il braccio, tirandomi. Ancorai i piedi a terra e mi dibattei a mia volta, urlando.
«No, mi ucciderà! Ci ucciderà tutti!» strillai e gli Elfi risero sentendo quelle accuse.
«Sei un problema, vedi di darti una calmata» mi intimò.
«Te lo ordino come regina, ti ordino di lasciarmi. Sono la tua regina!»
Rines mi sorrise intenerito. «Oh, ma certo che lo sei. Ora però non vedo una corona sulla tua dannata testa. Gli ordini impartiti non possono discordare dalla protezione di un reale, questo è tutto. Ti riporto dal tuo adorato» scimmiottò e mi tirò verso il cavallo. «Monta!»
Mise le mani sui miei fianchi e mi fece saltare sulla bestia, dopodiché montò davanti a me.
«Ci rivediamo a corte, Len» mormorò a denti stretti Rines, dando un colpo con gli stivali sul quarto. «Muoviamoci!»
Lasciai l'altra truppa alle spalle e la delusione fu rimpiazzata dalla gratitudine: fui sollevata che né Len né nessun altro si fosse messo ad attaccar briga con Rines. Lui stesso riscuoteva ancora molti consensi nell'esercito e io ero un'estranea. Come aveva detto Nergal, se avessero scoperto chi fossi veramente mi avrebbero giustiziata.
La squadra con cui viaggiavo cominciò a lamentarsi che facesse troppo caldo per muoversi, che fossero impegnati e io la presi come una frecciatina gentile nei miei confronti.
«Perché eri nella foresta in questo limitare?» mi interrogò deciso Rines senza voltarsi.
«Volevo imparare i miei compiti da primo cavaliere» svuotai il sacco e alcuni di loro risero. «Pensavo fosse cosa opportuna e che al re avrebbe fatto piacere. Mi ha detto lui di venire qui.»
«Di persona?» fece eco e mi morsi la lingua. Me lo aveva detto Len. Per me era lo stesso. Quell'Elfo però non conosceva la mia vera natura e ne provai vergogna. «Come immaginavo. Ti porterò a palazzo, queste terre sono pericolose per una ragazza come te. Ti consiglio di concentrarti sui tuoi doveri a corte, verso il regno della Luce, anziché giocare qui. La prossima volta non sarò così paziente.»
Stava ancora mirando al posto di primo cavaliere e il miglior modo per ottenerlo era spingermi a intraprendere l'altra strada. Avrebbe vinto il titolo a tavolino se i compiti mi avessero sopraffatta.
«Certo» dissi, ragionevolmente paziente. «Sono onorata che ti preoccupi tanto per me, in battaglia Handir deve essere stato molto fortunato ad averti al suo fianco. Un peccato che la sua abilità con la spada sia stata vana.»
Un muscolo nella mascella di Rines pulsò forte e ignorò le mie provocazioni. Al mio lato, gli altri borbottarono furiosi. Handir era stato un perno nell'esercito per molto tempo, nessuno lo avrebbe mai rimpiazzato a dovere.
«Ho ucciso un coniglio venendo qui» disse Rines. «È l'ora di pranzo e devi essere affamata. Puoi mangiarlo se vuoi. Ho conservato la sua pelliccia, era bianca e candida. Te la regalo come dono.»
Ebbi un brivido. «Un coniglio?» Mi morsi l'interno della guancia per non ridere.
«Un bel coniglio femmina.»
«Deve essere stato uno sforzo notevole» mi compiacqui. «Non mangerò niente di quello che hai toccato, preferisco morire di fame!»
Gli Elfi sogghignarono.
«Allora mi sa che morirai in questo modo, una morte lenta ed atroce, tra l'altro» esclamò Rines sollazzato. «Scegli sempre la strada più difficile. Sei in svantaggio e ti conviene accettare il nostro aiuto. Gran parte della tua debolezza è dovuta al fatto che i migliori cavalieri del regno non ti accettano per guidare l'esercito reale. Ti conviene scegliere un ruolo.»
«Te ne stavi un agguato per dirmi questo?» Il cavallo virò a scatto e una ciocca di capelli mi finì sul volto e la ributtai indietro. «Grazie per la tua preoccupazione, Rines. Fino ad adesso me la sono cavata benissimo senza di te.»
«Siete troppo giovane.» Un Elfo digrignò i denti, sputando quella sentenza. «E prendete alla leggera il destino del regno. Ci distruggerete. Abbiamo una guerra davanti e questo va oltre le vostre capacità di immaginazione.»
Un altro gli batté una mano sullo spallaccio, mostrandogli apprezzamento.
«Credi che io non sia adatta ad essere il primo cavaliere, tanto meno una regina?» Mi sporsi verso Rines e lui mi guardò da sopra la spalla. «Ma io credo altrettanto che tu non abbia il fegato per prenderti il titolo.»
Afferrai la sua spada alla cinta e la estrassi di qualche centimetro dalla fodera. Rines si irrigidì, alzò il gomito e mi diede un colpo in faccia. La vista si annebbiò per dei secondi e mi girò la testa, mi sbilanciai e caddi dalla groppa. Finii a terra, seguita dalle esclamazioni di sbigottimento e le risate degli uomini della squadra.
Mi faceva malissimo la faccia e prima di pensare a qualcosa stavo fissando le chiome degli alberi e in mano non avevo niente. Rines fece fermare i cavalieri e scese da cavallo, accarezzando la spada stretta alla vita. Scivolai indietro spaventata e mi massaggiai la tempia.
«Per l'oracolo, ti ho fatto male?» scherzò freddo Rines. «Osa tentare di rubarmi la spada un'altra volta e farò sì che sia l'ultima volta in cui avrai entrambe le mani. Ti piace proprio farti del male?» Saltai in piedi e mi preparai a combattere. «Lo prendo come un sì. Ammetto che per essere una ragazzina te la cavi bene.»
«Sono un cavaliere» lo corressi acida. «E tu devi servirmi.»
«Sei una ragazzina.» Si avvicinò per sussurrare. «So perché sei qui. Oltre a quel mostro cos'hai che vale? Chi saresti senza di lei?»
Mi morsi il labbro tremante. Celestia aveva fatto sì che il mio legame con il re si instaurasse; un Demone mi aveva donato la cosa più preziosa che possedessi e per la natura era pericoloso. I Demoni portavano via, non davano doni. Prima o poi Cel mi avrebbe tolto qualcosa.
«È mio dovere prendermi cura della regina» continuò, massaggiando l'elsa della spada, bramando di poterla usare.
«Sei patetico, e puzzi» dissi.
Mi voltai e mi afferrò le spalle, scuotendomi e mi tirò di nuovo verso il cavallo con impeto. Misi male il piede e caddi a terra, sorretta da Rines, con gli altri Elfi che ridevano.
Scosse il capo. «Quei cavalieri avrebbero potuto aggredirti, farti del male.»
«Del male?» ripetei e mossi il braccio. «Me lo stai facendo tu. Smettila!»
Un Elfo a cavallo si curvò verso di me. «Difende i suoi prediletti. Secondo me dovremmo dirlo al re» scherzò.
Rines mi sorrise. «È così? Da quando una dama promessa prende in simpatia altri uomini? Da sola nel bosco dev'essere stata un'eccitante avventura. Dovremmo ucciderli!» propose in un risolino generale.
«No!» strepitai allarmata. «Torno al castello, va bene? Dirò che sono scappata, che...»
«Cosa ti interessa se quei bifolchi vivano o meno?» Strinse la presa e per un secondo pensai volesse rompermi il polso, altresì si limitò a farmi tornare sul cavallo e assicurarsi che il vestito fosse integro. «Ci sono delle persone da cui devi proteggerti e questo è compito mio. Vedi di mettertelo bene in testa e di non rendere la storia difficile. Sta' lontana da quegli Elfi. La prossima volta tornerai al castello legata, strisciando sulle tue ginocchia, Nico» ringhiò a denti stretti, si issò al pomolo e montò in un balzo agile.
Il vento ululò e percepii la presenza di Cel tra i boschi, invisibile e in agguato. Gli uomini rabbrividirono e si guardarono intorno con fare cupo, preoccupato. Nessuno di loro mi guardò, da come si mossero capii che Rines e Ahdeniel non avevano detto ad anima viva della maledizione.
«Attenta a te» soffiò Rines sottovoce. «Se ci ammazza dovrai dare delle belle spiegazioni convincenti e, prima che quel mostro mi squarci il ventre, mi assicurerò di tagliarti a fondo la gola. Se dovremo decidere tra il futuro del regno e te indovina chi sceglieremo.»
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