XIV

I cavalieri mantennero la folla sotto controllo e scoppiarono dei petardi, dei coriandoli si alzarono nell'aria e le fate gettarono petali e strani semi sulla folla, ridendo. Cantarono una specie di canzone nuziale con falsità melensa e tirarono i capelli a Rines per prenderlo in giro.

«Il re accoglie la proposta di fidanzamento della ragazza!» urlò il messaggero. «Il re si sposerà!»

«Prendimi la mano» mi consigliò e me la tese.

Gliela presi e lo strillo angosciato di tantissime donne accompagnò il mio gesto. Chiusi gli occhi, beandomi della sua morbida stretta di mano, dopodiché mi condusse al palchetto in cui i reali erano rigidi, funerei. Calanthia era in preda ad una crisi di panico e venni assalita dalle ragazze di corte, le quali erano troppo piene di brio per esprimere frasi decenti.

Ahdeniel evitò di guardarmi in faccia e Nergal alzò un labbro con aria superficiale. «Ammetto che prima la tua presenza era divertente, ora è diventata seccante» commentò.

«Se avete voglia di ucciderla dovrete trattenervi, mio signore» ringhiò Ahdeniel. «È diventata una sposa reale.»

«Regina» lo corressi. «E tu sei un cavaliere.»

«Questo non faceva parte dell'accordo» gli ricordò Nergal. «Poiché la corona è ancora sulla tua testa ti permetterò di darmi una spiegazione.»

«Come non faceva parte dell'accordo che il tuo cavaliere stesse per mozzarle un orecchio» commentò e Ahdeniel trattenne un singulto. «L'accordo non è negoziabile. Nico ha espresso il suo desiderio e le condizioni sono state mantenute. Le regole prevedevano degli sfidanti e un vincitore, lo ha gettato a terra senza un'arma o sangue. La nostra unione non ha nulla a che fare con il nostro patto, fratello. Risparmia le tue prediche.»

Nergal guardò di sbieco Rines e lui fece un passo indietro, sentendo i suoi duri occhi puntati contro la sua testa bionda. Era un'occhiata piena di odio e repulsione e non diminuì appena la rivolse contro di noi.

«Il patto era che tu la tenessi sotto controllo» protestò. «Non intendo lasciare il regno di nostro padre nelle mani di una...» Avrebbe volentieri usato il termine "mezz'Elfa" e si trattenne per miracolo. «Fallo, Aurelion e ti giuro...»

«L'ho già fatto» affermò. «Lascia che ti ricordi che le mie armate sono superiori alle tue. Se scendessi in guerra perderesti all'istante. Questo mi consente di dettare le regole. Se la toccherai sarai accusato di alto tradimento. Vuoi farlo davvero?»

«No» rispose semplicemente. «Ovviamente no. Folle sì, stupido mai. Dosa le parole. Potrebbero essere le ultime ad uscire dalla tua bocca.»

Mi afferrò il viso e lo studiò da cima a fondo, come se mi avesse iniziato a vedermi in quel momento. Avevo visto le donne del regno delle Ombre, erano avide, vistose e belle, io non possedevo alcuna qualità che mi degnasse di un titolo. Ero forte ed era ora di farlo vedere agli altri.

«Ti auguro i miei sentiti auguri per il fidanzamento, Aurelion» marcò deciso.

Ahdeniel e Rines saltarono in avanti con i volti pieni di sdegno e il cavaliere nero corse in mezzo a noi. «Permetterete questo ridicolo teatrino? Nobile Calanthia, lei sa che questo non potrà mai avere luogo per ovvie ragioni. E se quel mostro dovesse aizzarsi contro il re o...»

Il re Aurelion alzò gli occhi al cielo. «Calmati, Ahdeniel. Non sono io il tuo re.»

«Avete ordito qualcosa contro la ragazza, riconosco l'odore di un incantesimo» si impicciò Rines, scandendo bene le parole. «Lei non doveva essere qui quest'oggi ed è chiaro che il suo ordine nei vostri confronti è dato da una vendetta personale. Vi state rendendo schiavo di una ragazza, mio re. Permettetevi di aiutarvi.»

Avanzò e accadde che i cavalieri più vicini all'improvviso sguainassero le loro spade. Saltai impaurita, aspettandomi di venire trascinata via con forza, bensì puntarono le lame contro Rines e lui si guardò intorno spaesato.

«Aiutarmi?» fece eco il re. «Ho forse mai chiesto il tuo aiuto, Rines? Non essere sciocco e smettila di coprirti di ridicolo.»

«Stai minacciando una futura regina» gli ricordò Calanthia con voce impastata.

Faticava a guardarmi in faccia.

«Avete sempre avuto un debole per lei, ammettetelo. La vostra gentilezza è ridicola» berciò Rines.

«Gentile?» ripeté il re.

«Sì. So come vi guarda. Lo hanno visto tutti.»

«Non sono mai stato gentile con lei. Temo di non essere capace.»

Gli indicò un angolo appartato e Rines marciò fuori il tendone, sbattendo i piedi. In quei secondi di pace Calanthia fece un gesto di riverenza con il capo e si inchinò, come lei, senza perdere tempo, i cavalieri e le dame la imitarono. Persino mia cugina ammutolì e qualcuno mi lanciò in faccia dei fiori.

Nergal ne raccolse uno e lo fece avvizzire, porgendomelo. «Questo ti si addice di più.» Se era un insulto non lo presi come tale. Rovinavo molte cose. «Scoprirai da sola i segreti della corte e che il trono che tante ragazze bramano è in verità una tomba. Sai che il mio regno ti si addice di più, avresti la libertà che desideri e ogni titolo.»

«Titolo?» ripetei confusa. «Ero convinta che mi odiaste.»

Nergal rise. «Oh, no, sciocchina. Se ti odiassi saresti già morta. Mi rende solo scontento vedere un simile talento sprecato in questo luogo benedetto. So cosa c'è in fondo al tuo animo» ribatté con un ghigno spavaldo, malizioso. «Non sarai mai una di noi, tuttavia se un giorno ti stuferai, avrai sempre un posto nella mia corte. Accanto a me.»

Calanthia si raschiò la gola, intimandogli di tacere.

«Ho una battuta per voi, mio signore» esclamai. Nergal si impettì. «Ecco un detto che diceva mio zio sordomuto!»

Restai in silenzio a lungo e Nergal scoppiò a ridere sotto le occhiate malevoli della sorella e del suo primo cavaliere. Ahdeniel si osservava intorno con aria apprensiva, sapevo come dovesse sentirsi: era distante da casa, senza una vera scorta e aveva minacciato la futura regina del regno della Luce. Un passo falso e se ne sarebbe pentito.

«Per quanto il tuo ardore mi delizi dovrai scegliere. Una regina e il primo cavaliere hanno compiti e doveri diversi, sia verso il regno sia verso... altro» canticchiò, sistemandosi la patta dei pantaloni con fare volgare. «Se è il potere che cerchi posso aiutarti. Se ucciderai il mio primo cavaliere il posto sarà tuo. Assicurati solo di non farlo soffrire troppo. Voglio solo una persona forte come aiutante, mi capirai.»

Ahdeniel si muoveva nervoso e guardò i piedi del suo re con cipiglio; si morse le labbra in silenzio, offeso, il volto paonazzo. Calanthia e le altre dame si mostrarono contente. Al posto di Ahdeniel sarei scoppiata a piangere o avrei voltato le spalle al re senza indugio: Nergal era crudele ad affermare ciò. Il suo cavaliere gli era stato sempre fedele.

Scossi il capo. «Non prenderei il posto di primo cavaliere nemmeno se non ci fosse nessuno» ringhiai. «Rispetto e onoro il codice dei cavalieri. Non ho alcun astio verso Ahdeniel se lui non ne ha con me. Si è meritato il titolo. Voi siete vile e crudele.»

Il ragazzo fece un passo avanti, pronto ad infamarmi e il re lo bloccò, decidendo di dimenticare subito le parole dette.

«Dolce» commentò Nergal. «Vero?» Diede una spinta amichevole all'altro e lui si spostò.

Calanthia mi fece segno con il mento di allontanarmi e decisi che fosse meglio levare le tende. Saltai giù dal podio e scivolai su un sasso, rimasi in piedi per miracolo e zampettai dal re, il quale stava dando gli ultimi ordini.

«Esigeranno una festa» commentò il paggio. «Potevate scegliere un momento migliore, ci trovate impreparati.»

«È una festa contadina, organizzerò qualcosa» li scusò. Mi tirò da parte. «Sono pienamente certo che la futura regina avrà pensato alla sicurezza di un suo cavaliere. Yorifel doveva tenerti lontano per tre giorni e se ti ha permesso di presenziare significa che gli è successo qualcosa.»

Mi sentii ricattata. «È vivo» marcai. Isidora provò a fermare Calanthia e parlarle in privato senza successo. Lasciò Nergal e venne verso di noi. «Sono io quella spossata. La nobile Calanthia mi ha incantata, questa è una truffa!»

Il re sospirò. «Intendi un raggiro?» Annuii. «Non essere sciocca, non ti avremmo mai fatto del male. Volevo essere certo che non causassi problemi e che ti divertissi nei boschi, ammetto che speravo di distogliere l'attenzione della corte delle Ombre da te.»

Calanthia rabbrividì, sentendosi in colpa. «Era un misero incantesimo. Yorifel doveva solo metterla a dormire, gli avevo dato un compito stupido. Come diamine hai fatto a scoprire l'incantesimo?»

Mi toccai il naso. «Ammetto di non essere brillante, ma ho un buon olfatto. Sentivo la puzza di rosa ovunque. Avete steso Celestia però, si arrabbierà parecchio.»

«E Yorifel?» continuò l'uomo accanto a me.

«Oh» esclamai impettita. «Gli ho dato un funghetto e ha cantato. Parla parecchio.»

«Gli hai dato un funghetto magico?» scandì il re senza parole. «Sono pericolosi.»

«No. Sì, be', solo se ti abbuffi. Gliene ho dato un pezzettino. Hanno un buon sapore.»

«E tu come fai a saperlo?»

Stetti per rispondergli allegramente e fare il nome di Bithi. Serrai le labbra con sospetto. «Temo che questa sia una domanda a trabocchetto» giudicai. «Non ne so niente.»

Mi lasciò perdere, si era imposto un controllo estremo e voleva mantenere quella facciata per non dare in escandescenza. Aveva troppi problemi al momento e doveva gestirne uno ad uno. Dal Ciclo dei re contemporanei non c'era mai stato alcun fidanzamento reale e faticavo ad immaginare come dovesse essere: Calanthia nascondeva ogni sua avventura, mentre Nergal ne aveva avute decisamente troppe per dare ad ognuna un singolo peso. Il re Aurelion, invece, era un mistero e lo avrei svelato volentieri.

«Vai a recuperare Yorifel e spera che sia vivo» mi ordinò lui.

Un gruppo di cavalieri mi si avvicinò, aspettando ordini. Tra la gloria e la confusione del momento mi ero del tutto dimenticata che avessi ottenuto il titolo di primo cavaliere e che stessero attendendo me. La loro preoccupazione era palese, così come l'atteggiamento restio, non avevo idea di cosa fare o cosa dire.

«Avanti, primo cavaliere» sollecitò Calanthia. «Dai il tuo ordine.»

Borbottai un insulto velato e girai i tacchi, tornando verso la foresta. La folla mi accolse tra grida e applausi, avevo il cuore che mi pulsava nel petto ad un ritmo assordante e non degnai nessuno di uno sguardo, fissando il terreno. Avevo imbrogliato tutti, ne ero conscia, per un puro desiderio personale. Sentii la voce di mio cugino Calex e corsi via più veloce, con i cavalieri che mi aiutarono a liberare un passaggio.

Prendemmo i cavalli e trottammo verso la foresta. Odiavo cavalcare, era scomodo e mi faceva male alla schiena, in aggiunta ero abituata alla velocità di Celestia e il mondo era come se girasse a rallentatore. Per quanto dovessi sentirmi felice mi vennero scaricate addosso una marea di responsabilità a cui non avevo pensato: dovevo parlare con i miei zii, raccontare loro la vera storia, capire cosa fare della mia vita e, prima di tutto, recuperare Yorifel.

«Da che parte?» mi domandò l'Elfo accanto a me.

«L'ho spinto verso est.»

«A est c'è il dirupo.»

Mi offrirono un'arma e dovetti ripetere nove volte che non volessi tenere in mano nemmeno un pugnale. Entrambi i regni avevano un serio problema con le armi e in quello assomigliavano ai soldati del Nido, anche mio padre si sentiva tranquillo ad avere addosso tre coltelli, una pistola e due tirapugni d'acciaio. Per quanto mi avesse allenata ad usarle, le armi rovinavano ogni cosa. Era una falsità che per ottenere la pace doveva prima verificarsi una guerra. La guerra portava guerra e basta. Io lo sapevo bene.

Per nostra fortuna, ringraziai il cielo, trovai Yorifel steso sotto un albero con il suo cavallo che pascolava nei dintorni. Continuò a russare persino quando due dei suoi compagni lo presero per le braccia e lo caricarono di peso per trasportarlo a corte.

«Dov'è Rines?» chiesi in generale.

Alcuni persino si resero conto in quel momento che fosse assente.

«Con il re» mi tranquillizzò un cavaliere. «Non gli piace ricevere ordini, gli ci vorrà un po' per digerire l'esito del torneo. Qui tutti credevamo toccasse a lui prendere il posto di Handir.»

«Per l'oracolo, Len» sibilò sottovoce l'Elfo accanto. «Ci avrebbe condannato tutti.»

«Magari è ancora così» confermò, guardandomi.

Una fatina gli volò vicinissimo alla faccia e alzò le braccia per scacciarla. La protessi e la catturai, facendo una gabbia con le dita, non tanto stretta da soffocarla. Lei urlò forte e mi morsicò la pelle fino a farmi sanguinare. I suoi occhi erano enormi, storti ed impauriti.

«Scusa, piccolina» dissi e la feci uscire. Mi inveì contro nella loro lingua e si dileguò. «È soltanto una fatina. Di che avete paura?»

Alzarono gli sguardi oltre gli alberi, sulla linea della brughiera che definiva la fine del nostro mondo. Gli umani erano spariti da un bel pezzo e potevamo fare un sospiro di sollievo. Il ballo e il torneo erano eventi che distoglievano il popolo dall'atrocità dell'esterno, ne avevano più bisogno loro di me.

«Lo capirete» disse uno. Aveva usato il modo formale per rivolgersi a me e non ci ero affatto abituata. «Come primo cavaliere ci saranno molte cose che vi faranno paura. Idiozie a parte, forse a Rines conviene tenere voi in prima linea.»

«Ehi!» Lo colpirono.

«Sto solo dicendo il vero» si difese mesto. «Rines non può ucciderla. Solo un membro dell'altra corte può farlo. Un membro reale.»

Trattenni il fiato. Avevo ottenuto titoli importanti, tuttavia non ero all'apice della piramide. Nel regno di Luce avevo gli stessi poteri del re Aurelion, potevo decretare morte e vita di colpevoli ed innocenti in base all'umore, altresì ero un membro acquisito senza sangue blu. Nergal era ancora davanti a me e se un giorno avesse deciso di usare la carta della mezz'Elfa mi avrebbero uccisa.

Contenere e proteggere era l'accordo.

Cel si stava riprendendo ed era furiosa.

«Progetteranno qualcosa. Ho visto il re delle Ombre discutere con il suo primo cavaliere. Se la sfidasse ad un duello sarebbe una lecita esecuzione. Ho visto combattere Ahdeniel, la sua tecnica è fine» mi mise in guardia.

«Ahdeniel mi sfiderà a duello» tradussi. «Non lo farà.»

«Siete gentile a pensarlo, ma...»

«Non lo farà e basta. Non è così sciocco. Se mi sfida muore.»

Avrei dovuto mantenere l'astio verso di lui e mettermi in testa che potessi toglierlo di mezzo senza problemi. Avevo visto nell'animo del primo cavaliere e nell'esatto momento in cui avevo vinto avevo scorto un barlume di vero terrore in lui, la certezza che fossi un pericolo anche senza Celestia a fianco. Lei era l'ariete, io il guerriero.

«Se muoio uccideranno anche il re» ripresi ferita.

«Se il re Nergal si muoverà ucciderà prima il nostro re. Qualunque cosa gli abbiate fatto sembra avere con voi un conto aperto» fece guardingo. «Dubito che possiate batterlo.»

Tornando a corte pensai a quelle parole e a Nergal stesso. Fino a quel momento le sue azioni mi avevano fatto capire che si fosse schierato dalla mia parte, decidendo di lasciarmi vivere. La sua aura emanava l'effetto opposto: opprimente, fastidiosa e oscura.

Celestia era così fuori di sé per non poter uscire da farmi male. Il petto mi bruciava e sentivo un'enorme voragine aumentare nello sterno. Ero sul punto di svenire dal dolore, tenere la posizione a cavallo in quella situazione mi risultò la cosa più difficile da fare. Avevo il volto bianco e sudato, alcuni pensarono che mi sentissi male.

Il villaggio aveva cambiato forma al tramonto, l'enorme piazza di ciottoli era agghindata con ghirlande, fiori e fiocchi. Nella fontana dei bambini si tiravano addosso dei sacchetti di brillantini e alcune creature minuscole ne erano uscite fosforescenti, con denti gialli e musi azzurri. C'era già della musica e i venditori avevano già approfittato del momento per sfoggiare le loro delizie o ultime novità.

I cavalieri mi portarono a corte, scortandomi, e Calanthia mi aspettava insieme alle sue dame. Lanciai un sospiro di sollievo quando finalmente scesi da quella bestia e il cavallo sbuffò acido, contento di togliersi il peso di Cel dalla groppa.

Portarono Yorifel al castello, in infermeria, per somministrargli una bella dose di ghiaccio in polvere, l'unico vero metodo che funzionava contro gli incantesimi di quel tipo. Il giorno dopo avrebbe avuto un bel raffreddore in piena estate.

Dalla collina del palazzo gettai un'occhiata al villaggio. La luce del tramonto gettava delle lunghe ombre sui campi deserti, i contadini avevano abbandonato le loro case e attrezzi per assistere al primo ballo reale nella piazza popolare. Vedevo la gente correre per le vie, ballare e alzare le coppe piene di liquore.

Un Elfo mi si parò davanti, impedendomi di andare oltre.

«Hai bisogno di un bagno» mi intimò Calanthia. «Sei lurida.»

Mi annusai. «Sì, in effetti puzzo come una mucca. Vado un momento a salutare il re e...»

Mi acchiappò rapida e mi trascinò dentro. La sala da bagno reale era un'ala di colore rosata con tantissime vasche, le ninfe si assicurarono che l'acqua per me fosse a temperatura solare e mi strofinarono fino a togliermi tre strati di sporcizia. Avevo la pelle super sensibile, arrossata, gli occhi umidi e i capelli gonfi. Con pazienza mi pettinarono i ricci e li arruffarono, Calanthia mi pulì le unghie e mi cosparse il corpo di una crema dolcissima al sapore di vaniglia.

Al termine venni vestita insieme alle altre e Mirra mi portò il vestito che aveva fatto per me. Era meno sfavillante di quello di Calanthia, era lontano da quello di una vera regina, aderente fino alla vita e con una coda a sirena ai piedi, lilla. Mi ci infilai e fui felicissima: Mirra e le altre, compresa Calanthia stessa, erano a disagio che i loro vestiti fossero più sfavillanti dei miei e a me non importò niente. Quell'abito mi piaceva. Era la prima volta in tutta la mia vita che indossassi una gonna e non era male come sensazione.

Allo specchio fissavo il mio riflesso, ero sempre la Nico che era cresciuta al villaggio, l'Elfa dalla pelle di caffelatte, quella su cui nessuno avrebbe puntato. I muscoli della schiena erano visibili, sottili sotto gli strati di pelle. Per quel momento mi bastò. Volevo essere la ragazza che il re desiderava, che attendeva, dimenticandomi di ogni cosa, almeno per un po'.

«Voglio andare!» strillai per l'ennesima volta.

Calanthia e altre due dame stavano finendo i loro preparativi e io stavo aspettando con trepidazione. Avevo perso molto più di un'ora, avevo fame e sete e, oltre ogni dire, volevo vedere il mio re.

«Voglio andare!» urlai di nuovo. «Voglio andare. E ci vado» ripetei convinta.

Il cavaliere che faceva la guardia mi capì al volo e trottò verso di me, seguendomi. Hella aprì le braccia per fermarmi.

«Non potete!» mi scongiurò. «La nobile Calanthia si sta ancora preparando e non siamo pronte. Ancora un poco di pazienza...»

«Perché non posso?» Stette per aprire la bocca e il buonsenso – derivato dal suo delicato lavoro – la fece zittire. Stava parlando con una regina e se ne rese conto. «Se Calanthia vi ha dato delle regole dimenticatele. Io vi ordino di fare quello che volete!»

Hella, Fannel e Mallor si guardarono e l'ultima corse via, dirigendosi verso il suo amato cavaliere che la stava aspettando ai giardini esterni. La salutai, consapevole che non mi stesse guardando, e Fannel la imitò.

«Finirete nei guai» sentenziò Hella. «Vostra cugina se la prenderà con me.»

«Se non ci trova non se la prenderà con nessuno. Aiutala a scappare» dissi al cavaliere e lui eseguì.

Scappai da loro e ignorai le loro proteste, soprattutto quelle del ragazzo che si stesse domandando cosa fare, se seguire la regina in una delle sue fughe o seguire gli ordini impartiti. Sia eseguendo l'uno sia non eseguendo l'altro avrebbe avuto delle repliche e calcolò che fosse molto meglio subire l'ira di una nobile, anziché di una regina.

Arrivai all'ingresso ridendo come una matta e guardai il villaggio ai piedi della collina. La festa era nel suo pieno svolgimento, tra musica e canti, e avevo solo voglia di divertirmi, di festeggiare. Celestia lesse subito i miei sentimenti ed intenti, avevo sempre ignorato gli eventi più caotici per tenerla calma, lontana dagli estranei, e provò a dimostrare il suo scarso interesse per la faccenda.

Non oggi, pensai. Questo giorno è mio.

«Ehi!» esclamò uno dei cavalieri con cui ero stata nella brughiera. «Pensavamo fossimo d'accordo. Dovete prestare attenzione.»

Aveva un elmo in testa e mi impediva di vedergli il volto nella sua totalità, sapevo solo che avesse gli occhi verdi e un neo sulla guancia che non avevo notato prima. Era ancora a cavallo, segno che il suo turno fosse ancora in svolgimento.

«Come sta Yorifel?» mi fermai a chiedere.

Soffiò una risata. «Bene, ora sta dormendo. Domani avrà una pessima giornata.» Risi. «Se vi lasciassi andare da sola nel cuore della notte fino al villaggio riceverei una punizione esemplare. Vi scorterò dal re, accettate il mio passaggio?»

Avevo una voglia di montare a cavallo pari a zero e anche quella bestiola era piuttosto restia a farmi salire, ogni qualvolta l'Elfo mi porgesse la mano per aiutarmi, si spostava. Fu l'estremo nervosismo di Cel a pietrificarlo, gli diede un urto in faccia, rilasciando la sua aura, e il cavallo restò immobile abbastanza da consentirmi di montare. Gli accarezzai la criniera per farmi perdonare.

Il cavaliere diede una scoccata alla redini e mi aggrappai alle sue braccia per non cadere a lato, la gonna rendeva difficile persino sedersi. Partimmo al galoppo lungo la discesa, mirando alle lanterne del villaggio, sull'unico sentiero ciottolato del villaggio.

I musicisti suonavano flauti, tamburi, chitarre e campanelli, e gli Elfi ballavano in gruppo felicemente. Furono molti i bambini che mi salutarono allegri, le femminucce sollevavano gli angoli delle gonne in dolci inchini e i ragazzi mi lanciavano fiori, un venditore persino mi regalò un dolce ripieno al cioccolato che trangugiai subito.

La piazza era gremita di persone e la luce delle fiaccole ammantava la notte come una cupola arancione, il silenzio era un vago ricordo, così come l'esito estremo del torneo. C'era solo una cosa che gli Elfi adorassero più della tranquillità della loro esistenza ed era il chiacchierare. Io ero l'argomento preferito del momento, la ragazzina che aveva battuto il favorito, che aveva dominato il re. Presto sarebbero iniziate le domande.

«Dovevate rimanere a corte» mi riprese il cavaliere. Gli scoccai un'occhiataccia. «C'è troppa folla.»

«Il compito di Rines era quello di tenere al sicuro il re, vero? Ora sono io il primo cavaliere. Devo esserci io al suo fianco» ribattei aspra, scontenta che di nuovo mi sottovalutasse. «Yorifel voleva distrarmi nei boschi, glielo aveva ordinato Calanthia. Volevano impedirmi di intromettermi.»

«E a quanto pare non ha funzionato.»

«A quanto pare no.»

«Quindi non ho speranze che mi diate retta?»

Scivolai giù dal cavallo e per poco la gonna rimase impigliata all'appiglio della sella, facendomi restare appesa come un salume. Chinarono le teste e mi fecero passare senza intoppi, le ragazze guardarono il mio vestito e le più coraggiose allungarono le dita per sfiorare il tessuto.

Il re mi stava guardando. Si era cambiato d'abito ed indossava un completo verde con ricami dorati, i suoi lunghi capelli biondi gli cadevano lisci sulla schiena, la corona brillante. Mia cugina era dietro di lui e la sua bocca si mosse in parole sconosciute.

Gli tesi la mano, invitandolo a ballare e lui scosse il capo. Ci furono dei chiacchiericci crudeli alle mie spalle e persino mia cugina restò di stucco a quella reazione, esattamente come me. Doveva avergli riferito ciò che avevo fatto a corte, che avessi lasciato andare le ragazze di Calanthia senza consenso e che fossi scappata insieme ad un cavaliere.

Strinsi i pugni e Ahdeniel si parò davanti a me. Senza chiedermi nulla, fece passare una mano attorno alla mia vita e mi tirò, iniziando a ballare. Ancorai i piedi per fare resistenza.

«Continua a muoverti» ingiunse.

Sibilai un insulto e mossi i piedi, girando per seguire i suoi passi. Si muoveva fluido, libero, tra le coppie che danzavano, senza dare peso al fatto che molte volte rischiammo di scontrarci con altri.

«Carino da parte tua, ma non sei tu il cavaliere che vorrei» gli fece notare scontrosa.

Alzò gli occhi e, approfittando di una giravolta, guardò da sopra la spalla il suo re, il quale lo fissava con fare tetro dalle scale della torre dell'orologio. Era la torre più alta del villaggio e ad ogni sei ore le campane suonavano pigre.

«Il tuo re ti sta uccidendo con lo sguardo» gli feci notare. «Te la farà pagare. Voleva umiliarmi un po' e lo hai disubbidito.»

«Sì, be', io gli avevo detto che lasciarti giocare in quel modo era un errore e non mi ha dato retta. Potrà punirmi quanto vuole e lo farà.» Venni scossa da un brivido di paura. «Ti ha lasciato partecipare perché era convinto perdessi, ne sono certo.»

Alzai un sopracciglio sospettosa. «Rines aveva fatto degli accordi con te? A corte volevi uccidermi e lui ti ha spalleggiato.»

Roteò gli occhi. «Nessun accordo. Rispettavo Handir, tutto qui. Era lui l'intermediario, il tuo re e il mio a volte non potevano nemmeno stare nella stessa stanza senza sfoderare le spade. Temo che ora l'atmosfera sia più tesa» sottolineò, facendomi intendere che fosse colpa mia.

«Handir è morto in guerra» dissi per trovare conferma. «Vero?»

«Così si è detto. Nella confusione dello scontro potrebbero essere successe molte cose, è facile colpire un alleato per errore» sminuì. «E chi mai poteva mai avere simili interessi.»

Strinsi senza accorgermene la presa e lui mi picchiò la mano. Feci un sorrisetto malizioso e lo strinsi meglio, impedendogli di andarsene. Per farmi innervosire fece scivolare la mano lungo la mia schiena, tracciandone la curva.

«Continua a ballare» scherzai fredda. «Rines avrebbe davvero fatto questo per avere il suo titolo? Però avrebbe dovuto sempre combattere al torneo.»

«Un torneo che avrebbe già vinto» ringhiò. «Li ho visti. Gli altri avevano paura di lui e si sono tirati indietro. Senza il titolo di primo cavaliere non poteva immischiarsi nelle assemblee, le sue parole erano puzze di asino. Se non avessi tirato quella carta...»

«Regina» terminai. «Voleva mettersi in mezzo contro di me. Perché?»

«Non lo so. Forse dovresti scoprirlo tu.»

«Mi stai facendo un favore, perché? Tu mi disprezzi.»

Sogghignò. «Be', sì, però sei il primo cavaliere e forse avrai la corona reale. Mi conviene rimanere in buoni rapporti in questo caso o finirò come Handir. Se Rines è abbastanza intelligente farà lo stesso. Odia lei più di quanto odi te» mi consolò con il suo strano tono sarcastico, falso.

Rines era troppo orgoglioso per chinare la testa verso di me, mi avrebbe sopportato per grazia e onore, solo questo. Se la situazione fosse rimasta la stessa e avesse preso il titolo di primo cavaliere, Nergal, Ahdeniel e Rines avrebbero potuto allearsi contro di me e costringere il re Aurelion a cedermi. Odiava Celestia perché la vedeva come l'ultimo muro. Una ragazza in carne ed ossa la potevi uccidere.

«Il tuo re mi impedirà di salire al trono» giudicai. «A me non interessa il potere. Io voglio solo il re, il resto può tenerselo.»

«Se gli permetterai di vedere qualcosa lo prenderà» mi avvertì. «La corte è piena di spine.»

Delle mani bloccarono la mia giravolta e Ahdeniel fece un passo indietro, alzando le mani in resa. Aurelion si infilò tra noi con uno sguardo accusatorio e il cavaliere nero gli fece l'occhiolino, tornando al suo posto, accanto a quello del suo re.

«Mi concedi un ballo?» mi domandò, correggendo i modi e il tono.

Si mosse indietro in un favoloso inchino e mi mostrò la mano.

«No. Sono arrabbiata» risposi.

«Arrabbiata.» Assaporò la parola. «Dovrei esserlo io. Sei stata tu colei che mi ha disubbidito con tanta impudenza, che ha incantato un mio cavaliere e che ha rischiato di farsi uccidere al torneo. Puoi dire di aver vinto, Nico.»

Da sopra la spalla guardai Calanthia e le due dame che le erano rimaste vicino, compresa mia cugina. La nobildonna restò in disparte, ansiosa, e studiò l'ambiente circostante e i pochi cavalieri delle Ombre in agguato, distanti.

«So che siete arrabbiato con me» dissi. «E questo diamine di vestito mi prude ovunque. Non vedo l'ora di togliermelo.» Il re si imbambolò, arrossendo. «Avete rifiutato il mio invito e vi siete intromesso per gelosia? Vedermi con un altro uomo vi ha fatto innervosire? Forse dovreste darmi un bacio per...»

Rise stanco, sistemandomi una spallina sulla spalla. Con le dita tracciò la sagoma della spalla e tastò la consistenza del georgette leggero. Aspettò dei secondi e mi sfiorò la guancia. Mi appoggiai al suo palmo e il mio cuore divenne più leggero, caldo.

«Ho come l'impressione che vi farei un enorme torto se vi rifiutassi» giocai.

«Potrei ordinartelo. Ahdeniel ha osato troppo.»

«Un re che da ordini ad una regina. Voi uomini siete così buffi. Potreste ordinarmi altro.»

«Magari più tardi. Ora gradirei prendeste la mia mano» mi riprese con grazia.

Calanthia scosse la testa e Aurelion la ignorò. Doveva avergli chiesto di punirmi, o almeno parlarmi in privato, e stava facendo l'esatto opposto. Anni prima Isidora mi aveva detto che il modo migliore per attirare un uomo indeciso era renderlo geloso e io non avevo mai pensato di farlo, di certo non con Ahdeniel. Lui voleva approfittare della situazione per chiedermi venia e proteggerlo in caso di bisogno, avevo bisogno di un alleato e tra lui e Rines ero indecisa. Erano entrambi poco di buono.

Se era gelosia ciò che aveva spinto il re a interrompere la nostra conversazione doveva importargli molto di me. Fino a quel momento ero stata una ragazza a corte come altre, speravo di ricevere le sue attenzioni e le avevo ottenute grazie alla forza bruta e alla testardaggine. Sarei stata una pessima reale, però, diamine, lo avrei amato.

Feci un enorme inchino e mi imitò, mentre le persone si sparpagliarono per il nostro primo ballo. Infilai le dita nella sua mano e mi lasciai trascinare dai suoi passi, girando e roteando a ritmo. Mi faceva saltare e ridevo, senza pensieri, con la musica dei flauti e tamburi e gli applausi della gente.

Ero così felice che per un po' non sentii il pianto triste di Cel.

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