...e la gita in barca (parte 1)
Accarezzai la testolina di Fabrizio che dormiva beato nel suo letto e mi sentii terribilmente in colpa. Osservai il suo petto alzarsi e abbassarsi ad un ritmo regolare, ascoltai il suo dolce respiro quasi imbambolata.
"Amore, dobbiamo andare," mi riscosse la voce di mio marito che mi toccava il braccio. "Le borse sono già in macchina."
Sospirai silenziosamente e annuii. Sapevo benissimo che Fabrizio sarebbe stato in ottime mani a casa dei miei suoceri e di certo non era la prima volta che se ne prendevano cura, eppure una piccola morsa mi strinse il petto.
"Certo, andiamo," dissi voltandomi verso Giuseppe. Lo vidi sporgersi verso il piccolo addormentato e depositare un bacio impalpabile sulla sua fronte.
Niccolò ci stava già aspettando in macchina seduto sui sedili posteriori. Presi posto e prima di allacciare le cinture mi voltai verso di lui per un ultimo controllo. "Preso tutto? caricabatteria? Occhiali e tutto il resto?" domandai giusto per sicurezza.
"Sì, ho tutto," disse battendo con la mano sullo zainetto al suo fianco.
"Non vuoi controllare?"
"No, tranquilla," mi rispose con un'alzata di spalle.
Sembrava davvero convinto, così pensai di non insistere oltre. "Okay, come vuoi. Io dò un'ultima occhiata nella mia borsa, non si sa mai," dissi prima di dare una sbirciata veloce e controllarne il contenuto. Telo mare, crema solare, fazzolettini, portafoglio, occhiali da sole e cappello. Sembrava esserci tutto il necessario. Il resto dei teli mare e costumi più indumenti di ricambio erano nelle altre borse che Giuseppe mi aveva assicurato di aver già caricato in auto, così come la borsa termica con qualche bottiglietta d'acqua.
"Preso tutto anch'io," dissi annuendo convinta fra me e me.
"Allora si parte," affermò Giuseppe mentre infilava la chiave nel blocchetto d'accensione. Sorrisi contagiata dal suo entusiasmo. Era davvero bello con quella polo bianca a maniche corte sbottonata. Indugiai con lo sguardo sulla pelle abbronzata del petto in contrasto col tessuto candido e non potei evitare di mordermi il labbro inferiore piena d'attrazione e desiderio.
Mio marito si accorse di essere osservato e mentre inseriva la prima marcia mi sorrise complice, come se mi avesse letto nel pensiero. Feci partire l'aria condizionata e accesi la radio per distrarmi un po'. Non eravamo soli in quell'auto ed era bene che lo tenessi a mente e la smettessi di fare pensieri poco casti. Come d'abitudine guardai dallo specchietto verso i sedili posteriori e invece di trovarci Fabrizio nel suo seggiolino, vidi Niccolò incollato al cellulare con le cuffiette nelle orecchie. Volevo davvero bene a quel ragazzo che mi aveva accettato nella sua vita con affetto e comprensione.
Io, Giuseppe, Fabrizio e Niccolò eravamo arrivati da qualche giorno a casa dei genitori di mio marito. Era una piccola vacanza in stile famiglia allargata e per il momento non stava andando male. In qualche modo funzionava. Era sempre bello riunire i nonni con i nipoti e sapevo quanto fosse importante per l'uomo al mio fianco far ritorno alla terra d'origine ogni tanto.
Il mare non era lontano da San Giovanni Rotondo e per il weekend avevamo programmato un bella gita in barca con partenza da Rodi Garganico e tour delle Isole Tremiti. Il piccolo di famiglia era rimasto a casa per non stravolgere troppo la sua routine ed evitare a me l'ansia costante che si sporgesse troppo e finisse in acqua. Tre anni mi sembravano ancora troppo pochi per una esperienza così lunga in mare aperto.
Arrivammo al parcheggio del porto di Rodi Garganico dopo un'oretta di viaggio. Scesi dall'auto e constatai sul monitor del mio cellulare che eravamo arrivati in perfetto orario, anzi in anticipo di una decina di minuti rispetto alla partenza prevista per le 8.30. Avevo la mano in quella di Giuseppe mentre mi faceva strada verso il molo con una espressione di pura gioia sul viso. Niccolò invece camminava alla mia destra, finché non si fermò alla ricerca di qualcosa nel suo zaino. Lo vidì sbuffare pesantemente e rovistare senza sosta, finché non si diede per vinto e richiuse la zip insoddisfatto.
"Che cosa hai dimenticato?" domandò mio marito accortosi dell'infruttuosa ricerca.
"Niente..."
"Davvero?"
Niccolò guardò il padre sapendo bene quanto potesse essere insistente e si decise a dire la verità. "Ho dimenticato la maschera e il boccaglio," ammise a malincuore.
A quanto pareva era stato fin troppo imprudente a non voler controllare di nuovo nel suo zaino quando lo avevo sollecitato a farlo. Un enorme te l'avevo detto balenava sulla punta della mia lingua, ma lo ricacciai con forza indietro. L'ultima cosa che volevo era diventare una matrigna arcigna e rompiscatole. Non era affatto nella mia natura.
Con la coda dell'occhio notai Giuseppe scuotere la testa contrariato in direzione del figlio. "Emma ti aveva detto di controllare e tu niente invece... ma perché non fai più attenzione?"
Normalmente non mi sarei messa in mezzo, era una cosa che evitavo accuratamente, ma ero appena stata tirata in causa, perciò mi sentii in diritto di intervenire. "Dai, lascia stare. Ormai è fatta, può capitare," dissi in difesa di Niccolò.
Mentre mio marito si preparava a controbattere con una delle sue filippiche, da lontano vidi qualcuno che ci veniva incontro con una lunga falcata salutandoci con la mano in aria. Ringraziai mentalmente l'estraneo che ci aveva appena salvato da un probabile battibecco padre-figlio. Era un uomo sulla quarantina che sembrava uscito fuori da una rivista patinata di moda. "Benvenuti!" ci salutò con entusiasmo. Guardò nella direzione di mio marito e allungò una mano per stringere la sua. "Presidente, sarà un onore averla a bordo. Il mio nome è Federico."
Si trattava quindi del capitano della barca a motore che avevamo noleggiato per due giorni. Chissà perché, mi ero immaginata di incontrare una specie di lupo di mare vecchio stile e invece quello che mi ritrovavo di fronte era un bell'uomo dai capelli biondo miele e un'altezza che non lasciava certo indifferenti. Le lunghe gambe erano enfatizzate da un bermuda di jeans abbinato ad una canotta blu e sneakers dello stesso colore. Senza neanche rendermene conto mi ritrovai a fissare ammirata quel fisico atletico e abbronzato, cesellato dalla vita in mare aperto. Udii appena Giuseppe dire che preferiva essere chiamato con il suo nome e non con l'appellativo di Presidente. Ma percepii molto bene il suo braccio che mi stringeva territoriale la vita mentre faceva le presentazioni. "Mia moglie Emma e mio figlio Niccolò."
"È un vero piacere conoscerla, signora Emma," disse l'uomo allungando la mano verso di me. Gliela strinsi e deglutii nervosa mentre avvertivo l'occhiata di fuoco di Giuseppe trapassarmi da capo a piedi.
"Piacere mio. Ma per favore, nessun signora, solo Emma. Possiamo darci del tu?"
"Certamente, il tu è molto meglio," disse Federico facendo un gran sorriso smagliante. "Pronti a partire?" domandò questa volta rivolto anche a mio marito.
Aspettai che fosse Giuseppe a rispondere, ma non diceva una parola, così mi feci coraggio e guardai nella sua direzione. Me ne pentii immediatamente, stava facendo balenare uno sguardo incandescente fra il capitano e me.
"Direi di sì. Giusto?" tentai di domandare di nuovo nella sua direzione. Finalmente si decise a rispondere. "Certo, siamo pronti," disse con una voce così glaciale da farmi venire i brividi.
Potevo percepire chiaramente quanto fosse arrabbiato, soprattutto con me. Mentre salivamo sulla barca, non aveva fatto altro che continuare a tenermi saldamente per la vita possessivo e mollò la presa solo quando arrivammo sottocoperta per lasciare le borse che non servivano.
La cabina di Niccolò era di fianco alla nostra, perciò non appena lo sentii salire in coperta fui tentata di seguirlo. La codarda che era in me esultò alla sola idea di darmela a gambe. Ma ancora prima che potessi mettere un piede in direzione della porta, la voce di Giuseppe mi bloccò lì dov'ero. "Dove vai?"
"Salgo su..."
In tutta risposta, aggrottò le sopracciglia e mi squadrò da capo a piedi con la mascella serrata e le braccia incrociate al petto. Si spostò davanti alla porta per bloccarmi il passaggio e non potei evitare di alzare gli occhi al cielo. "Siamo in vacanza. Non mi va di litigare."
"Perché invece a me va di vedere mia moglie che civetta con il primo belloccio di turno?" domandò Giuseppe iniziando ad alzare il tono della sua voce.
"Ma se mi sono a malapena presentata. Non fare il paranoico..."
"Paranoico un cazzo! Non provare a farmi passare per scemo, perché ho visto benissimo come lo guardavi!"
"La stai facendo più lunga di quello che è... smettila di urlarmi contro," dissi incredibilmente tesa. Capivo benissimo le sue ragioni, ma non gliel'avrei data vinta così facilmente.
"Quindi vuoi dire che me lo sono immaginato? Ammetti che te ne stavi lì a fissarlo!"
Il tono della sua voce continuava ad alzarsi e questo non faceva che innervosirmi ancora di più. Se voleva la guerra l'avrebbe avuta. "Sì, lo ammetto!" esclamai stupendomi di me stessa.
Mi guardò sbigottito con gli occhi stralunati. Preso in contropiede non diceva una parola, se ne stava lì con la faccia arrossata e l'espressione astiosa.
"Sei tu che me l'hai chiesto," affermai fingendo tranquillità mentre incrociavo le braccia al petto a mia volta emulandolo. Mi sentivo terribilmente in colpa e allo stesso tempo elettrizzata più che mai. Il sangue mi ribolliva nelle vene come un vulcano pronto ad esplodere da un momento all'altro.
Giuseppe aveva le fiamme negli occhi mentre cercava di controllare la sua voce che quasi tremava dalla rabbia. "Se è così, anche capitan stronzo sembrava molto interessato. Perché non vai a cercarlo?"
"Forse dovrei," dissi con aria di sfida avvicinandomi a lui. Il mio petto si alzava e si abbassava frenetico, la tensione nell'aria era palpabile e in tutta risposta non riuscii a trattenermi da annullare la distanza fra di noi. Mi aggrappai alla sua cintura e mi avvicinai fino a stampargli un bacio sotto la mandibola.
Vidi le pupille di Giuseppe dilatarsi, sintomo del suo desiderio che cresceva senza che potesse controllarlo. Aveva il fiato corto, potevo sentirlo chiaramente. "Stai tirando troppo la corda... ti avverto. Smettila..."
Il mio battito era accelerato, fuori controllo, ma non più solo per via della rabbia. Scariche di eccitazione mi attraversavano dalla testa ai piedi. "Altrimenti che fai?" domandai in attesa di una sua mossa mentre con estrema lentezza passavo una mano fra i suoi capelli imprigionandone qualche ciocca fra le dita. Lo guardai fisso negli occhi e tirai leggermente.
"Ahi."
"Scusa, amore..." dissi in tono volutamente mellifluo.
Era inspiegabile come un momento prima avessi solo voglia di strozzarlo mentre ora volevo soltanto che mi togliesse i vestiti di dosso e mi facesse completamente sua. Pensai che mi leggesse nel pensiero mentre afferrava il mio viso e mi baciava con foga. La sua lingua esplorava la mia bocca lasciandomi quasi senza fiato.
Seppure impegnata a soddisfare tutta la voglia che avevo di mio marito, una parte lontana del mio cervello registrò che eravamo lì sotto da troppo tempo. Non volevo farci passare per dispersi proprio mentre eravamo in vacanza con il figlio maggiore.
Aprii gli occhi e mi staccai da Giuseppe mentre con le mani accarezzava le mie gambe sotto il corto copricostume. Sapeva esattamente quello che faceva.
"Non possiamo. Siamo qui da troppo tempo."
"Vuoi davvero che mi fermi?" domandò iniziando a spostare una mano sempre più vicino al bordo del mio slip. Prese a massaggiare il mio punto più sensibile non staccando gli occhi dai miei nemmeno per un istante.
Rabbrividii di piacere perdendo il filo del discorso. "Io..."
Sfregò le sue dita contro di me con maggiore insistenza e percorse il mio collo con baci di fuoco.
"Fermati... non riesco a pensare..." dissi cercando di riacquistare un briciolo di lucidità. "Giuseppe..."
Si fermò come avevo chiesto. A corto di fiato, mi guardava in un modo così dannatamente irresistibile. Come facevo a dirgli di fermarsi quando volevo esattamente il contrario.
"Facciamo in fretta, te lo prometto" disse posando la sua fronte sulla mia. Non mi serviva sentire altro. L'adrenalina era un fiume in piena dentro di me e il solo pensiero di uscire da quella cabina senza averla scaricata, mi faceva stare fisicamente male.
Annuii velocemente e iniziai ad arretrare verso il letto. Cercai di togliermi il copricostume, ma Giuseppe fermò la mia mano mentre abbassavo la spallina di lato. "Ci penso io. Sono pur sempre un gentiluomo..." disse liberandomi dei miei indumenti prima di prendermi in braccio come se non pesassi nulla.
Gentiluomo, ma non certo meno ardente quando si trattava di farmi sentire la donna più desiderata del mondo. Non ricordavo nemmeno perché stavamo litigando fino a due secondi prima. Mi sentivo così sopraffatta dal momento, schiava delle mie emozioni, delle sensazioni che provavo.
In un'istante fu sopra di me. Le sue labbra sul mio collo accendevano un rogo sulla mia pelle. Annaspai in cerca d'aria mentre lo stringevo forte a me come se la mia vita dipendesse da quello. Le mie mani scorrevano sulla sua schiena. Mi aggrappai al tessuto della sua polo, ma non mi bastava, volevo sentirlo più vicino a me, sentire la morbidezza del suo corpo sotto le mie dita, il suo calore fondersi con il mio.
Sollevai la polo fino ad aiutarlo a toglierla del tutto. Accarezzai il suo petto esplorando con calma ogni centimetro, scendendo più giù fino al ventre e lo sentii gemere sommessamente. Il suo respiro sul collo mi faceva contorcere dal piacere ancora di più.
"Ti amo..." disse con quella voce roca che mi faceva perdere la ragione.
Occhi negli occhi. Ricambiai l'intensità del suo sguardo. "Ti amo anch'io..." dissi avvicinando il suo viso al mio per reclamare la sua bocca. Le sue labbra morbide che sapevano di miele, così dolci eppure così dominanti. Mugugnai di piacere stringendo di più le mie gambe intorno alla sua vita.
Diventammo una cosa sola senza indugiare oltre. I battiti accelerati all'inverosimile, le sue mani che afferravano forte le mie mentre stava sopra di me. L'intreccio delle nostre dita al culmine della passione mi mandò in estasi.
Mentre io cercavo di darmi una sistemata in bagno, Giuseppe era in stanza a mettersi il costume. La mia immagine riflessa mi sorrideva mentre spazzolavo i capelli e mi buttavo un po' di acqua sul volto. Ripensavo a quanto fosse stato bello anche se breve il momento di passione. Possibile che riuscisse ancora ad avere un tale effetto su di me?
Rientrai in stanza e Giuseppe mi fece l'occhiolino in modo malizioso con un sorriso da togliere il fiato. Guardai verso il basso e riconobbi all'istante il boxer che aveva indossato. Blu cielo con una fantasia rigata sottile bianca.
"Ma quanto è sexy il mio maritino con il costume nuovo. Chi te lo avrà mai regalato?" domandai prendendolo in giro mentre gli allacciavo le braccia intorno al collo.
Incrociò il mio sguardo sollevando un sopracciglio. "Non saprei... forse una certa persona che si diverte molto a farmi perdere la testa."
"E va bene... non ti ho ancora chiesto scusa per prima. Mi dispiace, non volevo farti arrabbiare," dissi accarezzandogli dolcemente la nuca mentre cercavo di tirar fuori l'espressione più contrita possibile. La parte della mogliettina dolce e amorevole mi riusciva piuttosto bene, soprattutto quando dovevo farmi perdonare qualcosa.
"Non volevi?" domandò dubbioso.
"No. Certo che no."
Giuseppe mi baciò dolcemente la fronte e poi tracciò con le dita il contorno delle mie labbra. "Dimmi la verità... ti piace farmi incazzare, eh?" domandò improvvisamente serio.
Tentai di contenermi, ma alla fine non potei evitare di sogghignare in tutta risposta, perché era vero. Aveva perfettamente ragione, la cosa mi procurava un certo piacere colpevole. Riuscire a far perdere l'autocontrollo all'uomo più imperturbabile del mondo mi faceva sentire piuttosto potente e poi, diventava ancora più irresistibile. Vederlo così preso dal fervore, accesso e incandescente di fronte a me mandava i miei livelli di ossitocina alle stelle.
"Molto," ammisi. "Ma non lo faccio di proposito e comunque... anche tu mi fai andare fuori di testa."
In tutta risposta, mi rimirò pieno di compiaciuta consapevolezza passandosi una mano fra i capelli.
"Smettila di guardarmi in questo modo," dissi dandogli una scherzosa pacca sul braccio. "Dobbiamo salire di sopra, siamo spariti fin troppo a lungo."
Sbuffò contrariato e prese la mia mano nella sua per farmi strada. "Hai ragione amore. Andiamo."
Angolo autrice:
Ciao a tutti!!!!! Mi siete mancati davvero tanto, ma finalmente rieccomi con un nuovo capitolo!
Fatemi sapere cosa ne pensate❤
A presto!
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