...e la Campagna Elettorale
"Rocco, è inutile che insisti. Al Salone del Mobile non ci vado," dissi prima di buttare giù l'ultimo goccio di caffè che era rimasto nella mia tazzina.
"Perché no? Non mi sembra così terribile. Restate solo un'oretta... Giuseppe, puoi dirle qualcosa?"
"Se non vuole accompagnarmi, va bene" rispose mio marito passandosi una mano sul viso stanco.
"Ma è importante la sua partecipazione..."
Giuseppe continuò a fissarlo visibilmente sfinito dalla conversazione, eppure per nulla intenzionato a cedere. Ma forse dovevo essere io a capire che per questa volta potevo anche darla vinta a Rocco. Per il bene dell'uomo che amavo e della causa che portava avanti, avrei fatto questo e altro.
"Va bene. Ci sarò anch'io," dissi decisa. Giuseppe mi prese la mano e mi parlò come se fossimo soli nella stanza. "Amore, non è necessario. Neanche a me piace l'idea che sia presente anche tu. Quindi non sentirti obbligata," disse accarezzandomi il braccio. La sola pressione della sua mano sul mio braccio, quasi fece dimenticare anche a me la presenza di Rocco.
Era già capitato che dovessi espormi e fare la moglie perfetta del Presidente del Movimento. Passeggiate in compagnia dei cittadini, inviti a fiere o premiazioni. Il più delle volte accettavo senza fare storie. Questa volta invece mi ero impuntata per non esserci e Rocco non l'aveva presa affatto bene.
La campagna elettorale andava avanti da circa un mese e Rocco stava facendo pressioni affinché fossi presente anch'io ad uno degli incontri pubblici della tappa milanese del tour. L'opera di convincimento stava andando avanti da più di una settimana e a pochi giorni dalla data fatidica, ci aveva raggiunti a Roma per un caffè, dove mio marito era impegnato a sostenere la candidata dei 5Stelle.
Osservai perplessa l'uomo della mia vita. Sembrava davvero stanco, ma conoscendolo bene, sapevo che non l'avrebbe mai ammesso. Detestavo vederlo così.
Spostai la mia attenzione verso Rocco. "È davvero così importante che io ci sia?"
"Certo. Non lo dico tanto per dire. Il Salone del Mobile è uno degli eventi di punta della campagna e si tratta più che altro di fare bella presenza e tu..."
"Ed Emma dovrebbe fare la bella statuina? Fammi capire..." lo interruppe Giuseppe alzando un sopracciglio.
"Non tanto diverso da quello che fa di solito. Non mi sembra chissà quale sacrificio," disse sollevando le spalle. Era palese quanto si divertisse a prendermi in giro.
Mio marito gli lanciò un'occhiataccia delle sue. "Rocco, non farmi saltare i nervi. Ti avverto."
"Il solito protettivo esagerato. Si tratta solo di un giorno."
Posai una mano sul braccio di mio marito non prevedendo niente di buono. "Ok, datevi una calmata. Come dice Roccco, si tratta solo di un giorno. Non credo che mi faranno troppe storie in università. Si può fare."
"Ne sei sicura?"
"Certo, Giuse. Speravo di poterla scampare per questa volta... ma non importa. Ci sono sempre per te, lo sai no?" domandai alzandomi dalla sedia per andare a sedermi sulle sue gambe. Gli passai le braccia intorno al collo e posai la mia fronte sulla sua.
"Questo è il segnale per andarmene. Recepito," affermò Rocco. "Ancora qualche secondo con voi e mi verrà il diabete."
Mi voltai nella sua direzione per guardarlo storto e a fatica mi trattenni dal fargli una bella linguaccia. Da donna matura e controllata, mi limitai ad alzare gli occhi al cielo.
"Fate i bravi, mi raccomando."
"Aspetta, ti accompagno" dissi abbandonando la mia comoda seduta con stupore dei due uomini nella stanza. Ma mi ero prefissata un obiettivo e dovevo portarlo a termine.
Arrivati alla porta di casa, uscii fuori insieme a Rocco che mi guardò piuttosto stranito.
"Devo chiederti un grosso favore..." dissi a bassavoce.
"A proposito di cosa?" domandò tenendo anche lui la voce bassa. "Anche se posso immaginare... è per Giuseppe?"
Feci un respiro profondo prendendo coraggio. Non mi piaceva dover chiedere favori, ma non riuscivo nemmeno a starmene zitta senza far nulla. Non quando si trattava dell'uomo che amavo. "Sì..." ammisi nervosa. "La campagna elettorale lo sta sfinendo. Annulla qualche tappa. Devi fare qualcosa."
"Non spetta a me," rispose facendo un passo indietro mentre teneva lo sguardo fisso nel mio. "E anche se ci riuscissi, sai che non la prenderebbe bene."
"Dai la colpa a me. Non m'importa."
"Lo farai incazzare da morire. Non ti è bastata l'ultima volta?"
"Se parli di quando mi sono dimessa, quella è un'altra storia. Se puoi fare qualcosa, falla" affermai ostinata più che mai.
Forse era anche folle mettermi in mezzo fra Giuseppe e il suo lavoro, ma non riuscivo a far finta di niente. Solo a Milano avevano programmato quattro tappe nella stessa giornata. Era un carico davvero eccessivo. Durante la pandemia l'avevo tollerato a malincuore sapendo che non c'erano alternative, ma ora era un altro paio di maniche.
Rocco continuava a guardarmi senza dire una parola. Sospirai affranta e disperata. "Davvero non puoi fare nulla? Dimmi la verità..."
"Ne sei sicura?" domandò sperando che cambiassi idea. Anche se ne ero certa, anche lui sapeva quanto fosse poco probabile.
Annuii senza alcun tentennamento.
"Ok, forse potrei parlarne con lo staff."
"Grazie. Lo so anch'io che dovrei starne fuori, ma non posso."
"Non ti prometto niente e poi..."
"E poi cosa?"
Io e Rocco ci girammo contemporaneamente verso il proprietario di quella voce.
Giuseppe se ne stava lì a braccia conserte e il suo sguardo serio era indecifrabile. Difficile capire da quanto fosse lì fermo e quanto della conservazione avesse afferrato. "Chi mi risponde?" domandò scrutando prima Rocco e poi me in cerca di risposte.
Quello sguardo era insostenibile. Sapevo di non avere scampo.
"Emma si stava solo raccomandando perché non ti facessi stancare troppo," disse Rocco in vena di fare l'eroe della situazione. Era una mezza verità, ma Giuseppe non si lasciò certo convincere. Continuò a fissarmi in attesa che io dicessi qualcosa.
"È la verità, all'incirca."
"Rocco, stavi andando via giusto?" domandò mio marito sollevando un sopracciglio.
"Credo di sì. Emma?"
Mi limitai ad annuire e staccai i miei occhi da quelli di Giuseppe solo il tempo necessario a rassicurare Rocco. Anche se quello che mi aspettava non era per nulla piacevole, preferivo affrontarlo da sola.
Una volta chiusa la porta alle mie spalle mi preparai al peggio.
"Perché non mi dici cosa hai sentito, invece di girarci intorno? Non è carino origliare."
"Non è carino confabulare," disse avvicinandosi quasi a sfiorare la sua fronte con la mia.
"È chiaro che stavi cercando di convincere Rocco a fare qualcosa. Qualcosa riguardo il mio staff, riguardo me... mi dici di cosa si tratta o devo tirare ad indovinare?"
"Quello che hai sentito. Gli ho detto di non farti stancare troppo," risposi perdendo improvvisamente tutto il mio coraggio. Forse una mezza verità non era poi una così brutta idea. Dopotutto, era ovvio che Rocco avrebbe lasciato perdere la mia richiesta dopo essere quasi stato scoperto da Giuseppe.
"Emma, smettila di raccontarmi cazzate! Vi ho visto andare nel panico appena vi siete accorti di me."
"Non so di che parli."
"Quindi devo chiamare Rocco per farmi dire la verità?"
Negai con convinzione. Se c'era qualcuno che doveva raccontargli ogni cosa, quella ero io. Dovevo tornare in me e ritrovare il coraggio.
"No, hai ragione. C'è di più, ma non ti piacerà. Meglio se ti siedi."
"Sedermi? No, preferisco di no. Parla."
Passeggiai un momento per il soggiorno prima di iniziare a parlare. "Ti stai stancando troppo e... ho pensato che ti servisse aiuto. Ho chiesto a Rocco di fare qualcosa."
"E che cosa esattamente?"
La tensione ormai si tagliava con il coltello mentre gli animi iniziavano a scaldarsi.
"Non arrabbiarti... gli ho chiesto di far saltare qualche tappa... L' ho fatto solo per te," dissi cercando di giocarmi la carta della moglie preoccupata. Mi avvicinai con l'intenzione di rabbonirlo, ma il suo sguardo di fuoco me ne fece pentire immediatamente. Abbracciai il mio stomaco in ansia e feci un passo indietro.
"Spero tu stia scherzando," disse con occhi increduli e spaesati.
"Ma in realtà bastava farne saltare anche una sola. A Milano sono quattro tappe e... ho pensato che tre fossero più che sufficienti... in una giornata," dissi terminando a fatica la frase. Improvvisamente mi sembrò l'idea più stupida e inconsciente che mi fosse mai saltata in mente. Sul viso di Giuseppe potevo vedere quasi lampeggiare una vena di rabbia.
"Non ci posso credere. Ti ha forse dato di volta il cervello?"
"Pensavo di fare la cosa giusta."
Mio marito aggrottò le sopracciglia e si avvicinò pericolosamente a me. Mentre lui si avvicinava, io indietreggiavo. "Non ti avvicinare."
"Ora hai paura di me?" domandò in una risata amara.
"È che non sembri lucido..." dissi trovandomi ormai con la spalle bloccate alla parete.
"Se c'è qualcuno di non lucido qui, di certo non sono io."
"Non avrei dovuto farlo, se tu non fossi sempre il solito" dissi spostandomi di lato lungo la parete. Meglio mettere più distanza possibile.
"Questo è il colmo! Ora sarebbe colpa mia?"
"Sei tu che ti ostini a fare il superuomo!"
Sentii Giuseppe respirare pesantemente mentre tentava di mantenere la calma. Chiuse gli occhi e poi li riaprì di scatto. "Smettila di girare la frittata. Hai o non hai tentato di modificare il mio tour elettorale senza il mio consenso?"
Deglutii rumorosamente messa di fronte all'evidenza e spaventata dal suo tono di voce che si alzava. "Io non userei questi paroloni. Bastava eliminare una tappa..."
"Emma! Rispondi alla domanda e non farmi incazzare ancora di più," disse fra i denti mentre si avvicinava e posava un braccio al lato della mia testa.
"Sì, l'ho fatto."
Ressi il suo sguardo sentendomi andare quasi a fuoco. "Puoi togliere questo braccio?" domandai addocchiando il suo arto, messo di proposito in quel modo per farmi sentire ancora più in trappola.
Ignorò la mia domanda e non accennò a smuoversi di un millimetro. "Era così difficile parlarne direttamente con me?"
"Sapevo che non mi avresti dato retta."
"Ne sei sicura?"
"Sì. Avresti detto che esageravo a preoccuparmi e che stavi facendo solo il necessario," dissi sfidandolo a smentirmi. Ma non lo fece perché sapeva bene anche lui quanto dicessi il vero.
"Non è questo il punto," affermò allontanandosi. "Dovevi comunque parlarne prima con me e non costringermi a rivivere la stessa situazione di quando ti sei dimessa senza dirmi niente..."
Questa volta fui io ad annullare la distanza fra di noi. "Giuseppe, mi dispiace tanto."
Appoggiai la testa sul suo petto e gli circondai la vita in un abbraccio facendo aderire il mio corpo al suo. Lo sentii sospirare e subito dopo scuotere la testa afflitto. "Come faccio a restare arrabbiato con te se fai così."
Spostò il suo braccio e lo avvolse attorno alla mia vita per attirarmi a sè ancora di più. Potevo anche portarlo al limite dell'esasperazione, ma l'amore che provava per me annullava tutto il resto.
"Non puoi," risposi sorridendo fra me e me.
Mi sollevò il mento con due dita cosicché potessi guardalo negli occhi e puntò il suo sguardo penetrante e intenso dentro il mio. "Sei mia moglie e mi aspetto che tu ne parli con me quando abbiamo un problema, non con qualcun altro."
"Certo, lo so. Ma è diverso quando vorrei aiutarti e so che non me lo lascerai fare."
"Amore... credi davvero che io non sappia badare a me stesso? Ho una certa età ormai," disse regalandomi un sorriso sghembo dei suoi. Mi sembrava quasi di annegare in quel sorriso e in quei meravigliosi occhi scuri che mi fissavano con tanto ardore.
"Avrai anche quasi il doppio della mia età, ma non smetterò mai di preoccuparmi per te. Sei il mio cuore e ti amo."
Mi accarezzò con dolcezza disarmante, come se fossi la cosa più preziosa al mondo. Sfiorò la guancia con il dorso delle dita. "Ti amo anch'io," sussurrò con voce morbida e delicata. "Ma fai di nuovo una cosa del genere e non risponderò di me."
Non mi diede nemmeno il tempo di registrare le ultime parole che depositò all'angolo della mia bocca un piccolo bacio. Quelle labbra, così calde e morbide. Il cervello si scollegò dal resto del corpo e mi ritrovai a baciare e mordere con delicatezza il suo labbro inferiore. Giuseppe gemette sommessamente e io mi sciolsi del tutto. Avevo il respiro corto e sentivo cedere le gambe. Mi aggrappai alle sue spalle e mi sentii schiacciare contro la parete mentre la sua bocca premeva ancora di più contro la mia. "Quanto mi fai incazzare," disse tra un sospiro e l'altro.
Sorrisi consapevole sulle sue labbra. Posai una mano sulla sua guancia, sentendo la barba accennata e la basetta solleticare e punzecchiare tutta la mia mano. Fui travolta da un'ondata di bramosia e premetti di più la bocca contro la sua. Sentii la sua lingua toccare la mia. Mi abbandonai al bacio e lo lasciai fare mentre la sua mano, affondata fra i miei capelli, mi teneva ferma la testa attirandomi di più a sé. Lasciai che controllasse le mie labbra facendole muovere con le sue in perfetta sintonia. In ogni movimento s'incastravano e si univano perfettamente. Come due pezzi di un bellissimo puzzle, come fossero state create apposta per unirsi. Ero persa in lui, persa sulle sue labbra, persa in quel bacio. Tutto il mondo, tutto ciò che ci circondava, sembrava essere sparito in un istante. C'eravamo solo io e lui.
"Emma..." sussurrò sulle mie labbra, poi tornò a baciarmi con passione e trasporto. Dentro quel bacio ci stava buttando di tutto, percepivo chiaramente la sua rabbia, il desiderio, la passione e tutto l'amore che provava per me. In risposta, ogni cellula del mio corpo reagiva, era accesa, viva. La stessa cosa valeva per lui. Stretti uno all'altra, con il suo bacino contro il mio, iniziai a sentire la sua eccitazione crescere e premere contro di me mentre senza neanche accorgermene allargavo impercettibilmente le gambe per fargli più spazio. Mi voleva e lo volevo anch'io. Percepii un piacevole calore pervadermi. Strinsi fra le dita i suoi capelli morbidi sulla nuca. Ci staccammo soltanto quando iniziò a mancare il fiato. Giuseppe posò la sua fronte sulla mia tenendo gli occhi chiusi ed emise un profondo sospiro. Quando aprì gli occhi, li puntò dritti dentro i miei. Brillavano ardenti e disarmanti.
"Allora... cosa vogliamo fare?" domandò accarezzandomi le gambe fasciate dai jeans.
"Io direi di fermarci qui. Sono una donna sposata e rispettabile ormai," dissi tenendolo un po' sulle spine.
Passò le labbra sul mio collo con infinita lentezza e poi inalò il mio profumo facendomi venire i brividi. "Rispettabile, ma certo. Sei mia moglie, non potrebbe essere altrimenti."
"Quindi non sei più incazzato con me?" domandai alzando una gamba per stringerlo ancora di più a me. Il suo bacino che aderiva perfettamente al mio.
"Beh, questa volta l'hai fatta grossa... ma ecco... al momento sono distratto da altro."
Sorrisi mordendomi internamente il labbro inferiore e gli passai una mano fra i capelli. "Ti voglio, adesso. Andiamo in camera."
Prese la mia mano e ne baciò il dorso. "Come desidera, signora Conte" disse prima di condurmi verso il nostro nido d'amore.
Eravamo come frammenti fatti apposta per combaciare ed unirsi. Due anime in un solo corpo. Bruciavamo insieme, le nostre dita intrecciate, i respiri che si mescolavano l'uno con l'altro. Citando Emily Brontë: "Di qualsiasi cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono uguali."
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Mi siete mancati tanto, ma finalmente rieccomi! Vi auguro una buona lettura e spero che il capitolo vi piaccia❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top