...e l'intervista della discordia
"Buonasera, diamo il benvenuto al Presidente Giuseppe Conte."
"Buonasera," rispose cordiale mio marito mentre prendeva posto di fronte alla giornalista e conduttrice della trasmissione. Anche se ufficialmente non era più Presidente del Consiglio, in moltissimi continuavano a rivolgersi a lui con questo titolo.
Io e Rocco ci trovavamo in camerino intenti ad assistere all'intervista dalla piccola tv messa a disposizione. Come sempre, Giuseppe faceva la sua bella figura. Per l'occasione, aveva indossato un completo blu scuro elegante e scarpe nere lucide.
Ormai conoscevo bene la sua abilità nel rispondere alle domande, anche alle più spinose. Eppure, non potevo che restare colpita dalla sua perfetta disinvoltura. Sempre garbato, mai una parola fuori posto nonostante le provocazioni che poteva ricevere.
"È un vero piacere averla qui in studio. Un'occasione ghiotta per carpire qualche segreto succulento," disse la giornalista non mancando di aggiungere qualche ammiccamento e sorriso di troppo. Accavallò le gambe e si lisciò il vestito con fare svenevole. A dirla tutta, fin troppo corto e scollato per una prima serata.
Giuseppe sorrise a sua volta e ridacchiò gongolando. "È un piacere anche per me, dottoressa."
Stritolai uno dei braccioli della poltrona sulla quale ero seduta e mi preparai ad una intervista che di sicuro mi avrebbe fatto ingoiare parecchia bile. Non sopportavo che la giornalista flirtasse tanto sfacciatamente con il mio uomo. Che poi Giuseppe se ne compiacesse da gran furbastro qual era, di sicuro non aiutava.
"Ma guarda questa..." mi lasciai sfuggire parlando ad alta voce.
"Tutto bene?" domandò Rocco sogghignando.
Spostai la mia attenzione dallo schermo a lui e sfoderai l'espressione più neutrale possibile. "Certamente."
"Non vorrei essere Giuseppe in questo momento. La tua faccia non promette niente di buono," disse prima di coprirsi la bocca con la mano. L'idea doveva divertirlo parecchio.
Alzai gli occhi al cielo e cercai di seguire il resto dell'intervista. Alcune domande erano piuttosto pungenti e ben centrate, altre contornate da complimenti e altre ancora davvero poco intelligenti.
"E ora un'ultima domanda. Una curiosità che devo dire serpeggia un po' ovunque. Come è possibile che dopo due mandati come Presidente del Consiglio e ora a capo di un partito, lei abbia ancora lo stesso aspetto?"
Giuseppe leggermente imbarazzato si torturò l'orologio da polso e rispose. "Ma non creda, gli anni passano per tutti. Poi dovrebbe essere lei a svelare il suo segreto. Ogni volta che ci incontriamo è sempre uguale."
La giornalista rise ammirata per il complimento. "Bene, dopo questo breve excurcus direi che possiamo concludere. Presidente, la ringrazio per essere stato qui con noi e spero di rivederla al più presto."
Mio marito annuì sorridente. "Prestissimo."
Finalmente l'intervista era conclusa. Potevo smetterla di stare in apprensione e mi rilassai meglio sulla poltrona. Mi preoccupavo fin troppo per ogni sua apparizione pubblica.
Dopo una decina di minuti, notai la maniglia abbassarsi, la porta aprirsi e poi Giuseppe entrò nella stanza. Aveva l'aria soddisfatta. In effetti, poteva essere fiero dell'intervista rilasciata, si era fatto valere con la sua solita classe. Peccato però che fossi arrabbiata con lui.
"Allora, come è andata?"
"Davvero un'ottima intervista Giuseppe," rispose Rocco alzandosi dalla sua poltrona. Si avvicinò a lui e gli diede un'amichevole pacca sulla spalla.
Io nel frattempo non mi mossi di un solo millimetro e non gli risposi. Giuseppe si accorse che lo evitavo e con la coda dell'occhio constatai che scambiava una serie di sguardi confusi con il suo portavoce.
Stanca di starmene lì, mi alzai in piedi anch'io. Controvoglia incrociai lo sguardo di mio marito. "Possiamo andare?" domandai in tono piatto.
Si avvicinò con aria preoccupata. "Ma amore, non mi dici niente?"
Lo fissai glaciale. "Prima di tutto non chiamarmi amore..."
"Ok... io vado," disse Rocco interrompendomi. Ci salutò e scappò via neanche avesse il diavolo alle calcagna.
Spostai la mano che Giuseppe mi aveva posato sul braccio con aria seccata. "Perché non lo vai a chiedere alla tua amichetta com'è andata?"
"Non capisco di cosa parli."
"Lo sai benissimo..."
Sospirò rassegnato. "Era solo un'intervista. Perché te la prendi tanto?"
"Magari perché mancava poco che ti saltasse addosso e tu te ne stavi lì a gongolare!"
Giuseppe scoppiò a ridere e mi circondò bloccandomi le braccia. Eravamo come una cosa sola e fui scossa dal tremore della sua risata mentre ribollivo di rabbia.
"Mollami! Non c'è niente da ridere," dissi tentando di liberarmi muovendomi un po'. Ma non si diede per vinto e anzi, mi strinse ancora di più e affondò il viso nel mio collo e mi baciò languidamente. Si scostò appena per guardarmi negli occhi. "Quando fai la gelosa sei ancora più bella."
"Lasciami... Giuseppe, non sto scherzando" dissi guardandolo seria. "Se non mi togli le mani di dosso..."
"Che cosa fai?" domandò interrompendomi con uno sguardo di sfida.
Ci pensai su un attimo, indecisa su come rispondere a tono. Ma in effetti, ero piuttosto sicura che ci fosse una minaccia che lo avrebbe fatto capitolare all'istante. "Se non mi lasci, ti mando in bianco per almeno un mese. Come ti sembra?"
Giuseppe valutò per qualche secondo quanto potessi essere seria e inclinò la testa di lato sorridendomi sornione. "Non resisteresti così tanto," disse sicuro di sè.
"Ah, davvero? Molto coraggioso da parte tua rischiare."
"Nessun rischio. È che ti conosco bene."
Lo guardai affilando lo sguardo. "Se mi conosci così bene, saprai anche quanto sono testarda e pur di non darti ragione, sarei disposta a tutto" conclusi soddisfatta.
"Sei ancora certo di voler rischiare?" aggiunsi vedendolo meditabondo.
"Ok, mi hai convinto" disse mollando la presa di colpo. Non riuscii a trattenere un sorriso di soddisfazione. Adoravo il modo in cui riuscivo a tenergli testa. Certe volte era piuttosto difficile, ma quando riuscivo a spuntarla era sempre una gran vittoria.
"Visto che ti ho liberata, me lo dai un bacio?"
"Altro che bacio ti meriteresti..." dissi cercando di restare arrabbiata un altro po', ma la verità era che ormai mi era passata.
"Credi davvero che mi interessi quella donna?" disse infilando le dita nei passanti dei miei pantaloni per attirarmi a sé. Mi baciò sulla fronte e poi prese a guardarmi in modo solenne.
"Spero di no."
"Ma certo che no e lo sai. Sono innamorato di te e di nessun altra," disse liberando una mano dal mio passante per accarezzarmi una guancia. Scosse di elettricità attraversarono il mio corpo e non potei fare a meno di bearmi di quel contatto.
"In ogni caso mi dà fastidio. Non che sia la prima volta..."
Giuseppe era un uomo molto affascinante e calamitava attenzioni ad ogni passo, era ovvio che più o meno ci avessi fatto l'abitudine. Anche se l'irritazione quando si esagerava era difficile da tenere a bada.
"Comunque mi è piaciuta l'intervista. Sei stato molto bravo. Risposte chiare e intelligenti," ammisi con un mezzo sorriso. "Peccato che quella continuasse ad interrompere..."
Era così fastidioso quando l'intervistato non aveva la possibilità di portare a conclusione il proprio discorso. Mi sembrava irrispettoso e alquanto controproducente.
Mi osservò compiaciuto e felice. "Grazie, amore. Ho di nuovo il permesso di chiamarti così?"
Feci finta di doverci pensare un po' sopra e gli avvolsi le braccia intorno al collo. "No. Sappi che ho notato come allungavi lo sguardo verso la scollatura di Maga Circe."
"Maga Circe?" domandò trattenendo un sorrisetto mentre si avvicinava alle mie labbra. Girai la testa di lato e finì per lasciarmi un bacio sulla guancia.
"Quella che nell'Odissea trasforma i compagni di Ulisse in maiali ed è pronta a mangiarseli. Una mangiauomini nel vero senso della parola."
"So chi è..." disse scuotendo la testa divertito dal mio paragone.
"Non volevo certo dubitare delle sue conoscenze, Presidente. O in questo caso, meglio dire Professore."
Alzò un sopracciglio e spostò le mani sui miei fianchi che prese a massaggiare da sopra la camicetta. "Possiamo almeno cenare fuori? Chiediamo alla babysitter di restare qualche ora in più."
Lo guardai corrucciando la fronte. La mia indecisione era palese e prima che potessi rifiutare, Giuseppe mi precedette. "Il piccolo dorme ormai, nemmeno si accorgerà se rientriamo più tardi."
"In effetti è vero. Ma andiamo in un posto qui vicino," dissi recuperando la mia borsa sul tavolino.
"Certo," disse mettendomi una mano dietro la schiena, pronto a guidarmi verso l'uscita.
Ma non mi andava di lasciare la stanza con le cose ancora in sospeso fra di noi. Mi morsi il labbro, lasciai cadere la borsa a terra e poi afferrai il suo volto fra le mani. Lo baciai sulle labbra passando le mani sulla pelle del viso liscio e sbarbato, sentii il naso, i lobi delle orecchie, le piccole rughe intorno agli occhi. Mentre Giuseppe mi accarezzava delicato la schiena, con le labbra scesi a sfiorargli il mento e poi mi fermai.
"Ora possiamo andare," dissi allontanandomi per inchiodare i miei occhi nei suoi.
Toccò delicatamente i miei capelli e afferrò tra le dita un paio di ciocche facendo scorrere le dita fino alla fine. Poi le spostò dietro il mio orecchio avvicinandosi ancora di più. Le sue labbra si fermarono a pochi millimetri dalle mie. "Credo che questo significhi che posso chiamarti amore."
"Sì," concessi posando la fronte sulla sua spalla.
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