...e il capolavoro inaspettato

Me ne stavo in camera di Fabrizio e seduti intorno al suo tavolino, coloravamo insieme un album. Il piccolo di casa si era impuntato per colorare delle scimmiette di verde e io nella pagina affianco mi occupavo di una pantera nera. Concentrata com'ero nel mio compito, non mi accorsi dell'arrivo di qualcuno alle mie spalle e quando percepii delle labbra posarsi sul mio capo, restai spiazzata per un millisecondo.

Subito dopo, Giuseppe prese posto sulla sediolina al mio fianco e mi sorrise. "Ho finito al pc, vai pure a prepararti. Resto io con Fabrizio."

"Ti avrei chiamato tra un attimo, ma mi hai anticipato" commentai sollevando le spalle per niente sorpresa. Non sarebbe stato da lui dimenticarsi di qualche impegno, che fosse il mio o il suo non faceva differenza. "Volo a fare una doccia veloce e poi scappo," aggiunsi entusiasta.

Non vedevo l'ora di rilassarmi insieme alle mie colleghe di università. Avevamo previsto un giro di shopping, cinema e poi cena. Niente di speciale, ma decisamente salutare.

"Va bene," disse Giuseppe avvicinandosi per darmi un semplice bacio. Ma appena le sue labbra toccarono le mie, Fabrizio iniziò ad urlare arrabbiato. "La mamma è mia!"

Evitai di ridere del suo faccino contratto dalla rabbia solo perché sapevo che lo avrebbe spinto ad alterarsi ancora di più. Eppure, era davvero difficile resistere mentre si avventava su Giuseppe e cercava di allontanarlo da me. Non era certo la prima volta che si comportava così. Era in una fase veramente delicata e cercavo di affrontarla come potevo, così come mio marito faceva del suo meglio.

"Calmati. La mamma dà un bacino anche a te," dissi accarezzando il viso arrossato di Fabrizio per poi baciarlo sulla fronte. Mi buttò le braccia al collo e per cinque minuti buoni non riuscii a scollarlo in nessun modo.

Quando finalmente lo vidi abbassare la guardia, mi sfilai dalle sue braccia e lo convinsi a rimettersi a colorare. Mi alzai dalla sediolina senza far rumore e mi limitai a lanciare un bacio volante a Giuseppe prima di sparire verso il bagno.

Entrai ed uscii dalla doccia a tempo record per i miei standard. Indossai una camicetta rosa, un paio di jeans e mentre stavo passando il rossetto sulle labbra, il pianto di Fabrizio spezzò la quiete della casa.

Mi precipitai nella cameretta e vidi il piccolo con le lacrime agli occhi. Continuava a piangere e scambiare sguardi di fuoco con il padre. Era impressionante quanto fossero simili nella loro espressione astiosa.

"Che succede?" domandai verso Giuseppe.

"Guarda lì," disse indicando la parete piena di segni di pennarello verde acceso.

"Vedo."

In realtà osservai solo per un momento il muro, più preoccupata dal pianto di Fabrizio che dal resto. Mi abbassai verso di lui per asciugargli le lacrime e nascose immediatamente il viso sulla mia spalla. Si girò poi verso il padre aggrottando la fronte. "Tu cattivo."

Giuseppe se ne stava in piedi con l'espressione severa dipinta sul volto e per niente toccato dalle parole del figlio. "Mi sono allontanato un minuto per rispondere ad una chiamata e quando sono tornato... ho trovato questo capolavoro."

"È lavabile, potevi evitare di terrorizzarlo!" dissi perdendo la calma di fronte al pianto incontrollato di mio figlio. Continuava a piangere e singhiozzare. Gli soffiai il naso e me lo strinsi fra le braccia cercando di calmarlo. "L'ho sentito piangere fin dalla camera da letto..." dissi lanciandogli un'occhiataccia.

Scosse la testa e alzò le mani in segno di resa. "Non è questo il punto, lo sai benissimo. E comunque l'ho solo sgridato e avvertito di non farlo più. Almeno qualcuno cerca di insegnarli cosa è sbagliato... tu non fai altro che coccolarlo e dargliele tutte vinte!"

"Non è affatto vero," dissi alzandomi dalla posizione accucciata per sostenere il suo sguardo. "Sei tu che ti aspetti che si comporti come un piccolo adulto!"

"Un piccolo adulto? Ma se non sono riuscito nemmeno a fargli mollare quel pennarello!"

Guardai verso Fabrizio e in effetti stringeva saldamente nella mano destra il pennarello responsabile del graffito sul muro.

"È ostinato e testardo proprio come te. Ma immagino che tu te ne compiaccia, no?" domandò avvicinandosi.

Alzai gli occhi al cielo infastidita per il suo paragone. "È solo un bambino e non è colpa mia se non sei capace di farti ascoltare."

Per dargli una chiara dimostrazione di quello che dicevo, mi abbassai di nuovo al livello di Fabrizio seduto sul pavimento e lo guardai con un'espressione dolce mentre gli accarezzavo i capelli bruni. "Amore, mi daresti il pennarello?"

"Sì, mamma" rispose consegnandomelo ubbidiente.

Mi voltai verso Giuseppe con aria vittoriosa. "Ecco, non mi sembra tanto difficile," dissi passandogli l'oggetto incriminato.

Forse avevo esagerato a vantarmi tanto, ma non avevo saputo resistere davanti ad un trionfo così facile e prevedibile. Mio marito sbuffò esasperato e ormai fin troppo arrabbiato per aggiungere altro.

"Ok, allora vado."

Odiavo litigare con lui e tendevo quasi sempre a far pace il prima possibile. La sola idea di doverlo salutare freddamente, mi innervosiva a dismisura.

"Sì, dovresti" rispose impettito incrociando le braccia al petto, come a voler mettere una barriera tra di noi.

Lo osservai cercando di mascherare quanto ci fossi rimasta male. "Benissimo. Non aspettarmi sveglio."

Diedi un bacio a Fabrizio e con la promessa di uscire per comprargli un nuovo giocattolo, riuscii ad allontanarmi senza che iniziasse a fare storie perché restassi con lui.

La giornata passò veloce insieme alle ragazze, eppure continuavo a sentirmi strana e con un peso sul petto. Chissà se le mie colleghe avevano notato qualcosa. Ebbi la mia risposta solo una volta arrivate a cena.

"Emma, è tutto il giorno che hai una faccia... è successo qualcosa?" domandò Camillla mentre il cameriere posava davanti a me il risotto che avevo ordinato.

"L'avete notato, eh?"

"Difficile non farlo..." commentò Angela al mio fianco.

"Una piccola discussione con Giuseppe, ma nulla di preoccupante" confessai afflitta. È probabile che la stessi facendo più grave di quanto non fosse.

"No, vi prego... non potete litigare... siete tipo la coppia perfetta," affermò Camilla mentre arrotolava i suoi spaghetti alla carbonara di fronte a me.

Ridacchiai della sua definizione e scossi la testa. "Non in questo momento..."

Dopo aver capito il motivo per cui ero così diversa dal solito, Angela e Camilla ce la misero tutta per farmi sorridere e dimenticare quello che mi preoccupava.

Tornai a casa piuttosto tardi e girai la chiave della porta di casa il più lentamente possibile, cercando di non spezzare il silenzio tombale che regnava nel caseggiato e allo stesso tempo non svegliare nessuno.

Tolsi le scarpe sulla soglia dell'entrata, posai i sacchetti degli acquisti di fianco al tavolino dell'ingresso e mi avviai con passo felpato verso la camera da letto. Con la sola luce del telefono, riuscii miracolosamente ad arrivare illesa a destinazione. A quanto sembrava, Giuseppe aveva preso alla lettera il mio suggerimento. La camera era buia e silenziosa e mio marito se ne stava su un fianco apparentemente addormentato. Avevo segretamente sperato di trovarlo sveglio al mio ritorno, ma così non era stato.

Sbottonai la camicetta e la poggiai sulla sedia. Reggendomi poi allo schienale tolsi il resto degli indumenti, tutto nella semioscurità garantita dalla torcia del cellulare e nel silenzio più assoluto. Quando però aprii la cabina armadio in cerca di qualcosa per dormire, l'anta scricchiolò facendomi sussultare. Mi voltai nella direzione di Giuseppe, ma non notai alcun cambiamento.

Indossai il primo capo sottomano, un babydoll per l'esattezza e per non rischiare di far altro rumore, lasciai l'anta aperta. Spensi la torcia e con molta cautela m'infilai sotto le lenzuola. Faceva male al cuore vedere Giuseppe che mi dava le spalle e dormiva, probabilmente ancora arrabbiato con me. Sospirando affranta mi girai sul fianco e gli diedi le spalle a mia volta. Senza neanche rendermene conto iniziai a piangere silenziosamente. Tirai su col naso mentre allungavo una mano verso il comodino per recuperare un fazzolettino dal pacchetto. Mi sentivo così sciocca e tremendamente sola.

Dopo un istante, le coperte frusciarono e un braccio mi circondò la vita. Riconobbi il calore di Giuseppe e la tensione lasciò immediatamente il mio corpo.

"Non piangere," mi sussurrò prima di posarmi un tenero bacio sul collo.

Mi voltai nella sua direzione e l'abbracciai dimenticando ogni motivo che ci aveva fatto allontanare ore prima. Arretrai quel tanto che bastava per poter scorgere appena il suo sguardo nel buio. "Credevo dormissi..."

"No... stavo solo fingendo. Scusami," rispose accarezzandomi una guancia.

"È perché ti avevo chiesto di non aspettarmi?" domandai intuendo come fosse tutta una questione di orgoglio.

Giuseppe mormorò un assenso colpevole e decisi che tanto valeva dire tutta la verità. "Non dicevo sul serio. Sei ancora arrabbiato con me?"

"No. E tu?"

"Nemmeno. Mi dispiace per qualsiasi cosa abbia detto," dissi avvicinando le mie labbra alle sue, per poi allontanarmi giocosamente.

Giuseppe mi sorrise nel buio e mi posò una mano dietro la nuca per bloccarmi. Morse delicatamente il mio labbro inferiore e percepii un'ondata di calore infiammarmi le vene. Lasciai scivolare la lingua tra le sue labbra mentre la sua mano si spostava verso il basso. Mi accarezzava il collo, la spalla, passava con delicatezza sul mio fianco e poi sollevava l'orlo del babydoll maliziosamente.

In breve mi ritrovai sovrastata dal suo corpo e percepii la soavità della sua bocca sulla mia mentre scostava le mie gambe. Il suo peso sopra di me, la sua mano che mi accarezzava ovunque. Non potevo chiedere di meglio. Le mie mani si aggrapparono alle sue spalle mentre diventavamo una cosa sola. Passione e dolcezza unite insieme.

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