Epilogo

Era quasi l'ora di pranzo e mi trovavo all'interno della sede del Movimento 5 Stelle. Finita la lezione in università avevo deciso di passare da Giuseppe per fargli una sorpresa e magari pranzare insieme. Ma una volta arrivata, la fortuna non era stata dalla mia parte. Mio marito era in riunione e così mi rassegnai ad aspettarlo nel suo ufficio. Mentre mi stavo divertendo a roteare verso sinistra e destra sulla sedia girevole imbottita, notai la porta aprirsi.

Appena registrò la mia presenza, Giuseppe mi guardò stupito. "Ehi, ciao amore. Dovevamo vederci e me ne sono dimenticato?" domandò corrugando la fronte.

"No, tranquillo" lo rassicurai andandogli incontro e circondandogli la vita con le braccia. "Volevo solo farti una sorpresa. Hai tempo per mangiare insieme?"

"Ho sempre tempo per te," disse Giuseppe sorridendomi. Indossava un completo nero, camicia bianca e cravatta bordeaux. Impeccabile e tremendamente affascinante. Mi accarezzò il viso e poi lo tenne fermo fra le sue mani mentre mi baciava. Assaporai le sue labbra e ogni cosa intorno a noi si annullò. Totalmente avvolta dal momento, dal calore del suo corpo stretto al mio.

Il tempo passava, ma certe cose non cambiavano. Non ne avevo mai abbastanza di colui che ora potevo chiamare marito. Il primo anno da sposati non aveva certo messo a freno la passione che c'era tra di noi.

Una cosa però era cambiata dopo il matrimonio. Giuseppe era tornato di nuovo all'amata e odiata politica. Il Movimento lo aveva corteggiato a lungo affinché accettasse di mettersene alla guida e convincerlo non era stato affatto facile.

Io ero terrorizzata all'idea di vederlo allontanarsi da me ancora una volta, di dire addio alla nostra tranquillità conquistata con tanta fatica. La parte più egoista di me voleva solo che tutto restasse così com'era, ma la parte di me più razionale vedeva con chiarezza quanto Giuseppe ci tenesse a dare un concreto aiuto al paese in difficoltà. Avevamo soppesato insieme tutti i pro e i contro e alla fine la decisione di rientrare in politica aveva avuto la meglio. Dopotutto, gli impegni da leader di un partito non potevano certo essere paragonabili a quelli di essere Premier durante una pandemia.

Mi staccai dalle sue labbra mentre ce ne stavamo ancora abbracciati come due novelli innamorati. "Tutto bene la riunione?"

"Sì, semplice routine. Niente per cui tu debba preoccuparti," disse baciandomi sulla fronte con premura.

"Ma io mi preoccupo sempre per te."

"Che testarda che sei..."

Mentre mi preparavo a controbattere, fummo interrotti da qualcuno che bussava alla porta del suo ufficio.

Giuseppe mi guardò con una faccia sconsolata. "Scusami. Ci metto un secondo."

Andò ad affacciarsi sulla soglia della porta e sentii una voce femminile sconosciuta provenire dall'esterno. Spinta dalla curiosità, mi portai al suo fianco e istintivamente poggiai una mano sul suo petto.

La donna di fronte a me aveva un bell'aspetto, all'incirca la mia età, anno più, anno meno. Mi osservò confusa dalla mia presenza. Non ci eravamo mai viste prima, ma notai un bagliore di consapevolezza far spazio dentro di lei mentre metteva a fuoco il mio atteggiamento e soprattutto la fede ben evidente sull'anulare sinistro.

"Questa è mia moglie, Emma" disse Giuseppe facendo le presentazioni.

"Emma, lei è Luisa. Sostituirà Federico per un paio di settimane," aggiunse nella mia direzione.

Federico faceva parte dello staff di comunicazione del Movimento. Era un uomo piuttosto simpatico e in quel momento ne sentivo decisamente la mancanza. Mi limitai ad un sorrisetto di circostanza e la donna di fronte a me fece lo stesso.

"Spero di non aver disturbato. In effetti, potevo passare direttamente dopo pranzo, ma ho provato a bussare e..."

"Luisa, tranquilla. Non c'è nessun problema," disse interrompendola per poi sfoderare un sorriso dei suoi. Rassicurante e incoraggiante, così tanto da abbagliare la donna. Per qualche secondo rimase imbambolata e provai quasi pena per lei.

"Bene. Ecco qui. A dopo," disse consegnando le carte che aveva in mano per allontanarsi in tutta fretta.

"Marchiamo il territorio, signora Conte?" domandò prendendo la mano che gli avevo posato sul petto per portarsela alle labbra.

"Può darsi..." affermai sollevando le spalle con nonchalance. "Tu piuttosto, vedi di stare attento a quello che fai."

Giuseppe mi guardò pensieroso. "Forse non ti fidi di me?"

"Certo che mi fido, non fare il permaloso. Stavo solo scherzando," dissi avvicinandomi per dargli un bacio a fior di labbra.

"Che ne dici se invece di andare a pranzo fuori, ce ne stiamo qui solo io e te e ordiniamo qualcosa da farci portare?" domandò piegando la testa di lato per osservarmi meglio.

"Okay."

"Seguimi. Conosco un posto dove non ci disturberà nessuno."

Lasciai che mi guidasse attraverso il corridoio e poi su per una rampa di scale. Arrivati in cima, svoltammo sulla destra e dopo aver sorpassato tre porte, Giuseppe si fermò. Davanti al quarto uscio, lasciò andare la mia mano e mi fece segno di entrare. "Prima le signore."

"Grazie."

Varcata la soglia, per prima cosa notai un divanetto nero, un tavolino, un paio di poltroncine colorate e infine un tavolo da biliardo che faceva bella mostra di sé nell'angolo più lontano della stanza.

Mi girai verso Giuseppe che aveva appena chiuso la porta a chiave dietro di sé. "Avete una sala relax e non me l'hai mai mostrata?"

"Non ce n'è stata occasione. Veniamo qui a giocare solo dopo qualche riunione particolarmente stressante. A proposito... a che ora hai l'altra lezione?"

"Alle 17."

"Bene, allora abbiamo tempo. Che ne dici se facciamo una partita a biliardo?" domandò Giuseppe entusiasta sorridendomi come un bambino.

Lo fissai, dispiaciuta di frenare il suo entusiasmo. "Non sono capace."

"Ti insegno io se ti va," disse circondandomi la vita con le braccia per attirarmi a sé.

"Certo, perché no."

Andai a posizionarmi al tavolo da biliardo e Giuseppe sollevò il triangolo che teneva ferme le biglie. Si spostò alle mie spalle facendomi vedere come tenere la stecca e poggiare l'altra mano nel modo giusto.

"Ok, bene. Ora abbassati per prendere la mira," disse tirandomi leggermente indietro mentre teneva le mani saldamente strette sui miei fianchi.

"Allarga meglio le gambe," aggiunse con voce calda al mio orecchio.

Mi bloccai per qualche secondo e poi girai appena la testa, abbastanza per riuscire ad incrociare il suo sguardo. "Davvero?" domandai sapendo bene quanto volesse provocarmi.

"Altrimenti non riesci a colpire bene..." disse sorridendomi sornione mentre scendeva ad accarezzarmi le gambe fasciate dai jeans.

Feci come mi aveva detto, ma sentire il suo respiro sul collo, la sua voce e le sue mani su di me non aiutavano molto la mia concentrazione.

Mi lasciò un bacio sulla guancia e poi cercò di guidare il mio braccio nel tiro. La palla bianca colpì quella nera lateralmente e quasi finì in buca.

"Niente male," commentò scoccandomi un'occhiata d'ammirazione. "Vuoi provare da sola?"

"Ok," dissi non del tutto convinta.

Giuseppe si spostò al lato del tavolo e alzò i pollici in segno di incoraggiamento. Mi concentrai per fare almeno un tiro decente e miracolosamente riuscii a mandare persino una palla in buca. Stupita da me stessa, sollevai lo sguardo in cerca di quello di mio marito. "Sarà la fortuna del principiante?"

"Direi piuttosto che hai avuto un buon maestro," affermò facendomi l'occhiolino.

"Modesto come al solito... Quindi me la sono cavata bene?"

Si avvicinò e mi accarezzò uno zigomo con dolcezza. "Più che bene, piccola."

Gli allacciai le braccia intorno al collo grata per il suo complimento. "E non lo dici solo perché sono tua moglie?"

"No," disse scuotendo la testa lentamente. "Non sono certo il tipo da favoritismi."

Era sempre il solito Giuseppe. Ironico, dolce, comprensivo. Quello che amavo da anni, ancora prima di sapere di essere ricambiata.

Lo avevo amato fin da quando era solo il mio professore di diritto privato. Se chiudevo gli occhi riuscivo ancora a vederlo nei miei ricordi più vividi. Ero seduta in seconda fila, lo avevo visto arrivare con il suo completo elegante e la borsa di pelle in mano. Quella stessa borsa che ero quasi certa, non avesse ancora buttato.

Avevo continuato ad amarlo anche quando lo avevo scelto come mio mentore durante il dottorato e poi lui a sua volta mi aveva scelta come sua assistente. Si può dire che ci eravamo scelti a vicenda.

Ma la scelta più importante, quella davvero decisiva, era stata quella di seguire Giuseppe in politica. Assistente del Presidente del Consiglio dei Ministri. Un ruolo che non avrei mai neppure preso in considerazione, se non fosse stato per lui. Già allora avrei dovuto intuire che non mi guardava solo con gli occhi del professore pieno di stima. Ma era stato solo al secondo mandato e nel pieno di una pandemia, che la verità era venuta a galla. Il mio non era un semplice amore platonico, ma un amore ricambiato a tutti gli effetti.

Palazzo Chigi era stato testimone dei nostri baci, delle nostre carezze, dei nostri sospiri, delle parole sussurrate a mezza voce, ma anche di incertezza, dolore e logoranti decisioni. Eppure, guardando indietro, rifarei tutto allo stesso modo e sono certa che Giuseppe direbbe lo stesso. Perchè per amore ne vale sempre la pena.

Angolo Autrice:

Per prima cosa voglio ringraziarvi di cuore per avermi seguita fino a qui, per esservi appassionati insieme a me alla storia di Emma e Giuseppe. Grazie per i voti, i commenti e tutto il supporto che mi avete dimostrato.

Mi sono affezionata davvero tanto a questa storia ed è doloroso chiuderla, ma credo di aver già raccontato quello che dovevo.

Vi aspetto nei commenti per sentire le vostre impressioni su questo finale. Grazie ancora❤

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