9. Chiarimenti
GIUSEPPE
Emma se ne stava lì tra le mie braccia e tutto ciò che volevo era proteggerla da tutti i mali del mondo.
"Tu non hai idea di quello che mi hai fatto passare," ammisi mentre le accarezzavo i capelli castani.
"Mi dispiace molto. Riesci a perdonarmi?" chiese sollevando la testa dal mio petto per fissarmi con sguardo implorante.
"Dipende... non mi hai ancora detto con chi devo prendermela."
"Che ne dici di lasciar perdere?"
"Sai che non lo farò, vero?" domandai riducendo gli occhi a due fessure. Era davvero fuori questione che mettessi da parte questa storia senza sapere chi fosse il vero responsabile dei miei ultimi tormenti.
"Lo so..."
"Quindi ti conviene parlare. Spiegami tutto fin dal principio, voglio sapere ogni cosa."
"Ok. In effetti, è meglio che tu sappia con chi hai a che fare. Ma prima ho bisogno di una doccia per schiarirmi le idee," disse staccandosi dal mio abbraccio.
"Servirebbe anche a me. Ti dispiace se la dividiamo?"
"In realtà, sì. Se mi stai appiccicato di sicuro le idee non me le schiarisco... Dovrai aspettare il tuo turno," rispose incrociando le braccia al petto.
"Mi sembra giusto, prima le signore. E per il dopo puoi mettere una mia maglietta."
"Ok, grazie."
"Non metterci troppo o vengo io a tirarti fuori..." dissi minaccioso.
Alzò gli occhi al cielo e poi si avviò verso il bagno.
Dopo la doccia, Emma riuscì ancora a prendere tempo ricordandomi che il lavoro veniva prima di tutto. Ci spostammo alla scrivania e passammo una buona mezz'ora a fare un riepilogo della giornata e un controllo degli impegni del giorno successivo.
Ora che anche questa incombenza era stata portata a termine, Emma non aveva più nessuna scusa per negarmi le spiegazioni che stavo aspettando con tanta ansia.
"Avanti, raccontami per filo e per segno come sei arrivata alla conclusione che allontanarti da me fosse la cosa più giusta da fare. O meglio, dimmi chi ti ha convinto di questo..." dissi mettendo da parte una cartelletta con alcune bozze di vecchi discorsi fatti alla nazione.
Emma se ne stava lì seduta di fronte a me coperta solo dalla mia maglietta. Le gambe erano quasi del tutto scoperte e faticavo non poco ad ignorare la cosa. Per mia fortuna avevo un ottimo autocontrollo.
"Diciamo che qualcuno ha capito che tra di noi c'è più di una relazione professionale e mi ha fatto pressioni finché non ho confessato. Poi mi ha detto chiaro e tondo che dovevo farmi da parte se non volevo essere la tua rovina. Io non ho potuto che dargli ragione," disse fissandomi triste.
"Emma... tu non sarai la mia rovina. Smettila d'incolparti, nessuno ha qualche prova concreta che tu sia più della mia assistente e di certo stiamo facendo attenzione perché resti così."
"Quindi sarò per sempre solo la tua assistente?"
"Non è quello che ho detto..."
"No, ma sembra che tu lo dia per scontato. E lo so che non mi hai mai promesso niente, ma il pensiero che dovrò nascondermi per sempre non mi piace."
"Per ora questo è tutto ciò che ho da offrirti. Credi davvero che non mi piacerebbe presentarti come la mia compagna o qualcosa del genere? Ma non posso, perché per tutti sono già impegnato e tu sei la mia assistente," dissi a malincuore.
Odiavo il fatto di non poterle dare di più. Ma almeno non l'avevo mai riempita di bugie, ero sempre stato sincero fin dal primo momento.
"Razionalmente lo capisco. Ma fa male lo stesso. Io ti amo..." disse Emma con la voce incrinata. Sembrava così piccola e indifesa, molto più giovane dei suoi 29 anni.
Mi alzai per andare ad abbracciarla, ma stese un braccio per fermarmi dall'avvicinarmi troppo.
"Per favore non compatirmi. Tutto questo l'ho voluto io..."
"Non voglio compatirti, solo abbracciarti. Ti amo anch'io ragazza testarda," rivelai sicuro di ogni parola.
Forse all'inizio era nata come una relazione puramente fisica, ma poi avevo capito che sotto c'era molto di più. In tutti gli anni in cui avevo imparato a conoscerla, il mio affetto per lei era cresciuto senza che me ne rendessi conto. In fondo doveva esserci una ragione più che professionale, se quando avevo lasciato l'università, il mio primo pensiero era stato per Emma. Non volevo perderla e avevo fatto in modo che mi seguisse nel mondo della politica, diventando la mia assistente personale.
"Ora penserai che sono una piagnucolona?"
"Prometto di non farlo. Croce sul cuore," dissi invitandola a farsi avanti.
Mi strinse forte le braccia intorno al corpo e poi sentii qualche lacrima bagnarmi la maglietta che avevo indosso. Le accarezzai la schiena e lasciai che si sfogasse per tutto il tempo che le serviva.
Dopo un tempo indecifrabile si staccò da me, si asciugò gli occhi e si soffiò il naso con un fazzoletto che recuperò nelle vicinanze. Dopo essersi ricomposta si girò e mi fissò decisa.
"Vuoi ancora sapere chi è stato a convincermi a farmi da parte?"
"Sì, certo."
"Ok. Ma puoi fare in modo che non sappia che sono stata io a parlare?"
"Di questo non devi preoccuparti. Dirò che ho avuto un'intuizione," affermai convinto delle mie intenzioni.
"È stato il tuo portavoce, Rocco Casalino."
La rivelazione inizialmente mi prese alla sprovvista, ma tutto sommato avrei dovuto aspettarmelo.
Rocco aveva il compito di vigilare sulla mia immagine pubblica ed era ovvio che si fosse tanto preoccupato di un possibile scandalo. E l'occhiata ammonitrice che aveva indirizzato verso Emma, non mi era certo sfuggita. Ora ogni cosa aveva finalmente un senso.
Potevo comprendere le preoccupazioni del mio portavoce, tuttavia avrei preferito che ne parlasse direttamente con me invece di attaccare la ragazza che mi stava tanto a cuore.
"Capisco. Parlerò con lui," dissi mostrando una calma che in realtà non possedevo affatto in quel momento.
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