8. Solo un'assistente?
GIUSEPPE
Mancavano pochi minuti alla diretta della conferenza stampa e di Emma non c'era traccia. Non era mai successo che mancasse di starmi vicino in un momento tanto importante. Era sempre lì a rassicurarmi o a darmi qualche consiglio dell'ultimo secondo.
Stavo ormai perdendo le speranze di vederla, quando all'improvviso me la vidi davanti agli occhi.
"Presidente, la sua cravatta è un po' storta. Posso aiutarla?"
Ero così felice di vederla, che per un momento rimasi solo a fissarla senza dire una parola.
"Ma certo. Avvicinati," dissi sorridendole.
Emma si fece avanti un po' incerta e poi con uno sguardo serio, afferrò il nodo della cravatta e lo sistemò al suo posto.
"Ecco fatto."
"Grazie. Credevo che non saresti venuta."
"Non pensavo avesse bisogno di me," disse a bassa voce in modo che la sentissi solo io.
Il motivo di tanto gelo mi era ancora sconosciuto e non vedevo l'ora di scoprirlo.
Mi trattava come non aveva mai fatto prima. Ricordavo a malapena l'ultima volta che era stata così distaccata e formale con me. In effetti, quasi fin da subito avevamo instaurato un buon rapporto privo di inutili formalità.
"Ho sempre bisogno di te..."
"Presidente, 30 secondi e parte la diretta," avvisò uno dei tecnici audiovisivi.
Emma si allontanò e io feci un respiro profondo per prepararmi a parlare al popolo italiano.
Ogni parola era stata pensata per dare il miglior conforto ai cittadini. Cercavo di essere chiaro e preciso il più possibile, ma non era facile farsi capire da tutti, senza soprattutto scatenare malcontento.
Terminata la diretta, tirai un sospiro di sollievo e slacciai la cravatta. Con lo sguardo cercai subito Emma e la vidi voltarmi le spalle per andarsene in tutta fretta.
Non potevo permettere che mi evitasse di nuovo, così mi alzai per raggiungerla.
"Emma," cercai di chiamarla nel corridoio mentre la seguivo.
Tentai per la seconda volta di richiamare la sua attenzione, ma non accennò a fermarsi.
Dall'altra parte del corridoio vidi arrivare Rocco Casalino.
"Il Presidente ti sta chiamando. Non lo senti?"
"Ehm, io... non l'avevo sentito..." rispose Emma vedendoselo di fronte. Per poco non mi finì addosso indietreggiando.
"Mi scusi Presidente," disse voltandosi nella mia direzione.
"Tutto ok. Volevo solo chiederti di fare adesso il nostro aggiornamento serale," inventai sul momento.
"Certo. Nessun problema."
"Cerca di stare più attenta," disse Rocco lanciando un'occhiata di ammonimento ad Emma.
"Non è niente..." intervenni in sua difesa.
"Ok. Allora io vado," disse Rocco prima di sparire in una delle stanze di Palazzo Chigi.
"Prima le signore..."
Emma iniziò ad incamminarsi e la seguii a breve distanza.
Arrivati nel mio appartamento chiusi la porta a chiave e la fissai incrociando le braccia al petto. Stavo ribollendo di rabbia per come mi aveva trattato negli ultimi giorni, ma cercai di darlo a vedere il meno possibile.
"Hai qualcosa da dirmi?" chiesi arrivando dritto al punto.
"No, niente. Perché dovrei?"
"Perché dovresti? Magari perché sono giorni che mi tratti come se non mi conoscessi..."
"La tratto come un'assistente dovrebbe trattare il Presidente del Consiglio. Niente di più."
"E da quando per te sono solo il Premier?"
"È meglio così," disse Emma con aria afflitta.
"Adesso basta con questi giri di parole! Non hai risposto alla mia domanda," dissi affilando lo sguardo.
Mi avvicinai a lei e la studiai con calma. Qualcosa non andava e ancora non riuscivo a capire di cosa si trattasse.
"Sono qui solo per fare il mio lavoro."
"Emma, ti conosco abbastanza da sapere che non cambi idea così facilmente. Non ci credo che ti sei svegliata al mattino e improvvisamente hai realizzato che ti faccio schifo!"
Mi odiavo per aver alzato la voce con lei, ma la mia pazienza era davvero arrivata al limite. Questa storia andava avanti da fin troppo tempo e ora pretendevo una spiegazione a tutti i costi.
"Questo non l'ho mai detto..."
"E allora che cosa c'è? Dimmelo, perché sto perdendo la ragione. Lo sai che ho già mille altri problemi in questo momento..."
"È proprio per questo che non dovresti preoccuparti per me," disse scuotendo la testa.
Forse ero sulla strada giusta, perché almeno era tornata a parlarmi dandomi del tu. Parlava con Giuseppe, non solo con il Presidente del Consiglio dei ministri.
"Quindi è questo il problema? Non vuoi che mi preoccupi per te?"
"Io... non avrei dovuto dire niente. L'ho promesso..." disse tappandosi immediatamente la bocca con la mano.
"A chi l'hai promesso?"
"A nessuno. Hai capito male, scusami..." disse cercando di mettere distanza tra di noi. Non glielo permisi, la afferrai per i fianchi e la tenni ferma dov'era.
"Avanti, dimmi chi è stato a metterti in testa queste idee."
"Lascia perdere. Chiunque sia ha ragione, io rischio di rovinarti. Se per colpa mia tu perdessi la carica, non me lo perdonerei mai..."
"Ma di che parli?" domandai iniziando ad intuire cosa ci fosse sotto.
"Parlo del fatto che non hai bisogno di me. Non di me che ti faccio finire in uno scandalo sessuale. Posso essere solo la tua assistente."
"Ed è quello che vuoi? Essere solo la mia assistente?"
"Non importa quello che voglio io," disse senza il coraggio di guardarmi in faccia.
"A me importa eccome," dissi chinandomi alla sua altezza. Premetti la bocca avida contro le sue labbra e la baciai, ancora e ancora.
Mi era mancata così tanto, più di quanto credessi. La sollevai da terra e le feci avvolgere le gambe intorno ai miei fianchi. Poi la appoggiai alla parete più vicina ed iniziai a sbottonarle i pantaloni.
Avevo solo voglia di raggiungere il piacere insieme a lei in quel momento. Non mi aveva tenuto a distanza perché non mi voleva più e questo mi bastava.
Su chi l'avesse spinta a farsi da parte, avrei indagato successivamente. Ora volevo solo scaricare tutto lo stress di quei giorni interminabili e solitari.
"Giuseppe, dovremmo parlare..."
"Non ora," mormorai prima di tornare a baciarle la gola.
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