7. Una brutta giornata
GIUSEPPE
Erano passate alcune settimane da quando io ed Emma avevamo raggiunto una specie di nuovo equilibrio. Non eravamo più solo il Presidente e la sua assistente, ma qualcosa di ben diverso.
Per dirla con chiarezza, avevamo una relazione fisica e la cosa non riusciva a farmi provare rimorso. Avevo passato fin troppo tempo a negare quello che provavo.
In tutti questi anni, nonostante avessi capito quanto fosse presa da me, non mi ero mai fatto avanti con Emma a causa della differenza d'età. Poi d'improvviso, la cosa non aveva avuto più nessuna importanza. Nel momento in cui la possibilità che si allontanasse da me si era palesata davanti ai miei occhi, avevo capito che non potevo perderla. Le avevo confessato quello che provavo per lei e da quel momento niente era stato più come prima.
Forse non avevo idea in che cosa mi stavo cacciando e nemmeno Emma ce l'aveva, ma i sentimenti a volte sono così irrazionali da non poterli fermare.
Non sapevo come avrei affrontato la questione con Olivia. Ci eravamo presi un periodo di riflessione e l'emergenza sanitaria in cui ci trovavamo, aveva solo contribuito ad allontanarci ancora di più. Tuttavia, non potevo lasciare le cose in sospeso per sempre.
Il bussare alla porta dello studio ridestò la mia attenzione.
"Avanti," dissi a chiunque avesse bussato in quel momento.
Pochi secondi dopo, eccola lì, la ragione dei miei ultimi tormenti interiori, Emma. Bellissima nel suo completo giacca e pantalone total black e camicia bianca.
Come se non avessi già avuto abbastanza grattacapi, avevo aggiunto alla lunga lista di cose a cui pensare, una relazione clandestina. Ma di certo, non ne ero pentito.
Emma era una delle poche gioie che mi erano rimaste in quelle giornate lunghe e difficili, in cui il destino di un intero paese gravava sulle mie spalle.
"Buongiorno, Presidente."
"Buongiorno a te. Come stai?" chiesi cercando di non dare a vedere il mio fastidio per tanta formalità.
"Bene, grazie. E lei?"
Non potevo credere alle mie orecchie, adesso mi aveva anche dato del lei. Era alquanto strano, di sicuro non è la forma che useresti con la persona con cui vai a letto.
"Emma, che ti prende? Perché ora mi dai del lei?" chiesi iniziando ad innervosirmi.
"Perché? Cosa c'è di strano?"
"Scherzi vero? Non ne ho proprio voglia, è già una giornataccia senza che ti ci metta anche tu..."
"Io non ho fatto niente signor Presidente. Se lei vuole, iniziamo a controllare gli impegni della giornata," disse tirando fuori il tablet.
Era pronta ad iniziare il lavoro come se niente fosse, come se avesse di fronte a sé nient'altro che un estraneo. Se aveva intenzione di prendermi in giro, il gioco non mi divertiva affatto.
"Emma, falla finita. Smettila con questo lei e signor Presidente..."
"E come dovrei chiamarla, scusi?" chiese con aria innocente.
"Giuseppe..." affermai perdendo definitivamente la pazienza.
"Non credo di averne diritto," disse fissandomi come se avesse di fronte un bambino incapace di capire.
"Si può sapere che ti prende? Sei arrabbiata con me per qualche motivo?"
"No, nessun motivo. Sono qui solo per fare il mio lavoro."
Benissimo, proprio oggi aveva deciso di farmi andare fuori di testa! Non erano sufficienti tutti i problemi che già dovevo affrontare, ora ci si metteva anche Emma.
Doveva essere arrabbiata con me per qualche strano motivo a me sconosciuto, ma non avevo proprio il tempo per scoprirlo in quel momento.
"Ok, perfetto! Ho capito che sei arrabbiata con me, ma ora non ne ho proprio il tempo. Passiamo al lavoro..." dissi rassegnandomi a mettere da parte la questione per dopo.
Emma mi aiutò a rivedere il programma della giornata e dopo aver aggiunto qualche modifica dell'ultimo minuto, era già pronta a svignarsela senza darmi una benché minima spiegazione del suo freddo comportamento.
"Mi dici o no che ti succede? Non leggo nel pensiero..." dissi alzandomi in piedi per avvicinarmi a lei.
"Ora vado, se non c'è altro."
"Tu non vai da nessuna parte se prima non mi dici cosa ti prende. Ho il diritto di saperlo," dissi sbarrandole la strada.
"Per favore. Mi lasci passare," disse con lo sguardo basso e la voce tremante.
"Emma... qualcuno ti ha fatto o detto qualcosa?"
Scosse la testa con convinzione e vidi balenare un luccichio nei suoi occhi. Stava per piangere da un momento all'altro.
"Giuseppe, ti prego. Non ho niente da dirti..." disse come se nemmeno lei ci credesse.
"Ok, va bene. Vai pure..." affermai facendomi da parte.
Non ero riuscito a farla parlare, non in quel momento almeno. Di sicuro ci avrei riprovato alla prossima occasione. Qualcosa la tormentava e dovevo assolutamente scoprire di cosa si trattasse.
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