41. Come in una favola

Una volta in macchina, mi sentii stranamente nervosa, come se mi aspettassi chissà cosa da quella serata. Mi sembrava di essere in viaggio da un'eternità, quando finalmente Giuseppe parcheggiò.

Venne ad aprirmi la portiera e con il suo solito fare sicuro, mi porse il braccio. Apprezzai molto il gesto, considerando anche, che camminare sui trampoli che portavo ai piedi non era affatto facile.

Mi guardai intorno meravigliata dal posto incantevole in cui mi trovavo. "È bellissimo. Ma è solo una mia impressione o si tratta di un vero castello?" domandai camminando a fatica sulla ghiaia che si trovava davanti all'ingresso della struttura.

"Non è solo una tua impressione. È un castello medievale che risale al 1300. L'hanno ristrutturato e trasformato in un hotel-ristorante. Ti piace?"

"Da morire!"

"Un castello per la mia principessa," disse liberando il mio braccio dal suo per prendere la mia mano destra e sollevarla delicatamente. Mi guardò negli occhi, fece un lieve inchino e come un vero gentiluomo si portò il dorso della mia mano verso le sue labbra sfiorando appena la mia pelle.

Andavo matta per i gesti galanti e Giuseppe era un vero esperto in questo genere di cose. Fare il baciamano non era certo una cosa da tutti, ma l'uomo al mio fianco aveva certamente tutte le carte in regola per eseguirlo a dovere. L'eleganza e la classe di certo non gli mancavano.

Arrivati all'interno, il maître ci condusse in una sala sontuosa con alti soffitti a volta e pietra a vista. Era dominata da un imponente camino e lungo le pareti c'erano persino degli affreschi. I pavimenti erano in cotto antico e una dolce musica di sottofondo riempiva l'aria di romanticismo. Ogni tavolo era decorato con delle rose fresche e le tovaglie erano così eleganti che sembravano quelle di un banchetto reale. Più ci addentravamo nella grande sala, più mi rendevo conto che non c'era anima viva oltre a noi e al maître che ci aveva accolto.

Giuseppe scostò la sedia per farmi sedere e io lo guardai dubbiosa. "Non dirmi che hai prenotato l'intera sala."

"È esattamente quello che ho fatto," disse sorridendomi sornione.

"Ma non era necessario..."

"Invece sì. Ultimamente passiamo così poco tempo da soli. Almeno per questa sera, non voglio dividerti con nessuno" disse mettendomi una mano sotto il mento. Sfiorò le sue labbra con le mie e poi prese posto di fronte a me.

Dalle casse della sala partì uno dei più famosi assoli di sax dell'intera musica pop. Riconobbi all'istante la canzone e capii che era stato sicuramente Giuseppe a sceglierla. Lo guardai colpita. "Careless Whisper... wow. Come siamo romantici."

"Sapevo avresti apprezzato. Spero che anche il resto delle canzoni ti piaccia," disse confermando i miei sospetti. La scelta della canzone era stata sua e di nessun altro.

Giuseppe mi prese la mano e mi guardò speranzoso. Quella sera era particolarmente affascinante. Aveva gli occhi che splendevano e ogni volta che mi guardava e mi regalava uno dei suoi sorrisi, sentivo il mio cuore andare in sobbuglio.

"Sicuramente sì, mister perfezione."

La cena filò liscia come l'olio. Passammo la serata a parlare di tutto quello che volevamo, solo noi due a guardarci occhi negli occhi. A mangiare senza fretta e a trascorrere semplicemente il nostro tempo insieme.

Al secondo bicchiere di vino, mentre terminavo il mio tortino al cioccolato, iniziai a sentirmi particolarmente euforica e leggera. Come se potessi fluttuare nella stanza. Mi persi ad ammirai l'uomo che avevo di fronte. "Ma lo sai che sei davvero molto bello? Lo sei sempre, ma stasera mi ricordi James Bond con quel papillon," dissi ridacchiando senza controllo.

"Quanto hai bevuto?" domandò alzando le sopracciglia preoccupato.

"Solo un paio di bicchieri. Guarda che non sono ubriaca. Proprio no."

Giuseppe mi osservò dubbioso. "Speriamo. Sarebbe un vero peccato se tu non fossi totalmente lucida stasera."

"Non preoccuparti, amore. Sto benissimo e anzi... ho una gran voglia di saltarti addosso," affermai fin troppo candidamente. Per assicurarmi che il concetto fosse chiaro, da sotto il tavolo iniziai a sporgermi con il piede per accarezzargli una gamba.

Lo sentii sospirare e chiudere gli occhi per un istante. "Stai buona.."

"Sicuro sia quello che vuoi?"

Mi guardò mordendosi il labbro inferiore in modo così dannatamente sensuale. "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere," disse alzando le mani in segno di resa.

"Molto astuto," dissi facendo scorrere di nuovo il dorso del mio piede dalla sua caviglia fino al polpaccio per un paio di volte. Giuseppe sostenne il mio sguardo e io mi sentii lentamente andare a fuoco. Ma forse non ero l'unica in quelle condizioni. Il problema era che lui era molto più bravo di me a nasconderlo e sapeva sempre mantenere un certo autocontrollo.

"Ah, lei provoca vedo, eh?"

"Non lo so. Dimmelo tu..."

"Mi piacerebbe molto continuare questo gioco, ma si sta facendo tardi. Lo vuoi un caffè?" domandò come per sviare il discorso.

"Sì, grazie" risposi cercando di mostrarmi altrettanto controllata.

Giuseppe fece un cenno al maître che se ne stava in fondo alla sala, pronto a servirci in caso di bisogno. L'uomo si avvicinò e prese le nostre ultime ordinazioni.

Una volta consumato il caffè, Giuseppe mi condusse fuori, verso il giardino del locale. L'esterno era bello almeno quanto l'interno e forse anche di più. Eravamo avvolti dal verde, anche se, alla sola luce dei lampioni non riuscivo ad apprezzarlo al meglio. Da quello che riuscivo a scorgere, ci trovavamo all'interno di un enorme parco e il mio caro compagno era intenzionato a farmi camminare il più possibile nel tentativo di constatare quanto fossi lucida in quel momento.

Quando Giuseppe fu abbastanza soddisfatto e convinto che avessi smaltito l'alcool, ci fermammo sotto un rigoglioso salice. "Va meglio?" domandò accarezzandomi i capelli.

"Se parli del vino... penso di sì. Credo che mi servisse solo un po' d'aria fresca."

Mi guardò sollevato e mi sfregò una guancia con affetto. "Mi fa molto piacere. Per un momento, ho temuto di dover rimandare. Ci sono così tante cose che vorrei dirti... e non so davvero da dove cominciare, ma ci proverò," disse sorridendomi nervoso. Era una cosa così rara per lui.

Prese una mia mano fra le sue. "Sei scolpita nel mio cuore e non posso immaginare la mia vita senza di te. Un mondo in cui tu non sei al mio fianco, sarebbe un mondo triste e vuoto. Tu vuoi la favola e il per sempre felici e contenti e per quello che mi è possibile, farò in modo di dartela. Perché voglio davvero renderti felice," disse interrompendosi per saggiare le mie emozioni. Lo guardai incoraggiandolo a proseguire.

"Ti prometto che avrò sempre cura di te. Ti amo con tutto il mio cuore e voglio passare il resto della mia vita insieme a te. Mi vuoi sposare?" domandò tirando fuori dalla giacca una scatolina blu. La aprì, rivelando un anello in oro bianco con diamante taglio brillante.

Da gran romanticona avevo sempre sognato il momento in cui l'uomo che amavo mi chiedeva di passare la vita con lui, ma ora che stava succedendo davvero, non mi sembrava quasi vero. Emozionata e felice mi preparai a rispondere. Ma prima di poterlo fare, Giuseppe mi interruppe.

"Aspetta, non dire niente! Manca una cosa," disse mettendosi in ginocchio davanti a me. "Mi vuoi sposare?" domandò di nuovo.

"Sì," risposi semplicemente mentre annuivo. Lo guardai sull'orlo delle lacrime e l'uomo che amavo mi sorrise emozionato almeno quanto me. M'infilò l'anello al dito e poi si alzò per stringermi le braccia intorno alla vita.

"Ti amo tanto. Non c'era bisogno che ti inginocchiassi," dissi avvicinando il suo volto al mio per baciarlo.

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