40. Esagerato

I primi mesi in compagnia di Fabrizio passarono in un lampo. Il giorno prima era lì, tra le mie braccia con l'aria indifesa e gli occhietti smarriti e il giorno dopo eccolo, vispo e vivace che gattonava per tutta la casa.

Certe volte avevo nostalgia del mio piccolo appartamento solitario, ma bisognava ammettere che non c'era confronto con il quadrilocale di Giuseppe. Mi ci ero trasferita a pochi mesi dal parto, quando eravamo ormai usciti allo scoperto, eppure non mi ero ancora abituata a vivere in uno spazio tanto ampio. Invece, il piccolo Fabrizio sembrava ben felice di esplorare ogni centimetro di quella grande casa.

Da qualche giorno però, la grande casa non sembrava poi così grande visto che eravamo in 5 ad occuparla. I miei genitori erano venuti a trovarci in occasione delle vacanze estive.

All'epoca della nascita di Fabrizio, avevo informato solo mio padre, perché ancora mi rifiutavo di parlare con mia madre. Ma quando erano arrivati a Roma entrambi, non me l'ero sentita di non accoglierli. Avevo dato loro il mio nuovo indirizzo e incoraggiata da Giuseppe, avevo messo da parte il rancore per il bene del mio piccolo tesoro appena nato. Si meritava di avere intorno a sè tutto l'amore del mondo, a partire da quello dei suoi due nonni materni.

Mi ero ritrovata ad accettare le scuse di mia madre, dispiaciuta per il modo in cui erano andate le cose tra di noi. Ancora faticava ad accettare Giuseppe, ma aveva promesso che avrebbe fatto del suo meglio. Una volta preso Fabrizo tra le braccia, i miei genitori se ne erano completamente innamorati, impossibile non farlo, e non vedevano l'ora di arrivare alla pensione per poter passare più tempo con il nipote. Quindi alla prima occasione di vacanza si erano presentati davanti alla porta di casa, ansiosi di coccolarlo.

Uscii da sotto la doccia e mi avvolsi nell'accappatoio sovrappensiero. Ma quando aprii la porta del bagno, trovai Giuseppe a bloccarmi il passaggio.

"Ehi," dissi un po' scossa.

Mi mise l'indice sulle labbra e mi spinse verso l'interno. Fece scattare la serratura della porta scorrevole alle sue spalle e mi guardò con un sorrisetto sulle labbra.

"Che cosa stai facendo?"

"Passavo in corridoio, ma poi ho sentito che aprivi la porta e quindi... eccomi" disse a bassa voce mentre mi faceva arretrare fino alla parete più vicina, dove iniziò a baciarmi il collo con avidità. Scese poi verso l'incavo del mio seno e faticai non poco a mantenere la lucidità. "Giuse, non possiamo..."

Fermai appena in tempo la sua mano pronta a sciogliere il nodo del mio accappatoio, ma di certo non si diede per vinto. Iniziò a massaggiarmi una gamba al di sotto del tessuto in spugna e risalì lentamente, ma con decisione, sempre più vicino all'inguine. Tentai di frenarlo facendo pressione sul suo petto. "Non siamo soli," gli ricordai.

"Tranquilla, non ci sente nessuno. Tua madre è in soggiorno, dall'altra parte della casa, con la tv accesa e tuo padre è uscito. E c'è un altro bagno in caso di bisogno," disse cercando di mettere a tacere tutte le mie possibili proteste.

"E Fabri?" domandai passandogli il pollice sul labbro inferiore. Non fece in tempo a dire nulla, perché sentimmo molto chiaramente Fabrizio che reclamava attenzioni dalla sua stanza.

"Be', tuo figlio si è appena svegliato e credo che ci stia cercando" disse spostandosi per farmi passare con aria truce. "Prego, madame..."

Io e Giuseppe arrivammo nella cameretta e trovammo Fabrizio tra le braccia di sua nonna. Tormentava il ciuccio con la faccetta ancora tutta rossa. "Si è svegliato piangendo. Meno male che sono arrivata subito e si è calmato. Dov'eravate finiti?" domandò mia madre squadrando prima me e poi Giuseppe con aria sospettosa. Come se il fatto che fossi in accappatoio, non fosse una giustificazione sufficiente per lei.

"Emma era sotto la doccia ed io ero nel mio studio," rispose il mio compagno senza esitazioni. In realtà era quasi vero, quindi la spiegazione fu più che convincente.

Appena il piccolo mi individuò, protese le braccia verso di me e sputò il ciuccio facendo dei versetti per attirare la mia attenzione.

"Grazie, mamma. Ora ci penso io," dissi avvicinandomi per prenderlo. In tutta risposta, invece di passarmelo, si allontanò e iniziò a passeggiare per la camera. "Aspetta. Fammelo tenere un altro po'.

Guardai Giuseppe scuotendo la testa. "Vedi anche tu quello che vedo io?"

"Sì. Lo vedo..." disse coprendosi la bocca con una mano per trattenere un risolino.

"Vai pure se devi lavorare. Ci penso io qui."

Da qualche mese, Giuseppe aveva ripreso a collaborare con uno studio di avvocati. Faceva in modo di portarsi la maggior parte del lavoro a casa e così spesso lo vedevo sparire nel suo studio per giornate intere.

"Non serve. Abbiamo concluso una pratica importante e ho qualche giorno libero. E poi... voglio vedere quanto ci metterai a riprenderti Fabrizio," disse bisbigliando con un sorriso divertito.

Mia madre sollevò lo sguardo e lanciò un'occhiataccia al mio compagno. Chiaramente aveva sentito cosa aveva appena detto. "Ora non posso neanche tenere mio nipote in braccio?" domandò astiosa.

"Non intendevo questo. Stavo solo scherzando."

"Mamma... non prendertela con Giuseppe," intervenni in sua difesa. "Non vedi che Fabrizio vuole venire da me?"

Come a volermi dare ragione, il piccolo ricominciò a piangere.

"Per forza. Non mi conosce abbastanza," disse passandomi il nipote a malincuore.

Feci segno a Giuseppe di seguirmi e portai Fabrizio in cucina per dargli la sua merenda. Lo misi nel seggiolone e lui iniziò a scalpitare felice. Cresceva ogni giorno di più e diventava sempre più intelligente. Sapeva che quando lo mettevo seduto e gli allacciavo la bavetta era arrivato il momento di mangiare.

"Il mio angioletto. Ma quanto sei bello tu, eh? La nonna non voleva lasciarti andare... hai visto?" dissi prima di iniziare a riempire di baci il visetto di Fabrizio. Sorrideva e sbatteva le manine una sull'altra e non poteva essere più perfetto di così.

Mentre iniziavo ad imboccarlo, sollevai per un attimo lo sguardo in cerca di Giuseppe. Se ne stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte e ci fissava pieno di meraviglia. Gli angoli delle sue labbra erano rivolti all'insù, con le fossette bene in vista. "È affamato, eh?"

"Già," dissi osservando il mio piccolo tesoro che con gran soddisfazione mangiava il suo omogeneizzato alla frutta. Ma forse avevo parlato troppo in fretta, perché a metà vasetto iniziò a fare i capricci e a girare la testa di lato appena mi avvicinavo con il cucchiaino.

Beppe si avvicinò per accarezzare la testolina di Fabrizio e poi prese posto all'altro lato del tavolo. "Passami il cucchiaino. Ci penso io."

Feci come mi aveva chiesto e appena Giuseppe accostò l'omogeneizzato vicino alla bocca del piccolo, lui la aprì senza fare storie. Ma non facemmo nemmeno in tempo a gioire del risultato ottenuto, che Fabrizio iniziò a sputacchiare mela e pera, soprattutto sulla maglietta blu del mio caro compagno.

Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere, in particolare per via della faccia tremendamente seria di Giuseppe. Ma non durò a lungo, perché in breve tempo si unì a me nella risata.

"Ok. Abbiamo capito che non ne vuole più. Lo finirà dopo," disse prendendo dei tovaglioli per darsi una ripulita.

Mi avvicinai a Fabrizio per togliere dal suo visino le tracce di omogeneizzato e cercai a fatica di assumere un'espressione severa. "Lo so che è stato divertente centrare il papà... ma non si fa. Non si sputa il cibo."

"Secondo me voleva solo vendicarsi perché ho preso il tuo posto," disse scuotendo la testa.

"Ma la mamma non va da nessuna parte," dissi dando un bacetto sul nasino del piccolo.

"Comunque posso avere la tua attenzione?" domandò Giuseppe con una punta di risentimento nella voce.

"Dimmi pure."

"Anche se tua madre continua ad odiarmi molto poco velatamente... sono tremendamente in debito con i tuoi genitori. Baderanno al bambino per stasera. Che ne dici di andare a cena fuori?"

"Va bene. E dove andiamo?"

"È una sorpresa..." disse afferrando un mio boccolo tra le dita. Lo guardò affascinato mentre lasciandolo andare ritornava alla sua forma originale.

"Un indizio per sapere come vestirmi?"

"È un posto elegante e non dirò altro."

Non mi sembrava granché come indizio, considerando che di solito non frequentavamo delle bettole. "Ma..."

Invece di rispondermi fece segno di chiudersi la bocca con una zip. Alzai gli occhi al cielo e decisi di lasciar perdere.

Il pomeriggio passò in fretta e mentre Giuseppe faceva il bagnetto a Fabrizio, io iniziai a prepararmi per la serata. Analizzai il mio guardaroba a lungo e alla fine optai per un bel vestito che prima d'ora non avevo mai indossato. L'avevo comprato spinta da una super offerta durante i saldi, ma mi era sempre mancato il coraggio d'indossarlo. Per una volta, pensai bene di osare più del solito. L'abito era lungo fino a terra e camminando mostrava uno spacco mozzafiato che partiva da metà coscia. Il corpetto era in pizzo aderente e lasciava ben poco all'immaginazione. Sistemai i capelli e indossai dei sandali con tacco alto e allacciatura alla caviglia.

Dopo aver individuato cosa indossare, aspettai che Giuseppe andasse in soggiorno prima di vestirmi per la cena fuori. Ci tenevo a fargli una sorpresa.

"Allora, come sto?" domandai avvicinandomi a Giuseppe che se ne stava seduto sul divano. Indossava uno smoking nero con papillon e aveva un aspetto semplicemente splendido. Feci una giravolta su me stessa per mostrarglielo meglio e mi misi in posa con le mani sui fianchi. "Pensi possa andare bene?"

"A me sembra troppo esagerato. Non dimenticare che sei una mamma adesso," s'intromise la mia genitrice comparendo di soppiatto in soggiorno.

"Per me sei bellissima," disse il mio compagno in modo affettuoso. Sapevo che tentava di non farmi agitare per le parole che mi erano appena state rivolte.

"Sì, assolutamente" concordò mio padre che se ne stava seduto vicino a Giuseppe. Ero così felice che andassero tanto d'accordo.

Cercai d'ignorare il commento non richiesto di mia madre e mi mostrai serena, per quanto mi era possibile. Non mi andava per niente di litigare. "Noi ora usciamo. Se c'è qualche problema chiamatemi."

Diedi un delicato bacio sulla fronte di Fabrizio che se ne stava tutto concentrato a giocare nel suo box e poi mi allontanai. Giuseppe fece lo stesso e potei tirare un sospiro di sollievo solo una volta varcata la soglia di casa.

"Grazie per non aver risposto a mia madre. Non avrei sopportato di vedervi litigare," dissi quando entrammo insieme nell'ascensore.

Mi fece una carezza sulla guancia notando la mia espressione triste. "È solo per questo che non mi sono messo in mezzo. Anche se, avrei tanto voluto dirle che non doveva permettersi di parlarti così."

"Quindi... voglio sperare che tu non sia d'accordo con mia madre."

"Certo che no," disse quando eravamo ormai fuori dall'ascensore. "Non pretenderei mai che tu ti vesta in un modo o in un altro solo perché sei la madre di mio figlio. Non l'ho mai fatto prima e non lo farò nemmeno adesso."

"Mai? Ne sei sicuro?" domandai alzando un sopracciglio con aria severa.

"Se parli di quella volta dei tacchi a spillo, era solo un suggerimento e avevamo appena scoperto che eri incinta. Se permetti ero in modalità iperprotettiva."

"Sì, infatti. Almeno lo ammetti. E questo vestito... lo trovi troppo esagerato?" dissi usando di proposito la stessa definizione di mia madre.

"Mmm sei davvero sexy," disse posandomi una mano sul fianco. "E sono molto geloso di chiunque avrà la fortuna di posare lo sguardo su di te stasera. Ma questo non cambia quello che ho detto prima. Soddisfatta della risposta?"

"Molto," dissi facendogli un sorriso.

"Ecco, finalmente sorridi. Non vale la pena farsi rovinare la serata."

"Hai assolutamente ragione," dissi attirandolo a me per dargli un lieve bacio sulla labbra. Al posto del classico rossetto, avevo utilizzato una di quelle fantastiche tinte che mi permettevano di baciarlo senza timore di macchiarlo.

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